Ricorso n. 06 del 15 gennaio 2015 (Regione Lombardia)
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 15 gennaio 2015 (della Regione Lombardia).
(GU n. 7 del 2015-02-18)
Ricorso della Regione Lombardia (C.F. …), con sede in
Milano (20124), piazza Citta' di Lombardia, n. 1, in persona del
Presidente pro tempore, Roberto Maroni, rappresentata e difesa, in
forza di procura a margine del presente atto ed in virtu' della
Deliberazione di Giunta regionale n. X/2653, seduta del 14/11/2014
(doc. 1), dal Prof. Avv. Giovanni Guzzetta (c.f. …;
pec: …; fax. …),
presso il cui studio in Roma, via Federico Cesi, 72, ha eletto
domicilio e dall'Avv. Viviana Fidani (c.f. …; pec:
…), ricorrente;
Contro il Governo della Repubblica, in persona del Presidente del
Consiglio dei Ministri pro tempore, con sede in Roma (00187), Palazzo
Chigi - Piazza Colonna, 370, rappresentato e difeso dall'Avvocatura
generale dello Stato, con domicilio in Roma (00186), via dei
Portoghesi, 12, resistente.
Per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale del
decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modifiche,
dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, recante "Misure urgenti per
l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la
digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica,
l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle
attivita' produttive (Sblocca Italia)", pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica italiana dell'11 novembre 2014, n. 262,
limitatamente all'art. 38, di tale atto normativo.
Fatto
1. Con legge di conversione 11.11.2014, n. 164 del decreto-legge
12.9.2014, n. 133, il Governo ha varato "Misure urgenti per
l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la
digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica,
l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle
attivita' produttive", ritenuta, per quanto qui interessa, "la
straordinaria necessita' e urgenza di emanare disposizioni in materia
ambientale per la mitigazione del rischio idrogeologico, la
salvaguardia degli ecosistemi, l'adeguamento delle infrastrutture
idriche (...), nonche' di introdurre misure per garantire
l'approvvigionamento energetico e favorire la valorizzazione delle
risorse energetiche nazionali".
2. In particolare, l'articolo 38, dell'atto normativo in esame,
ha introdotto "Misure per la valorizzazione delle risorse energetiche
nazionali".
3. Il comma 1 e il comma 1-bis della norma in commento, affidano
ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico, sentito il
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, la
predisposizione di un piano delle aree in cui siano consentite le
attivita' di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi e
quelle di stoccaggio sotterraneo di gas naturale, attivita'
dichiarate di interesse strategico e che, come sancito dal comma 1,
sono di utilita' pubblica, urgenti e indifferibili.
I titoli abilitativi che autorizzano le attivita' sopracitate
comprendono, pertanto, la dichiarazione di pubblica utilita',
indifferibilita' ed urgenza dell'opera e l'apposizione del vincolo
preordinato all'esproprio dei beni in essa compresi.
4. Il secondo comma dell'art. 38 stabilisce, altresi', che
qualora le opere di prospezione, ricerca e coltivazione di
idrocarburi e quelle di stoccaggio sotterraneo di gas naturale
comportino la variazione degli strumenti urbanistici,
l'autorizzazione di queste ha effetto di variante urbanistica.
5. Il terzo comma della norma in esame, prevede che all'art. 38
del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sia aggiunto al punto
7) dell'allegato II alla parte seconda le parole "sulla terraferma e"
dopo le parole "coltivazione di idrocarburi"; alla lettera v)
dell'allegato III alla parte seconda sono soppresse le parole "degli
idrocarburi liquidi e gassosi e"; e' altresi' abrogata la lettera g)
del punto 2 dell'allegato IV alla parte seconda e, infine, sono
soppresse le parole "di petrolio, di gas naturale" nello stesso punto
2 del medesimo allegato.
6. Inoltre, il quarto comma dell'art. 38 della legge di
conversione n. 164 del 2014, individua il termine dei procedimenti di
valutazione di impatto ambientale relativi alla prospezione, ricerca
e coltivazione di idrocarburi in corso presso le Regioni alla data in
vigore del decreto in esame, prevedendo che i suddetti procedimenti
debbano essere conclusi dalla Regione presso cui sono stati avviati,
entro il 31 marzo 2015. Il comma richiamato, inoltre, sancisce che
decorso il termine del 31 marzo 2015, la Regione sia tenuta a
trasmettere la relativa documentazione al Ministero dell'ambiente e
della tutela del territorio e del mare per i seguiti istruttori di
competenza, dandone notizia al Ministero dello sviluppo economico.
A cio' si aggiunga, che il comma 4, dell'art. 38, prevede anche
che i conseguenti oneri di spesa istruttori rimangano a carico delle
societa' richiedenti la VIA e che siano versati all'entrata del
bilancio dello Stato per essere riassegnati successivamente al
Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
7. Il quinto comma dell'articolo 38, subordina le attivita' di
ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi al rilascio
di un titolo concessorio unico, sulla base di un programma generale
di lavori articolato in due fasi: una prima fase di ricerca della
durata di sei anni, prorogabile fino a un massimo di ulteriori sei
anni nel caso in cui sia necessario concludere le opere di ricerca,
una seconda fase, solo eventuale, della durata di trenta anni,
prorogabile per una o piu' volte per un periodo di dieci anni, che
consiste nella coltivazione legata al rinvenimento di un giacimento
tecnicamente ed economicamente coltivabile, riconosciuto dal
Ministero dello sviluppo economico. La proroga e' condizionata
dall'adempimento degli obblighi derivanti dal decreto di concessione
e solo qualora il giacimento risulti ancora coltivabile.
8. Il comma 6 dell'articolo 38, disciplina la modalita' con cui
e' accordato il titolo concessorio unico a cui sono subordinate le
attivita' di cui al comma 5. Il titolo concessorio e' accordato con
decreto del Ministro dello sviluppo economico, previa intesa con la
Regione o la provincia autonomia di Trento o di Bolzano interessata,
sentite la Commissione per gli idrocarburi e le risorse minerarie e
le Sezioni territoriali dell'Ufficio nazionale minerario idrocarburi
e georisorse, a soggetti con sede sociale in Italia o Stati membri
dell'Unione europea e, a condizioni di reciprocita', a soggetti di
altri Paesi che dispongono di capacita' tecnica, economica ed
organizzativa e che offrono garanzie adeguate alla realizzazione dei
programmi.
Il procedimento unico di concessione, nel cui ambito e' svolta
anche la valutazione ambientale preliminare del programma dei lavori,
formata entro sessanta giorni con parere della Commissione tecnica di
verifica dell'impatto ambientale VIA/VAS del Ministero dell'ambiente
e della tutela del territorio e del mare, viene svolto nel termine di
centottanta giorni da un'apposita Conferenza di servizi. L'accordo
del titolo concessorio unico e' altresi' subordinato alla
presentazione di idonee fideiussioni bancarie o assicurative
commisurate al valore delle opere di recupero ambientale previste.
9. Il comma 6-bis, inoltre, disciplina la sottoposizione a
valutazione di impatto ambientale dei progetti di opere e di
interventi relativi alle attivita' di ricerca e di coltivazione di
idrocarburi liquidi e gassosi. La modalita' di svolgimento della VIA
avviene conformemente alla parte seconda del decreto legislativo 3
aprile 2006, n. 152 e successive modificazioni.
