Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 17 gennaio 2013 (della Provincia autonoma di Trento). 
 
 (GU n. 8 del 20.2.2013) 
 
     Ricorso  della  Provincia  autonoma  di   Trento   (cod.   fisc.
…), in persona del Presidente della Giunta provinciale  pro
tempore, autorizzato con deliberazione della  Giunta  provinciale  n.
2828 del 14 dicembre 2012 (doc. 1), rappresentata e difesa,  come  da
procura speciale n. rep. 27816 del 18 dicembre 2012 (doc. 2),  rogata
dal dott. Tommaso  Sussarellu,  Ufficiale  rogante  della  Provincia,
dall'avv. prof Giandomenico Falcon (cod. fisc.  …)  di
Padova, dall'avv. Nicolo' Pedrazzoli  (cod.  fisc.  …)
dell'Avvocatura della Provincia di Trento  e  dall'avv.  Luigi  Manzi
(cod. fisc. …) di Roma, con domicilio eletto  in  Roma
nello studio di questi in via Confalonieri, n.5, 
    Contro  il  Presidente  del  Consiglio  dei   ministri   per   la
dichiarazione di illegittimita' costituzionale: 
        dell'articolo 2, comma 1, lettera b); 
        dell'articolo 2, comma  1,  lettera  c),  limitatamente  alla
lettera a-bis) dell'art. 1, comma 4, della legge n. 120 del 2007; 
        dell'articolo 2, comma 1, lettera h); 
        dell'articolo 12, comma 10, 
del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, Disposizioni urgenti per
promuovere lo sviluppo del Paese mediante un  piu'  alto  livello  di
tutela della salute, convertito, con  modificazioni,  nella  legge  8
novembre 2012, n. 189, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 263 del
10 novembre 2012, suppl. ord. n. 201/L, 
    Per violazione: 
        degli articoli  9,  n.  10),  e  16  dello  Statuto  speciale
approvato con decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972,
n. 670 (Approvazione  del  testo  unico  delle  leggi  costituzionali
concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige); 
        del Titolo VI  dello  Statuto  speciale,  ed  in  particolare
dell'articolo 79, commi 3 e 4; 
        dell'articolo 104 del medesimo Statuto speciale; 
        del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266, in particolare
dell'articolo 2; 
        del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268; 
        del  d.P.R.  28  marzo   1975,   n.   474,   in   particolare
dell'articolo 2; 
        degli articoli 117 e 119  della  Costituzione,  in  combinato
disposto con l'articolo 10  della  legge  costituzionale  18  ottobre
2001, n. 3; 
        del principio di ragionevolezza, 
nelle parti, nei modi e per i profili di seguito illustrati. 
 
                                Fatto 
 
1. La competenza costituzionale e statutaria della Provincia autonoma
di Trento e la disciplina emanata nel suo esercizio. 
    Lo Statuto speciale  del  Trentino-Alto  Adige  attribuisce  alle
Province autonome potesta'  legislativa  concorrente  in  materia  di
igiene e sanita', ivi compresa l'assistenza sanitaria ed ospedaliera,
e la corrispondente potesta' amministrativa (art. 9, n. 10),  e  art.
16 St.). 
    La competenza della Provincia di Trento in materia di sanita'  si
e' ampliata a seguito della riforma del Titolo V, in quanto  ad  essa
si estende la competenza di cui all'art. 117, comma  3,  Cost.,  che,
secondo codesta Corte, e' «assai piu' ampia» di quella prevista dallo
Statuto (sentt. 240/2007, 162/2007 e 181/2006).  La  Corte  ha  anche
osservato che «la sanita', d'altro canto, e' ripartita fra la materia
di competenza  regionale  concorrente  della  "tutela  della  salute"
(terzo comma), la quale deve essere intesa  come  'assai  piu'  ampia
rispetto alla precedente materia assistenza sanitaria e  ospedaliera'
(sentenze  n.  181  del  2006  e  n.  270   del   2005),   e   quella
dell'organizzazione sanitaria, in cui  le  Regioni  possono  adottare
'una  propria  disciplina  anche  sostitutiva  di   quella   statale'
(sentenza n. 510 del 2002)» (sent. 328/2006, punto 3.1 del Diritto). 
    Anche in questo contesto, tuttavia, la competenza della Provincia
autonoma di Trento  in  materia  sanitaria  mantiene  dei  tratti  di
specialita' e di specificita'. 
    Da un lato, infatti, e' evidente che, comunque, l'autonomia della
ricorrente Provincia non puo'  essere  inferiore  a  quella  ad  essa
specificamente assicurata  dalle  disposizioni  di  attuazione  dello
statuto, emanate con il d.P.R.  28  marzo  1975,  n.  474  (Norme  di
attuazione dello  statuto  per  la  regione  Trentino-Alto  Adige  in
materia di igiene e sanita') e con il d.P.R. 26 gennaio 1980, n.  197
(Norme di attuazione dello  statuto  speciale  per  il  Trentino-Alto
Adige concernenti integrazioni alle norme di attuazione in materia di
igiene e sanita' approvate con d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474). 
    L'art. 2, comma 2, d.P.R. n. 474/1975 dispone che «alle  province
autonome  competono  le  potesta'   legislative   ed   amministrative
attinenti al funzionamento ed alla gestione delle istituzioni ed enti
sanitari», e aggiunge  che  «nell'esercizio  di  tali  potesta'  esse
devono  garantire   l'erogazione   di   prestazioni   di   assistenza
igienico-sanitaria ed ospedaliera non inferiori agli standards minimi
previsti dalle normative nazionale e comunitaria». 
    L'art. 3 d.P.R. n. 474/1975 elenca numerosi oggetti  che  restano
di competenza statale ma fra essi non rientra l'organizzazione  della
libera professione intramuraria. 
    Dall'altro lato la speciale autonomia della Provincia  di  Trento
in campo sanitario ha ormai da quasi due decenni il suo risvolto  nel
meccanismo di finanziamento del servizio  sanitario  provinciale,  al
quale  essa  provvede  con  i  mezzi  del  proprio  bilancio,  e  non
attraverso il riparto del Fondo sanitario nazionale. 
