RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 12 febbraio 2007 , n. 6
Ricorso  per  questione  di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria  il  12 febbraio 2007 (del Commissario dello Stato per la
Regione siciliana)

(GU n. 8 del 21-2-2007) 
 
    L'Assemblea  regionale  siciliana,  nella  seduta  del 28 gennaio
2007,   ha   approvato   il  disegno  di  legge  n. 389,  dal  titolo
"Disposizioni   programmatiche   e   finanziarie  per  l'anno  2007",
pervenuto  a  questo  Commissariato  dello  Stato, ai sensi e per gli
effetti   dell'art. 28  dello  Statuto  speciale,  il  successivo  31
gennaio.
    Il  provvedimento  legislativo  contiene  un  organico sistema di
norme  volte  a  contenere  e  razionalizzare  la  spesa pubblica nei
diversi  settori  di  attivita'  regionale,  facendo  ricorso anche a
interventi     strutturali     che    incidono    nell'organizzazione
amministrativa con specifico riguardo al contenimento degli oneri per
il servizio sanitario regionale.
    L'approvazione  della  legge  e'  stata preceduta da un intenso e
laborioso  dibattito  parlamentare,  nel  corso  del  quale  e' stato
ulteriormente   ampliato   l'ambito   di  operativita'  delle  misure
individuate  in  sede  di commissioni legislative, secondo un disegno
complessivamente  coerente  con gli indirizzi contenuti nei documenti
economico-finanziari dello Stato.
    Nel  testo  approvato, tuttavia, gli articoli 22, 23, 24, 28 e 47
appaiono,  alcuni  parzialmente  altri integralmente, suscettibili di
rilievi di incostituzionalita'.
    In  particolare,  l'art. 22 testualmente recita "Nelle fondazioni
ed enti morali costituiti ad iniziativa della Regione Siciliana o con
apporto  iniziale ad esclusivo carico della stessa, anche in deroga a
quanto   previsto   nei   rispettivi   statuti   e  regolamenti,  gli
amministratori  nei  cui  confronti  sia  venuta meno la qualifica di
membro di diritto ed in cui favore non sia prevista la corresponsione
di  alcun compenso, possono, a semplice richiesta ed in occasione del
rinnovo  delle  cariche  sociali, essere confermati nella carica gia'
ricoperta,  mantenendo pieni diritti di voto e di partecipazione alle
adunanze".
    La  suddetta  norma  appare  in contrasto con gli articoli 3 e 97
della  Costituzione  nonche'  invasiva delle competenze in materia di
diritto civile di esclusiva spettanza statale.
    Infatti,  se e' pur vero che la norma riguarda fondazioni ed enti
morali  costituiti  su  iniziativa,  anche  economica, della regione,
questa  non  puo'  ritenersi  legittimata  ad incidere sull'autonomia
organizzativa  e funzionale degli organi dei predetti enti, in deroga
ai rispettivi statuti e regolamenti.
    Ne'  e'  dato  rinvenire  alcuna  plausibile  motivazione  atta a
sorreggere  il  riconoscimento ad un ex amministratore della facolta'
di permanere a semplice "richiesta" nella carica, pur senza percepire
un  compenso,  con  pieno  diritto  di  voto e di partecipazione alle
adunanze;  facolta',  che, nella previsione della norma in argomento,
non  e'  correlata ne' al possesso di specifici requisiti culturali e
professionali  strettamente  attinenti  all'ambito di attivita' della
fondazione  o  dell'ente,  ne'  tanto  meno  limitata nel tempo e nel
numero   rispetto   alla   composizione  ordinaria  degli  organi  di
amministrazione.
    L'assenza di tali limiti, nei fatti, rischia di compromettere non
soltanto  la  funzionalita'  ordinaria dell'organismo collegiale, che
potrebbe   essere   reso  ipertrofico  da  un  numero  indefinito  di
richiedenti,  ma  anche  il processo di determinazione della volonta'
dell'ente  mediante l'alterazione del quorum strutturale e funzionale
dei consigli di amministrazione.