Altresi', il comma 6-ter condiziona il rilascio di nuove
autorizzazioni per la ricerca e la coltivazione di idrocarburi alla
verifica di garanzie economiche della societa' richiedente
affinche' possa coprire i costi di un eventuale incidente durante le
attivita'. I costi dell'ipotizzato incidente sono commisurati a
quelli derivanti dalla piu' grave situazione possibile nei diversi
scenari immaginati in fase di studio e analisi dei rischi.
10. Al comma 7, e' sancito che entro centottanta giorni
dall'entrata in vigore del decreto in esame, con decreto del
Ministero dello sviluppo economico venga emanato un disciplinare tipo
con cui sono stabilite le modalita' di conferimento del titolo
concessorio unico di cui al comma 5.
11. Il comma 10 dell'art. 38 modifica l'art. 8 del decreto-legge
25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6
agosto 2008, n. 133, aggiungendo dopo il comma 1, che il Ministero
dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'ambiente
e della tutela del territorio e del mare, sentite le Regioni
interessate, puo' autorizzare un periodo non superiore a cinque anni
finalizzato a progetti sperimentali di coltivazione di giacimenti,
subordinatamente all'espletamento della procedura di valutazione di
impatto ambientale che garantisca l'assenza di conseguenze negative
tra cui la subsidenza dell'attivita' della costa, sull'equilibrio
dell'ecosistema e sugli insediamenti antropici.
I progetti sperimentali di coltivazione di giacimenti, sono
soggetti a un'analisi tecnico-scientifica che dimostri l'assenza
degli effetti negativi sopracitati, analisi che viene condotta sotto
il controllo dei soli Ministeri dello sviluppo economico e di quello
dell'ambiente e tutela del territorio.
Tuttavia, qualora si verifichino fenomeni di subsidenza sulla
costa determinati dall'attivita', il programma di lavori e'
interrotto. Al contrario, se al termine del periodo di validita'
dell'autorizzazione venga accertato che all'attivita' non sono
conseguiti effetti di subsidenza dell'attivita' della costa, nonche'
sull'equilibrio dell'ecosistema e sugli insediamenti antropici, il
periodo di sperimentazione puo' essere prorogato, con le stesse
procedure di controllo, per cinque anni.
12. Il comma 11-bis aggiunge il comma 5-bis al decreto
legislativo 30 maggio 2008, n. 117, e successive modificazioni, che
disciplina la necessita' che l'operatore tenga un registro delle
quantita' esatte di rifiuti di estrazione solidi e liquidi, in
mancanza del quale sara' revocata l'autorizzazione all'attivita'
estrattiva.
13. I commi 11-ter e seguenti disciplinano, infine, la questione
relativa allo shale gas e allo shale oil, prevedendo che nelle
attivita' di ricerca o coltivazione di idrocarburi rilasciate dallo
Stato, sia vietata la ricerca e l'estrazione di queste componenti e
il rilascio dei relativi titoli minerari. E', altresi', vietata
qualunque tecnica di iniezione in pressione finalizzata a produrre o
favorire il ricavo di shale gas e shale oil.
14. Le norme introdotte dall'articolo 38, del d.l. n. 133 del
2014, convertito con modifiche dalla legge n. 164 del 2014, sono
avvinte da numerosi profili di illegittimita', e meritano di essere
dichiarate incostituzionali da codesta ecc.ma Corte alla luce dei
seguenti motivi di
Diritto
I. Incostituzionalita' del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133,
convertito, con modifiche, dalla legge dell'11 novembre 2014, n. 164,
e dell'articolo 38 di tale atto normativo, per violazione
dell'articolo 77, comma 2, della Costituzione, in combinato disposto
con l'articolo 117, secondo e terzo comma.
1. L'articolo 38 della legge di conversione n. 164 del 2014 del
d.l. n. 133 del 2014, deve essere dichiarato incostituzionale per
insussistenza dei presupposti di cui all'articolo 77, secondo comma,
della Costituzione, che ammette la decretazione d'urgenza
all'esclusivo fine di fronteggiare casi straordinari di necessita' ed
urgenza.
Infatti, come ha chiarito codesta ecc.ma Corte con la pronuncia
n. 220 del 2013, l'adozione di un decreto-legge trova la propria
legittimazione esclusivamente nella sussistenza di casi
straordinari che necessitino di essere disciplinati immediatamente,
in modo adatto a fronteggiare le sopravvenute e urgenti necessita'.
Peraltro, per lo stesso motivo, il legislatore ordinario, con una
norma di portata generale, ha previsto che il decreto-legge debba
contenere "misure di immediata applicazione" (art. 15, comma 3, della
legge 23 agosto 1988, n. 400). La Consulta ha riconosciuto come la
norma in esame, pur non avendo, sul piano formale, rango
costituzionale, esprima ed espliciti cio' che deve ritenersi
intrinseco alla natura stessa del decreto-legge, che entrerebbe in
contraddizione con le sue stesse premesse, se contenesse disposizioni
destinate ad avere effetti pratici differiti nel tempo, in quanto
recanti, come nel caso di specie, discipline mirate alla costruzione
di un nuovo sistema di valorizzazione delle risorse energetiche
nazionali (cfr. sentenza n. 22 del 2012). Per quanto riguarda il caso
qui in esame, deve osservarsi che, sebbene il preambolo del d.l. n.
133/2014, convertito con legge n. 164/2014, riconosca "la
straordinaria necessita' e urgenza di emanare disposizioni in materia
ambientale per (...) introdurre misure per garantire
l'approvvigionamento energetico e favorire la valorizzazione delle
risorse energetiche nazionali", in realta', il problema della
gestione e valorizzazione delle risorse energetiche nazionali e'
tutt'altro che eccezionale e accidentale.
Infatti, la necessita' di interventi strutturali sul sistema
della gestione delle risorse energetiche sul territorio italiano non
e' affatto una circostanza accidentale e sopravvenuta, ne' puo'
essere ricollegata ad un "caso straordinario", passibile, in quanto
tale, di essere disciplinato in via d'urgenza. Di conseguenza,
affidare la risoluzione di una problematica radicata e strutturale
alla decretazione d'urgenza, si mostra elusivo dei principi di cui
all'art. 77, secondo comma, della Costituzione.
2. La "risposta" operata con il decreto-legge in oggetto,
peraltro, non si presenta nemmeno in termini di soluzione
"emergenziale" in attesa di una ipotetica revisione complessiva della
disciplina, ma si propone - in modo incompatibile con i presupposti
costituzionali richiesti e con la conseguente natura circostanziata
delle soluzioni normative divisate - di "valorizzare le risorse
energetiche nazionali e garantire la sicurezza degli
approvvigionamenti del Paese, le attivita' di prospezione, ricerca e
coltivazione di idrocarburi e quelle di stoccaggio sotterraneo di gas
naturale" qualificando, altresi', le attivita' come attivita' che
"rivestono carattere di interesse strategico e sono di pubblica
utilita', urgenti e indifferibili".