    Infatti, in relazione  all'assetto  statutario  delle  competenze
sopra  descritto  e  quale  concorso  delle  Province   autonome   al
riequilibrio della finanza pubblica nazionale,  gia'  l'articolo  34,
comma 3, della legge 23 dicembre 1994, n. 724,  ha  disposto  che  le
Province autonome di Trento e di Bolzano provvedono al  finanziamento
del Servizio sanitario  nazionale  nei  rispettivi  territori,  senza
alcun  apporto  a  carico  del  bilancio  dello  Stato,   utilizzando
prioritariamente le entrate derivanti dai contributi sanitari e dalle
altre imposte sostitutive e, ad integrazione, le risorse  dei  propri
bilanci. 
    Del resto, questa specifica disposizione in tema di finanziamento
del servizio sanitario e' parte del piu' ampio sistema dell'autonomia
finanziaria provinciale. 
    Il quadro statutario in materia finanziaria si caratterizza,  tra
l'altro, per la previsione  espressa  di  una  disposizione  volta  a
disciplinare in modo completo i termini e le modalita'  del  concorso
della Regione  e  delle  Province  autonome  al  conseguimento  degli
obiettivi di perequazione e di solidarieta', nonche' all'assolvimento
degli  obblighi  di  carattere  finanziario  posti   dall'ordinamento
comunitario, dal patto di stabilita' interno e dalle altre misure  di
coordinamento  della  finanza  pubblica  stabilite  dalla   normativa
statale (articolo 79, comma 1,  St.).  Tali  misure  «possono  essere
modificate esclusivamente con la procedura prevista dall'articolo 104
e fino alla loro eventuale modificazione  costituiscono  il  concorso
agli obiettivi di finanza pubblica di cui al comma 1». 
    L'art. 79, comma 3, stabilisce che, «al  fine  di  assicurare  il
concorso agli obiettivi di finanza pubblica, la regione e le province
concordano con il Ministro dell'economia e delle finanze gli obblighi
relativi al patto di stabilita' interno con riferimento ai  saldi  di
bilancio da conseguire in ciascun periodo»; che  fermi  restando  gli
obiettivi complessivi di  finanza  pubblica,  «spetta  alle  province
stabilire gli obblighi relativi al  patto  di  stabilita'  interno  e
provvedere alle funzioni di coordinamento con riferimento  agli  enti
locali,  ai  propri  enti  e  organismi  strumentali,  alle   aziende
sanitarie...», e che «non si applicano  le  misure  adottate  per  le
regioni e per gli altri  enti  nel  restante  territorio  nazionale».
Inoltre, sono le province stesse  che  «vigilano  sul  raggiungimento
degli obiettivi di finanza pubblica da parte degli  enti  di  cui  al
presente comma ed esercitano sugli  stessi  il  controllo  successivo
sulla gestione dando notizia  degli  esiti  alla  competente  sezione
della Corte dei conti». 
    Anche il comma 4 ribadisce che «le disposizioni statali  relative
all'attuazione degli obiettivi di  perequazione  e  di  solidarieta',
nonche' al rispetto degli obblighi derivanti dal patto di  stabilita'
interno, non trovano applicazione con riferimento alla regione e alle
province e sono in  ogni  caso  sostituite  da  quanto  previsto  dal
presente articolo». 
    La Provincia ha esercitato le proprie competenze  in  materia  di
sanita' disciplinando compiutamente la materia, anche con riferimento
all'organizzazione sanitaria, con  la  legge  provinciale  23  luglio
2010, n. 16 (Tutela della salute in  provincia  di  Trento);  inoltre
l'esercizio dell'attivita'  professionale  dei  dirigenti  del  ruolo
sanitario e' regolato anche dall'articolo 32 della legge  provinciale
10 febbraio 2005, n. 1. 
    Con  deliberazioni  della  Giunta  provinciale  n.  1662  del  27
febbraio 1998, n. 3334 del 2000, n. 1758 del 1° settembre 2006  e  n.
244  dell'8  febbraio  2008  sono   state   assunte   direttive   per
disciplinare    l'esercizio    dell'attivita'    libero-professionale
intramuraria  da  parte  del  personale  della  dirigenza  del  ruolo
sanitario dipendente dall'Azienda provinciale per i servizi sanitari.
Con  tali  atti  sono   state   anche   disciplinate   le   modalita'
dell'attivita' libero-professionale intramuraria. Il  punto  5  della
Direttiva  allegata  alla  deliberazione  244/2008  (doc.  3)  regola
specificamente l'Organizzazione dell'attivita' intramuraria, anche in
relazione agli spazi. 
    Tale disciplina costituisce il quadro al  cui  interno  l'azienda
sanitaria   organizza   e    gestisce    l'attivita'    professionale
intramuraria. 
    La Provincia dispone dunque di una  propria  compiuta  disciplina
delle attivita' di libera professione intramuraria svolta dai  medici
del servizio pubblico. 
2. La normativa statale impugnata. 
    Nella materia sanitaria e' ora intervenuto  il  decreto-legge  n.
158/2012, Disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo  del  Paese
mediante un piu' alto livello di tutela della salute. 
    L'art.  2  di  esso,  inserito  nel  capo   I,   Norme   per   la
razionalizzazione dell'attivita' assistenziale  e  sanitaria,  regola
l'Esercizio   dell'attivita'   libero   professionale   intramuraria,
modificando l'art. 1 legge n. 120/2007, Disposizioni  in  materia  di
attivita' libero-professionale intramuraria e altre norme in  materia
sanitaria. 
