Ricorso n. 59 del 5 maggio 2006 (Regione Lazio)
RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 5 maggio 2006 , n. 59
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 5 maggio 2006 (della Regione Lazio)
(GU n. 22 del 31-5-2006)
Ricorso della Regione Lazio, in persona del presidente della giunta e legale rappresentante pro tempore dott. Pietro Marrazzo, rappresentato e difeso, in virtu' della procura a margine del presente atto e di delibera di giunta regionale n. 236 del 21 aprile 2006, dal prof.avv. Gennaro Terracciano ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Roma, alla piazza di Spagna, n. 35, nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri per la declaratoria di illegittimita' costituzionale ai sensi dell'art. 127 cost. della legge 21 febbraio 2006, n. 49 recante "Conversione in legge, con modificazioni del decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 272, recante misure urgenti per garantire la sicurezza ed i finanziamenti per le prossime olimpiadi invernali, nonche' la funzionalita' dell'Amministrazione dell'interno. Disposizioni per favorire il recupero di tossicodipendenti recidivi" pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 48 del 27 febbraio 2006 - Supplemento ordinario n. 45, relativamente all'art. 4-undecies "modificazioni all'art. 94 del Testo Unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990"), all'art. 4-quaterdecies "Modifica dell'art. 113 del Testo Unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990") e all'art. 4-quinquiesdecies "modifica dell'art. 116 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990.". La legge 21 febbraio 2006, n. 49 concernente "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 272, recante misure urgenti per garantire la sicurezza ed i finanziamenti per le prossime olimpiadi invernali, nonche' la funzionalita' dell'Amministrazione dell'interno. Disposizioni per favorire il recupero di tossicodipendenti recidivi", pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 27 febbraio 2006, n. 48, contiene alcune norme introdotte in sede di conversione e relative al recupero dei tossicodipendenti recidivi che apportano modifiche al Testo Unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309. Tali specifiche norme si pongono in contrasto con principi e norme costituzionali, sia perche' appaiono gravemente lesive della potesta' legislativa regionale costituzionalmente riconosciuta, sia perche' sono state adottate in palese violazione del principio di leale collaborazione. A) Gli articoli 4-undecies, 4-quaterdecies e 4-quinquiesdecies della legge 21 febbraio 2006, n 49, violano innanzitutto le competenze legislative regionali concorrenti in materia di "tutela della salute" stabilite dall'art. 117, terzo comma, della Costituzione, nonche' le competenze legislative regionali esclusive in materia di "assistenza sociale" stabilite dall'art. 117, quarto comma, della Costituzione. Quanto al primo aspetto, e' noto che il nuovo testo dell'art. 117, terzo comma, come modificato dall'art. 3 della legge costituzionale n. 3/2001, individua le materie di legislazione concorrente e tra di esse vi fa rientrare la "tutela della salute". Nelle materie in cui lo Stato e le regioni esplicano potesta' legislativa concorrente, le regioni legiferano dovendo rispettare i soli limiti stabiliti dall'art. 117, comma 1, nonche' i principi fondamentali di volta in volta rilevanti ratione materiae la cui enucleazione e' riservata alla legislazione statale. La previsione di una legislazione regionale concorrente con quella statale consente allo Stato, nelle materie in questione, solo di porre i principi fondamentali entro i quali la legislazione regionale puo' muoversi nell'esplicazione di un'autonomia legislativa graduata o conformata, adottando la normazione di dettaglio. La ratio della disposizione va individuata nella volonta' del legislatore costituente di fissare un limite positivo alla potesa' legislativa concorrente delle regioni, con conseguente obbligo per le regioni stesse di uniformarsi, nelle materie di legislazione concorrente, ai principi fondamentali determinati, in tali materie, dalla legislazione statale. Ed infatti, in tanto puo' parlarsi di "principi fondamentali" nelle materie di legislazione concorrente, in quanto gli stessi siano destinati a disciplinare in maniera uniforme determinati aspetti delle materie in questione sull'intero territorio nazionale, e costituiscano, quindi, un vincolo per la potesta' legislativa concorrente delle