A cio' si aggiunga che con il decreto-legge n. 133/2014,
convertito con modifiche dalla legge n. 164/2014, viene disciplinato,
oltre alla modalita' di' concessione dei titoli abilitativi a
svolgere le sopracitate attivita', anche il periodo in cui puo'
essere espletato il programma generale di lavori prevedendo tempi
della durata minima di sei anni, tutt'altro che idonei a dare una
risposta a casi straordinari di necessita' e urgenza.
In questa prospettiva non si puo' non cogliere una finalita' di
riassetto ordinamentale, del tutto estranea alla natura del vettore
normativo utilizzato, con conseguente illegittima compressione delle
competenze legislative e amministrative che spettano alle Regioni in
relazione a tali interventi di carattere "ordinamentale".
Con riserva di ulteriore approfondimento in seguito, non si puo'
negare, infatti, che l'intervento intersechi, anche sulla base di
quanto chiarito da codesta eccellentissima Corte, profili di
competenza materiale quali la tutela della salute, il governo del
territorio (e in particolare per quanto riguarda la predisposizione
di un piano delle aree in cui sono consentite le attivita' di
prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi e quelle di
stoccaggio sotterraneo di gas naturale) e la produzione dell'energia
(attesa la finalita' del decreto, rivolto "a conseguire la sicurezza
nazionale nell'autosufficienza" - energetica - ed a disciplinare le
"misure per la valorizzazione delle risorse energetiche nazionali").
Quella che vorrebbe introdursi attraverso la decretazione
d'urgenza, insomma, costituisce una vera e propria riforma organica e
di sistema, volta a predisporre un piano delle aree in cui sono
consentite le attivita' di prospezione, ricerca e coltivazione di
idrocarburi e quelle di stoccaggio sotterraneo di gas naturale; le
modalita' di attribuzione dei relativi titoli abilitativi; i tempi
per lo svolgimento delle predette attivita' e, altresi', le
condizioni per eventuali proroghe; e che, come tale, non puo' trovare
la propria legittimazione in un decreto-legge.
Sotto ulteriore, ma concorrente profilo, le misure introdotte dal
contestato articolo 38, del resto, non possono nemmeno considerarsi
di immediata applicazione, anche in considerazione dei profili e
delle competenze tecnico-amministrative ad esse connesse, le quali
presuppongono tempi ed accertamenti istruttori amministrativi
complessi.
Si chiede, dunque, che venga dichiarata l'incostituzionalita'
dell'art. 38, del d.l. n. 133/2014, convertito con modifiche dalla
legge n. 164/2014, sotto il profilo in esame.
3. In secondo luogo, il d.l. n. 133/2014, convertito con
modifiche dalla legge n. 164/2014, come pure, specificamente, il
relativo articolo 38, meritano di essere dichiarati incostituzionali
per difetto di omogeneita' e di coerenza delle misure introdotte dal
Governo.
Quanto all'intero atto normativo, l'eterogeneita' degli
interventi adottati e' ravvisabile sin dall'epigrafe del
provvedimento ("Misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la
realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese,
la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto
idrogeologico e per la ripresa delle attivita' produttive"). Essa e'
resa ancora piu' evidente dal relativo, ampio, preambolo, ove si
attesta la straordinaria necessita' ed urgenza di provvedere con
misure volte tanto ad "accelerare e semplificare la realizzazione di
opere infrastrutturali strategiche, indifferibili e urgenti, nonche'
per favorire il potenziamento delle reti autostradali e di
telecomunicazioni e migliorare la funzionalita' aeroportuale", quanto
a disciplinare la "materia ambientale per la mitigazione del rischio
idrogeologico, la salvaguardia degli ecosistemi, l'adeguamento delle
infrastrutture idriche e il superamento di eccezionali situazioni di
crisi connesse alla gestione dei rifiuti, nonche' di introdurre
misure per garantire l'approvvigionamento energetico e favorire la
valorizzazione delle risorse energetiche nazionali", quanto, infine,
a realizzare la "semplificazione burocratica, il rilancio dei settori
dell'edilizia e immobiliare, il sostegno alle produzioni nazionali
attraverso misure di attrazione degli investimenti esteri e di
promozione del Made in Italy, nonche' per il rifinanziamento e la
concessione degli ammortizzatori sociali in deroga alla normativa
vigente al fine di assicurare un'adeguata tutela del reddito dei
lavoratori e sostenere la coesione sociale".
Ad analoghe conclusioni si perviene, ovviamente, in base
all'analisi delle disposizioni introdotte dal decreto-legge
impugnato.
Come noto, codesta ecc.ma Corte collega il riconoscimento
dell'esistenza dei presupposti fattuali, di cui all'art. 77, secondo
comma, Cost., ad una intrinseca coerenza delle norme contenute in un
decreto-legge, o dal punto di vista oggettivo e materiale, o dal
punto di vista funzionale e finalistico (cfr. sentt. n. 171 del 2007,
n. 121 del 2008).
Recentemente codesta Corte ha ulteriormente evidenziato, sul
punto, che l'art. 15, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400
(Disciplina dell'attivita' di Governo e ordinamento della Presidenza
del Consiglio dei ministri) - la' dove prescrive che il contenuto del
decreto-legge «deve essere specifico, omogeneo e corrispondente al
titolo» - pur non avendo, in se' e per se', rango costituzionale,
costituisce esplicitazione della ratio implicita nel secondo comma
dell'art. 77 Cost., il quale impone il collegamento dell'intero
decreto-legge al caso straordinario di necessita' e urgenza, che ha
indotto il Governo ad avvalersi dell'eccezionale potere di esercitare
la funzione legislativa senza previa delegazione da parte del
Parlamento (Corte cost., sent. n. 22 del 2012).
Va infine ribadito che, come ripetutamente dichiarato da codesta
ecc.ma Corte, il vizio che affligge il decreto-legge con riferimento
ai suoi presupposti abilitativi non puo' considerarsi sanato per il
fatto dell'intervenuta conversione (cfr. ex plurimis sentt. 29/1995,
341/2003, 178/2004 e 171/2007).
4. Deve evidenziarsi, da ultimo, quanto all'ammissibilita' della
presente eccezione, che i vizi sopra denunciati ridondano, come
anticipato, nella menomazione delle attribuzioni costituzionali della
Regione Lombardia e nel vulnus della sua autonomia finanziaria,
costituzionalmente tutelati dagli articoli 117, terzo comma, e 119
della Costituzione.
Infatti, l'art. 38 del decreto in questione, determina uno
schiacciamento delle competenze della Regione sia sotto il profilo
della gestione del territorio che della pianificazione territoriale
ed urbanistica, prevedendo che sia il Ministro dello sviluppo
economico, con proprio decreto, sentito il Ministro dell'ambiente e
della tutela del territorio e del mare a predisporre un piano delle
aree in cui sono consentite le attivita' di prospezione, ricerca e
coltivazione di idrocarburi e quelle di stoccaggio sotterraneo di gas
naturale, senza prevedere alcuna forma di intesa con la Regione
interessata.
5. Ne' potrebbe in senso contrario sostenersi che, a fronte della
finalita' anche di tutela ambientale dell'intervento, la quale
costituisce, secondo l'interpretazione di codesta Corte, un c.d.
