Ricorso n. 58 del 18 maggio 2005 (Presidente del Consiglio dei ministri)
RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 18 Maggio 2005 - 18 Maggio 2005 , n. 58
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 18 maggio 2005 (del Presidente del Consiglio dei
ministri)
(GU n. 23 del 8-6-2005)
Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato
e difeso ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui
uffici domicilia in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
Contro la Provincia autonoma di Trento, in persona del presidente
della giunta provinciale pro tempore, per la declaratoria di
incostituzionalita' degli artt. 12 e 13 della legge provinciale 11
marzo 2005 n. 3, pubblicata nel B.U.R. n. 1 del 15 marzo 2005, avente
ad oggetto «Disposizioni in materia di agricoltura, di foresta, di
commercio, di turismo, di industria e di energia», giusta delibera
del Consiglio dei ministri in data 6 maggio 2005.
1. - La legge della Provincia autonoma di Trento 11 marzo 2005
n. 3, composta di sei capi e 29 articoli, prevede il riordino della
normativa provinciale nelle materie indicate.
In particolare, nel capo dedicato al commercio, vengono dettate
nuove disposizioni per la disciplina dell'esercizio dell'attivita' di
somministrazione di cibi e bevande e dell'attivita' alberghiera, in
generale, e della installazione di macchine e congegni da
trattenimento e gioco, in particolare.
2. - Censurabili sotto il profilo della legittimita'
costituzionale appaiono le disposizioni contenute negli articoli 12 e
13, ove si prevede l'emanazione di regolamenti provinciali sul numero
di apparecchi e congegni automatici, semiautomatici ed elettronici da
intrattenimento o da gioco di abilita' installabili negli esercizi
pubblici:
l'art. 12, in modifica della legge provinciale n. 9/2000
sulla disciplina dell'esercizio dell'attivita' di somministrazione di
alimenti e bevande e dell'attivita' alberghiera, dispone che «con
regolamento sono stabiliti il numero di apparecchi e di congegni
automatici, semiautomatici ed elettronici da trattenimento o da gioco
di abilita' previsti dall'art. 110, commi 6 e 7, del regio decreto
n. 773 del 1931, che possono essere installati presso gli esercizi
disciplinati dalla presente legge, nonche' le prescrizioni ai fini
dell'installazione ditali apparecchi, sulla base dei seguenti criteri
direttivi:..» e prevede, poi, sanzioni amministrative (pecuniarie, di
rimozione degli apparecchi e di chiusura dell'esercizio) nel caso di
violazione;
l'art. 13 detta le medesime disposizioni anche per i circoli
privati ed i punti di raccolta di altri giochi autorizzati.
Tali norme eccedono l'ambito delle competenze provinciali di cui
agli art. 11 e 12 dello statuto speciale di autonomia e risultano
invasive della competenza esclusiva statale in materia di ordine
pubblico e sicurezza, di cui all'art. 117, comma 2, lett. h), della
Costituzione, come regolata, sia dal T.U.L.P.S. sia, da ultimo, con
l'art. 22 legge n. 289/2002 ove e' delineato compiutamente il regime
autorizzatorio in materia di contingentamento degli apparecchi da
gioco, demandando ad apposito decreto dirigenziale del Ministero
dell'economia e delle finanze-Amministrazione autonoma dei Monopoli
di Stato, di concerto con il Ministero dell'interno, l'individuazione
del numero massimo di apparecchi che possono essere installati
(decreto che e' stato emanato con la data del 27 ottobre 2003.
3. - Per individuare compiutamente il contenuto delle competenze
statali esclusive nella materia e' opportuno esporre sinteticamente
il quadro normativo in materia di giochi e scommesse e le sue
finalita'.
Originariamente, nella materia dell'esercizio di attivita' di
gioco e scommesse, vigeva un monopolio statale pressoche' assoluto.
Infatti l'art. 88 del t.u.l.p.s. (r.d. 18 giugno 1931, n. 773)
stabiliva che non potesse essere concessa licenza per l'esercizio di
scommesse, fatta eccezione solo per le scommesse nelle corse, nelle
regate, nei giochi di palla o pallone o in altre simili gare, quando
l'esercizio delle scommesse costituisse una condizione necessaria per
l'utile svolgimento della gara. Con l'emanazione del d.lgs. 14 aprile
1948 n. 496 si attenuo' la rigidita' del monopolio attraverso la
previsione della possibilita' di ricorrere a terzi concessionari.