regioni tenute, in ogni caso, alla loro osservanza per esigenze di uniformita' di disciplina sull'intero territorio nazionale. E' evidente, invece, che la disciplina contenuta negli articoli 4-undecies, 4-quaterdecies e 4-quinquiesdecies della legge 21 febbraio 2006, n. 49, non costituisce un insieme di principi fondamentali, ma al contrario e' dotata di una forza autoapplicativa ed ha una natura sostanzialmente eccezionale e derogatoria della disciplina vigente in materia di stupefacenti e sostanze psicotrope e dei relativi stati di tossicodipendenza. Nel dettaglio, si rileva che, con la sostituzione dell'art. 116 del d.P.R. n. 309/l990 (recante "Livelli essenziali relativi alla liberta' di scelta dell'utente ed ai requisiti per l'autorizzazione per le strutture private"), introdotta dall'articolo 4-quinquiesdecies della legge n. 49/2006, il legislatore nazionale ha disposto che "1. Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano assicurano, quale livello essenziale delle prestazioni ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, la liberta' di scelta di ogni singolo utente relativamente alla prevenzione, cura e riabilitazione delle tossicodipendenze. La realizzazione di strutture e l'esercizio di attivita' sanitaria e socio-sanitaria a favore di soggetti tossicodipendenti o alcooldipendenti e' soggetta ad autorizzare ai sensi del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni. 2. L'autorizzazione alla specifica attivita' prescelta e' rilasciata in presenza dei seguenti requisiti minimi, che rappresentano livelli essenziali ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lett. m) della Costituzione: a) personalita' giuridica di diritto pubblico o privato o natura di associazione riconosciuta o riconoscibile ai sensi degli articoli 12 e seguenti del codice civile; b) disponibilita' di locali e attrezzature adeguate al tipo di attivita' prescelta, c)personale dotato di comprovata esperienza nel settore di attivita' prescelto, d) presenza di un'equipe multidisciplinare composta dalle figure professionali del medico con specializzazioni attinenti alle patologie correlate alla tossicodipendenza o del medico formato e perfezionato in materia di tossicodipendenza, dello psichiatra e dello psicologo abilitato all'esercizio della psicoterapia e dell'infermiere professionale, qualora l'attivita' prescelta sia quella di diagnosi della tossicodipendenza; e) presenza numericamente adeguata di educatori, professionali e di comunita', supportata dalle figure del medico, dello psicologo e delle ulteriori figure richieste per la specifica attivita' prescelta di cura e riabilitazione dei tossicodipendenti". La lesione delle competenze legislative regionali appare evidente sotto vari profili: innanzitutto la norma impone alla regione di garantire i livelli essenziali delle prestazioni previsti ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera m) della Costituzione ma, nel contempo, impone anche di assicurare la libera scelta di ogni singolo utente relativamente alla prevenzione, cura e riabilitazione; inoltre la norma, lungi dall'indicare quali sono le specifiche prestazioni rientranti nei suddetti livelli essenziali di assistenza, disciplina in realta' i requisiti organizzativi delle strutture, incidendo quindi illegittimamente sull'autonomia organizzativa regionale. Non puo' ritenersi che la disciplina cosi' introdotta sia riconducibile tout court nell'alveo della competenza legislativa esclusiva dello Stato di cui all'art. 117, comma 2, lett. m). L'art. 117, secondo comma, della Cost. stabilisce che lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie: ... m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale". Si tratta di una competenza che presenta notevoli aspetti di difficolta' per la trasversalita' da cui e' caratterizzata. Infatti il catalogo dei diritti civili e sociali s'innesta con diversa gradualita' tra la competenza concorrente regionale della "tutela della salute" e la competenza primaria regionale dell'"assistenza sociale". Per dimostrare che le norme censurate non si limitano a determinare i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, ma invadono la sfera di competenza legislativa sia concorrente che esclusiva delle Regioni, occorre anzitutto chiarire cosa debba intendersi per "livelli essenziali di assistenza" nella materia della prevenzione, cura e riabilitazione degli stati di tossicodipendenza. L'espressione "livelli essenziali" e' comparsa nella legislazione ordinaria degli ultimi