    A  puro  titolo di esempio, basti ricordare le fondazioni "Fulvio
Frisone"  e "Ignazio Buttitta" promosse e istituite con recenti leggi
regionali  (n. 3/2004 e n. 2/2005), i cui consigli di amministrazione
sono  di  per  se'  gia'  costituiti  rispettivamente da sei e dodici
membri di diritto, nonche' la "Fondazione Federico II", istituita con
l.r. n. 44/1996,   i   cui   organi   amministrativi   prevedono   la
partecipazione di numerosi membri di diritto prevalentemente titolari
di cariche in seno all'Assemblea Regionale Siciliana.
    L'art.  23,  che  di  seguito  si  trascrive, apporta sostanziali
modifiche  alla  composizione e alle procedure di nomina del Comitato
regionale   per   le  comunicazioni  istituito  dall'art.  101,  l.r.
n. 2/2002.
    "Art. 23 - Comitato regionale per le comunicazioni.
    1. - All'art. 101 della legge regionale 26 marzo 2002, n. 2, sono
apportate le seguenti modifiche:
        al  comma  1  le parole "composto da cinque membri di cui due
designati   dal   Presidente   della   regione,  due  dal  presidente
dell'Assemblea  regionale  ed  uno  dall'Assessore  regionale  per il
bilancio  e  le  finanze"  sono  sostituite dalle parole "composto da
sette   membri   nominati  dal  Presidente  dell'Assemblea  regionale
siciliana,  sentiti  i presidenti dei Gruppi parlamentari, in modo da
rispecchiare la consistenza di ogni singolo Gruppo parlamentare";
        al  comma  2  le  parole  "il Comitato elegge nel suo seno il
Presidenti"   sono   sostituite  con  "il  Presidente  dell'Assemblea
regionale   siciliana  designa  il  Presidente  del  Comitato  tra  i
componenti nominati";
        al  comma  3-bis  le  parole  "Presidente della Regione" sono
sostituite   dalle   seguenti  "Presidente  dell'Assemblea  regionale
siciliana";
        il comma 5 e' abrogato.
    2.  -  In  deroga  al comma 2 dell'art. 101 della legge regionale
n. 2   del   2002,   i  componenti  del  Comitato  regionale  per  le
comunicazioni  in  carica  alla  data di pubblicazione della presente
legge,  possono essere confermati per un secondo mandato e permangono
comunque  nell'esercizio  delle  proprie funzioni fino al rinnovo del
Comitato".
    Il  secondo  comma da' adito a censure di incostituzionalita' per
violazione   degli   articoli   3,   97  e  117,  terzo  comma  della
Costituzione,  perche'  prevede  la  possibilita'  di conferma per un
secondo  mandato dei componenti dell'attuale Comitato e la permanenza
degli  stessi  sine die nell'esercizio delle proprie funzioni fino al
rinnovo dell'organismo collegiale.
    Al  riguardo,  va  preliminarmente  rilevato che i componenti del
consesso  in  questione  sono  gia'  in regime di prorogatio, poiche'
l'originario  termine  del 31 dicembre 2004 fissato dall'art. 4 della
l.r.   n. 15/2004,   e'   stato   prorogato   al   31  dicembre  2005
dall'art. 124,  l.r. n. 17/2004 e successivamente al 31 dicembre 2006
dall'art. 10 della l.r. n. 15/2006.
    L'odierno  ulteriore  differimento  del  termine di permanenza in
carica  degli  attuali  componenti  del  Comitato  non  si  configura
rispettoso  dei  principi  di  buon  andamento  e imparzialita' della
pubblica amministrazione.
    Codesta  eccellentissima  Corte, con sentenza n. 208 del 1992, ha
invero  chiarito che una prorogatio di fatto incerta nella sua durata
non puo' costituire regola valevole per gli organi amministrativi.