Quanto agli apparecchi e macchine elettroniche, l'art. 110 r.d.
773/1931 ne ha regolato puntualmente l'installazione nei luoghi
pubblici, vietandone l'utilizzo a fini di scommesse e giochi
d'azzardo ed assoggettando ad autorizzazione di polizia
l'installazione di quelli leciti.
Alcune innovazioni sono state introdotte con la legge finanziaria
2001 (n. 388 del 23 dicembre 2000), il cui art. 37 ha modificato
l'art. 88 t.u.l.p.s., disponendo che «la licenza per l'esercizio
delle scommesse puo' essere concessa esclusivamente a soggetti
concessionari o autorizzati da parte dei Ministeri o di altri enti ai
quali la legge riserva la facolta' di organizzazione e gestione delle
scommesse, nonche' a soggetti incaricati dal concessionario o dal
titolare di autorizzazione in forza, della stessa concessione o
autorizzazione»; lo stesso art. 37 ha introdotto nell'art. 4, legge
401/1989, i commi 4-bis-ter per sanzionare penalmente chiunque, privo
di concessione, autorizzazione o licenza di p.s. ai sensi
dell'art. 88 t.u.l.p.s., svolga un'attivita' organizzata diretta ad
organizzare, accettare o raccogliere scommesse di qualsiasi genere da
chiunque gestite in Italia o all'estero. La legge n. 383 del 18
ottobre 2001, all'art. 12, ed il successivo d.P.R. del 24 gennaio
2002, n. 33, all'art. 1, hanno disposto che le funzioni statali in
materia di giochi di abilita', concorsi pronostici, ivi comprese la
gestione delle relative entrate attribuite all'Agenzia delle entrate,
sono esercitate dal Ministero dell'economia e delle finanze,
Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato (AAMS). Da ultimo e'
intervenuta la legge finanziaria 2003 (n. 289 del 27 dicembre 2002)
la quale con l'art. 22, in modifica ed integrazione dell'art. 110
r.d. 773/31, ha disciplinato il rilascio delle concessioni e «la
produzione, l'importazione e la gestione degli apparecchi e congegni
da divertimento e intrattenimento», preoccupandosi sia della
idoneita' dei locali e della razionale distribuzione degli stessi nel
territorio sia delle procedure concorrenziali di affidamento delle
concessioni sia del numero degli apparecchi leciti (ai sensi
dell'art. 110, commi 6-7, r.d. 773/31) installabili; queste ultime
disposizioni sono state emanate con il citato decreto direttoriale 27
ottobre 2003, sentito il parere della Conferenza Stato-citta' e
autonomie locali (come prescritto dalla legge n. 289/2002, art. 22,
comma 6,) reso nella seduta del 24 luglio 2003.
Gli scopi perseguiti dal Legislatore nella regolamentazione del
settore, quali richiamati anche nel primo comma dell'art. 22 legge
n. 289/2002, possono cosi' sintetizzarsi:
la limitazione della propensione al gioco degli italiani e,
contestualmente, la sottrazione di quote di mercato agli «operatori
di gioco» illegali, irregolari o non regolamentati;
la prevenzione e il contrasto dell'uso illegale degli
apparecchi e congegni da divertimento e intrattenimento;
il contrasto dell'evasione fiscale;
l'aumento, in generale, del livello di tutela dei
partecipanti al gioco e di ogni altro portatore di interesse,
assicurando equita' e trasparenza dei meccanismi di gioco.
