Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 4 ottobre 2016 (del Presidente del Consiglio dei ministri).

(GU n. 45 del 2016-11-09)

Ricorso ex art. 127 della Costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri in carica, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, C.F. …., n. fax … ed indirizzo p.e.c. per il ricevimento degli atti …, presso i cui uffici domicilia in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;

Contro la Regione Autonoma Valle d'Aosta, (C. F. …) in persona del Presidente della giunta regionale in carica, con sede in P.zza Albert Deffeyes n. 1, c.a.p. 11100 Aosta;

Per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 4, commi 4, 5 e 6, dell'art. 5, comma l e dell'art. 6, commi 1, 2 e 4 della legge della Regione Autonoma Valle d'Aosta 2 agosto 2016 n. 16, intitolata «Disposizioni collegate alla legge regionale di variazione del bilancio di previsione per il triennio 2016/2018», pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Autonoma Valle d'Aosta del 3 agosto 2016, n. 34, per violazione dell'art. 117, comma 1, comma 2 lettera l) ed s) e comma 3 della Costituzione.

In forza della delibera di impugnativa assunta dal Consiglio dei ministri nella seduta del 23 settembre 2016.

La Regione Autonoma Valle d'Aosta ha emanato la legge regionale in epigrafe indicata contenente l'art. 4, commi 4, 5 e 6, l'art. 5, comma 1, l'art. 6, commi 1, 2 e 4 i quali presentano profili di illegittimita' costituzionale per i seguenti

 

Motivi

 

1) Illegittimita' dell'art. 4, commi 4, 5 e 6 della legge della Regione Autonoma Valle d'Aosta 2 agosto 2016, n. 16 per violazione dell'art. 117, comma 2, lettera l) della Costituzione; contrasto con l'art. 1, comma 543 della legge n. 208/2015 e conseguente violazione dell'art. 117, comma 3 della Costituzione.

L'art. 4, comma 4 della legge regionale in esame stabilisce che: «L'Azienda regionale sanitaria USL della Valle d'Aosta (Azienda USL) puo' indire, entro il 30 aprile 2017, e concludere, entro il 30 aprile 2018, procedure concorsuali dirette all'assunzione di personale medico, tecnico professionale, infermieristico e amministrativo, necessario a far fronte alle esigenze assunzionali emerse in relazione alle valutazioni effettuate nel piano di fabbisogno del personale, con particolare riferimento a quelle finalizzate alla riduzione del numero dei contratti di lavoro a tempo determinato o di altra tipologia di lavoro flessibile.».

Il comma 5 del medesimo articolo aggiunge che: «Nell'ambito delle procedure concorsuali di cui al comma 4, l'Azienda USL puo' riservare i posti disponibili, nella misura massima del 50 per cento, al personale medico, tecnico-professionale, infermieristico e amministrativo in servizio alla data di entrata in vigore della presente legge che abbia maturato con l'Azienda medesima, alla data di pubblicazione del bando, almeno tre anni di servizio, anche non continuativi, negli ultimi cinque anni con contratti a tempo determinato, con contratti di collaborazione coordinata e continuativa o con altre forme di rapporto di lavoro flessibile, compresa la somministrazione di lavoro.

Infine, il comma 6 stabilisce che «Nelle more della conclusione delle procedure concorsuali di cui al comma 4, l'Azienda USL e' autorizzata a continuare ad avvalersi di forme di lavoro flessibile, senza nuovi o maggiori oneri, fino all'espletamento delle corrispondenti procedure concorsuali e comunque non oltre il termine massimo del 30 aprile 2018.».

Tali norme regionali violano l'art. 117, secondo comma, lettera l) della Costituzione che riserva allo Stato la disciplina dell'ordinamento civile.