    In particolare: 
        l'articolo 2, comma 1, lettera  b)  contiene  una  disciplina
dettagliata delle azioni rivolte  a  procurare  gli  spazi  necessari
all'attivita' professionale intramuraria; 
        l'articolo 2, comma 1, lettera c),  introducendo  la  lettera
a-bis) dell'art. 1, comma 4, della legge n. 120 del 2007,  detta  una
disciplina analitica della predisposizione e attivazione, entro il 31
marzo 2013, da parte delle  regioni  e  delle  province  autonome  di
Trento e di Bolzano di una infrastruttura di rete per il collegamento
in voce o in dati, in condizioni di sicurezza, tra l'ente o l'azienda
e le singole strutture nelle quali vengono erogate le prestazioni  di
attivita' libero professionale intramuraria, interna o in rete; 
        l'articolo 2, comma 1, lettera h),  modificando  l'art.  1  ,
comma  7,  legge  n.  120/2007,  disciplina  la  decurtazione   della
retribuzione di risultato pari  ad  almeno  il  20  per  cento  quale
ulteriore specifica sanzione per le ipotesi di inadempienza non grave
dei  direttori  generali  delle  aziende,  policlinici  e  di   altri
istituti. 
    Nel capo III del d.l. n. 158/2012,  Disposizioni  in  materia  di
larmaci, e' inserito l'art. 12, Procedure concernenti  i  medicinali,
il cui comma 10 reca i criteri  per  la  riorganizzazione,  da  parte
delle Regioni e delle Province autonome, dei comitati etici istituiti
nel proprio territorio. 
    Ad  avviso  della  ricorrente  Provincia  autonoma,  le  indicate
disposizioni dell'art. 2 nonche' il comma 10 dell'art.  12  risultano
illegittimi e lesivi delle proprie prerogative costituzionali per  le
seguenti ragioni di 
 
                               Diritto 
 
1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 1, lett. b),  per
violazione dei limiti della potesta' legislativa statale concorrente. 
    L'art. 2, comma 1, lett. b) d.l. n. 158/2012 sostituisce il primo
ed il secondo periodo dell'art. 1, comma 4, legge  n.  120/2007.  Nel
nuovo testo quest'ultima disposizione stabilisce  quanto  segue:  «Le
regioni e le province autonome di Trento e  di  Bolzano,  sentite  le
organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative delle categorie
interessate, in coerenza con le  misure  di  cui  ai  commi  1  e  2,
adottano provvedimenti tesi a  garantire  che  le  aziende  sanitarie
locali, le aziende ospedaliere, le aziende ospedaliere universitarie,
i policlinici universitari a  gestione  diretta  e  gli  Istituti  di
ricovero e cura a carattere scientifico, di seguito denominati  IRCCS
di diritto pubblico, provvedano, entro il 31 dicembre  2012,  ad  una
ricognizione  straordinaria  degli  spazi  disponibili   e   che   si
renderanno disponibili in conseguenza dell'applicazione delle  misure
previste dall'articolo 15 del decreto-legge 6 luglio 2012, n.  95,...
per l'esercizio dell'attivita' libero professionale,  comprensiva  di
una  valutazione  dettagliata  dei  volumi  delle  prestazioni   rese
nell'ultimo biennio, in tale tipo di attivita'  presso  le  strutture
interne, le strutture esterne e gli studi professionali.  Sulla  base
della ricognizione, le regioni e le province autonome di Trento e  di
Bolzano  possono  autorizzare  l'azienda  sanitaria,   ove   ne   sia
adeguatamente dimostrata la necessita' e  nel  limite  delle  risorse
disponibili, ad acquisire, tramite l'acquisto o la  locazione  presso
strutture sanitarie autorizzate non accreditate, nonche'  tramite  la
stipula  di  convenzioni   con   altri   soggetti   pubblici,   spazi
ambulatoriali esterni, aziendali e pluridisciplinari, per l'esercizio
di attivita' sia istituzionali sia in regime  di  libera  professione
intramuraria  ordinaria,  i  quali  corrispondano   ai   criteri   di
congruita' e idoneita'  per  l'esercizio  delle  attivita'  medesime,
previo parere da parte del collegio di direzione di cui  all'articolo
17 del decreto legislativo 30 dicembre 1992,  n.  502,  e  successive
modificazioni. Qualora quest'ultimo non sia costituito, il parere  e'
reso  da  una  commissione  paritetica  di  sanitari  che  esercitano
l'attivita' libero-professionale intramuraria, costituita  a  livello
aziendale. Le regioni  e  le  province  autonome  nelle  quali  siano
presenti aziende sanitarie nelle quali risultino non disponibili  gli
spazi per l'esercizio dell'attivita'  libero  professionale,  possono
autorizzare,   limitatamente   alle   medesime   aziende   sanitarie,
l'adozione di un programma sperimentale che  preveda  lo  svolgimento
delle stesse attivita', in via residuale, presso  gli  studi  privati
dei professionisti collegati in rete, ai  sensi  di  quanto  previsto
dalla lettera a-bis) del presente comma, previa sottoscrizione di una
convenzione annuale rinnovabile tra il professionista  interessato  e
l'azienda sanitaria di appartenenza, sulla base di  uno  schema  tipo
approvato con accordo  sancito  dalla  Conferenza  permanente  per  i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento  e
di Bolzano. Le autorizzazioni di cui al comma 3 dell'articolo  22-bis
del  decreto-legge  4  luglio   2006,   n.   223,   convertito,   con
modificazioni, dalla legge 4 agosto  2006,  n.  248,  cessano  al  31
dicembre 2012. Le regioni e le  province  autonome  di  Trento  e  di
Bolzano garantiscono, anche attraverso proprie linee  guida,  che  le
aziende  sanitarie  locali,  le  aziende  ospedaliere,   le   aziende
ospedaliere universitarie,  i  policlinici  universitari  a  gestione
diretta e gli IRCCS di diritto  pubblico  gestiscano,  con  integrale
responsabilita'     propria,     l'attivita'     libero-professionale
intramuraria, al  fine  di  assicurarne  il  corretto  esercizio,  in
particolare nel rispetto delle seguenti modalita[...]». 
    Come risulta dalla stessa complessita' e farraginosita' del testo
sopra riportato,  la  disposizione  impugnata  detta  una  disciplina
dettagliata della procedura, delle modalita' e delle  condizioni  con
le quali  questa  Provincia  e  le  strutture  sanitarie  provinciali
possono  acquisire  luoghi   per   l'attivita'   libero-professionale
intramuraria. 