4. - Per completare il quadro nel quale si inserisce la normativa
teste' passata in rassegna, ricordiamo che la Corte di Giustizia CE
si e' espressa, in modo uniforme e progressivamente sempre piu'
incisivo, sulla legittimita' di normative nazionali restrittive dei
principi di liberta' di stabilimento e di libera prestazione dei
servizi, laddove giustificate da motivi di pubblica utilita' (ordine,
sicurezza, fede, tutela dei consumatori): si vedano le pronunzie
della Corte di Giustizia di cui alle sentenza Schindler del 24 marzo
1994, causa C-275/92, e Zenatti del 21 ottobre 1999, causa C-67/1998,
seguite dalla costante giurisprudenza della Cassazione (si vedano la
sentenza del 30 settembre - 5 novembre 2003, n. 42187 della sezione
terza penale, e la sentenza 26 aprile 2004, n. 23271 delle sezioni
unite).
La disciplina penale che e' contenuta nella normativa in materia,
costituita - per quel che ci interessa - dagli artt. 110 r.d. 773/31
e 719-719 cod. pen., e' stata riconosciuta legittima dalla Corte
costituzionale (ord. 30 dicembre 1991 n. 520) ed applicata
sistematicamente dalla Cassazione proprio in riferimento all'uso
illegittimo degli apparecchi e congegni automatici (Cass. Sez. II
pen., 2 dicembre 2002 n. 40514), anche dopo la riforma ex legge
n. 289/2002 (Cass., sez. III pen., 18 aprile 2003 n. 18753); le
sanzioni amministrative connesse alla violazione dei divieti di cui
all'art. 110 cit. sono parimenti operanti senza condizioni e
limitazioni (Cons. Stato, sez. V, 3 febbraio 2000 n. 594).
In altre parole, i motivi di pubblica utilita' a base della
legislazione in materia e della riserva a favore dello Stato del
controllo del settore, sia sotto il profilo gestionale che sotto
quello (che qui interessa) normativo e sanzionatorio, non contrastano
con i principi del Trattato CE e della nostra Carta costituzionale,
giustificando - da un lato - la limitazione del principio della
libera concorrenza e - dall'altro lato - l'esclusione della potesta'
legislativa delle regioni e province autonome.
5. - D'altro canto, gli articoli 11 e 12 della legge cost. 26
febbraio 1948 n. 5 non contemplano una potesta' legislativa
provinciale nella materia e, laddove menzionano genericamente gli
«esercizi pubblici» (art. 12 n. 7), prevedono precisi limiti: «fermi
restando i requisiti soggettivi richiesti dalle leggi dello Stato per
ottenere le licenze, i poteri di vigilanza dello Stato ai fini della
pubblica sicurezza», accanto a quelli generali di cui agli artt. 4
(«norme fondamentali delle riforme economico-sociali della
Repubblica») e 5 («principi stabiliti dalle leggi dello Stato») dello
statuto.
Il combinato disposto delle citate disposizioni dello statuto
speciale di autonomia non consente, quindi, la regolamentazione della
materia e la imposizione di sanzioni in un settore gia' compiutamente
regolato dalle leggi dello Stato, ai fini di pubblica sicurezza e
correlati che sopra abbiamo evidenziato.
6. - In conclusione, le norme censurate sono state adottate in
violazione: a) dell'art. 117, comma 2, lett. h), della Costituzione,
in quanto non spetta alla Provincia autonoma di Trento ed esula dalla
sua competenza legislativa la regolamentazione della materia regolata
dall'art. 22 legge n. 289/2002 e dall'art. 110 r.d. 18 giugno 1931
n. 773 che rientra, invece, nella competenza esclusiva dello Stato
per ordine pubblico e sicurezza e per la regolamentazione di giochi e
scommesse; b) degli artt. 11 e 12 legge cost. 26 febbraio 1948 n. 5,
che non attribuiscono alla Provincia autonoma di Trento la potesta'
legislativa esclusiva nella medesima materia e, comunque, la
sottopongono alle leggi dello Stato.
Tanto premesso e considerato, giusta delibera del Consiglio dei
ministri in data 6 maggio 2005,
P. Q. M.
Si chiede che la Corte costituzionale adita voglia dichiarare
l'illegittimita' costituzionale degli art. 12 e 13 della legge
provinciale 11 marzo 2005 n. 3 della Provincia autonoma di Trento,
per violazione dell'art. 117 della Costituzione e degli artt. 11 e 12
dello statuto speciale di autonomia.
Si produrra' copia della delibera del Consiglio dei ministri.