In ogni caso, esse sono in contrasto con l'art. 1, comma 543 della legge n. 208/2015 (legge di stabilita' 2016) il quale dispone quanto segue: «In deroga a quanto previsto dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 6 marzo 2015, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 94 del 23 aprile 2015, in attuazione dell'art. 4, comma 10, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, gli enti del Servizio sanitario nazionale possono indire, entro il 31 dicembre 2016, e concludere, entro il 31 dicembre 2017, procedure concorsuali straordinarie per l'assunzione di personale medico, tecnico professionale e infermieristico, necessario a far fronte alle eventuali esigenze assunzionali emerse in relazione alle valutazioni operate nel piano di fabbisogno del personale secondo quanto previsto dal comma 541. Nell'ambito delle medesime procedure concorsuali, gli enti del Servizio sanitario nazionale possono riservare i posti disponibili, nella misura massima del 50 per cento, al personale medico, tecnico professionale e infermieristico in servizio alla data di entrata in vigore della presente legge, che abbia maturato alla data di pubblicazione del bando almeno tre anni di servizio, anche non continuativi, negli ultimi cinque anni con contratti a tempo determinato, con contratti di collaborazione coordinata e continuativa o con altre firme di rapporto di lavoro flessibile con i medesimi enti. Nelle more della conclusione delle medesime procedure, gli enti del Servizio sanitario nazionale continuano ad avvalersi del personale di cui al precedente periodo, anche in deroga ai limiti di cui all'art. 9, comma 28, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122. In relazione a tale deroga, gli enti del Servizio sanitario nazionale, oltre alla prosecuzione dei rapporti di cui al precedente periodo, sono autorizzati a stipulare nuovi contratti di lavoro flessibile esclusivamente ai sensi del comma 542 fino al termine massimo del 31 ottobre 2016.».

La legge n. 208/2015, all'art. 1, commi da 541 a 544, detta disposizioni finalizzate ad assicurare la continuita' nell'erogazione dei servizi sanitari. In particolare viene definita un'apposita procedura, finalizzata in primo luogo all'individuazione da parte delle regioni delle effettive esigenze di personale sanitario, e in secondo luogo ad indire procedure concorsuali straordinarie per l'assunzione a tempo indeterminato di personale medico, tecnico-professionale e infermieristico, nonche' per la stabilizzazione del personale cosiddetto precario. Se dalle valutazioni compiute nel piano di fabbisogno del personale emergono esigenze assunzionali gli enti del Servizio sanitario nazionale possono indire procedure concorsuali straordinarie limitate all'assunzione di personale medico, tecnico-professionale e infermieristico, strettamente necessario per far fronte alle predette esigenze.

Tali procedure devono concludersi entro il 31 dicembre 2017 e gli enti del S.S.N. possono riservare il 50% dei posti disponibili alla stabilizzazione del personale medico, tecnico-professionale e infermieristico, in possesso dei requisiti individuati dalla legge. Per far fronte alle eventuali esigenze immediate di personale si prevede che, nelle more della predisposizione e della verifica dei suddetti piani del fabbisogno di personale, e previa attuazione delle modalita' organizzative finalizzate al rispetto delle disposizioni europee sull'orario di lavoro, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano possano ricorrere a forme di lavoro flessibile, limitatamente al periodo compreso tra il 1° gennaio 2016 e il 31 luglio 2016, con possibilita' di prorogare i relativi rapporti fino al termine massimo del 31 ottobre 2016, ove dovessero perdurare le predette condizioni di criticita'.

Le disposizioni di cui all'art. 4, commi da 4 a 6 della legge regionale in esame non rispettano i principi sanciti dall'art. 1, comma 543 della legge n. 208/2015 per i seguenti aspetti:

a) estendono le procedure concorsuali al personale amministrativo il quale non e' contemplato dalla legge statale che si riferisce al solo personale medico, tecnico-professionale e infermieristico (art. 4, commi 4 e 5);

b) prevedono termini di svolgimento di tali procedure straordinarie che non sono rispettosi dei termini prescritti dalla legge statale: mentre la suddetta legge statale prevede che le procedure possono essere indette entro il 31 dicembre 2016 e concluse entro il 31 dicembre 2017, la norma regionale prevede che possono essere indette entro il 30 aprile 2017 e concluse entro il 30 aprile 2018 (art. 4, comma 4);

c) consentono di avvalersi di contratti di lavoro flessibile, nelle more della conclusione delle procedure concorsuali, fino ad una data successiva a quella indicata nella legge statale: mentre quest'ultima prevede il termine massimo del 31 ottobre 2016, la legge regionale indica il termine massimo del 30 aprile 2018 (art. 4, comma 6).

Per i motivi sopra esposti le disposizioni di cui all'art. 4, commi da 4 a 6 della legge regionale in esame, sono costituzionalmente illegittime perche', eccedendo dalle competenze statutarie di cui all'art. 3 dello Statuto regionale, violano l'art. 117, comma 2 lettera l) della Costituzione che riserva alla potesta' legislativa esclusiva dello Stato l'ordinamento civile, materia nella quale rientrano le disposizioni in esame.