    Tale procedura contempla - tralasciando le  ipotesi  subordinate,
pure  disciplinate  dalla  norma  statale  -  i   seguenti   passaggi
principali: a) la Provincia adotta provvedimenti per far si'  che  le
strutture sanitarie «provvedano, entro il 31 dicembre  2012,  ad  una
ricognizione straordinaria degli spazi disponibili»  per  l'attivita'
libero-professionale   intramuraria;   b)   sulla   base   di    tale
ricognizione, la Provincia puo' autorizzare l'azienda sanitaria,  ove
necessario,  ad  acquisire  a  titolo  oneroso  spazi   ambulatoriali
esterni, previo parere da parte del  collegio  di  direzione;  c)  se
nella Asl provinciale non risultano spazi disponibili per l'esercizio
dell'attivita' libero professionale intramuraria, la  Provincia  puo'
autorizzare «l'adozione di un programma sperimentale che  preveda  lo
svolgimento delle stesse attivita',  in  via  residuale,  presso  gli
studi privati dei professionisti  collegati  in  rete,  ai  sensi  di
quanto previsto dalla lettera a-bis) del presente comma». 
    La disciplina in questione e' esaustiva ed autoapplicativa;  essa
non richiede uno svolgimento normativo da parte della  Provincia,  ma
prevede solo un'attuazione amministrativa. Il primo  periodo  precisa
anche il contenuto della ricognizione straordinaria («comprensiva  di
una  valutazione  dettagliata  dei  volumi  delle  prestazioni   rese
nell'ultimo biennio, in tale tipo di attivita'  presso  le  strutture
interne, le strutture esterne  e  gli  studi  professionali»)  ed  il
termine entro cui dev'essere compiuta; il secondo periodo  regola  in
dettaglio l'acquisizione di spazi ambulatoriali  esterni,  precisando
anche i possibili strumenti utilizzabili e i possibili contraenti; il
quarto periodo disciplina minutamente il  programma  sperimentale  di
svolgimento dell'attivita' intramuraria presso gli studi privati  dei
professionisti collegati in rete. 
    Non si vede come tale disciplina potrebbe essere qualificata come
«di principio»: principio, semmai, potrebbe  essere  definito  quello
della verifica della sufficienza degli spazi esistenti e (in caso  di
insufficienza) quello della necessita' di procurarli. Non e' certo di
principio,  invece,  una  disciplina  che  richiede  solo  di  essere
applicata in via amministrativa, come fa la  norma  impugnata,  nella
quale le iniziative e le  misure  praticabili,  compresi  i  dettagli
procedurali, sono gia' definite dal legislatore statale. 
    Quanto sopra argomentato e' pienamente  corrispondente  a  quanto
stabilito da codesta ecc.ma Corte costituzionale con la  sentenza  n.
371/2008, avente ad oggetto la  precedente  disciplina  della  stessa
materia. 
    In particolare, i primi due commi dell'art. 1 legge  n.  120/2007
stabiliscono  (e  stabilivano)  che,   «per   garantire   l'esercizio
dell'attivita' libero-professionale intramuraria,  le  regioni  e  le
province autonome di Trento e di  Bolzano  assumono  le  piu'  idonee
iniziative volte ad assicurare  gli  interventi  di  ristrutturazione
edilizia,  presso  le  aziende  sanitarie  locali...,  necessari  per
rendere disponibili i locali destinati a tale attivita'», e  che  «le
regioni e le province autonome  di  Trento  e  di  Bolzano  procedono
all'individuazione  e  all'attuazione   delle   misure   dirette   ad
assicurare,  in  accordo  con  le  organizzazioni   sindacali   delle
categorie interessate  e  nel  rispetto  delle  vigenti  disposizioni
contrattuali, il definitivo passaggio al regime ordinario del sistema
dell'attivita'  libero-professionale  intramuraria  della   dirigenza
sanitaria». 
    Tali norme  costituiscono  nella  sostanza  l'indicazione  di  un
principio quale quello sopra ipotizzato,  e  lasciano  effettivamente
spazio alle Regioni: ed infatti esse non sono state  impugnate  dalla
Provincia  autonoma  di  Trento  nel  ricorso  deciso  dalla   citata
sentenza. Esse sono state  contestate  da  altra  Regione  e  codesta
Corte,  nella  sentenza  n.  371/2008,  ha  dichiarato  infondata  la
questione in quanto «le disposizioni ivi contenute lasciano alla piu'
ampia discrezionalita' delle Regioni e  delle  Province  autonome  di
Trento e di Bolzano (salva l'enunciazione di  alcuni  criteri,  quali
quelli ricavabili dagli stessi  commi  2  e  3,  che  hanno  comunque
carattere generale) l'assunzione delle iniziative che  esse  reputino
piu' idonee ad assicurare l'effettuazione  di  quegli  interventi  di
ristrutturazione edilizia, presso le strutture  sanitarie  pubbliche,
occorrenti per  la  predisposizione  dei  locali  da  destinare  allo
svolgimento dell'attivita' libero-professionale intramuraria»  (punto
8): il che non si puo' dire, come visto, per il nuovo art.  1,  comma
4, legge n. 120/2007, che non lascia affatto «discrezionalita'»  alle
Regioni nell'assumere iniziative volte  ad  acquisire  spazi  per  la
libera professione intramuraria. Infatti, mentre il precedente  comma
4 dell'art. 1 disponeva che «tra le misure di cui  al  comma  2  puo'
essere prevista, ove ne sia adeguatamente dimostrata la necessita'  e
nell'ambito  delle  risorse  disponibili,  l'acquisizione  di   spazi
ambulatoriali esterni, aziendali e pluridisciplinari, per l'esercizio
di attivita' sia istituzionali sia in regime  di  libera  professione
intramuraria, i  quali  corrispondano  ai  criteri  di  congruita'  e
idoneita'  per  l'esercizio   delle   attivita'   medesime,   tramite
l'acquisto, la locazione, la stipula di  convenzioni,  previo  parere
vincolante da parte del Collegio di direzione[...]», il  nuovo  comma
4, come visto, detta  un'articolata  ed  esaustiva  disciplina  sulle
iniziative da adottare. 
