Ricorso n. 58 del 3 maggio 2006 (Regione Toscana)
RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 3 maggio 2006 , n. 58
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 3 maggio 2006 (della Regione Toscana)
(GU n. 22 del 31-5-2006)
Ricorso della Regione Toscana, in persona del presidente pro tempore, autorizzato con deliberazione della giunta regionale n. 285 del 18 aprile 2006, rappresentato e difeso, per mandato in calce al presente atto, dagli avvocati Lucia Bora, Vanna Console e Fabio Lorenzoni e presso lo studio di quest'ultimo elettivamente domiciliato in Roma, via del Viminale n. 43; Contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli articoli 4-octies, 4-undecies, 4-quaterdecies, 4-quinquiesdecies del decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 272, convertito con legge 21 febbraio 2006, n. 49, recante "Misure urgenti per garantire la sicurezza ed i finanziamenti per le prossime Olimpiadi invernali, nonche' la funzionalita' dell'Amministrazione dell'interno. Disposizioni per favorire il recupero di tossicodipendenti recidivi e modifiche al testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309". Nella Gazzetta Ufficiale 30 dicembre 2005, n. 303, e' stato pubblicato il decreto-legge n. 272/2005 e nella Gazzetta Ufficiale del 27 febbraio 2006, n. 48, S.O., e' stata pubblicata la legge 21 febbraio 2006, n. 49, di conversione del decreto suddetto. Alcune disposizioni della legge di conversione del decreto-legge contrastano con le attribuzioni costituzionalmente garantite alle regioni e vengono impugnate per i seguenti motivi di D i r i t t o 1) Illegittimita' costituzionale degli artt. 4-octies, 4-undecies, 4-quaterdecies, 4-quinquiesdecies, del decretolegge 30 dicembre 2005, n. 272, convertito con legge 21 febbraio 2006, n. 49, per violazione degli artt. 5, 117, 118 Cost., anche in relazione all'art. 2 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. Violazione del principio della leale collaborazione. Le censurate disposizioni, sono state inserite nel decreto-legge n. 272/2005 con la legge di conversione (legge n. 49/2006) - che, con una norma di chiusura, ha modificato anche il titolo del decreto-legge (Nel titolo del decreto-legge sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: "e modifiche al testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309") - e non sono mai state sottoposte all'esame della Conferenza Stato-Regioni per l'espressione del parere di competenza. Tale Conferenza costituisce la sede della concertazione, del confronto politico, della valutazione e ponderazione di una pluralita' di interessi che si imputano a soggetti diversi dell'ordinamento e rappresenta pertanto uno strumento essenziale per la leale cooperazione, che trova il suo diretto fondamento nell'art. 5 Cost. (sentenza Corte cost. n. 373/1997). Come ha chiarito la giurisprudenza costituzionale "la premessa per l'intervento della Conferenza e' sempre la presenza di una qualche implicazione degli indirizzi di politica generale di pertinenza degli organi statali nelle materie di competenza regionale e la conferenza e' sede di raccordo per consentire alle Regioni di partecipare a processi decisionali che resterebbero altrimenti nella esclusiva disponibilita' dello Stato" (Corte cost. sentenza n. 408/1998). In tale ottica, attuando il criterio del potenziamento delle funzioni della Conferenza di cui all'art. 9 della legge n. 59/1997, in considerazione delle piu' rilevanti attribuzioni riconosciute alle regioni dalla stessa legge, l'art. 2, terzo comma, del decreto legislativo n. 281/1997 ha stabilito che la Conferenza Stato-Regioni e' obbligatoriamente sentita in ordine agli schemi di disegni di legge e di decreto legislativo o di regolamento del Governo nelle materie di competenza delle regioni o delle province autonome, che si pronuncia entro venti giorni; decorso tale termine i provvedimenti recanti attuazione di direttive comunitarie sono emanati anche in mancanza di detto parere (cfr. Corte cost. sentenza del 23 gennaio 2006, n. 31). In particolare, per quanto concerne la fissazione dei livelli essenziali delle prestazioni - che l'art. 113 del testo unico, come modificato dall'art. 4-quinquiesdecies del decreto-legge n. 272/2005, afferma di stabilire -, si rileva che nella materia de qua lo Stato avrebbe dovuto obbligatoriamente acquisire l'intesa con le Regioni. Come, infatti, affermato dalla Corte costituzionale in una recente sentenza (sentenza n. 88, 13-27 marzo 2003) "L'inserimento nel secondo comma dell'art. 117 del nuovo Titolo V della Costituzione, fra le materie di legislazione esclusiva dello Stato, della "determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale" attribuisce al legislatore statale un fondamentale strumento per garantire il mantenimento di una adeguata uniformita' di trattamento sul piano dei diritti di tutti