    Un'organizzazione   caratterizzata   dall'abituale  ricorso  alla
prorogatio  si  discosta dal modello costituzionale, tanto piu' se e'
previsto   per  legge  che  gli  organi  amministrativi  abbiano  una
determinata  durata  e che quindi la loro competenza sia circoscritta
nel  tempo,  ponendosi  altrimenti  in essere un potenziale potere di
arbitrio in capo all'organo che deve provvedere al rinnovo.
    Avendo  inoltre specifico riguardo all'ambito di attivita' svolta
dal  Comitato  regionale per le comunicazioni, e' evidente l'esigenza
che  lo stesso sia ed operi libero da qualsiasi forma anche indiretta
di  condizionamento,  a  garanzia  dell'imparzialita'  dell'esercizio
della  funzione.  Tale  esigenza  di autonomia e di imparzialita' non
puo'   conciliarsi   con   l'eccessivo,  e  nella  fattispecie  anche
indeterminato, protrarsi della permanenza in carica.
    Va   al   riguardo  considerato  che,  per  garantire  l'assoluta
indipendenza  sia  dal  sistema  politico  ed  istituzionale  che dal
sistema  degli  interessi  di  settore, l'Autorita' nazionale garante
delle  comunicazioni,  vista l'intesa raggiunta in sede di Conferenza
permanente  Stato-regione,  con  la delibera n. 52/1999, ha enunciato
gli  indirizzi  generali  sui  requisiti  dei  componenti  i comitati
regionali   prevedendone   specificatamente   all'art.  1,  punto  5,
unitamente   alla   normale   durata   del  mandato,  il  divieto  di
rieleggibilita'.
    A  questi precetti la Regione Siciliana e' tenuta ad attenersi in
quanto ascrivibili alla categoria dei principi generali della materia
dell'ordinamento  della  comunicazione  che  l'art. 117,  terzo comma
della  Costituzione attribuisce alla potesta' legislativa concorrente
delle regioni.
    Ancora,   in   assenza   di   qualsiasi  motivazione  a  sostegno
dell'opportunita'  di un eventuale rinnovo dell'incarico, correlata a
specifiche  esigenze e situazioni della Regione Siciliana, deve porsi
in  rilievo  la  violazione  del principio di eguaglianza rispetto ai
componenti   degli  altri  comitati  regionali  cui  e'  preclusa  la
possibilita' di riconferma.
    L'art.   24,   comma   26,  da'  adito  a  rilievi  di  carattere
costituzionale  per  violazione  degli  articoli  3,  51  e  97 della
Costituzione.  Esso prevede che "Al comma 17 dell'art. 25 della legge
regionale 22 dicembre 2005, n. 19, le parole "in misura non inferiore
al  tre  per  mille"  sono  sostituite  dalle seguenti "in misura non
inferiore  al  2,3  per mille". Dalla data in entrata in vigore della
presente  legge  per le finalita' di cui all'art. 25, comma 17, della
legge regionale 22 dicembre 2005, n. 19, si applicano le disposizioni
di  cui  all'art.  6,  comma 12, della legge 15 maggio 1997, n. 127 e
successive modifiche ed integrazioni"".
    Il  secondo  periodo  del  suddetto  comma,  con  i suoi richiami
normativi  consente  in  sostanza  ai  dipendenti  del  CEFPAS,  ente
regionale preposto alla formazione del personale sanitario, di essere
inquadrati  in  particolari  profili  o figure professionali mediante
concorsi esclusivamente riservati al personale interno.
    Il  concorso  pubblico  e'  la  forma  generale  ed  ordinaria di
reclutamento per il pubblico impiego in quanto meccanismo strumentale
al  canone  di  efficienza  dell'Amministrazione,  poiche'  offre  le
migliori garanzie di selezione dei soggetti piu' capaci.
    Anche  dopo la riforma del titolo V della Costituzione, la regola
del  concorso  pubblico continua ad imporsi ai legislatori regionali,
cosi'  come  ripetutamente affermato da codesta eccellentissima Corte
(ex plurimis sentenze n. 373/2002 e n. 274/2003).