"materia trasversale", le attribuzioni regionali dovrebbero subire
una indiscriminata compressione, sino alla totale pretermissione
rispetto all'interesse ambientale.
Tale premessa infatti non potrebbe essere condivisa per distinte
e concorrenti ragioni.
Innanzitutto, perche' la finalita' ambientale non e' l'unica
perseguita dall'intervento normativo statale. Il primo comma
dell'art. 38, infatti, non menziona nemmeno, esplicitamente, la
finalita' ambientale, ma si sofferma sulla finalita' di "valorizzare
le risorse energetiche nazionali e garantire la sicurezza degli
approvvigionamenti del Paese".
In secondo luogo, l'obiettivo di "valorizzare le risorse
energetiche nazionali e garantire la sicurezza degli
approvvigionamenti del Paese", mostra da parte del legislatore la
volonta' di perseguire le finalita' ambientali privilegiando una
delle modalita' possibili e consentite, la quale pero' si realizza
attraverso la valorizzazione delle risorse di energia, ed e'
pertanto, dal punto di vista delle "materie" interessate, ad essa
intrinsecamente intrecciata.
Infine, com'e' noto, codesta Corte, nel riconoscere la
particolare rilevanza costituzionale della tutela dell'ambiente nelle
politiche legislative, e la sua idoneita' a giustificare alterazioni
del riparto costituzionale, ha costantemente e contestualmente
riconosciuto che tali alterazioni non debbano essere necessariamente
assolute (cfr. C. cost., 58/2013; 93/2013), ma che vadano
accompagnate da adeguate giustificazioni in termini di
ragionevolezza, adeguatezza e proporzionalita', nonche' da garanzie,
innanzitutto procedimentali, di tipo collaborativo. Sotto il primo
profilo, ad esempio, la Corte, pur quando ha riconosciuto la
prevalenza della specifica disciplina statale in presenza di esigenze
ambientali incomprimibili, ha comunque ammesso la residua potesta'
delle Regioni di assicurare, ad esempio, livelli di tutela maggiori
di quelli previsti dallo Stato (cfr. ad es. sent. 58/2013).
Da quanto detto discende l'ammissibilita' della presente
questione di legittimita' costituzionale. Codesta Corte, infatti, con
giurisprudenza costante, ritiene che le Regioni possano impugnare un
decreto-legge per motivi attinenti alla pretesa violazione dell'art.
77 Cost., "ove adducano che da tale violazione derivi una
compressione delle loro competenze costituzionali" (sentenza n. 6 del
2004; cfr. anche sentt. nn. 128 del 2011, 326 del 2010, 116 del 2006,
280 del 2004). Alla luce delle considerazioni che precedono, si
insiste per la declaratoria di illegittimita' costituzionale
dell'art. 38, del d.l. 12 settembre 2014, n. 133, convertito con
modifiche dalla legge dell'11 novembre 2014, n. 164, per violazione
dell'art. 77, secondo comma, della Costituzione, in combinato
disposto con gli articoli 117, commi secondo e terzo comma.
II. Incostituzionalita' dell'art. 38, in particolare commi 1 e 1-bis,
del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito con modifiche
dalla legge dell'11 novembre 2014, n. 164, per violazione degli
articoli 11 e 117, comma 1, della Costituzione, in relazione alla
direttiva 2001/42/CE (c.d. Direttiva VAS), in combinato disposto con
l'art. 117, secondo e terzo comma, Cost.
1. Come si e' anticipato in fatto, l'articolo 38, del d.l. n. 133
del 2014, convertito con modifiche dalla legge n. 164 del 2014,
contempla un vero e proprio piano integrato nazionale per la
valorizzazione delle risorse energetiche nazionali mediante attivita'
di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi e quelle di
stoccaggio sotterraneo di gas naturale. La norma stabilisce, infatti,
che le attivita' inserite nel D.P.C.M. di cui al comma 1-bis, sono
qualificate come attivita' che rivestono carattere di interesse
strategico e sono di pubblica utilita', urgenti e indifferibili.
L'espletamento delle predette attivita' e' subordinata alla
predisposizione di un piano delle aree in cui sono consentite le
attivita' sopra richiamate, da parte del Ministro dello sviluppo
economico, con proprio decreto, sentito il Ministro dell'ambiente e
della tutela del territorio.
Insomma, quello individuato dalla norma impugnata costituisce un
vero e proprio atto di pianificazione in materia di risorse
energetiche, che pertanto, ha un significativo impatto sull'ambiente.
In quanto tale, allora, alla luce della Direttiva 2001/ 42/CE,
trasposta nell'ordinamento italiano dal d.lgs. n. 152/2006, al fine
di garantire un elevato livello di protezione dell'ambiente e
contribuire all'integrazione di considerazioni ambientali all'atto
dell'elaborazione, dell'adozione e approvazione dell'atto di
pianificazione in materia di risorse energetiche, e, per assicurare
che i programmi siano coerenti alle condizioni per uno sviluppo
sostenibile, detto piano avrebbe dovuto essere assoggettato alla
valutazione ambientale strategica, la quale deve precedere, ex art.
3, par. 2, lett. a), della citata Direttiva, "tutti i piani e i
programmi che sono elaborati (...) per i settori (...) energetico"
(negli stessi termini dispone l'art. 6, comma 2, lett. a),
dell'attuativo d.lgs. n. 152/2006).
Infatti, la valutazione ambientale strategica si applica ai piani
e programmi che possono avere impatti significativi sull'ambiente e
sul patrimonio culturale, e tra questi vi rientra, esplicitamente, il
settore energetico.
Ancora, l'articolo 4 della Direttiva, rubricato "Obblighi
generali", stabilisce che "la valutazione ambientale di cui
all'articolo 3 deve essere effettuata durante la fase preparatoria
del piano o del programma ed anteriormente alla sua adozione o
all'avvio della relativa procedura legislativa". La peculiarita'
della VAS consiste, infatti, nella sua esecuzione durante la fase
preparatoria del programma ed anteriormente alla sua approvazione in
sede legislativa o amministrativa, al fine di consentire la
contemporanea valutazione delle conseguenze delle azioni proposte sul
piano ambientale, fin dall'origine del procedimento decisionale.
Ai sensi degli articoli da 5 a 12 della menzionata direttiva,
poi, la procedura di VAS deve comprendere lo svolgimento di una
verifica di assoggettabilita' (screening), l'elaborazione del
rapporto ambientale, lo svolgimento di consultazioni, la valutazione
del piano o del programma, del rapporto e degli esiti delle
consultazioni, l'espressione di un parere motivato, l'informazione
sulla decisione e il monitoraggio.
Alla luce di quanto precede, l'art. 38, e in particolare il comma
1-bis, in combinato disposto con il comma 1, del d.l. n. 133 del
2014, convertito con modifiche dalla legge n. 164/2014, si mostra
incostituzionale, per violazione dell'art. 117, comma 1, della
Costituzione, in relazione ai suddetti obblighi stabiliti dalla
Direttiva VAS, in quanto adotta un vero e proprio programma nazionale
in materia di risorse energetiche, senza aver dato luogo alla
necessaria procedura di VAS, con cio' violando gli scopi perseguiti
dal legislatore europeo.