    Peraltro, anche il precedente comma 4 e'  stato  annullato  dalla
sent.  n.  371/2008,  nella  parte  in  cui   prevedeva   il   parere
«vincolante» del Collegio di direzione: la Corte ha rilevato che  «in
tal modo e' stata  posta  una  prescrizione  che,  lungi  dall'essere
espressiva di un principio fondamentale, regola in  modo  dettagliato
ed  autoapplicativo  l'attivita'  di  reperimento   dei   locali   in
questione». Cosi' disponendo, pero',  «la  norma  statale  opera  una
eccessiva  compressione  della  facolta'  di  scelta  spettante  alle
Regioni e alle Province autonome»; essa  e',  quindi,  «lesiva  della
loro potesta' di disciplinare  aspetti  relativi  alle  modalita'  di
organizzazione dell'esercizio della libera professione intra moenia». 
    La sent. n. 371/2008 ha poi annullato, riconoscendogli  carattere
dettagliato, l'art. 1, comma 10, legge n. 120/2007, la' dove  fissava
un termine preciso per le convenzioni relative all'acquisizione degli
spazi esterni: «anche la fissazione di questo  termine,  che  risulta
eguale per tutte le realta' territoriali,  senza  che  sia  possibile
tenere conto, se del caso, delle peculiarita' di  ciascuna  di  esse,
costituisce un intervento di dettaglio, essendo tale termine riferito
(diversamente da quello previsto dal comma 2,  che  presenta  portata
generale) ad un adempimento specifico, l'autorizzazione alla  stipula
delle   convenzioni   finalizzate   all'acquisizione   degli    spazi
ambulatoriali  esterni»  (punto  10).   Questa   pronuncia   conferma
chiaramente l'illegittimita' del nuovo art.  1,  comma  4,  legge  n.
120/2007, anche la' dove fissa il termine del 31 dicembre 2012 per la
«ricognizione straordinaria degli spazi disponibili». 
    Le norme sopra citate, sono dunque illegittime nella parte in cui
prevedono la «ricognizione straordinaria»  degli  spazi  disponibili,
nella parte in cui prevedono che su tale ricognizione debbano  essere
previamente sentite le organizzazioni sindacali, nella parte  in  cui
prevedono che essa debba essere compiuta a  termine  fisso  entro  un
brevissimo periodo, nella parte in cui disciplinano il  contenuto  di
tale ricognizione, nella parte in cui vincolano le misure che possono
essere assunte, nella parte in  cui  impongono  per  tali  misure  il
parere del collegio di direzione, nella  parte  in  cui  disciplinano
l'organo che  deve  dare  il  parere  ove  non  vi  sia  collegio  di
direzione. 
    Inoltre, esse sono illegittime nella  parte  in  cui,  dopo  aver
facoltizzato le regioni e le  province  autonome  nelle  quali  siano
presenti  aziende  sanitarie   prive   di   spazi   per   l'esercizio
dell'attivita' libero professionale ad autorizzare l'adozione  di  un
programma  sperimentale  che  preveda  lo  svolgimento  delle  stesse
attivita' presso gli studi privati  di  professionisti  collegati  in
rete, vincolano tale programma  alla  previa  sottoscrizione  di  una
convenzione annuale rinnovabile tra il professionista  interessato  e
l'azienda sanitaria di appartenenza, sulla base di  uno  schema  tipo
approvato con accordo sancito dalla Conferenza Stato-Regioni. 
    Ancora,  esse  sono  illegittime  nella  parte   in   cui   fanno
direttamente decadere al 31 dicembre 2012, sostituendosi  addirittura
all'amministrazione locale e mettendo a repentaglio  la  prosecuzione
stessa delle prestazioni, le autorizzazioni rilasciate ai  sensi  del
comma 3 dell'articolo 22-bis del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223,
convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248. 
    Infine, esse sono illegittime nella  parte  in  cui,  nell'ultimo
periodo dell'art. 1, comma 2, lett. b), si  riferiscono  all'adozione
di linee guida, nel caso in cui il richiamo abbia il  significato  di
imporre alle Province autonome  l'uso  di  un  determinato  strumento
giuridico per raggiungere un certo obiettivo. 
    Tutte tali disposizioni per il loro carattere dettagliato violano
la competenza legislativa della Provincia in materia di  sanita'  (v.
l'art. 9, n. 10),  dello  Statuto,  l'art.  2,  comma  2,  d.P.R.  n.
474/1975 e l'art. 117, comma 3, Cost., in collegamento con l'art.  10
1. cost. 3/2001). E' violata anche l'autonomia  amministrativa  della
Provincia (art. 16 St. o art. 118 Cost.), dato che le norme impugnate
prescrivono   alla   Provincia   di   adottare    determinati    atti
amministrativi   o   comunque   ne   condizionano    il    contenuto,
sovrapponendosi a direttive  emanate  dalla  Giunta  provinciale  (v.
sopra) e ad  atti  organizzatori  della  Azienda  provinciale  per  i
servizi sanitari, ente paraprovinciale. 
    Ne' le norme  impugnate  potrebbero  giustificarsi  a  titolo  di
coordinamento della finanza pubblica. In primo luogo, tale titolo  di
competenza abilita lo Stato a dettare  principi  fondamentali  e  non
norme di dettaglio, per cui non  verrebbero  meno  le  censure  sopra
avanzate. In secondo luogo, come visto nel  Fatto,  la  Provincia  e'
dotata di una speciale autonomia finanziaria sia in generale sia,  in
particolare, nel settore sanitario.  In  tale  settore,  le  Province
autonome di Trento e  di  Bolzano  provvedono  al  finanziamento  del
Servizio sanitario nazionale nei rispettivi  territori,  senza  alcun
apporto a carico del bilancio dello Stato; ne deriva che  «lo  Stato,
quando non concorre al finanziamento della spesa  sanitaria,  neppure
ha titolo per dettare norme di coordinamento  finanziario»  (sentenze
n. 341 del 2009 e n. 133 del 2010). 