i soggetti, pur in un sistema caratterizzato da un livello di autonomia regionale e locale decisamente accresciuto. La conseguente forte incidenza sull'esercizio delle funzioni nelle materie assegnate alle competenze legislative ed amministrative delle regioni e delle Province autonome impone evidentemente che queste scelte, almeno nelle loro linee generali, siano operate dallo Stato con legge, che dovra' inoltre determinare adeguate procedure e precisi atti formali per procedere alle specificazioni ed articolazioni ulteriori che si rendano necessarie nei vari settori. Nel settore sanitario fin dall'art. 53 della legge 23 dicembre 1978, n. 833 (Istituzione del Servizio sanitario nazionale) si e' parlato di "livelli delle prestazioni sanitarie che devono essere comunque garantite a tutti i cittadini" ma in particolare il secondo comma dell'art. 1 del d.lgs. 30 dicembre 1992. n. 502 ... quale modificato dal d.lgs. 19 giugno 1999, n. 229 ... afferma che il Servizio sanitario nazionale (assicura (...) i livelli essenziali e uniformi di assistenza definiti dal piano sanitario nel rispetto dei principi della dignita' della persona umana, del bisogno di salute, dell'equita' nell'accesso, dell'assistenza, della qualita' delle cure e della loro appropriatezza riguardo alle specifiche esigenze, nonche' dell'economicita' nell'impiego delle risorse"; a loro volta i commi 6 e 7 compiono alcune specificazioni relativamente ai livelli di assistenza compresi od esclusi dai livelli erogati a carico del Servizio sanitario nazionale. Dopo l'entrata in vigore del nuovo Titolo V della seconda parte della Costituzione, a questa disposizione si e' riferito l'emendamento apportato all'art. 6 del d.l. 18 settembre 2001, n. 347, dalla legge di conversione 16 novembre 2001, n. 405, per potersi giungere alla definizione dei livelli essenziali di assistenza nel settore sanitario; in questa occasione, peraltro, si e' anche disciplinato il procedimento di adozione dei livelli essenziali di assistenza attraverso l'attribuzione ad un apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del compito di definirli, e la previsione del coinvolgimento delle regioni e province autonome attraverso la previa intesa con il Governo, da conseguire in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano. Ed in realta', dopo un apposito accordo conseguito in sede di Conferenza permanente il 22 novembre 2001 fra Governo e regioni e province autonome, e' intervenuto il d.P.C.m. 29 novembre 2001, che ne ha recepito i contenuti, definendo "i nuovi livelli essenziali di assistenza", entro i quali rientrano anche quelli relativi (per quanto rileva nella presente causa) alla "attivita' sanitaria e socio-sanitaria rivolta alle persone dipendenti da sostanze stupefacenti e psicotrope e da alcool" ... "Al di la' di ogni valutazione di merito sul procedimento configurato e sulla stessa adeguatezza dei livelli essenziali in tal modo individuati, resta indubbio che in tutto il settore sanitario esiste attualmente una precisa procedura, individuata con fonte legislativa, per la determinazione di quanto previsto nell'art. 117, secondo comma, lettera m) della Costituzione e che questa determinazione e' intervenuta appunto con il d.P.C.m 29 novembre 2001"". Quest'Amministrazione contesta - come meglio sara' esplicitato - che le norme in esame determinino livelli essenziali delle prestazioni. Cio' nonostante l'acquisizione del parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano sarebbe stata ugualmente obbligatoria perche' le disposizioni in questione interferiscono con materie regionali e, segnatamente, con la materia della tutela della salute e con l'organizzazione del servizio sanitario regionale. Ma se si dovesse ritenere - e non e' cosi' - che effettivamente le norme in esame costituiscano l'asserita fissazione dei LEA, le stesse norme sarebbero a maggior ragione e sotto altro aspetto illegittime perche' assunte in difetto dell'intesa che, come sopra detto, e' necessaria tutte le volte che vengano approvate norme di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni sanitarie. Da qui la violazione delle disposizioni rubricate per contrasto con gli artt. 5, 117 e 118 Cost., anche in riferimento all'art. 2 del decreto legislativo n. 281/1997, sotto il profilo della lesione del principio di leale collaborazione tra Stato e regioni. 