In ogni caso, anche a voler ritenere che la materia rientri nella potesta' legislativa concorrente (tutela della salute), le disposizioni regionali in esame sono in contrasto con l'art. 1, comma 543 della legge n. 208/2015 e conseguentemente violano l'art. 117, comma 3 della Costituzione.

2) Illegittimita' dell'art. 5, comma 1 della legge della Regione Autonoma Valle d'Aosta 2 agosto 2016, n. 16 per contrasto con i vincoli del diritto comunitario e conseguente violazione dell'art. 117, comma 1 della Costituzione.

L'art. 5 della legge regionale in esame contiene «Disposizioni in favore della zootecnica» e al comma 1 dispone quanto segue: «Nel periodo precedente l'ascesa agli alpeggi e nel periodo successivo alla demonticazione dagli alpeggi e in presenza di limitate quantita' di latte, la trasformazione del latte crudo proveniente dagli animali dell'azienda per la produzione di formaggi a maturazione superiore a sessanta giorni, da destinare alla vendita diretta al consumatore finale e in ambito locale, puo' avvenire in un'area all'interno della struttura abitativa, anche non delimitata fisicamente, in cui si svolgono esclusivamente le operazioni di lavorazione del latte, nel rispetto dei requisiti minimi di cui ai regolamenti (CE) n. 852/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, sull'igiene dei prodotti alimentari, e n. 853/2004, che stabilisce norme specifiche in materia di igiene per gli alimenti di origine animale, previa presentazione di segnalazione certificata di inizio attivita' allo sportello unico degli enti locali competente per territorio.

Tale disposizione regionale, nel prevedere l'utilizzo di «un'area all'interno della struttura abitativa anche non delimitata fisicamente» per la trasformazione del latte crudo degli animali dell'azienda al fine della vendita diretta al consumatore finale in ambito locale, si pone in contrasto con gli obblighi previsti dai regolamenti (CE) n. 852-853/2004 del 29 aprile 2004, che riguardano i requisiti delle strutture di' produzione di alimenti in generale e del latte crudo.

Infatti, ai sensi dell'allegato II, capitolo II del regolamento (CE) n. 852/2004 nonche' ai sensi dell'allegato III, sezione IX, capitolo II del regolamento (CE) n. 853/2004 i locali destinati alla preparazione, lavorazione o trasformazione di prodotti alimentari in generale, e nello specifico del latte crudo, devono avere specifici requisiti che non sono compatibili con la destinazione di uno spazio all'interno dell'abitazione dovendo essere progettati e disposti in modo da consentire una corretta prassi igienica al fine di impedire la contaminazione durante le operazioni; prassi igienica che non puo' essere realizzata all'interno di un'unita' abitativa peraltro senza una delimitazione fisica (la legge regionale consente un'area «non delimitata fisicamente»).

La norma regionale in esame, pur richiamando formalmente gli obblighi imposti dai suddetti regolamenti comunitari, detta disposizioni incompatibili con i requisiti comunitari delle strutture di produzione degli alimenti in generale e del latte crudo in particolare e quindi viola l'art. 117, primo comma della Costituzione.

3) Illegittimita' dell'art. 6, commi 1 e 2 della legge della Regione Autonoma Valle d'Aosta 2 agosto 2016, n. 16 per contrasto con i vincoli del diritto comunitario con conseguente violazione dell'art. 117, comma 1 della Costituzione.

L'art. 6, comma 1 della legge regionale in esame dispone quanto segue: «E' consentita la macellazione a domicilio delle specie suine, ovi-caprine, ad eccezione degli animali da sottoporre a test per encefalopatia spongiforme trasmissibile (TSE), e delle specie bovine di eta' inferiore a dodici mesi, purche' appartenenti ad aziende in possesso di qualifica sanitaria di ufficialmente indenne per TBC, BRC e LBE, previa autorizzazione sanitaria ai sensi dell'art. 3 del regio decreto 20 dicembre 1928, n. 3298 (Approvazione del regolamento per la vigilanza sanitaria delle carni), e comunque entro il limite massimo annuale per nucleo familiare di 1 bovino, 2 suini grassi, 2 pecore o capre, 5 agnelli o capretti. In assenza di sintomi sospetti di malattie infettive e di malattie trasmissibili all'uomo, la visita ante mortem puo' non avere luogo. La macellazione a domicilio e' autorizzata nel rispetto dei requisiti igienico-sanitari minimi e di quanto previsto dal regolamento (CE) n. 1099/2009 del Consiglio, del 24 settembre 2009, relativo alla protezione degli animali durante l'abbattimento, assicurando il corretto smaltimento dei sottoprodotti di origine animale».