    Inoltre, la pretesa di limitare  l'autonomia  della  Provincia  a
titolo  di  coordinamento  finanziario  sarebbe  incongrua  anche  se
commisurata alla generale autonomia  finanziaria  provinciale,  quale
definita dalle disposizioni sopra  illustrate  del  Titolo  VI  dello
statuto. Da esse, ed in particolare dalla disciplina di cui  all'art.
79 St. e  dal  principio  dell'accordo,  che  domina  il  regime  dei
rapporti  finanziari  tra   Stato   e   autonomie   speciali   (Corte
costituzionale, sentenze n. 82 del 2007, n. 353 del 2004, n.  39  del
1984, n. 98 del 2000 e n. 133 del 2010), risulta che la Provincia non
e' soggetta alle misure di coordinamento  finanziario  relative  alle
Regioni ordinarie, ma a quelle stabilite a priori dallo statuto ed  a
quelle ulteriori concordate con lo Stato. 
    In  definitiva,  e'  illegittima  l'assimilazione  alle   Regioni
ordinarie della Provincia di Trento, che finanza con proprie  risorse
il SSN ed e' dotata di uno speciale regime per quel che  riguarda  il
concorso agli obiettivi  di  finanza  pubblica,  regime  che  prevede
espressamente, tra l'altro, il potere della Provincia  di  «stabilire
gli obblighi relativi al patto di  stabilita'  interno  e  provvedere
alle  funzioni  di  coordinamento  con  riferimento...  alle  aziende
sanitarie» (art. 79, comma 3, Statuto, che precisa anche che «non  si
applicano le misure adottate per le regioni e per gli altri enti  nel
restante territorio nazionale»). 
2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma l, lett.  b),  in
relazione al carattere autoapplicativo della  disciplina  legislativa
statale, in violazione dell'art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992. 
    Al punto precedente le norme  impugnate  dell'art.  2,  comma  1,
lett. b), sono state contestate  in  quanto  violative  delle  regole
generali della potesta' legislativa concorrente. 
    Nei confronti della ricorrente Provincia autonoma,  tuttavia,  le
norme in questione  sono  illegittime  anche  perche'  pretendono  di
essere direttamente applicabili nella provincia,  nonostante  che  si
tratti di materia pacificamente provinciale. Infatti,  esse  regolano
l'attivita'  amministrativa   della   Provincia,   talora   in   modo
prescrittivo («Le regioni e le  province  autonome  di  Trento  e  di
Bolzano...  adottano  provvedimenti»;  «Le  regioni  e  le   province
autonome di  Trento  e  di  Bolzano  garantiscono,  anche  attraverso
proprie linee guida»), e comunque disciplinano con norme direttamente
applicabili   l'attivita'    delle    strutture    sanitarie    volta
all'organizzazione dell'attivita' libero-professionale intramuraria. 
    Poiche'  l'art.  2  d.lgs.  n.  266/1992   esclude   la   diretta
applicabilita' delle  leggi  statali  nelle  materie  provinciali,  e
poiche' le norme di attuazione sono inderogabili da parte delle fonti
primarie, ne risulta un ulteriore profilo di illegittimita' dell'art.
2, comma 1, lett. b) d.l. n. 158/2012. 
3) Ulteriore e  specifica  illegittimita'  costituzionale  del  primo
periodo dell'art. 2, comma 1, lett. b), in relazione al richiamo alle
misure previste dall'articolo 15 del decreto-legge 6 luglio 2012,  n.
95. 
    E'  poi  illegittimo  il  richiamo,  operato  dal  primo  periodo
dell'art. 2, comma 1, lett. b), alle «misure  previste  dall'articolo
15 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95». Quest'ultima disposizione
prevede la riduzione dei posti letto ospedalieri (comma 13, lett.  c)
ed e' stata impugnata da questa Provincia con  il  ricorso  156/2012,
per violazione della competenza provinciale in materia sanitaria (per
il carattere  chiaramente  dettagliato  delle  norme,  che  attengono
all'organizzazione del servizio) e dell'autonomia  finanziaria  della
Provincia, sia quella generale (art. 79, comma  3,  St.)  sia  quella
specifica in campo sanitario, che si fonda sul fatto che  la  sanita'
trentina e' finanziata dalla stessa Provincia (v. la sent. 341/2009).
Sulla base di tali presupposti,  questa  Provincia  ha  autonomamente
adottato specifiche misure di revisione della spesa che tengono luogo
di quelle stabilite a livello statale e, tra l'altro,  anche  proprio
di quelle di cui all'articolo 15 (commi da 12 a 21) del decreto-legge
n. 95 del 2012 (v. l'articolo 3, comma 6-bis, della legge provinciale
31 maggio 2012, n. 10, Interventi urgenti per favorire la crescita  e
la competitivita' del Trentino). 
    Il rinvio ad una norma illegittima implica l'illegittimita' della
norma  rinviante.  Inoltre,   il   rinvio   presuppone   la   diretta
applicazione nella provincia della norma richiamata, ragion  per  cui
la disposizione impugnata, la' dove opera il rinvio, si pone anche in
contrasto con l'art. 2 d.lgs. n. 266/1992,  che  esclude  la  diretta
applicazione di norme statali nelle materie provinciali. 
4) Illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 1, lett. c) 
    L'art. 2, comma 1, lett. c)  legge  n.  120/2007  stabilisce  che
all'art. 1, comma 4, legge n. 120/2007 dopo la lettera a) e' inserita
la seguente lett. a-bis): 
        «a-bis) predisposizione e  attivazione,  entro  il  31  marzo
2013, da parte delle regioni e delle province autonome di Trento e di
Balzano ovvero, su disposizione  regionale,  del  competente  ente  o
azienda del Servizio sanitario nazionale, di  una  infrastruttura  di
rete per il  collegamento  in  voce  o  in  dati,  in  condizioni  di
sicurezza, tra l'ente o l'azienda e le singole strutture nelle  quali
vengono erogate le  prestazioni  di  attivita'  libero  professionale
intramuraria,  interna  o  in  rete.   La   disposizione   regionale,
precisando le funzioni e le competenze dell'azienda sanitaria  e  del
professionista, prevede,  con  l'utilizzo  esclusivo  della  predetta
infrastruttura,  l'espletamento,  del   servizio   di   prenotazione,
l'inserimento  obbligatorio  e  la  comunicazione,  in  tempo  reale,
all'azienda sanitaria competente dei dati relativi all'impegno orario
del sanitario,  ai  pazienti  visitati,  alle  prescrizioni  ed  agli
estremi  dei  pagamenti,  anche  in  raccordo  con  le  modalita'  di
realizzazione del fascicolo sanitario elettronico. Ferme restando  le
disposizioni in materia di tracciabilita'  delle  prestazioni  e  dei
relativi pagamenti, la suddetta disposizione regionale deve prevedere
le misure da  adottare  in  caso  di  emergenze  assistenziali  o  di
malfunzionamento  del  sistema.  Le   modalita'   tecniche   per   la
realizzazione della infrastruttura  sono  determinate,  entro  il  30
novembre 2012, con decreto, di natura non regolamentare, del Ministro
della salute, previa  intesa  con  la  Conferenza  permanente  per  i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento  e
di Bolzano, nel rispetto delle  disposizioni  contenute  nel  decreto
legislativo 30 giugno 2003, n. 196, recante il codice in  materia  di
protezione dei dati personali. Agli oneri si provvede ai sensi  della
lettera c), mediante adeguata rideterminazione delle tariffe  operata
in misura tale da coprire i costi della prima attivazione della rete,
anche stimati in via preventiva». 
    Come si puo' vedere, si tratta di  una  disciplina  che  riguarda
l'organizzazione della libera professione intramuraria, e che attiene
ad uno spazio puramente organizzativo interno, cioe' a quello  spazio
della «organizzazione sanitaria, in cui come  stabilito  dal  codesta
ecc.ma Corte costituzionale, le Regioni possono adottare "una propria
disciplina anche sostitutiva di quella statale" (sentenza n. 510  del
2002)» (sent. 328/2006, punto 3.1 del Diritto). 
    Commisurata a questo standard, la disciplina  ora  introdotta  ha
carattere dettagliato, in  quanto  non  si  limita  a  richiedere  la
comunicazione  tra  le  strutture,  ma  precisa  le  modalita'  e  lo
strumento  da  utilizzare  («una  infrastruttura  di  rete   per   il
collegamento in voce o in  dati,  in  condizioni  di  sicurezza,  tra
l'ente o l'azienda e le singole strutture nelle quali vengono erogate
le prestazioni di attivita' libero professionale  intramuraria»),  il
termine fissato per l'attivazione («entro il 31  marzo  2013»)  e  le
funzioni    cui    l'infrastruttura    dovra'    essere     destinata
(«l'espletamento,  del  servizio   di   prenotazione,   l'inserimento
obbligatorio  e  la  comunicazione,  in  tempo   reale,   all'azienda
sanitaria  competente  dei  dati  relativi  all'impegno  orario   del
sanitario, ai pazienti visitati, alle prescrizioni  ed  agli  estremi
dei pagamenti»). Di piu', le «modalita' tecniche per la realizzazione
della infrastruttura» sono stabilite con  atto  centrale,  cioe'  con
decreto  ministeriale  -  sia  pure  emanato  previa  intesa  con  la
Conferenza Stato-Regioni. 
    Che  si  tratti  di  normativa  dettagliata,  che  rientra  nella
competenza provinciale, e' confermato dal fatto che gli  oggetti  del
nuovo art. 1, comma  4,  lett.  a-bis)  corrispondono  all'ambito  di
competenza dell'«atto  aziendale»  che,  in  base  alla  gia'  citata
Direttiva  allegata  alla  deliberazione  244/2008  (punto  5);  deve
regolare     «le     modalita'      organizzative      dell'attivita'
libero-professionale del personale  medico»  (v.  in  particolare  il
punto 5.2). 
    D'altronde, l'irrazionalita' di tale  interferenza  nelle  scelte
organizzative locali risulta chiara ove si rifletta che, oltre che le
comunicazioni  relative  all'attivita'   libero   professionale,   il
servizio sanitario deve  garantire  la  comunicazione  tra  tutte  le
proprie strutture, e che le priorita' organizzative non  possono  che
dipendere dalla  situazione  locale.  Isolare  da  parte  statale  un
singolo frammento organizzativo ed imporne una disciplina rigida  nei
tempi e nelle modalita' costituisce -  al  di  la'  dell'apparenza  -
ostacolo ad una corretta graduazione delle scelte organizzative. 
    L'art. 2, comma 1, lett. c), dunque, nella parte  sopra  esposta,
viola le norme  -  sopra  citate  -  che  configurano  la  competenza
legislativa provinciale in materia sanitaria (art.  9,  n.  10,  St.,
art. 2 d.P.R. n. 474/1975, art. 117, comma 3,  Cost.  e  art.  10  1.
cost. 3/2001), e che corrispondentemente delimitano  quella  statale.
Esso viola anche l'autonomia amministrativa della Provincia (art.  16
St. o art. 118 Cost.), dato che le norme impugnate  prescrivono  alla
Provincia   di   attivare   un'infrastruttura   o   di   organizzarne
l'attivazione; inoltre, esse si  sovrappongono  a  direttive  emanate
dalla Giunta provinciale (v. sopra) e  ad  atti  organizzatori  della
Azienda provinciale per i servizi sanitari, ente paraprovinciale. 
    La norma impugnata, qualora venisse  intesa  nel  senso  che,  in
assenza della «disposizione» provinciale attuativa, la Provincia  sia
tenuta  ad  attivare  direttamente,   entro   il   31   marzo   2013,
l'infrastruttura  di  rete,  violerebbe  anche  l'art.  2  d.lgs.  n.