2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 4-quaterdecies del d.l. n. 272/2005 di modifica dell'art. 113 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, rubricato "Competenze delle regioni e delle province autonome", per contrasto con gli artt. 117, 118, 119 Cost. anche in relazione all'art. 6, comma 5, della legge 23 dicembre 1994, n. 724. L'art. 113 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, come modificato dall'art. 4-quaterdcies del d.l. n. 272/2005, ribadita la competenza legislativa delle regioni e province autonome in materia di prevenzione, cura e riabilitazione delle tossicodipendenze, dopo aver individuato al comma 1, lett. a) e b), alcuni principi - parita' fra servizi pubblici per l'assistenza ai tossicodipendenti e strutture private autorizzate dal Servizio sanitario nazionale che abbiano i requisiti di cui all'art. 116 dello stesso decreto; garanzia da parte della disciplina dell'accreditamento della parita' di accesso ai servizi ed alle prestazioni erogate dai servizi pubblici e dalle strutture private accreditate - individua alla lett. d) dello stesso comma, sempre nell'ambito dei principi della materia, le funzioni spettanti ai servizi pubblici ed alle struttura private autorizzate. Tali funzioni sono le seguenti: "... 1) analisi delle condizioni cliniche, socio-sanitarie e psicologiche del tossicodipendente anche nei rapporti con la famiglia; 2) controlli clinici e di laboratorio necessari per accertare lo stato di tossicodipendenza effettuati da strutture pubbliche accreditate per tali tipologie di accertamento; 3) individuazione del programma farmacologico o delle terapie di disintossicazione e diagnosi delle patologie in atto, con particolare riferimento alla individuazione precoce di quelle correlate allo stato di tossicodipendenza; 4) elaborazione, attuazione e verifica di un programma terapeutico e socio riabilitativo nel rispetto della liberta' di scelta del luogo di trattamento di ogni singolo utente; 5) progettazione ed esecuzione in forma diretta o indiretta di interventi di informazione e prevenzione". Tale norma, nel disporre un regime di parita' fra strutture pubbliche e private, affida alle strutture private tutti i compiti che, in base alle previgenti disposizioni in materia erano, viceversa, riservate alle strutture del servizio pubblico. Fra tali compiti sono annoverati la individuazione del programma farmacologico o delle terapie di disintossicazione, l'elaborazione di un programma terapeutico nonche' l'attuazione e la verifica di detto programma. Fino all'emanazione di tale legge, in base alla legislazione nazionale vigente ad ai successivi atti d'attuazione regionali, (L.R. 24 febbraio 2005, n. 40, artt. 74 e ss.), l'ingresso in strutture private per il recupero di soggetti tossicodipendenti veniva disposta dai SERT, previa approvazione di uno specifico programma di riabilitazione e di reinserimento sociale. Con la norma in esame si sancisce l'ingresso diretto nelle strutture private, non solo autorizzate ma anche accreditate (v. oltre al punto 3), che, senza alcun filtro di medici o di strutture del Servizio sanitario nazionale, vengono abilitate a fare sia la diagnosi sia la programmazione riabilitativa sia l'esecuzione dei programmi dei soggetti che ad esse si rivolgano. Manca, quindi, una verifica da parte della ASL sia sulle necessita' dell'intervento (diagnosi), sia sulla validita' del tipo di risposta scelta (programma di cura riabilitazione e di reinserimento sociale). Tale iniziativa del legislatore, anche alla luce del successivo art. 4-quinquiesdecies, sembra essere giustificata a tutela del principio di libera scelta, da parte dell'utente, della struttura preposta a fornire la prestazione di prevenzione, cura e riabilitazione dello stato di tossicodipendenza. Ma come affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 416 del 1995 "La liberta' di scegliere da parte dell'assistito chi chiamare a fornire le prestazioni sanitarie non comporta, affatto, una liberta' sull'an e sull'esigenza delle prestazioni, in quanto permane (cosi' come disciplinato in precedenza dall'art. 8, comma 5, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, che gia' contemplava, sia nel testo originario, sia in quello risultante dalle modifiche introdotte dall'art. 9 del d.lgs. 7 dicembre 1993, n. 517, la previsione di "appositi rapporti fondati sulla corresponsione di un corrispettivo predeterminato a fronte della prestazione", ritenuti compatibili con il sistema di libera scelta dell'assistito, confermato anche dall'art. 15 del d.lgs. n. 517 del 1993, modificativo dell'art. 14, comma 6, del d.lgs. n. 502 del 1992) il principio essenziale che l'erogazione delle prestazioni, soggette a scelta (da parte dell'utente-assistito) della struttura o dei professionisti eroganti, e' "subordinata all'apposita prescrizione, proposta o richiesta compilata su modulario del Servizio sanitario nazionale dal medico di fiducia dell'interessato" (v. ora art. 6, comma 5, della legge 23 dicembre 1994, n. 724). Permangono pertanto tutti i poteri di controllo, indirizzo e verifica delle regioni e delle Unita' sanitarie locali (sentenze n. 126 del 1994 e n. 283 del 1991)". La recente scelta legislativa, che ha dato luogo al presente ricorso, travolgendo i principi di cui alla normativa in materia sanitaria richiamata nella sentenza