Roma, 10 maggio 2005
L'avvocato dello Stato: Giuseppe Albenzio
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 18 maggio 2005 (del Presidente del Consiglio dei
ministri)
(GU n. 23 del 8-6-2005)
Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato
e difeso ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui
uffici domicilia in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
Contro la Provincia autonoma di Trento, in persona del presidente
della giunta provinciale pro tempore, per la declaratoria di
incostituzionalita' degli artt. 12 e 13 della legge provinciale 11
marzo 2005 n. 3, pubblicata nel B.U.R. n. 1 del 15 marzo 2005, avente
ad oggetto «Disposizioni in materia di agricoltura, di foresta, di
commercio, di turismo, di industria e di energia», giusta delibera
del Consiglio dei ministri in data 6 maggio 2005.
1. - La legge della Provincia autonoma di Trento 11 marzo 2005
n. 3, composta di sei capi e 29 articoli, prevede il riordino della
normativa provinciale nelle materie indicate.
In particolare, nel capo dedicato al commercio, vengono dettate
nuove disposizioni per la disciplina dell'esercizio dell'attivita' di
somministrazione di cibi e bevande e dell'attivita' alberghiera, in
generale, e della installazione di macchine e congegni da
trattenimento e gioco, in particolare.
2. - Censurabili sotto il profilo della legittimita'
costituzionale appaiono le disposizioni contenute negli articoli 12 e
13, ove si prevede l'emanazione di regolamenti provinciali sul numero
di apparecchi e congegni automatici, semiautomatici ed elettronici da
intrattenimento o da gioco di abilita' installabili negli esercizi
pubblici:
l'art. 12, in modifica della legge provinciale n. 9/2000
sulla disciplina dell'esercizio dell'attivita' di somministrazione di
alimenti e bevande e dell'attivita' alberghiera, dispone che «con
regolamento sono stabiliti il numero di apparecchi e di congegni
automatici, semiautomatici ed elettronici da trattenimento o da gioco
di abilita' previsti dall'art. 110, commi 6 e 7, del regio decreto
n. 773 del 1931, che possono essere installati presso gli esercizi
disciplinati dalla presente legge, nonche' le prescrizioni ai fini
dell'installazione ditali apparecchi, sulla base dei seguenti criteri
direttivi:..» e prevede, poi, sanzioni amministrative (pecuniarie, di
rimozione degli apparecchi e di chiusura dell'esercizio) nel caso di
violazione;
l'art. 13 detta le medesime disposizioni anche per i circoli
privati ed i punti di raccolta di altri giochi autorizzati.
Tali norme eccedono l'ambito delle competenze provinciali di cui
agli art. 11 e 12 dello statuto speciale di autonomia e risultano
invasive della competenza esclusiva statale in materia di ordine
pubblico e sicurezza, di cui all'art. 117, comma 2, lett. h), della
Costituzione, come regolata, sia dal T.U.L.P.S. sia, da ultimo, con
l'art. 22 legge n. 289/2002 ove e' delineato compiutamente il regime
autorizzatorio in materia di contingentamento degli apparecchi da
gioco, demandando ad apposito decreto dirigenziale del Ministero
dell'economia e delle finanze-Amministrazione autonoma dei Monopoli
di Stato, di concerto con il Ministero dell'interno, l'individuazione
del numero massimo di apparecchi che possono essere installati
(decreto che e' stato emanato con la data del 27 ottobre 2003.
3. - Per individuare compiutamente il contenuto delle competenze
statali esclusive nella materia e' opportuno esporre sinteticamente
il quadro normativo in materia di giochi e scommesse e le sue
finalita'.
Originariamente, nella materia dell'esercizio di attivita' di
gioco e scommesse, vigeva un monopolio statale pressoche' assoluto.
Infatti l'art. 88 del t.u.l.p.s. (r.d. 18 giugno 1931, n. 773)
stabiliva che non potesse essere concessa licenza per l'esercizio di
scommesse, fatta eccezione solo per le scommesse nelle corse, nelle
regate, nei giochi di palla o pallone o in altre simili gare, quando
l'esercizio delle scommesse costituisse una condizione necessaria per
l'utile svolgimento della gara. Con l'emanazione del d.lgs. 14 aprile
1948 n. 496 si attenuo' la rigidita' del monopolio attraverso la
previsione della possibilita' di ricorrere a terzi concessionari.