Tale disposizione regionale - nel prevedere la possibilita' di ammettere al consumo carni di animali non sottoposti a visita ante mortem da parte del veterinario che procederebbe solo all'ispezione post mortem (si prevede infatti che «in assenza di sintomi sospetti di malattie infettive e di malattie trasmissibili all'uomo, la visita ante mortem puo' non avere luogo») - introduce elementi di rischio sanitario in quanto espone il consumatore al pericolo di contrarre malattie considerato che il veterinario e' chiamato ad esprimere un giudizio ispettivo sulla idoneita' al consumo delle carni non suffragato da adeguati ed indispensabili accertamenti ante mortem.

Oltre a contrastare con l'art. 32 della Costituzione, la suddetta norma regionale e' in contrasto con l'art. 5 (1) del regolamento (CE) n. 854/2004 il quale prevede che il veterinario ufficiale svolga compiti ispettivi nei macelli che commercializzano carni fresche, nei centri di lavorazione della selvaggina e nei laboratori di sezionamento in conformita' ai requisiti generali di cui all'allegato I, sezione I, capo II e dei requisiti specifici della sezione IV, in particolare per quanto riguarda: le informazioni sulla catena alimentare; l'ispezione ante mortem; il benessere degli animali; l'ispezione post mortem; il materiale specifico a rischio; le prove di laboratorio.

Secondo le suddette disposizioni comunitarie l'ispezione ante mortem da parte del veterinario e' un accertamento imprescindibile per tutelare la salute del consumatore.

L'art. 6, comma 2 della legge regionale in esame prevede che «Le carni ottenute dalle macellazioni domiciliari possono essere destinate esclusivamente al consumo nell'ambito familiare, previa visita post mortem favorevole, esame negativo per la ricerca delle trichine nei suini e apposizione di bollatura sanitaria specifica da parte del veterinario ufficiale, e non possono essere commercializzate ne' somministrate al pubblico. La giunta regionale stabilisce, con propria deliberazione, la tariffa da richiedere all'utenza per la prestazione della visita sanitaria.».

Tale disposizione, nel prevedere che il veterinario ufficiale proceda ad apporre la bollatura sanitaria per carni ottenute dalle macellazioni domiciliari destinate al consumo privato e' in contrasto con l'art. 5 (1) del regolamento (CE) n. 854/2004 il quale consente lo svolgimento dell'attivita' del veterinario ufficiale solo nei luoghi ivi indicati e cioe' «nei macelli che commercializzano carni fresche, nei centri di lavorazione della selvaggina e nei laboratori di sezionamento».

Inoltre, la citata norma regionale contrasta con le previsioni di cui all'allegato I, sezione I, capo III del citato regolamento (CE) n. 854/2004 che, nel disciplinare la bollatura sanitaria per le carni destinate alla commercializzazione, prevede - tra l'altro - che «il bollo sanitario sia apposto soltanto se l'animale e' stato sottoposto a ispezione ante mortem e post mortem in conformita' del presente regolamento e non vi sono motivi per dichiarare le carni non idonee al consumo umano».

Pertanto, le disposizioni contenute nell'ari 6, commi 1 e 2, della legge regionale in esame sono in contrasto con i vincoli dell'ordinamento comunitario con conseguente violazione dell'art. 117, primo comma della Costituzione.

4) Illegittimita' dell'art. 6, comma 4 della legge della Regione Autonoma Valle d'Aosta 2 agosto 2016, n. 16 per contrasto con i vincoli del diritto comunitario e conseguente violazione dell'art. 117, comma 1 della Costituzione, nonche' per violazione dell'art. 117, comma 2 lettera s) della Costituzione.