2. Ne' si dica che le suddette norme europee in materia di
valutazione ambientale strategica non riguarderebbero in parte qua
l'attivita' legislativa degli Stati membri.
In senso contrario depongono, in primo luogo, gli articoli 2 e 4
della Direttiva. Il primo stabilisce che per "piani e programmi"
devono intendersi anche quelli "che sono previsti da disposizioni
legislative" (art. 2, lett. a); il secondo, come accennato, prevede
che la procedura di VAS debba essere avviata "anteriormente all'avvio
della procedura legislativa" di adozione del piano o programma. Alle
considerazioni di ordine testuale si aggiunga anche che, ad accedere
a siffatta interpretazione, gli obblighi imposti a livello europeo
sarebbero facilmente eludibili dallo Stato, che potrebbe occultare
sotto il nomen juris dell'atto normativo un provvedimento che reca in
se' i connotati essenziali di un atto di programmazione generale, il
quale deve essere obbligatoriamente sottoposto alla prescritta
valutazione ambientale strategica. E' appena il caso di dire che una
diversa interpretazione della Direttiva in contrasto con il suo
significato letterale, richiederebbe a codesta Corte di investire
mediante rinvio pregiudiziale ex art. 267 TFUE la Corte di Giustizia
dell'Unione europea, onde verificare se l'interpretazione del diritto
europeo offerta dal giudice sovranazionale consenta di considerare la
normativa qui impugnata con essa compatibile.
In secondo luogo, anche a voler ritenere che il legislatore
statale sia sottratto, nell'esercizio della funzione legislativa,
all'osservanza delle procedure in materia di VAS, nell'ipotesi in cui
queste ultime possano essere esperite al momento dell'attuazione
della legge, la norma impugnata sarebbe comunque illegittima.
L'articolo 38, del d.l. n. 133/2014, convertito con legge n.
164/2014, infatti, non contempla l'esperimento di siffatte procedure,
nemmeno nel momento attuativo, e specificamente per l'adozione del
decreto del Ministro dello sviluppo economico, che, sentito il
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare,
predispone un piano delle aree per il raggiungimento degli obiettivi
perseguiti dalla norma. E' evidente, infatti, che la scelta delle
aree dove consentire le attivita' di prospezione, ricerca e
coltivazione di idrocarburi e quelle di stoccaggio sotterraneo di gas
naturale costituisce un'operazione di rilevantissimo impatto
ambientale.
Il Governo, dunque, avrebbe dovuto necessariamente prevedere che
l'individuazione del piano delle aree in cui consentire le attivita'
di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi e quelle di
stoccaggio sotterraneo di gas naturale venisse assoggettata a VAS,
anche alla luce della necessita' di definire criteri univoci per la
distribuzione territoriale delle aree a cio' predisposte, e per la
valutazione degli impatti discendenti dalle scelte localizzative da
assumere. La disciplina censurata, insomma, elude le finalita'
perseguite dalla citata Direttiva, quali quella di garantire un
elevato livello di protezione dell'ambiente e di contribuire
all'integrazione delle considerazioni ambientali all'atto
dell'elaborazione, dell'adozione e dell'approvazione dei piani e
programmi, assicurando che i medesimi siano coerenti e contribuiscano
alle condizioni per uno sviluppo sostenibile.
3. Anche in questo caso, da ultimo, e' bene evidenziare che le
dedotte violazioni arrecano di riflesso un vulnus alle competenze
attribuite alla Regione Lombardia. In particolare, come si e' gia'
ampiamente argomentato nel precedente motivo, la disciplina
introdotta dal Governo incide sulle competenze regionali in materia
di governo del territorio, di pianificazione territoriale ed
urbanistica, di produzione dell'energia, nonche' in materia di tutela
della salute, attratte alla competenza legislativa concorrente e
residuale delle Regioni. Per onere di brevita', si rimanda dunque a
tutte le considerazioni gia' esposte nel I motivo di ricorso, le
quali confermano l'ammissibilita' della presente eccezione, in quanto
la normativa censurata determina, anche a fronte delle censure qui
dedotte, una lesione delle competenze regionali stabilite dalla
Costituzione.
Stante quanto precede, la disciplina introdotta dall'art. 38, in
particolare il comma 1 e 1-bis, del d.l. n. 133 del 2014, convertito
con modifiche dalla legge n. 164/2014, deve essere dichiarata
incostituzionale per violazione dell'art. 117, primo comma della
Costituzione, in relazione agli obblighi in materia di VAS imposti
dalla Direttiva 2001/42/CE, in combinato disposto con l'art. 117,
commi 2 e 3, Cost., in quanto tale violazione ridonda in una
violazione riflessa delle competenze regionali.
In via subordinata si chiede che sia effettuato un rinvio
pregiudiziale, ai sensi dell'art. 267 del Trattato sul Funzionamento
dell'Unione europea alla Corte di Giustizia dell'Unione europea per
la seguente questione di interpretazione della direttiva 2001/42/CE
(c.d. Direttiva VAS): "se gli artt. 1, 3, 4, 8 e 9 Dir. 2001/42/CE,
anche in combinato disposto ostino all'applicazione di una norma,
quale quella prevista dall'art. 38 comma 1-bis del d.l. convertito
con modifiche, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, recante "Misure
urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere
pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione
burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa
delle attivita' produttive (Sblocca Italia)", pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana dell'11 novembre 2014,
n. 262, la quale prevede che "il Ministro dello sviluppo economico,
con proprio decreto, sentito il Ministro dell'ambiente e della tutela
del territorio e del mare, predispone un piano delle aree in cui sono
consentite le attivita' di cui al comma 1" senza prevedere che,
all'atto della predisposizione di tale piano, si applichi la
disciplina di valutazione ambientale strategica cosi' come prevista
dalla menzionata direttiva.
III. Incostituzionalita' dell'art. 38, in particolare commi 1, 1-bis,
4, 7 e 10, della legge di conversione 11 novembre 2014, n. 164 del
d.l. 12 settembre 2014, n. 133, per violazione dell'art. 117, commi 2
e 3, in combinato disposto con l'articolo 118 della Costituzione.
Violazione del principio di leale collaborazione.
1. Come e' noto, la disciplina delle risorse energetiche si
colloca non soltanto nell'ambito della produzione, del trasporto e
distribuzione nazionale dell'energia, materia di legislazione
concorrente tra Stato e regioni ai sensi dell'art. 117, comma 3,
della Costituzione; ma interferisce anche, per la sua natura, con
interessi e competenze ulteriori quali la tutela della salute, la
ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all'innovazione per i
settori produttivi e, ancora, il governo del territorio, anche
queste, materie di legislazione concorrente ex art. 117, comma 2
della Costituzione.
L'art. 118 della Costituzione, d'altronde, sancisce il principio
di sussidiarieta' attribuendo all'organo competente del livello
istituzionale piu' vicino agli interessati le funzioni
amministrative, stabilendo che si possano assegnare quest'ultime a
livelli superiori solo in caso d'inadeguatezza di quelli inferiori.