anni, prima nell'ambito sanitario e poi in quello socio assistenziale. L'art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, come modificato dal decreto legislativo n. 229 del 1999 e dalla legge n. 405 del 2001, prevede che il Servizio sanitario nazionale assicuri "attraverso le risorse finanziarie pubbliche" individuate ai sensi del comma 3 del medesimo articolo, i "livelli essenziali di assistenza" (LEA) definiti dal PSN nel rispetto dei principi della dignita' della persona, del bisogno di salute, dell'equita' nell'accesso dell'assistenza, della qualita' delle cure e della loro appropriatezza, dell'economicita' dell'impiego delle risorse. Detti livelli rappresentano le garanzie del S.s.n., cioe' i limiti quantitativi, qualitativi e tipologici, che il servizio pubblico offre ed eroga. Essi costituiscono, in altri termini, il contenuto necessario e sufficiente dell'obbligo di servizio pubblico che la legge pone a carico di ciascuna regione nel proprio ambito territoriale, nei confronti dei destinatari del servizio. Le regioni sono quindi chiamate ad assicurare, nelle varie forme che puo' assumere l'erogazione del servizio, i livelli di assistenza previsti dalla normativa vigente e solo entro questi limiti il servizio puo' considerarsi obbligatorio. La previsione di obblighi specifici di servizio pubblico per il sistema sanitario e la conseguente definizione dei LEA rappresentano l'attuazione concreta di quella interpretazione, conforme alla Costituzione ed alla giurisprudenza della Corte costituzionale, che ha affermato il concetto di nucleo minimo ed essenziale di tutela della salute, ovvero il livello di base comunque da tutelare, che oggi viene precisato nelle "griglie" di prestazioni da garantire ai cittadini su tutto il territorio nazionale. La vicenda della definizione normativa dei LEA si presenta tuttavia lunga e tormentata. In base alla normativa di rango primario, spetta infatti al PSN indicare le liste di prestazioni erogabili, ma gli atti di programmazione intervenuti negli anni novanta si sono limitati ad offrire definizioni di carattere generale dei LEA e ad indicare "in negativo" ed in via esemplificativa le prestazioni non erogate dal S.s.n., tra le quali venivano gia' incluse la chirurgia estetica non conseguente ad incidenti o malformazioni, le medicine non convenzionali, le vaccinazioni non obbligatorie in occasione di soggiorni all'estero. Dopo la loro protratta mancata definizione, le regioni hanno chiesto insistentemente di definire le regole sulle prestazioni da garantire a tutti sul territorio nazionale. La definizione dei LEA e' diventata pero' improrogabile con l'avvio del "federalismo sanitario" e di conseguenza, con l'articolo 6 della legge n. 405 del 2001 si disponeva finalmente l'immediata predisposizione di un provvedimento ministeriale da assumere d'intesa con la Conferenza Stato-regioni. L'accordo sui LEA e' stato quindi raggiunto in sede di concertazione il 22 novembre 2001 e subito dopo e' stato emanato il d.p.c.m. 29 novembre 2001, che e' entrato in vigore nel 2002 e che, ad oggi, risulta contenere la "Definizione dei livelli essenziali di assistenza" del Servizio sanitario nazionale. Il d.P.C.m. 29 novembre 2001 contiene: l'elencazione generale delle tipologie di prestazioni obbligatorie del Servizio sanitario nazionale, articolate nei tre macrolivelli dell'assistenza sanitaria collettiva in ambiente di vita e di lavoro (la prevenzione), dell'assistenza distrettuale (i servizi di assistenza distribuiti sul territorio) e dell'assistenza ospedaliera; La riproposizione "in negativo" delle prestazioni da considerarsi escluse dai LEA, totalmente (indicate nell'allegato 2A), o parzialmente (indicate nell'allegato 2B) e di quelle inappropriate secondo l'attuale organizzazione assistenziale (indicate nell'allegato 2C). Il provvedimento ministeriale costituisce in effetti l'applicazione della lettera m) del nuovo art. l 17, comma secondo, della Costituzione, in base al quale spetta appunto allo Stato determinare i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali. Esso costituisce quindi la garanzia che i sistemi sanitari regionali non differiscano tra loro per le prestazioni espletate, ma solo quanto ad organizzazione nell'erogazione delle prestazioni suddette. Quindi la ratio dell'impostazione voluta dal legislatore costituente e' che la definizione dei LEA da parte dello Stato debba comunque lasciare ampi margini all'autonomia organizzativa delle Regioni, e cio' e' reso possibile proprio dalla circostanza