riportata, comporta una palese violazione dell'autonomia di spesa delle regioni. Queste ultime vedono, infatti, compressa la funzione normativa e di programmazione delle attivita' di prevenzione cura e riabilitazione delle tossicodipendenze, in quanto una volta che l'utente si rivolge autonomamente alla struttura privata, senza la necessita' di alcuna "prescrizione" del Servizio sanitario nazionale, e cioe' senza alcun filtro da parte dell'azienda sanitaria, resta ad esse accollata la spesa per le prestazioni che vengono decise dalle stesse strutture private che riceveranno poi il corrispettivo per le prestazioni erogate. La sentenza sopra richiamata (sent. n. 416/1995), dopo aver riaffermato il principio della necessita' di prescrizione del Servizio sanitario nazionale affinche' l'utente possa avere accesso alle prestazioni, prosegue affermando: "In presenza di limitatezza delle risorse e riduzione delle disponibilita' finanziarie accompagnata da esigenze di risanamento del bilancio nazionale, "non e' pensabile di poter spendere senza limite, avendo riguardo soltanto ai bisogni quale ne sia la gravita' e l'urgenza; e' viceversa la spesa a dover essere commisurata alle effettive disponibilita' finanziarie, le quali condizionano la quantita' ed il livello delle prestazioni sanitarie, da determinarsi previa valutazione delle priorita' e compatibilita' e tenuto ovviamente conto delle fondamentali esigenze connesse alla tutela del diritto alla salute ...". Inoltre si puo' aggiungere l'ulteriore considerazione che la disponibilita' finanziaria costituisce limite alla autonomia, con duplice funzione di protezione dei vari soggetti e con carattere di reciprocita', cioe' nel senso che gli enti di autonomia debbono provvedere con risorse proprie in presenza di maggiori spese dipendenti da proprie scelte, giustificabili da esigenze locali. Cosi' lo Stato, una volta trasferiti o determinati i mezzi finanziari di cui vi e' disponibilita', puo' rifiutare di addossarsi gli ulteriori disavanzi per spese estranee alle proprie scelte o dipendenti da determinazioni degli enti gestori, ma non puo' addossare al bilancio regionale oneri relativi alla spesa sanitaria che derivano da decisioni non imputabili alle regioni stesse (sentenza n. 452 del 1989)". I suddetti principi sono tutti palesemente violati dall'impugnata norma, con conseguente illegittimita' costituzionale della stessa. 3) Illegittimita' costituzionale dell'art. 4-quinquiesdecies del decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 272, convertito con legge 21 febbraio 2006, n. 49, recante la modifica dell'art. 116 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, rubricato "Livelli essenziali relativi alla libera scelta dell'utente e ai requisiti per l'autorizzazione delle strutture private" per violazione degli artt. 117, con particolare riferimento al comma 2, lett. m), 118, 119 Cost. L'art. 116 del testo unico di cui al decreto del Presidente delle Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, come modificato dall'art. 4-quinquiesdecies del decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 272, convertito con legge 21 febbraio 2006, n. 49, prevede che le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano assicurino quale livello essenziale delle prestazioni ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lett. m), della Costituzione, la liberta' di scelta di ogni singolo utente relativamente alla prevenzione, cura e riabilitazione della tossicodipendenze". Prosegue affermando che la realizzazione di strutture e l'esercizio di attivita' sanitaria a favore di soggetti tossicodipendenti e' soggetta ad autorizzazione ai sensi dell'art. 8-ter del d.lgs. n. 502/1992. Al secondo comma fissa i presupposti per il rilascio dell'autorizzazione, individuando, come requisiti del soggetto da autorizzare: la personalita' giuridica di diritto pubblico o privato o la natura di associazione riconosciuta o riconoscibile ai sensi degli artt. 12 e seguenti del codice civile; la disponibilita' di locali ed attrezzature adeguate; la presenza di personale dotato di comprovata esperienza; la presenza di un equipe multidisciplinare composta da medici ed infermieri con specializzazioni attinenti alle patologie correlate alle tossicodipendenze; la presenza di educatori professionali e di comunita' supportati dalle figure professionali del medico e dello psicologo. Al terzo comma si afferma: "Il diniego dell'autorizzazione deve essere motivato con espresso riferimento alle normative vigenti o al possesso dei requisiti minimi di cui al comma 2". Ed ancora il comma 4 dispone che le Regioni e le Province autonome "stabiliscono le modalita' di accertamento e certificazione dei requisiti indicati al comma 2 e le cause che danno luogo alla sospensione o alla revoca dell'autorizzazione". Tale autorizzazione e', fra l'altro, condizione