Inoltre ogni intervento in tale materia deve rispettare, secondo la
consolidata giurisprudenza della Corte costituzionale, il principio
di leale collaborazione.
2. Cio' posto, l'art. 38, del d.l. n. 133/2014, convertito con
modifiche dalla legge n. 164 del 2014, introduce misure in materia di
valorizzazione delle risorse energetiche nazionali, che coinvolgono
le competenze di diversi livelli di Governo. Vengono in rilievo, in
primo luogo, le competenze regionali e locali in materia di governo
del territorio, di pianificazione urbanistica ed edilizia, di
produzione di energia, di gestione dei servizi pubblici locali,
nonche' di tutela della salute.
Tale intervento non rimane confinato alla determinazione di una
disciplina di principio, poiche' l'articolo 38, del d.l. 12 settembre
2014, n. 133, convertito con modifiche dalla legge dell'11 novembre
2014, n. 164 non si limita a fissare una disciplina che possa essere
considerata di "cornice" rispetto alle norme di dettaglio di
competenza della Regione. Al contrario, l'art. 38 finisce per
indicare cosi' nel dettaglio le misure per la valorizzazione delle
risorse energetiche, che la Regione viene estromessa dalla maggior
parte dei momenti decisionali, sia quanto alla disciplina che ai
relativi procedimenti amministrativi.
Ad un attento esame dell'articolo 38, del d.l. n. 133 del 2014,
convertito con modifiche dalla legge n. 164/2014, la disposizione si
pone pertanto in diretta violazione dei principi costituzionali in
materia di riparto delle competenze sanciti dall'articolo 117, commi
secondo e terzo, in combinato con l'art. 118 della Costituzione.
Inoltre, la disciplina contestata, pur incidendo su competenze
regionali, tra cui il governo del territorio, non e' assistita dalla
previsione di alcuna forma di collaborazione, soprattutto nella forma
di intesa "forte" (in particolare: il comma 1-bis, in cui si
disciplina la predisposizione di un piano delle aree in cui sono
consentite le attivita' di cui al comma 1; il comma 4, con
riferimento all'ipotesi di sostituzione e il comma 7 che riguarda
l'adozione del disciplinare tipo dell'art. 38, d.l. n. 133/2014). Il
comma 10, art. 38, d.l. n. 133/2014, viceversa prevede il mero parere
delle Regioni e non la forma dell'intesa richiesta secondo la
giurisprudenza costante di codesta ecc.ma Corte per giustificare
l'attrazione in capo allo Stato di funzioni amministrative e
legislative di dettaglio in materie di competenza concorrente.
Come dichiarato da codesta ecc.ma Corte nella sentenza n. 6/2004
(in conformita' con la precedente giurisprudenza a partire dalla
sent. 303/2003) affinche' "una legge statale possa legittimamente
attribuire funzioni amministrative a livello centrale ed al tempo
stesso regolarne l'esercizio, e' necessario che essa innanzi tutto
rispetti i principi di sussidiarieta', differenziazione ed
adeguatezza nella allocazione delle funzioni amministrative,
rispondendo ad esigenze di esercizio unitario di tali funzioni. E'
necessario, inoltre, che tale legge detti una disciplina logicamente
pertinente, dunque inidonea alla regolazione delle suddette funzioni,
e che risulti limitata a quanto strettamente indispensabile a tale
fine. Da ultimo, essa deve risultare adottata a seguito di procedure
che assicurino la partecipazione dei livelli di governo coinvolti
attraverso strumenti di leale collaborazione o, comunque, deve
prevedere adeguati meccanismi di cooperazione per l'esercizio
concreto delle funzioni amministrative allocate in capo agli organi
centrali".
Come gia' rilevato si potrebbe sostenere che l'intervento
riguardi la materia della tutela dell'ambiente e per cio' stesso si
collochi al di fuori della competenza delle Regioni. In materia di
tutela dell'ambiente pero' questa Corte ha riconosciuto che "non si
puo' discutere di materia in senso tecnico, perche' la tutela
ambientale e' da intendere come valore costituzionalmente protetto,
che in quanto tale delinea una sorta di «materia trasversale», in
ordine alla quale si manifestano competenze diverse, anche regionali,
fermo restando che allo Stato spettano le determinazioni rispondenti
ad esigenze meritevoli di disciplina uniforme sull'intero territorio
nazionale" (ex multis: sentenza n. 171/2012, n. 235/2011, n.
225/2009, n. 12/2009). Ne consegue che il legislatore statale e'
tenuto a garantire il principio di leale collaborazione, "che per la
sua elasticita' consente di aver riguardo alle peculiarita' delle
singole situazioni" ed impone alla legge statale di predisporre
adeguati strumenti di coinvolgimento delle Regioni, a salvaguardia
delle loro competenze (ex plurimis, sentenze n. 50/2005, n. 231/2005,
213/2006, n. 133/2006).
Nulla di tutto cio' e' stato previsto nel caso di specie.
3. In particolare, come si e' detto, il comma 1-bis, dell'art.
38, statuisce che con proprio decreto, il Ministro dello sviluppo
economico, sentito il Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare, predispone un piano delle aree in cui sono
consentite le attivita' di prospezione, ricerca e coltivazione di
idrocarburi e quelle di stoccaggio sotterraneo di gas naturale.
Come si vede, per l'individuazione delle aree in cui sono
consentite le suddette attivita', non e' previsto alcun
coinvolgimento delle Regioni e degli enti locali, ne' in forma
individuale, ne' attraverso il sistema delle conferenze, sebbene si
tratti di una scelta che incide, in misura rilevante, sulle
competenze regionali in materia di governo del territorio e di
pianificazione, nonche' su quelle in materia di produzione
dell'energia e di tutela della salute. Codesta Corte ha affermato,
con giurisprudenza costante (ex plurimis, sentenze n. 383 del 2005,
n. 6 del 2004 e n. 165/2011) che affinche' si possa avere
l'attrazione in sussidiarieta' di funzioni che, come in questo caso,
sono relative a materie rientranti nella competenza concorrente di
Stato e Regioni, "e' necessario garantire il coinvolgimento delle
Regioni interessate, il raggiungimento di un'intesa, in modo da
contemperare le ragioni dell'esercizio unitario di date competenze e
la garanzia delle funzioni costituzionalmente attribuite alle
Regioni".
Pertanto, nell'ambito delle materie di legislazione concorrente,
affinche' la disciplina non contrasti con il principio di
sussidiarieta', come delineato anche dalla sentenza n. 303/2003, e'
necessario il coinvolgimento nel procedimento delle Regioni; e',
cioe', richiesta una forma di collaborazione che si realizza
attraverso forme di intesa forte tra Stato e Regione. Nel caso in
esame, al contrario, il comma 1-bis, dell'art. 38, esclude
completamente la Regione interessata dall'opportunita' di esprimersi
in materia di determinazione delle aree in cui sono consentite le
attivita' suddette, disattendendo la lettura procedimentale operata
da questa Corte del principio di sussidiarieta', che subordina lo
spostamento verso l'alto delle funzioni amministrative al
coinvolgimento nel procedimento delle Regioni.