che le modalita' di erogazione delle prestazioni non vengono decise dalla normativa statale. In altri termini la determinazione da parte dello Stato dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti deve essere riferita piu' al risultato che al mezzo e alle regole con cui questo viene raggiunto, sulle quali vale invece il titolo di competenza (primaria o concorrente) regionale. Cio' e' tanto piu' vero quando la "determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali", demandata alla legislazione esclusiva dello Stato ex art. 117, comma secondo, lett. m), riguarda materie come la "tutela della salute", affidata alla competenza concorrente, o l'"assistenza sociale", ora regionale-residuale (art. 117, commi terzo e quarto: cfr. in tal senso sent. Corte cost. n. 282 del 26 giugno 2002, n. 88 del 27 marzo 2003). Deve quindi ritenersi che in una materia come quella della prevenzione, cura e riabilitazione degli stati di tossicodipendenza, che rientra per alcuni profili nella "tutela della salute" di competenza concorrente ex art. 117, terzo comma, della Costituzione, e per altri nella materia dell'"assistenza sociale" di competenza esclusiva regionale ex art. 117, quarto comma della Costituzione, in ogni caso la determinazione dei "livelli essenziali" delle prestazioni da parte della normativa statale non possa anche prefissare in toto gli aspetti organizzativi e gestionali dei servizi di assistenza sanitaria ed ospedaliera ed essere comprensiva delle modalita' di conformazione e di resa dei servizi. La Corte ha avuto occasione di pronunziarsi in argomento con la citata sentenza n. 282 del 2002. In tale decisione, premesso che quella ex art. 117, comma secondo, lett. m) Cost. "non e' una materia in senso stretto, ma una competenza del legislatore statale idonea a investire tutte le materie" (ed ha, percio', natura "trasversale"), la Corte chiarisce che tale competenza consiste nel potere di "porre le norme necessarie per assicurare a tutti, sull'intero territorio nazionale, il godimento di prestazioni garantite, come contenuto essenziale di tali diritti, senza che la legislazione regionale possa limitarle o condizionarle". La Corte, nella sentenza in esame, ha dovuto affrontare per la prima volta la problematica distinzione tra "determinazione dei livelli essenziali" in materia sanitaria e "tutela della salute". Il caso non coinvolgeva aspetti organizzativi, ma una attivita' terapeutica, vista sotto il profilo della sua efficacia. La Corte ha evidenziato che valutare l'appropriatezza ed efficacia di una azione terapeutica nei confronti di determinate patologie e' attivita' diversa da quella di stabilire se - una volta verificatane l'appropriatezza - quella o altra terapia siano o meno da considerare anche prestazione essenziale a tutela della salute, da garantire a tutti i membri della collettivita' in modo uniforme a mezzo del Servizio sanitario nazionale. In modo lineare e chiaro, nel caso in questione, la Corte ha ascritto la legge della Regione Marche sulla sospensione delle terapie dell'elettroschock e di alcuni interventi di psico-chirurgia (nella quale ".. Sono coinvolti bensi' fondamentali diritti della persona, come il diritto ad essere curati e quello al rispetto della integrita' psico-fisica e della personalita' del malato nell'attivita' di cura, ma, piu' che in termini di "determinazione di livelli essenziali" sotto il profilo dei principi generali che regolano l'attivita' terapeutica") alla legislazione concorrente (sulla "tutela della salute"), - invece che a quella statale esclusiva dell'art. 117, comma secondo, lett. m), come pretendeva il Governo ricorrente - e ha poi sancito la necessita' di assoggettarla (proprio in quanto materia di legislazione concorrente) alla verifica di conformita' con i "principi fondamentali" di origine statale. Altra pronuncia significativa in materia e' stata resa dalla Corte con la sentenza 27 marzo 2003 n. 88, emessa su un giudizio riguardante due conflitti di attribuzione, sollevati rispettivamente dalla Provincia di Trento e dalla Regione Emilia-Romagna e aventi ad oggetto un decreto del Ministro della Salute del 14 giugno 2002, recante "Disposizioni di principio sull'organizzazione e il funzionamento dei servizi per le tossicodipendenze delle aziende sanitarie locali-SERT di cui al decreto ministeriale 30 novembre 1990, n. 444". Nel dispositivo viene dichiarata la non spettanza allo Stato del potere di "determinare ulteriori limiti organizzativi e funzionali in materia di SERT con