indispensabile perche' la struttura possa essere accreditata, cioe' abilitata ad operare in regime di accreditamento e quindi con oneri a carico del Servizio sanitario regionale (v. art. 116, comma 6). L'autorizzazione e', infine condizione sufficiente per "a) lo svolgimento dei compiti di cui all'art. 114 - compiti d'assistenza degli enti locali in materia di prevenzione e recupero di tossicodipendenti - (v. ancora art. 116, comma 6). Tale autorizzazione consente, quindi, senza l'accreditamento - in ordine al quale alle regioni sono lasciati maggiori spazi di autonomia legislativa ed amministrativa - lo svolgimento di una serie di compiti -- alcuni dei quali attengono fra l'altro alla materia dell'assistenza sociale e cioe' ad una materia in cui le regioni sono dotate di competenza legislativa esclusiva - tutti rientranti in materie di competenza regionale. La norma comprime, quindi, la potesta' legislativa nonche' l'attivita' di programmazione regionale in materia di prevenzione, cura e riabilitazione degli stati di tossicodipendenza in quanto il legislatore nazionale, dopo aver deciso quali siano i soggetti pubblici e privati diversi dagli organismi del Servizio sanitario nazionale abilitati ad operare nel settore delle tossicodipendenze, e quali, amplissimi, compiti siano dagli stessi svolti (v. lett. d) del comma 1, dell'art. 113, del testo unico, c.m. dal d.l. n. 272/2005), fissa in modo dettagliato i requisiti, soggettivi ed oggettivi, che tali soggetti devono possedere - [art. 116, comma 2, lett. a) b), c), d), e)]. Al terzo comma determina, poi, in modo tassativo le condizioni che possono giustificare il diniego d'autorizzazione. Rinvia, infine, alla disciplina regionale (v. comma 4 dell'art. 116) esclusivamente "le modalita' di accertamento e certificazione dei requisiti indicati al comma 2 e le cause che danno luogo alla sospensione o alla revoca dell'autorizzazione". La competenza legislativa delle regioni e' relegata a ruolo di mera esecuzione di una normativa compiutamente definita a livello statale. L'intervento legislativo statale e' giustificato, come espressamente affermato dalla stessa norma, dalla necessita' di imporre alle regioni l'obbligo di assicurare "quale livello essenziale delle prestazioni ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione", "la liberta' di scelta" di ogni singolo utente relativamente alla prevenzione, cura e riabilitazione delle tossicodipendenze. La norma e' estremamente confusa ed il legislatore, forse nella consapevolezza del superamento dei limiti ad esso imposti, trova fin troppe giustificazioni al proprio operare, nessuna delle quali in grado di rendere la norma conforme al dettato costituzionale. 3.1) Si richiama innanzi tutto quanto affermato al punto 1 del presente ricorso, ribadendo che la norma in esame e' stata adottata in violazione del principio di leale collaborazione, non essendo stato acquisita ne' l'intesa ne' il parere della Conferenza Stato-Regioni. Si rileva comunque che la "libera scelta", costituendo un principio della legislazione in materia sanitaria, non puo' assolutamente costituire un "livello essenziale della prestazioni". A tale proposito, dall'esame del d.P.C.m. 29 novembre 2001, allegato 1B, voce "assistenza territoriale ambulatoriale e domiciliare", puo' prendersi in che cosa consistano i "livelli essenziali delle prestazioni" in materia sanitaria ed in particolare nel settore delle tossicodipendenze. All'interno di tale allegato, infatti, sono descritti i livelli essenziali dell'attivita' sanitaria a favore di soggetti dipendenti da sostanze stupefacenti o psicotrope e da alcool. Si richiama l'attenzione anche sull'allegato 4 al decreto, "Linee guida relative al ruolo delle regioni in materia di LEA", dove si elencano le norme che definiscono il ruolo delle regioni in questa materia (art. 13 del d.lgs. n. 502/1992, art. 85, comma 9, della legge n. 388 del 2000 ed artt. 4, comma 3, e 6, commi 1 e 2, del decreto-legge n. 347 del 2001). Si rileva, nell'allegato, la necessita' di disporre di una metodologia omogenea nell'applicazione della normativa che solleciti le regioni a realizzare l'equilibrio fra risorse disponibili e l'articolazione delle prestazioni e servizi socio sanitari da garantire attraverso i LEA. "In particolare - si afferma nel documento - appare indispensabile garantire che adeguati interventi sul tema dell'appropriatezza da parte delle regioni siano in grado di prevenire e controllare fenomeni di improprio assorbimento di risorse da parte di un livello assistenziale con conseguente scopertura di altri livelli assistenziali, disattendendo in tale modo ai diritti da garantire a tutti i cittadini". L'esame in concreto dei LEA fa comprendere come non si possa intervenire su tale materia in modo disorganico per un'unica tipologia di prestazione, in quanto la fissazione di ciascun livello di