L'art. 38, non prevedendo, contrariamente a quanto sancito
dall'art. 117, commi 2 e 3, in combinato con l'art. 118, della
Costituzione, alcuna forma cooperativa, viola cosi' il principio di
leale collaborazione.
4. Inoltre, il comma 4 dell'art. 38, prevede lo spostamento
"verso l'alto" dei procedimenti di valutazione di impatto ambientale
in corso presso le Regioni alla data di entrata in vigore del d.l. n.
133/2014, convertito con legge n. 164/2014, qualora questi non siano
conclusi entro il 31 marzo 2015.
Quest'attrazione "verso l'alto" che si atteggia a vero e proprio
intervento sostitutivo (al di fuori della cornice di cui all'art. 120
Cost. su cui si veda, infra, il punto V), non e' preceduta da alcuna
forma di intesa con la Regione interessata, non potendosi comunque
giustificare tale omissione per il solo fatto che sia inutilmente
trascorso il termine imposto alle Regioni. Sebbene sia individuato un
termine entro il quale concludere i suddetti procedimenti, cio' non
toglie che sarebbe comunque necessario un passaggio collaborativo per
il conseguimento legittimo del risultato previsto.
Inoltre, sempre il comma 4, art. 38, della Costituzione prevede
che gli oneri di spesa istruttori conseguenti ai procedimenti siano
versati all'entrata del bilancio dello Stato per essere
successivamente riassegnati al Ministero dell'ambiente e della tutela
del territorio e del mare.
Tale disposizione, in quanto logicamente connessa con la
immediatamente precedente disposizione incostituzionale, assegnando
automaticamente allo Stato gli oneri di spesa istruttori si appalesa
anch'essa conseguentemente affetta dal medesimo vizio di
illegittimita'.
5. Ma la violazione dei principi di sussidiarieta' e di leale
collaborazione di cui l'articolo 118 Cost. riguarda anche ulteriori
norme dell'articolo 38.
Il comma 7, dell'art. 38, prevede che con disciplinare tipo,
adottato con decreto del Ministero dello sviluppo economico, senza la
collaborazione della Regione interessata, siano stabilite entro
centottanta giorni dall'entrata in vigore della legge n. 164/2014, le
modalita' di conferimento del titolo concessorio unico e le modalita'
di esercizio delle attivita' di prospezione, ricerca e coltivazione
di idrocarburi e quelle di stoccaggio sotterraneo di gas naturale.
Tale norma elude, ancora una volta, la necessita' di un'intesa
nell'individuazione delle modalita' di esercizio delle attivita'
suddette rientranti nella sfera di competenza concorrente, ledendo il
principio di leale collaborazione con riferimento all'art 117, commi
2 e 3 Cost., in combinato disposto con l'art. 118 Cost.
Il comma 10, viceversa, prevede il mero parere delle Regioni
interessate.
Anche questo comma dell'art. 38, esclude la necessita' della
forma d'intesa richiesta, secondo giurisprudenza costante di questa
ecc.ma Corte, per consentire l'attrazione in capo allo Stato di
funzioni amministrative e legislative di dettaglio in materie di
competenza concorrente, cioe' una forma d'intesa "forte", che non si
riduca a un mero parere espresso dalla Regione.
7. L'art. 38, del d.l. n. 133 del 2014, merita pertanto di essere
dichiarato incostituzionale dal momento che, preme ribadirlo una
volta in piu', determina un'erosione delle competenze regionali senza
che tale lesione sia compensata dal rispetto del principio di leale
collaborazione in materia di governo del territorio e di produzione,
trasporto e distribuzione dell'energia. Alla luce di quanto precede,
si insiste, dunque, per la declaratoria di illegittimita'
costituzionale dell'art. 38, del d.l. n. 133 del 2014, sotto tutti i
profili innanzi esposti.
IV. Incostituzionalita' dell'art. 38, del decreto-legge 12 settembre
2014, n. 133, convertito con modifiche dalla legge dell'11 novembre
2014, n. 164, per violazione degli artt. 117, commi 2 e 3, 118 e 119,
in combinato disposto con l'art. 3 della Costituzione.
1. Come si e' argomentato ampiamente nei precedenti motivi di
ricorso, le norme introdotte dall'art. 38, del d.l. n. 133/2014,
incidono su sfere di competenza della Regione. Le disposizioni
riguardanti tali sfere e ambiti di competenza che sono lesi sotto
tutti i profili sopra evidenziati, risultano incostituzionali con
riguardo alla disciplina della destinazione allo Stato degli oneri di
spesa istruttori a carico delle societa', in violazione dei criteri
di sussidiarieta', differenziazione, adeguatezza e ragionevolezza.
2. Sotto il primo profilo, il comma 4, dell'art. 38, prevede che
gli oneri di spesa istruttori conseguenti ai procedimenti di
valutazione di impatto ambientale siano versati all'entrata del
bilancio dello Stato per essere successivamente riassegnati al
Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
Questi oneri, che rimangono a carico delle societa', si riferiscono
ai procedimenti di valutazione di impatto ambientale in corso presso
le Regioni e il cui procedimento, decorso il termine fissato al 31
marzo 2005 senza che questo venga concluso, viene trasferito dal
Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
In tal modo, essendo infondata e illegittima la pretesa di
assegnare allo Stato i procedimenti de quibis ne discende che
l'attribuzione degli oneri di spesa ad esso ridondino in una lesione
dell'autonomia finanziaria e delle Regioni tutelate dall'art. 119
Cost.
E' evidente che per l'esercizio delle proprie competenze e per la
realizzazione delle proprie politiche riguardanti la gestione del
territorio, la produzione, il trasporto e distribuzione dell'energia
e la tutela della salute, le Regioni, come tutti gli enti che
svolgono funzioni pubbliche, necessitano di risorse economiche.
Infatti, a seconda delle risorse su cui puo' contare la Regione,
questa aumentera' o ridurra' gli standard qualitativi dei servizi che
eroga. Nel caso di specie, come gia' diffusamente illustrato, la
disciplina dell'articolo 38 attiene a una pluralita' di materie di
legislazione concorrente che per essere adeguatamente disciplinate
necessitano del rispetto e della garanzia dell'autonomia finanziaria.
A tal proposito, non puo' non cogliersi l'assoluta mancanza di
qualunque previsione di intesa tra Governo e Regione. Il comma 4
dell'art. 38, infatti, sancisce che gli oneri di spesa istruttori
siano successivamente riassegnati al Ministero dell'ambiente e della
tutela del territorio e del mare, escludendo ogni forma di
collaborazione nonostante spetti alle Regioni la potesta' legislativa
in materia.
Stante quanto precede, si insiste per la declaratoria di
illegittimita' costituzionale dell'art. 38, del d.l. n. 133 del 2014,
anche sotto i profili appena esposti.
V. Incostituzionalita' dell'art. 38, del decreto-legge 12 settembre
2014, n. 133, convertito con modifiche dalla legge dell'11 novembre
2014, n. 164, per violazione dell'art. 120 della Costituzione.