forme e modalita' non riconducibili alla speciale procedura di determinazione dei "livelli essenziali" di assistenza nel settore sanitario legislativamente stabilita". La sentenza inoltre descrive le caratteristiche della competenza statale ex art. 117, comma secondo, lett. m) sottolineandone la natura di "strumento per garantire il mantenimento di una adeguata uniformita' di trattamento sul piano dei diritti di tutti i soggetti" in un sistema improntato ad un grado "di autonomia regionale e locale decisamente accresciuto". Cosi' come l'art. 4-quinquiesdecies, anche l'art. 4-undecies e l'art. 4-quaterdecies, al di la' della loro autoqualificazione come principi fondamentali, costituiscono in realta' norme dotate di forza autoapplicativa che disciplinano specificatamente aspetti organizzativi e gestionali, comprimendo di fatto l'autonomia organizzativa e funzionale delle regioni, nonche' l'attivita' programmatoria di competenza delle stesse. In particolare l'art. 4-undecies della legge n. 49/2006, modificando l'art. 94 del d.P.R. n. 309/1990 (affidamento in prova di casi particolari), attribuisce l'attivita' di diagnosi di tossicodipendenza o di alcooldipendenza ed il rilascio della certificazione attestante il relativo stato, non soltanto all'azienda unita' sanitaria locale anche alle strutture private accreditate, sancendo di fatto una equiparazione ai fini certificatori delle tossicodipendenze tra strutture pubbliche e strutture private accreditate. Cio' inevitabilmente comportera', come si vedra' meglio piu' avanti, un innalzamento incontrollato della spesa sanitaria regionale in relazione alle tossicodipendenze. Analogamente l'art. 4-quaterdecies di modifica dell'art. 113 del T.U. di cui al d.P.R. n. 309/1990 stabilisce che "le attivita' di prevenzione e di intervento contro l'uso di sostanza stupefacenti o psicotrope siano esercitate secondo uniformi condizioni di parita' dei servizi pubblici per l'assistenza ai tossicodipendenti e delle strutture private autorizzate dal Servizio sanitario nazionale". E' evidente che la disciplina contenuta negli articoli censurati non costituisce un insieme di principi fondamentali, in quanto, come affermato dalla stessa Corte costituzionale (cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 177 del 1988), "non si possono considerare principi fondamentali le norme che non siano espressive di scelte politico-legislative fondamentali o quantomeno, di criteri o modalita' generali tali da costituire un saldo punto di riferimento costante nel tempo ed in grado di orientare l'esercizio del potere legislativo regionale". B) Altro profilo di illegittimita' va ravvisato nella circostanza che le disposizioni censurate finiscono per incidere pesantemente sugli interessi finanziari delle regioni, con violazione anche dell'art. 119 della Costituzione. Infatti gli artt. 4-undecies e 4-quaterdecies affidano anche alle strutture sanitarie private autorizzate compiti che in precedenza erano riservati alle sole strutture del servizio pubblico, cioe' ai SER.T, e prevedono l'ingresso diretto delle persone interessate nelle strutture private, autorizzate e accreditate, senza alcun filtro di medici di strutture del servizio sanitario nazionale. In tal modo le strutture private vengono abilitate alla diagnosi dello stato di tossicodipendenza, alla programmazione riabilitativa, all'esecuzione del programma, senza verifica da parte delle Asl sulla necessita' dell'intervento, sulla validita' del percorso riabilitativo e di reinserimento. Tale scelta legislativa comporta una palese violazione dell'autonomia di spesa delle regioni che si vedono da una parte comprimere l'attivita' normativa e di programmazione delle attivita' di prevenzione, cura e riabilitazione delle tossicodipendenze, e dall'altra vengono chiamate ad accollarsi le spese di prestazioni che vengono decise dalle strutture private senza alcun filtro da parte delle Asl. In tal modo si comprime e lede la sfera di autonomia finanziaria di bilancio e di spesa costituzionalmente garantita dall'art. 119 della Cost. Una compressione resa ancora piu' grave dal fatto che una volta stabilita la parita' tra strutture pubbliche e private abilitate ad operare in questo settore, la legge n. 49/2006 all'art. 4-quinquiesdecies fissa in modo dettagliato i requisiti, soggettivi ed oggettivi, che tali strutture devono possedere (secondo comma) per ottenere la autorizzazione alla specifica attivita' e fissa in modo altrettanto tassativo le condizioni che possono giustificare il diniego