prestazione non puo' prescindere dall'esame comparativo con i livelli delle restanti prestazioni garantite dal Servizio sanitario nazionale. Pertanto, al di la' di quanto affermato nell'articolo in esame, la norma non ha sostanzialmente il contenuto di disposizione con la quale si determinino i livelli essenziali delle prestazioni di cui al piu' volte citato art. 117, comma 2, lett. m) della Costituzione. Conferma di quanto sostenuto si trova in una recente sentenza della Corte costituzionale (sentenza n. 120 del 2005) che si pronuncia sulla legittimita' di norme in materia di standard strutturali e qualitativi di asili nido, escludendo che con esse si siano determinati i livelli essenziali delle prestazioni di cui all'art. 117, comma 2, lett. m). Afferma la Corte: "La tesi che gli standard strutturali e qualitativi di cui alla norma impugnata si identificherebbero con i livelli essenziali delle prestazioni e, quindi, rientrerebbero nella competenza trasversale ed esclusiva dello Stato ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, non puo' essere condivisa in quanto la norma censurata non determina alcun livello di prestazione, limitandosi ad incidere sull'assetto organizzativo e gestorio degli asili nido che, come si e' detto, risulta demandato alla potesta' legislativa delle regioni". Ne consegue la illegittimita' della norma rubricata per violazione della disposizione costituzionale di cui all'art. 117, Cost. in quanto - in virtu' dell'assenta natura di norma volta ad assicurare "quale livello essenziale delle prestazioni ... la libera scelta di ogni singolo utente ..." ed in ragione della competenza esclusiva che ne deriverebbe al legislatore statale la norma stessa detta l'intera disciplina della materia, esautorando totalmente il legislatore regionale. Cio' e' tanto piu' grave se si considerano le facolta' di operare e di beneficiare di agevolazioni e contributi che conseguono direttamente dal rilascio dell'autorizzazione (v. art. 116, comma 6). La totale compressione dell'autonomia normativa regionale non e' giustificabile neppure alla luce dell'invocato principio "di libera scelta" di ogni singolo utente relativamente alla prevenzione, cura e riabilitazione. Richiamando quanto sopra sostenuto al punto 1 sulla portata di tale principio, si deve qui affermare che nelle materie in cui le regioni hanno potesta' legislativa concorrente lo Stato puo' provvedere alla esclusiva emanazione di norme di principio e non anche di norme di estremo dettaglio come quelle in esame. 3.2) Risulta inoltre violato l'art. 118 della Costituzione. Le norme in esame non attengono, infatti, ai livelli essenziali delle prestazioni ma delineano un nuovo modello organizzativo, completamente diverso da quello delineato dalla previgente disciplina. Alla luce delle norme di principio di cui al testo unico del 1990 e dei successivi atti d'Intesa Stato-Regioni adottati (v. per esempio Atto d'Intesa 5 agosto 1999), la regione e' intervenuta con propri atti legislativi, di normazione secondaria e di programmazione. In attuazione del quadro normativo e del principio della programmazione dei servizi, la Regione Toscana si e' dotata di uno specifico modello organizzativo del S.S.R. caratterizzato dalla programmazione a rete e dalla regolazione dell'offerta pubblica e privata delle prestazioni e dei servizi come previsto agli artt. 75 e ss. della l.r. 24 febbraio 2005, n. 40 (Disciplina del servizio sanitario regionale). L'applicazione delle disposizioni del nuovo art. 116 del T.U. incide inevitabilmente sull'assetto organizzativo sanitario regionale. L'ingresso nel settore delle tossicodipendenze di soggetti che, a prescindere dall'accreditamento e da accordi con le USL, sono abilitati a svolgere le prestazioni tradizionalmente riservate al servizio pubblico - si pensi in particolare alla analisi delle condizioni cliniche, socio sanitarie e psicologiche del tossicodipendente, ai controlli clinici e di laboratorio necessari ad accertare lo stato di tossicodipendenza e, soprattutto, all'individuazione del programma farmacologico o delle terapie di disintossicazione e diagnosi delle patologie in atto - comporta rilevantissime ripercussioni sull'organizzazione. Fino ad oggi, infatti, nella programmazione delle strutture pubbliche competenti all'erogazioni di tali prestazioni da istituire nelle singole USL (SERT), si sono utilizzati parametri che tenevano conto dell'estensione del fenomeno della tossicodipendenza sul territorio di ciascuna azienda nonche' delle funzioni da svolgere da parte di tali servizi in base alla disciplina del testo unico che, prima dell'attuale riforma, riservava, appunto, al servizio pubblico tutte le competenze sopra richiamate. L'accesso diretto alle strutture private (come sopra detto, infatti, non e' previsto alcun filtro da parte di organismi del servizio sanitario regionale) comportera' inevitabili esigenze di revisione della rete di servizi regionale - costituita oggi dai servizi pubblici, quanto alla diagnosi e programmazione degli interventi, e dalle strutture private convenzionate, per quanto attiene all'esecuzione dei programmi elaborati dal servizio pubblico (v. art. 113, nella versione in vigore prima della legge in esame) - con evidente violazione dell'autonomia organizzativa dei servizi di competenza regionale nonche' della potesta' di programmazione nel settore sanitario. 