L'art. 6, comma 4 della legge regionale in esame dispone che «I residui di macellazione, i cadaveri e le carcasse degli animali, nonche' i materiali da essi derivanti, non idonei al consumo umano ai sensi delle disposizioni vigenti e provenienti direttamente dall'azienda agricola, possono essere trasportati dall'imprenditore agricolo sui mezzi di trasporto appartenenti all'azienda, senza ulteriori oneri autorizzativi, al piu' vicino impianto autorizzato ai sensi del regolamento (CE) n. 1069/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, recante norme sanitarie relative ai sottoprodotti di origine animale e ai prodotti derivati non destinati al consumo umano e che abroga il regolamento (CE) n. 1774/2002 (regolamento sui sottoprodotti di origine animale), a condizione che il trasporto avvenga in modo tale da evitare la fuoriuscita e la dispersione di liquidi organici dal mezzo di trasporto stesso.».

Tale previsione consente il trasporto con mezzi agricoli di cadaveri, carcasse di animali, residui di macellazione ed altri materiali da essa derivanti «senza ulteriori oneri autorizzativi». Inoltre, la norma si limita a disporre che il trasporto debba avvenire in modo tale da evitare la fuoriuscita e la dispersione di liquidi organici dal mezzo di trasporto stesso senza individuare il tipo di materiale che deve essere utilizzato per il trasporto.

La disposizione regionale in esame non e' rispettosa del principio di leale collaborazione in quanto contrasta con l'art. 5, comma 11 dell'accordo stipulato in data 7 febbraio 2013 in Conferenza Unificata recante linee guida per l'applicazione del regolamento (CE) n. 1069/09. In particolare, il predetto accordo esenta da specifica registrazione le aziende che producono sottoprodotti nell'ambito di stabilimenti gia' registrati o riconosciuti per altra attivita', ma sottopone l'azienda all'obbligo della comunicazione dei veicoli e dei contenitori utilizzati.

Inoltre, la norma e' in contrasto con le disposizioni contenute nell'Allegato VIII del regolamento (UE) n. 142/2011 contenente «disposizioni di applicazione del regolamento (CE) n. 1069/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio recante norme sanitarie relative ai sottoprodotti di origine animale e ai prodotti derivati non destinati al consumo umano, e della direttiva 97/78/CE del Consiglio per quanto riguarda taluni campioni e articoli non sottoposti a controlli veterinari alla frontiera.». In particolare, il citato allegato dispone che «i sottoprodotti di origine animale e i prodotti derivati sono raccolti e trasportati in imballaggi sigillati nuovi oppure in contenitori o veicoli coperti a tenuta stagna.», precauzione questa che il legislatore regionale non ha previsto.

Infine l'art. 6 della legge regionale in esame contrasta con l'art. 185, comma 2, lettera b), del decreto legislativo n. 152/2006 il quale dispone che «sono esclusi dall'ambito di applicazione della parte quarta del presente decreto, in quanto regolati da altre disposizioni normative comunitarie, ivi incluse le rispettive norme nazionali di recepimento: [...] b) i sottoprodotti di origine animale, compresi i prodotti trasformati, contemplati dal regolamento (CE) n. 177/2002, eccetto quelli destinati all'incenerimento, allo smaltimento in discarica o all'utilizzo in un impianto di produzione di biogas o di compostaggio».

Piu' precisamente, gli scarti animali rientrano nella nozione di rifiuto prevista dall'art. 183, comma 1, lettera a), del decreto legislativo citato intendendosi per rifiuto «qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l'intenzione o abbia l'obbligo di disfarsi». Pertanto le attivita' di trattamento e trasformazione degli scarti animali sono attivita' di «gestione» dei rifiuti, secondo la definizione normativa che vi ricomprende la raccolta, il trasporto, il recupero e lo smaltimento, ai sensi dell'art. 183, comma 1, lettera n), del decreto legislativo n. 152 del 2006.

Ai sensi dell'art. 185, comma 2, lettera b), del citato decreto legislativo n. 152 del 2006, gli scarti di origine animale sono sottratti all'applicazione della normativa in materia di rifiuti e sottoposti alla disciplina contenuta nel regolamento (CE) n. 1069/2009 che abroga il regolamento (CE) n. 1774/2002 (recante norme sanitarie relative ai sottoprodotti di origine animale non destinati al consumo umano), solo se qualificabili come sottoprodotti. In ogni caso sono esclusi, «quelli destinati all'incenerimento, allo smaltimento in discarica o all'utilizzo in un impianto di produzione di biogas o di compostaggio» sottoposti alla disciplina sui rifiuti di cui alla parte IV del decreto legislativo n. 152/2006.