    Codesta  eccellentissima  Corte  ha  altresi' sottolineato con le
sentenze  n. 7/1999,  n. 194/2004 e n. 218/2002, che la riserva per i
dipendenti   di   un'amministrazione  di  una  percentuale  di  posti
disponibili  particolarmente  elevata appare irragionevole, ponendosi
altresi' in contrasto con gli articoli 3 e 51 della Costituzione.
    L'art.  28 si ritiene illegittimo per violazione degli articoli 3
e 97 della Costituzione. Esso infatti dispone che tra gli enti di cui
all'art. 1,  comma 1 della l.r. n. 10/1991 rientrino anche le Aziende
unita' sanitarie locali e le Aziende ospedaliere.
    L'attuale   inserimento   delle  citate  aziende  nell'ambito  di
applicazione della legge che ha introdotto nell'ordinamento regionale
i  principi  di  imparzialita',  trasparenza  ed  accesso  agli  atti
amministrativi  contenuti  nella  legge  n. 241/1990, appare non solo
inutiliter  datum  ma  anche  fuorviante.  Infatti, sin dalla data di
entrata  in  vigore  della  normativa statale gli uffici del servizio
sanitario  sono  stati  immediatamente destinatari ed attuatori delle
disposizioni   in   argomento   dotandosi   di   appositi   strumenti
applicativi, quali ad esempio i regolamenti aziendali, a garanzia del
diritto di accesso ai documenti amministrativi.
    Del   resto,   lo  stesso  Assessorato  regionale  alla  sanita',
interpellato   ai   sensi  dell'art. 3  del  d.P.R.  n. 488/1969,  ha
rappresentato   di   non   essere   a  conoscenza  di  "problematiche
interpretative   o   di   contenziosi   pendenti   tali  da  motivare
l'intervento  del  legislatore  operato  con l'art. 26 del disegno di
legge  indicato in oggetto. Condivisibili dunque sono le perplessita'
manifestate   dai   contenuti   di  detta  norma  di  interpretazione
autentica,  in  quanto  e'  pacifico  che  le aziende sanitarie siano
soggette alle previsioni della legge n. 241/1990".
    L'affermazione   dello   specifico   inserimento   delle  Aziende
sanitarie dopo oltre quindici anni dall'entrata in vigore della legge
regionale n. 10/1991 appare, pertanto, irragionevole e manifestamente
illogica,   oltre   che  fonte  di  incertezza  interpretativa  sulla
compatibilita'  della  normativa  statale sinora applicata con quella
regionale.
    Inoltre,  dall'inserimento  esplicito  delle  aziende  nel novero
degli  enti  previsti  dall'art.  1  della legge regionale n. 10/1991
potrebbero  derivare  conseguenze  non  a priori preventivabili anche
sotto  il  profilo  finanziario,  atteso che il legislatore regionale
piu'  volte,  nell'introdurre particolari discipline per identificare
l'ambito   di  applicazione  delle  nuove  norme,  ha  fatto  ricorso
all'indicazione dell'art. 1, l.r. n. 10/1991.
    Basti   citare,  ad  esempio,  l'art. 127,  comma  2  della  l.r.
n. 2/2002,  secondo  cui  ai componenti degli uffici stampa esistenti
presso gli enti di cui all'art. 1, l.r. n. 10/1991 sono attribuiti la
qualifica ed il trattamento contrattuale di redattore capo.
    Il  previsto  ampliamento  dei destinatari della l.r. n. 10/1991,
pertanto,  potrebbe  comportare  anche  maggiori oneri per le aziende
sanitarie,  non  quantificati  ne'  immediatamente quantificabili, in
assenza  dell'indicazione  e  delle  assegnazioni  di risorse con cui
farvi fronte, violando cosi' l'art. 81, comma 4 della Costituzione.
    L'art. 47 da' adito a censura per violazione degli articoli 9, 97
e 114 della Costituzione.