3.3) La norma in esame comporta inoltre la violazione dell'art. 119 Cost. L'evoluzione della legislazione sanitaria evidenzia come, subito dopo l'enunciazione del principio della parificazione e concorrenzialita' tra strutture pubbliche e strutture private, con la conseguente facolta' di libera scelta da parte dell'assistito, si sia pure progressivamente imposto il principio della programmazione allo scopo di realizzare un contenimento della spesa pubblica ed una razionalizzazione del sistema sanitario, con cio' temperando il predetto regime concorrenziale attraverso i poteri di programmazione propri delle regioni e la stipula di appositi "accordi contrattuali" tra le USL competenti e le strutture interessate per la definizione di obiettivi, volume massimo e corrispettivo delle prestazioni erogabili. La lesione della potesta' di programmazione degli interventi di cui precedente punto comportera' conseguenze anche sulla spesa sanitaria nel settore delle tossicodipendenze. Cio' sara' conseguenza delle diseconomie che si verificheranno con l'ingresso, non programmato, di strutture private nel settore, in quanto tale ingresso comportera' una ridotta utilizzazione della rete di servizi ad oggi esistente che non potra' comunque essere congruamente ridotta in tempi brevi. Inoltre, in base al nuovo sistema delineato dal legislatore statale, quando le strutture private risultino accreditate, in considerazione dell'accesso ad essa senza alcun filtro da parte di organismi pubblici (quali i SERT) o da altri medici del servizio pubblico (v. sopra punto 2), la spesa per l'erogazioni delle prestazioni dalla stessa erogate, restera' a carico del bilancio della ASL, con ricaduta sui poteri di spesa della regioni, pur senza che l'intervento sia stato richiesto dal Servizio sanitario regionale. 4) Illegittimita' costituzionale degli artt. 4-octies e 4-undecies del decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 272, convertito con legge 21 febbraio 2006, n. 49, recanti rispettivamente la modifica degli art. 91 e 94 del testo unico di cui al decreto del Presidente delle Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, per violazione degli artt. 97, 117, 118 e 119 Cost. L'art. 91 del testo unico di cui al decreto del Presidente delle Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, come modificato dall'art. 4-octies del decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 272, convertito con legge 21 febbraio 2006, n. 49, disciplina la presentazione dell'istanza, da parte del soggetto condannato per uno dei reati in materia di uso di sostanze stupefacenti o psicotrope, per la sospensione dell'esecuzione di sanzioni penali. Tale norma, al comma 2, prevede che "All'istanza di sospensione dell'esecuzione della pena e' allegata, a pena di inammissibilita', certificazione rilasciata da un servizio pubblico per le tossicodipendenze o da una struttura privata accreditata per l'attivita' di diagnosi prevista dal comma 2, lettera d), dell'art. 116 attestante, ai sensi dell'art. 123, la procedura con la quale e' stato accertato l'uso abituale di sostanze stupefacenti o psicotrope, il tipo di programma terapeutico e socio-riabilitativo scelto, l'indicazione della struttura ove il programma e' stato eseguito, le modalita' di realizzazione ed i risultati conseguiti a seguito del programma stesso". La suddetta disposizione, nella formulazione originaria antecedente alla recente modifica, stabiliva che "all'istanza e' allegata certificazione rilasciata da un servizio pubblico per le tossicodipendenze attestante il tipo di programma terapeutico e soci-riabilitativo prescelto, l'indicazione della struttura, anche privata, ove il programma e' stato eseguito o e' in corso, le modalita' di realizzazione e l'eventuale completamento del programma". Da un primo confronto tra le due versioni, emerge che, nella formulazione originaria della norma, la richiesta di sospensione dell'esecuzione della pena doveva essere necessariamente accompagnata dalla presentazione della certificazione che poteva essere rilasciata esclusivamente da un servizio pubblico per le tossicodipendenze (cosiddetto SERT). Al contrario, in seguito alla recente modifica, l'art. 91 prevede che la suddetta certificazione possa essere rilasciata, oltre che da un SERT, anche da una struttura privata accreditata. L'art. 94 del testo unico