Pertanto, la normativa regionale in esame nel prevedere che «i residui di macellazione, i cadaveri e le carcasse degli animali, nonche' i materiali da essi derivanti» possano essere trasportati «senza ulteriori oneri autorizzativi» determina un'illegittima esclusione di tale materiale dalla compiuta disciplina dettata dal legislatore nazionale ai sensi all'art. 193 del decreto legislativo n. 152/2006 per il trasposto dei rifiuti.

Sul punto si richiama la sentenza n. 58/2015 in cui la Corte costituzionale ha affermato che «in ogni altro caso, in cui il produttore intenda destinarli allo smaltimento, essi (gli scarti animali) restano pertanto sottoposti alla disciplina sui rifiuti dettata dal codice dell'ambiente, vertendo il citato regolamento comunitario solo sui profili sanitari e di polizia veterinaria. La stessa giurisprudenza penale ha piu' volte rimarcato come, fra la disciplina comunitaria di cui al regolamento (CE) n. 1774/2002 e la disciplina nazionale in materia di rifiuti di cui al decreto legislativo n. 152 del 2006, esista un rapporto di complementarita' non di specialita' se non limitatamente ai rifiuti di origine animale qualificabili come sottoprodotti (Corte di cassazione penale, sentenze 23 gennaio 2012, n. 2710, 4 dicembre 2008, n. 45057 e 4 giugno 2007, n. 21676)».

Cio' posto, va ulteriormente evidenziato che, secondo la costante giurisprudenza della Corte costituzionale, «la disciplina dei rifiuti e' riconducibile alla tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, di competenza esclusiva statale ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, anche se interferisce con altri interessi e competenze, di modo che deve intendersi riservato allo Stato il potere di fissare livelli di tutela uniforme sull'intero territorio nazionale, ferma restando la competenza delle Regioni alla cura di interessi funzionalmente collegati con quelli propriamente ambientali. Detta disciplina inoltre, in quanto rientrante principalmente nella tutela dell'ambiente, e dunque in una materia che, per la molteplicita' dei settori di intervento, assume una struttura complessa, riveste un carattere di pervasivita' rispetto anche alle attribuzioni regionali» (sentenza n. 249 del 2009). Pertanto, avendo anche riguardo alle diverse fasi e attivita' di gestione del ciclo dei rifiuti, la disciplina statale «costituisce, anche in attuazione degli obblighi comunitari, un livello di tutela uniforme e si impone sull'intero territorio nazionale, come un limite alla disciplina che le Regioni e le Province autonome dettano in altre materie di loro competenza, per evitare che esse deroghino al livello di tutela ambientale stabilito dallo Stato, ovvero lo peggiorino» (sentenze n. 58/2015, n. 314 del 2009, n. 62 del 2008 e n. 378 del 2007). Per le suddette ragioni l'art. 6, comma 4, della legge regionale Valle d'Aosta n. 16/2016 viola l'art. 117, comma 1 della Costituzione, per contrasto con gli indicati vincoli derivanti dal diritto comunitario, nonche' l'art. 117, comma 2, lettera s) della Costituzione che riserva la materia della tutela dell'ambiente e dell'ecosistema alla potesta' legislativa esclusiva dello Stato.

 

P.Q.M.

Il Presidente del Consiglio dei ministri, come sopra rappresentato e difeso, chiede che codesta Ecc.ma Corte costituzionale voglia dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'art. 4, commi 4, 5 e 6, dell'art. 5, comma 1 e dell'art. 6, commi 1, 2 e 4 della legge della Regione Autonoma Valle d'Aosta 2 agosto 2016, n. 16, intitolata «Disposizioni collegate alla legge regionale di variazione del bilancio di previsione per il triennio 2016/2018», pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Autonoma Valle d'Aosta del 3 agosto 2016, n. 34, per violazione dell'art. 117, comma 1, comma 2 lettera l) ed s) e comma 3 della Costituzione.

Con l'originale notificato del presente ricorso si deposita:

1. originale estratto della determinazione del Consiglio dei ministri, assunta nella seduta del 23 settembre 2016 e della relazione allegata al verbale;

2. copia della impugnata legge della Regione Autonoma Valle d'Aosta 2 agosto 2016, n. 16.

 

Roma, 28 settembre 2016

Avvocato dello Stato: Sclafani

 

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