Quanto agli apparecchi e macchine elettroniche, l'art. 110 r.d.
773/1931 ne ha regolato puntualmente l'installazione nei luoghi
pubblici, vietandone l'utilizzo a fini di scommesse e giochi
d'azzardo ed assoggettando ad autorizzazione di polizia
l'installazione di quelli leciti.
Alcune innovazioni sono state introdotte con la legge finanziaria
2001 (n. 388 del 23 dicembre 2000), il cui art. 37 ha modificato
l'art. 88 t.u.l.p.s., disponendo che «la licenza per l'esercizio
delle scommesse puo' essere concessa esclusivamente a soggetti
concessionari o autorizzati da parte dei Ministeri o di altri enti ai
quali la legge riserva la facolta' di organizzazione e gestione delle
scommesse, nonche' a soggetti incaricati dal concessionario o dal
titolare di autorizzazione in forza, della stessa concessione o
autorizzazione»; lo stesso art. 37 ha introdotto nell'art. 4, legge
401/1989, i commi 4-bis-ter per sanzionare penalmente chiunque, privo
di concessione, autorizzazione o licenza di p.s. ai sensi
dell'art. 88 t.u.l.p.s., svolga un'attivita' organizzata diretta ad
organizzare, accettare o raccogliere scommesse di qualsiasi genere da
chiunque gestite in Italia o all'estero. La legge n. 383 del 18
ottobre 2001, all'art. 12, ed il successivo d.P.R. del 24 gennaio
2002, n. 33, all'art. 1, hanno disposto che le funzioni statali in
materia di giochi di abilita', concorsi pronostici, ivi comprese la
gestione delle relative entrate attribuite all'Agenzia delle entrate,
sono esercitate dal Ministero dell'economia e delle finanze,
Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato (AAMS). Da ultimo e'
intervenuta la legge finanziaria 2003 (n. 289 del 27 dicembre 2002)
la quale con l'art. 22, in modifica ed integrazione dell'art. 110
r.d. 773/31, ha disciplinato il rilascio delle concessioni e «la
produzione, l'importazione e la gestione degli apparecchi e congegni
da divertimento e intrattenimento», preoccupandosi sia della
idoneita' dei locali e della razionale distribuzione degli stessi nel
territorio sia delle procedure concorrenziali di affidamento delle
concessioni sia del numero degli apparecchi leciti (ai sensi
dell'art. 110, commi 6-7, r.d. 773/31) installabili; queste ultime
disposizioni sono state emanate con il citato decreto direttoriale 27
ottobre 2003, sentito il parere della Conferenza Stato-citta' e
autonomie locali (come prescritto dalla legge n. 289/2002, art. 22,
comma 6,) reso nella seduta del 24 luglio 2003.
Gli scopi perseguiti dal Legislatore nella regolamentazione del
settore, quali richiamati anche nel primo comma dell'art. 22 legge
n. 289/2002, possono cosi' sintetizzarsi:
la limitazione della propensione al gioco degli italiani e,
contestualmente, la sottrazione di quote di mercato agli «operatori
di gioco» illegali, irregolari o non regolamentati;
la prevenzione e il contrasto dell'uso illegale degli
apparecchi e congegni da divertimento e intrattenimento;
il contrasto dell'evasione fiscale;
l'aumento, in generale, del livello di tutela dei
partecipanti al gioco e di ogni altro portatore di interesse,
assicurando equita' e trasparenza dei meccanismi di gioco.
4. - Per completare il quadro nel quale si inserisce la normativa
teste' passata in rassegna, ricordiamo che la Corte di Giustizia CE
si e' espressa, in modo uniforme e progressivamente sempre piu'
incisivo, sulla legittimita' di normative nazionali restrittive dei
principi di liberta' di stabilimento e di libera prestazione dei
servizi, laddove giustificate da motivi di pubblica utilita' (ordine,
sicurezza, fede, tutela dei consumatori): si vedano le pronunzie
della Corte di Giustizia di cui alle sentenza Schindler del 24 marzo
1994, causa C-275/92, e Zenatti del 21 ottobre 1999, causa C-67/1998,
seguite dalla costante giurisprudenza della Cassazione (si vedano la
sentenza del 30 settembre - 5 novembre 2003, n. 42187 della sezione
terza penale, e la sentenza 26 aprile 2004, n. 23271 delle sezioni
unite).