1. Le norme introdotte dall'art. 38, del d.l. n. 133/2014,
incidendo su sfere di competenza della Regione, e coinvolgendo, a
vario titolo, le competenze amministrative delle autorita' competenti
al rilascio delle Autorizzazioni integrate ambientali e alla
conduzione delle procedure di VIA, devono essere dichiarate
incostituzionali per violazione dei principi che presiedono alla
disciplina sul potere sostitutivo, sotto un duplice profilo: quello
relativo alla mancanza dei presupposti e quello procedimentale.
Sotto il profilo della mancanza dei presupposti, l'articolo 38
del d.l. n. 133/2014, convertito con modifiche dalla legge n.
164/2014, comma 4, disciplina la sostituzione del Governo alla
Regione competente nei procedimenti di valutazione di impatto
ambientale, scaduto il termine per concludere i procedimenti in corso
alla data di entrata in vigore del decreto convertito con legge n.
164/2014. Tale previsione viola l'art. 120 della Costituzione
disciplinando una sostituzione che non e' legittimata dai requisiti
costituzionalmente previsti, quali il mancato rispetto di norme di
trattati internazionali o della normativa comunitaria, ovvero la
tutela dell'unita' giuridica o economica e la tutela dei livelli
essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali.
In assenza di uno o piu' dei requisiti essenziali la norma che
prevede la sostituzione deve essere dichiarata illegittima.
Si ritiene, infatti, che l'art. 38, comma 4, debba essere
dichiarato incostituzionale in violazione dell'art. 120, comma 2,
della Costituzione, il quale nell'attribuire i poteri sostitutivi al
Governo, impone alla legislazione attuativa di assicurare il rispetto
del principio di leale collaborazione unitamente a quello di
sussidiarieta'. Il primo, com'e' noto, richiede il coinvolgimento dei
destinatari del provvedimento sostitutivo, cioe' la Regione, durante
il processo di sostituzione, previsione che il comma 4 dell'art. 38
disattende; il principio di sussidiarieta' invece, ammette che la
sostituzione avvenga nei limiti in cui risulti strettamente
necessaria a garantire le esigenze in ragione delle quali e'
costituzionalmente ammessa.
Alla disciplina sui poteri sostitutivi del Governo sono, infatti,
ispirate le regole procedimentali adottate dal legislatore ordinario
nell'art. 8 della legge n. 131 del 2003, che prevedono, oltre alla
fissazione di un congruo termine per provvedere, l'audizione
dell'organo inadempiente in attuazione del principio di leale
collaborazione. A cio' si aggiunga che la legge n. 131/2003 prevede
anche la riunione del Consiglio dei ministri con il Presidente della
Giunta regionale interessata in caso di inutile decorso del termine
fissato, previsione che avvalora ulteriormente la tesi della
necessita' di un procedimento di cooperazione tra Stato e Regione
interessata che, seppur e' alla base del principio di leale
collaborazione, nell'art. 38, comma 4, viene completamente disatteso.
2. A cio' si aggiunga che, come affermato da codesta ecc.ma Corte
nella sentenza 165/2011, "l'esercizio del potere sostitutivo deve
compiersi - sempre secondo l'art. 120 Cost. - in base alle procedure
stabilite dalla legge a garanzia dei principi di sussidiarieta' e di
leale collaborazione". In attuazione dell'art. 120 Cost., l'art. 8
della legge n. 131 del 2003 prevede che il Presidente del Consiglio
dei ministri assegni all'ente interessato un congruo termine per
adottare i provvedimenti dovuti o necessari e che, decorso
inutilmente detto termine, sentito l'organo interessato, il Consiglio
dei ministri assuma i provvedimenti necessari o nomini un apposito
commissario. Il comma 4, dell'articolo 38, fissa un termine per
concludere i procedimenti di VIA al 31 marzo 2015 ma in caso di
mancato rispetto del predetto termine, non prevede alcuna forma di
collaborazione con la Regione interessata e prevede direttamente la
trasmissione della relativa documentazione al Ministero dell'ambiente
e della tutela del territorio e del mare per i seguiti istruttori di
competenza.
Ebbene, questa Corte ha chiarito in diverse occasioni che deve
ricomprendersi in quanto previsto dall'art. 118 Cost. - il quale
attribuisce in via di principio ai Comuni, in tutte le materie, le
funzioni amministrative, ma riserva la possibilita' che esse, per
assicurarne l'esercizio unitario, siano conferite, sulla base dei
principi di sussidiarieta', differenziazione ed adeguatezza, ai
livelli territoriali di governo di dimensioni piu' ampie - anche la
previsione di "eccezionali sostituzioni di un livello ad un altro di
governo per il compimento di specifici atti o attivita', considerati
dalla legge necessari per il perseguimento degli interessi unitari
coinvolti, e non compiuti tempestivamente dall'ente competente"
(sentenza n. 43 del 2004). In questa prospettiva, si e' tuttavia
precisato che non puo' farsi discendere dall'art. 120, secondo comma,
Cost. una riserva a favore della legge statale di ogni disciplina del
potere sostitutivo, dovendosi viceversa riconoscere che "la legge
regionale, intervenendo in materie di propria competenza e nel
disciplinare, ai sensi dell'art. 117, terzo e quarto comma, e
dell'art. 118, primo e secondo comma, Cost., l'esercizio di funzioni
amministrative di competenza dei Comuni, preveda anche poteri
sostitutivi in capo ad organi regionali, per il compimento di atti o
attivita' obbligatorie, nel caso di inerzia o di inadempimento da
parte dell'ente competente, al fine di salvaguardare interessi
unitari che sarebbero compromessi dall'inerzia o dall'inadempimento
medesimi" (sentenza n. 43 del 2004).
Pertanto, con riferimento al profilo soggettivo, l'art. 38, comma
4 viola la disciplina sui poteri sostitutivi non soltanto
disciplinando la sostituzione dello Stato alle Regioni dopo la
scadenza del termine senza prevedere alcuna forma di collaborazione,
ma anche violando la disciplina attraverso la previsione della
sostituzione dello Stato agli enti locali, estromettendo
completamente la Regione dai procedimenti di VIA in corso alla data
di entrata in vigore del decreto in questione.
Alla luce di quanto precede, si insiste, dunque, per la
declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'art. 38, del d.l.
n. 133 del 2014, per violazione dell'art. 120 della Costituzione.
P.Q.M.
Voglia l'ecc.ma Corte costituzionale adita, ogni contraria
istanza, eccezione e deduzione disattesa, previo eventuale rinvio
pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell'Unione europea ex art. 267
del Trattato sul Funzionamento dell'Unione europea, accogliere il
presente ricorso e per l'effetto dichiarare l'incostituzionalita'
dell'articolo 38, nel suo complesso dispositivo e in particolare con
riferimento ai commi 1, 1-bis, 4, 7, 10 del decreto-legge 12
settembre 2014, n. 133, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica italiana del 12 settembre 2014, n. 212, convertito con
modifiche dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana dell'11 novembre 2014,
n. 262 per violazione degli articoli 11; 77; 117, commi 1, 2, e 3;
118; 119 e 120, della Costituzione.
Si depositeranno, unitamente al presente ricorso notificato, i
seguenti documenti:
1) Delibera di Giunta regionale n. X/2653, del 14.11.2014.
Roma, 7 gennaio 2015