di autorizzazione (terzo comma). Cio' significa che le norme censurate non lasciano alle regioni alcun margine di autonomia relativamente alla individuazione dei presupposti per l'autorizzazione delle strutture private e quindi nessuna possibilita' di controllo sulla spesa che queste strutture sosterranno per l'erogazione dei servizi di assistenza e che ricadra' sul servizio sanitario regionale. Cio' rende impossibile l'attivita' di programmazione e regolamentazione della spesa da parte delle regioni. C) Inoltre tali norme impediscono alle egioni di esercitare le proprie funzioni gestionali e di controllo su attivita' socio-sanitarie la cui responsabilita' e' costituzionalmente attribuita ad esse, anche ai sensi dell'art. 118 Cost. Ed invero l'art. 4-undecies della legge n. 49/2006 stabilisce che "All'articolo 94 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, sono apportate le seguenti modificazioni: a) il comma 1 e' sostituito dal seguente. "1. Se la pena detentiva deve essere eseguita nei confronti di persona tossicodipendente o alcooldipendente che abbia in corso un programma di recupero o che ad esso intenda sottoporsi, l'interessato puo' chiedere in ogni momento di essere affidato in prova al servizio sociale per proseguire o intraprendere l'attivita' terapeutica sulla base di un programma da lui concordato con un'azienda unita' sanitaria locale o con una struttura privata autorizzata ai sensi dell'articolo 116. L'affidamento in prova in casi particolari puo' essere concesso solo quando deve essere espiata una pena detentiva, anche residua e congiunta a pena pecuniaria, non superiore a sei anni od a quattro anni se relativa a titolo esecutivo comprendente reato di cui all'articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni. Alla domanda e' allegata, a pena di inammissibilita'; certficazione rilasciata da una struttura sanitaria pubblica o da una struttura privata accreditata per l'attivita' di diagnosi prevista dal comma 2, lettera d), dell'articolo 116 attestante lo stato di tossicodipendenza o di alcooldipendenza, la procedura con la quale e' stato accertato l'uso abituale di sostanze stupefacenti, psicotrope o alcoliche, l'andamento del programma concordato eventualmente in corso e la sua idoneita', ai fini del recupero del condannato. Affinche' il trattamento sia eseguito a carico del Servizio sanitario nazionale, la struttura interessata deve essere in possesso dell'accreditamento istituzionale di cui all'articolo 8-quater del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, ed aver stipulato gli accordi contrattuali di cui all'articolo 8-quinquies del citato decreto legislativo". L'invasione delle competenze e' palese laddove la norma prevede che la certificazione per ottenere la sospensione dell'esecuzione della pena e l'affidamento in prova al servizio sociale puo' essere rilasciata anche dalle strutture private accreditate e non esclusivamente dai SERT, come previsto in precedenza. Prima della legge n. 49/2006, la certificazione dello stato di tossicodipendenza era prerogativa dei servizi pubblici, sia per la complessita' diagnostica di alcune situazioni, sia per evitare abili manipolazioni da parte di utenti che potrebbero cercare contemporanei benefici farmacologici presso piu' sedi di trattamento, per cui si rendeva necessario un unico riferimento centralizzato. Con le modificazioni introdotte dalla legge n. 49/2006, invece, la certificazione dello stato di tossicodipendenza non e' piu' appannaggio esclusivo del servizio pubblico, potendo essere rilasciata anche dalle strutture private. Cio' apre un conflitto di interessi, in quanto la struttura che certifica la tossicodipendenza e' la stessa che effettuera' il trattamento, potendo dar luogo ad abusi, non solo per il reclutamento diretto della propria utenza, ma anche per le possibili semplificazioni diagnostiche. Le norme censurate generano quindi una situazione di notevole rischio, posto che dalla certificazione dipendera' la possibilita' o meno per la persona accusata di detenzione o spaccio di droga di poter evitare il carcere e usufruire delle pene alternative. Vi e' poi il rischio ulteriore che si crei una grande variabilita' di criteri diagnostici ed una conseguente disparita' di trattamento non in relazione alle reali condizioni del soggetto, ma in funzione dell'organizzazione del trattamento previsto dalla struttura privata autorizzata a cui il tossicodipendente si rivolge. D) Infine deve rilevarsi che con la normativa censurata il Governo ha