La disciplina penale che e' contenuta nella normativa in materia,
costituita - per quel che ci interessa - dagli artt. 110 r.d. 773/31
e 719-719 cod. pen., e' stata riconosciuta legittima dalla Corte
costituzionale (ord. 30 dicembre 1991 n. 520) ed applicata
sistematicamente dalla Cassazione proprio in riferimento all'uso
illegittimo degli apparecchi e congegni automatici (Cass. Sez. II
pen., 2 dicembre 2002 n. 40514), anche dopo la riforma ex legge
n. 289/2002 (Cass., sez. III pen., 18 aprile 2003 n. 18753); le
sanzioni amministrative connesse alla violazione dei divieti di cui
all'art. 110 cit. sono parimenti operanti senza condizioni e
limitazioni (Cons. Stato, sez. V, 3 febbraio 2000 n. 594).
In altre parole, i motivi di pubblica utilita' a base della
legislazione in materia e della riserva a favore dello Stato del
controllo del settore, sia sotto il profilo gestionale che sotto
quello (che qui interessa) normativo e sanzionatorio, non contrastano
con i principi del Trattato CE e della nostra Carta costituzionale,
giustificando - da un lato - la limitazione del principio della
libera concorrenza e - dall'altro lato - l'esclusione della potesta'
legislativa delle regioni e province autonome.
5. - D'altro canto, gli articoli 11 e 12 della legge cost. 26
febbraio 1948 n. 5 non contemplano una potesta' legislativa
provinciale nella materia e, laddove menzionano genericamente gli
«esercizi pubblici» (art. 12 n. 7), prevedono precisi limiti: «fermi
restando i requisiti soggettivi richiesti dalle leggi dello Stato per
ottenere le licenze, i poteri di vigilanza dello Stato ai fini della
pubblica sicurezza», accanto a quelli generali di cui agli artt. 4
(«norme fondamentali delle riforme economico-sociali della
Repubblica») e 5 («principi stabiliti dalle leggi dello Stato») dello
statuto.
Il combinato disposto delle citate disposizioni dello statuto
speciale di autonomia non consente, quindi, la regolamentazione della
materia e la imposizione di sanzioni in un settore gia' compiutamente
regolato dalle leggi dello Stato, ai fini di pubblica sicurezza e
correlati che sopra abbiamo evidenziato.
6. - In conclusione, le norme censurate sono state adottate in
violazione: a) dell'art. 117, comma 2, lett. h), della Costituzione,
in quanto non spetta alla Provincia autonoma di Trento ed esula dalla
sua competenza legislativa la regolamentazione della materia regolata
dall'art. 22 legge n. 289/2002 e dall'art. 110 r.d. 18 giugno 1931
n. 773 che rientra, invece, nella competenza esclusiva dello Stato
per ordine pubblico e sicurezza e per la regolamentazione di giochi e
scommesse; b) degli artt. 11 e 12 legge cost. 26 febbraio 1948 n. 5,
che non attribuiscono alla Provincia autonoma di Trento la potesta'
legislativa esclusiva nella medesima materia e, comunque, la
sottopongono alle leggi dello Stato.
Tanto premesso e considerato, giusta delibera del Consiglio dei
ministri in data 6 maggio 2005,
P. Q. M.
Si chiede che la Corte costituzionale adita voglia dichiarare
l'illegittimita' costituzionale degli art. 12 e 13 della legge
provinciale 11 marzo 2005 n. 3 della Provincia autonoma di Trento,
per violazione dell'art. 117 della Costituzione e degli artt. 11 e 12
dello statuto speciale di autonomia.
Si produrra' copia della delibera del Consiglio dei ministri.
Roma, 10 maggio 2005
L'avvocato dello Stato: Giuseppe Albenzio