    Esso   infatti   prevede   che  "nelle  zone  B  degli  strumenti
urbanistici  vigenti,  per  gli  edifici da destinare ad albergo o ad
altre  attivita'  di interesse pubblico, le ristrutturazioni edilizie
mediante  demolizione e ricostruzione sono consentite per volumi pari
alla cubatura esistente dell'edificio, ancorche' in atto parzialmente
demolito.  Nelle  aree di cui alla lettera a) dell'art. 15 della l.r.
12  giugno  1976,  n. 78, per gli edifici preesistenti all'entrata in
vigore  della medesima legge, e' consentito il cambio di destinazione
d'uso finalizzato a realizzare strutture turisticoricettive".
    Tale  previsione  si  configura  come palese vulnus all'autonomia
dell'ente  locale  nella  potesta' di programmare e gestire l'assetto
del  proprio  territorio,  laddove  consente  tout  court parametri e
modalita'  di ristrutturazione di edifici senza alcuna considerazione
delle  specifiche  prescrizioni  tecniche  attuative  degli strumenti
urbanistici,  per  determinata  tipologia di immobili, ed in generale
della pianificazione urbanistica comunale.
    Siffatta lesione delle prerogative dell'ente locale e' ancor piu'
manifesta  nel  secondo  periodo  del  soprariportato  articolo,  che
consente  nelle aree di cui all'art. 15, lettera a), l.r. n. 78/1976,
vale  a  dire  nelle zone costiere entro 150 metri dalla battigia, il
cambio    di    destinazione   d'uso   degli   edifici   preesistenti
indipendentemente  dalla  destinazione  urbanistica  della  zona come
individuata  nel  piano regolatore generale e dagli eventuali vincoli
posti a tutela dell'ambiente e del paesaggio.
    La  disposizione,  sebbene  motivata  dal  meritevole  intento di
promuovere  e sostenere l'economia della regione mediante lo sviluppo
e  il  potenziamento delle strutture turistico-ricettive, e' tuttavia
sostanzialmente  idonea  ad  arrecare  un  grave  nocumento a un bene
ascritto  dall'art. 9 della Costituzione tra i principi fondamentali,
poiche'   esclude   l'applicazione   delle  ordinarie  procedure  per
l'acquisizione  dei  nulla  osta  da parte degli organi preposti alla
tutela del patrimonio ambientale.
    Come  codesta  eccellentissima  Corte  ha  peraltro avuto modo di
chiarire,  con  la sentenza n. 359 del 1985, l'art. 9 erige il valore
estetico-culturale,  riferito  anche  "alla  forma del territorio", a
valore  primario dell'ordinamento e correlativamente impegna tutte le
pubbliche  amministrazioni  e particolarmente lo Stato e la Regione a
concorrere alla sua tutela e promozione.

        
      
                              P. Q. M.
    Visto  l'art.  28  dello  Statuto  Speciale, con il presente atto
impugna  le  sottoelencate  disposizioni  del  ddl.  389  dal  titolo
"Disposizioni programmatiche e finanziarie per l'anno 2007" approvato
dall'ARS il 28 gennaio 2007:
        art.   22   per  violazione  degli  articoli  3  e  97  della
Costituzione;
        art.  23, comma 2, per violazione degli articoli 3, 97 e 117,
terzo comma della Costituzione;
        art.  24,  comma  26, limitatamente al periodo "Dalla data di
entrata  in  vigore  della  presente  legge  per  le finalita' di cui
all'art. 25, comma 17, della legge regionale 22 dicembre 2005, n. 19,
si applicano le disposizioni di cui all'art. 6, comma 12, della legge
15  maggio 1997, n. 127, e successive modifiche ed integrazioni", per
violazione degli articoli 3, 51 e 97 della Costituzione;
        art.  28 per violazione degli articoli 3, 81, quarto comma, e
97 della Costituzione;
        art.  47  per  violazione  degli  articoli  9, 97 e 114 della
Costituzione.
          Palermo, addi' 5 febbraio 2007
                 Il Commissario dello Stato: Di Pace

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