violato il principio di leale collaborazione tra Stato e regioni, principio che implica il "contemperamento dei rispettivi interessi", ai sensi degli artt. 5 e 117, 118 e 120 Costituzione, come modificati dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. Il legislatore statale ha escluso le regioni da ogni coinvolgimento, in violazione del principio di leale collaborazione piu' volte richiamato dalla Corte e specificatamente con la citata sentenza n. 88 del 2003 in materia di tossicodipendenze. Cio' e' tanto piu' grave se si considera che le norme censurate operano una compressione dell'autonomia organizzativa e funzionale delle regioni. La giurisprudenza, diffusa, della Corte costituzionale ha delimitato il principio di leale collaborazione (a volte facendo riferimento ad un concetto di collaborazione "concordata" tra i diversi livelli di governo) facendo richiamo all'art. 5 della Cost. (decisione n. 151 del 1986, 482 del 1995, 341 del 1996, 242 del 1997, 19 del 1997, 55 del 2001). Tra l'altro, detto principio era gia' presente nella giurisprudenza comunitaria, naturalmente con applicazione tra gli organismi comunitari e quelli degli Stati membri (Corte Giustizia comunita' europee, 4 luglio 1996, n. 50/1994/1996; Corte Giustizia comunita europee, 10 giugno 1993, n. 183/91/1993). Il principio appare violato dalle numerose disposizioni di dettaglio contenute negli artt. 4-undecies, 4-quaterdecies e 4-quinquiesdecies oggetto di ricorso, in quanto la regione non ha in alcun modo partecipato al procedimento di formazione della volonta' legislativa. Cio' e' tanto piu' grave laddove si consideri che il Testo Unico delle leggi in materia di stupefacenti e sostanze psicotrope, di cui al d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, prevede all'art. 118, comma 1, la necessita' della Conferenza Stato regioni e Province autonome di Trento e di Bolzano per determinare l'organico e le caratteristiche organizzative e funzionali dei servizi per le tossicodipendenze da istituire presso ogni azienda sanitaria locale. Infatti, come gia' illustrato, nel casc di prestazioni di tipo sanitario e socio-assistenzia1e - appunto nelle ipotesi degli interventi connessi all'uso non terapeutico degli stupefacenti - le gia' intricate potesta' statali e regionali che incidono sugli aspetti sanitari si debbono coordinare con la competenza regionale esclusiva in tema di assistenza sociale. Proprio perche' i problemi di interferenza sono molteplici il legislatore ha sancito la necessita' in queste materie di pratiche collaborative tra Governo regioni e province autonome in sede di Conferenza Stato-Regioni. Le disposizioni censurate finiscono invece per mortificare ogni politica di programmazione, pianificazione e tutela della salute da parte della regione, minando l'azione pubblica diretta al perseguimento di interessi territoriali che sono nella disponibilita' esclusiva della regione, e che in ogni caso pretendono la funzionalizzazione di ogni intervento normativo ed amministrativo di qualsiasi livello in un quadro di coerenza e condivisione di obiettivi. Nella fattispecie tutto cio' non e' stato, rimanendo la disciplina contestata incoerente e resa senza alcuna forma di partecipazione o contributo di parte delle regioni. Il principio di leale cooperazione ha appunto lo scopo di rafforzare la posizione delle regioni nei confronti dello Stato non solo riconoscendo un carattere imprescindibile agli apporti partecipativi di queste, ma fornendo a tali partecipazioni i relativi mezzi di tutela. In base a tale principio e' necessario che lo Stato e le autonomie regionali collaborino lealmente, dal momento che partecipano allo stesso procedimento decisionale, e cio' non deve costituire un semplice e generico parametro di riferimento, con la funzione di fornire una copertura alla configurazione di mera ausiliarieta' delle autonomie regionali rispetto a decisioni fondamentalmente dello Stato. Come ribadito dalla Corte il suddetto principio e' quello di garantire un'effettiva ed efficace integrazione di ruoli distinti costituzionalmente riconosciuti. Ne' puo' essere attribuito al principio di leale cooperazione il significato di obbligo - da parte delle regioni - di perseguire gli obiettivi definiti in sede centrale.
P. Q. M. Conclude chiedendo che la Corte dichiari la illegittimita' costituzionale degli artt. 4-undecies, 4-quaterdecies e 4-quinquiesdecies della legge 21 febbraio 2006, n. 49, indicata in epigrafe. Roma, addi' 27 aprile 2006 Prof. avv. Gennaro Terraciano