di cui al decreto del Presidente delle Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, come modificato dall'art. 4-undecies del decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 272, convertito con legge 21 febbraio 2006, n. 49, prevede che, nel caso debba essere eseguita una pena detentiva nei confronti di un soggetto tossicodipendente o alcooldipendente, quest'ultimo possa chiedere di essere affidato in prova al servizio sociale per proseguire o intraprendere l'attivita' terapeutica. A tal fine, la norma, al primo comma, stabilisce che "Alla domanda e' allegata a pena di inammissibilita', certificazione rilasciata da una struttura sanitaria pubblica o da una struttura privata accreditata per l'attivita' di diagnosi prevista dal comma 2, lettera d), dell'art. 116 attestante lo stato di tossicodipendenza o di alcooldipendenza, la procedura con la quale e' stato accertato l'uso abituale di sostanze stupefacenti, psicotrope o alcoliche, l'andamento del programma concordato eventualmente in corso e la sua idoneita', ai fini del recupero del condannato. Affinche' il trattamento sia eseguito a carico del Servizio sanitario nazionale, la struttura interessata deve essere in possesso dell'accreditamento istituzionale di cui all'art. 8-quater del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, ed aver stipulato gli accordi contrattuali di cui all'articolo 8-quinquies del citato decreto legislativo". Il testo originario dell'art. 94, primo comma, del d.P.R. n. 309 del 1990 stabiliva che alla domanda di affidamento in prova al servizio sociale "deve essere allegata certificazione rilasciata da una struttura sanitaria pubblica attestante lo stato di tossicodipendenza o di alcooldipendenza e la idoneita', ai fini del recupero del condannato, del programma concordato". Nella formulazione originaria, quindi, la norma prescriveva, al soggetto interessato, di allegare alla domanda di affidamento in prova al servizio sociale la certificazione che poteva essere rilasciata esclusivamente da una struttura sanitaria pubblica. Viceversa, in conseguenza della recente modifica, la suddetta certificazione puo' essere rilasciata anche da una struttura privata accreditata. Le due norme sopra esaminate intendono in sostanza equiparare, ai fini certificatori delle tossicodipendenze, le strutture sanitarie pubbliche a quelle private accreditate. Pertanto, il dubbio di legittimita' delle due norme si fonda principalmente sul riconoscimento, in capo a strutture private autorizzate o accreditate (solo in quest'ultimo caso il trattamento e' eseguito a carico del Servizio sanitario nazionale), della legittimazione al rilascio delle certificazioni necessarie per ottenere la sospensione dell'esecuzione della pena (nel caso dell'art. 91) o per poter beneficiare della misura alternativa dell'affidamento in prova al servizio sociale (nel caso dell'art. 94). In virtu' della pubblicita' della funzione certificatoria, soprattutto in un caso in cui tale attribuzione possa comportare decisioni in ordine all'esecuzione o meno di sanzioni penali, la suddetta legittimazione avrebbe dovuto restare riservata alle strutture del servizio pubblico. Cio' a maggior ragione ove si consideri che, nel caso di cui all'art. 94, la certificazione non si limita all'attestazione di dati oggettivi (quali lo stato di tossicodipendenza, la procedura seguita per l'accertamento dell'uso abituale di sostanze stupefacenti, psicotrope o alcoliche e l'andamento del programma concordato), ma si spinge fino all'effettuazione di valutazioni circa l'idoneita' del programma terapeutico concordato ai fini del recupero del condannato. Cio' comporta una diretta violazione dell'art. 97 della Costituzione - il quale afferma, tra l'altro, il principio del "buon andamento" della pubblica amministrazione - anche alla luce dell'art. 119 Cost. Infatti, anche in tal caso vale quanto sopra detto al punto 3.3 della presente memoria e cioe' che, quando una struttura risulti accreditata, anche l'inserimento in essa, acconsentito dal giudice nelle ipotesi contemplate dalla norma in esame, restera' a carico del Servizio sanitario, senza alcun filtro da parte di organismi pubblici (quali i SERT) o da altri medici del servizio pubblico. E' evidente anche in questo caso la ricaduta sul bilancio delle regioni e, quindi, sull'autonomia spesa delle stesse.
P. Q. M. Si chiede che l'ecc.ma Corte costituzionale accolga il presente ricorso per gli indicati motivi e, per l'effetto, dichiari l'illegittimita' costituzionale degli articoli 4-octies, 4-undecies, 4-quaterdecies, 4-quinquiesdecies del decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 272, convertito con legge 21 febbraio 2006, n. 49. Si deposita la delibera della giunta regionale n. 285 del 18 aprile 2006. Firenze-Roma, addi' 20 aprile 2006 Avv. Lucia Bora - Avv. Vanna Console - Avv. Fabio Lorenzoni