266/1992, che vieta la diretta  applicabilita'  delle  leggi  statali
nelle materie provinciali; infatti,  se  tale  fosse  il  significato
della  disposizione  impugnata  (invero  non  chiara),  essa  farebbe
sorgere direttamente un dovere amministrativo  in  capo  agli  organi
provinciali, in violazione dell'art. 2 d.lgs. n. 266/1992. 
    A parte cio', il termine fissato alla Provincia e'  inferiore  ai
sei mesi previsti per l'adeguamento dall'art. 2 d.lgs.  266/1992:  di
qui un ulteriore profilo di illegittimita' della  norma  relativa  al
termine. 
    Specificamente illegittima e' poi la norma secondo la quale  agli
oneri dell'infrastruttura in questione «si provvede  ai  sensi  della
lettera c), mediante adeguata rideterminazione delle tariffe  operata
in misura tale da coprire i costi della prima attivazione della rete,
anche stimati in via preventiva». 
    Tale norma impone di «scaricare» i costi dell'infrastruttura  sui
pazienti, impedendo, dunque, alla Provincia di assumerli a carico del
proprio bilancio. Si tratta di una misura di razionalizzazione  della
spesa, che lede l'autonomia finanziaria della Provincia: da un  lato,
quella generale prevista dall'art.  79  St.,  in  base  al  quale  la
Provincia non puo' essere  vincolata  dalle  norme  di  coordinamento
finanziario relative alle Regioni ordinarie,  perche'  essa  concorre
agli obiettivi di finanza pubblica nei  modi  previsti  dallo  stesso
art. 79 (l'art. 79,  comma  3,  precisa  che  «spetta  alle  province
stabilire gli obblighi relativi al  patto  di  stabilita'  interno  e
provvedere alle funzioni di coordinamento con riferimento  agli  enti
locali,  ai  propri  enti  e  organismi  strumentali,  alle   aziende
sanitarie... e agli altri enti od organismi a ordinamento regionale o
provinciale finanziati dalle stesse in via ordinaria», e che «non  si
applicano le misure adottate per le regioni e per gli altri enti  nel
restante territorio nazionale»); dall'altro  lato,  quella  specifica
esistente  nel  settore  sanitario  per  il  fatto   che,   in   base
all'articolo 34, comma 3, della legge 23 dicembre 1994,  n.  724,  le
Province autonome di Trento e di Bolzano provvedono al  finanziamento
del Servizio sanitario  nazionale  nei  rispettivi  territori,  senza
alcun  apporto  a  carico  del  bilancio  dello  Stato,   utilizzando
prioritariamente le entrate derivanti dai contributi sanitari  e,  ad
integrazione, le risorse dei propri bilanci. 
    Tale autonomia e' stata confermata da codesta Corte,  secondo  la
quale «lo Stato, quando non concorre  al  finanziamento  della  spesa
sanitaria, neppure ha  titolo  per  dettare  norme  di  coordinamento
finanziario» (sentenze n. 341 del 2009 e n. 133 del 2010). 
    D'altronde, la ratio del vincolo chiaramente consiste  non  nella
definizione di un particolare rapporto con gli utenti  del  servizio,
ma semplicemente nella necessita' di evitare un  aggravio  del  Fondo
sanitario, a carico dello Stato. Nulla percio' puo'  vietare  che  la
Provincia di Trento, nella sua autonomia di bilancio, possa  ritenere
preferibile di lasciare invariate le tariffe, comprimendo altre  voci
di spesa. 
5) Illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 1, lett. h) 
    L'art. 2, comma 1, lett. h) modifica l'art. 1, comma 7, legge  n.
120/2007 nel modo seguente: «Le regioni e  le  province  autonome  di
Trento e di Bolzano assicurano il rispetto delle previsioni di cui ai
commi  1,  2,  4,  5  e  6  anche  mediante  l'esercizio  di   poteri
sostitutivi, la decurtazione della retribuzione di risultato pari  ad
almeno il 20 per cento ovvero la destituzione, nell'ipotesi di  grave
inadempienza, dei direttori generali delle  aziende,  policlinici  ed
istituti di cui al comma 5» (enfasi aggiunta). 
    Dunque, il legislatore statale introduce, accanto  alla  sanzione
della destituzione, prevista per il  caso  di  «grave  inadempienza»,
un'ulteriore sanzione (evidentemente  per  inadempienze  non  gravi),
costituita dalla «decurtazione della retribuzione di  risultato  pari
ad almeno il 20 per cento». 
    E' inutile dire che la possibilita'  della  «decurtazione»  -  ma
piu'  corretto  sarebbe  parlare  di  «non  assegnazione»   -   della
retribuzione di risultato e' in re ipsa,  nelle  ipotesi  in  cui  il
risultato non venga raggiunto, e che  dunque  la  portata  innovativa
della norma  consiste  da  un  lato  nel  collegamento  ex  lege  del
risultato  ad  una  specifica  vicenda  (quella   degli   spazi   per
l'attivita'  libero  professionale  intramuraria),  dall'altro  nella
individuazione di un minimo per la cosiddetta decurtazione. 
    Ora,  entrambe  le  statuizioni  non  hanno  certo  carattere  di
principio fondamentale  della  materia,  con  conseguente  violazione
delle norme che configurano la competenza legislativa provinciale  in
materia sanitaria (art. 9, n. 10, St., art.  2  d.P.R.  n.  474/1975,
art. 117, comma 3, Cost. e  art.  10  1.  cost.  3/2001).  Si  tratta
infatti di  regole  che  si  inseriscono  in  ambiti  di  valutazione
regionale, prive di quel rapporto di essenzialita'  al  conseguimento
di un obbiettivo  rilevante  che  deve  caratterizzare  il  principio
fondamentale. 
    Cio' risulta confermato  dalla  gia'  citata  sent.  371/2008  di
codesta Corte: nel punto 12 di  essa,  dopo  aver  rilevato  «che  si
mantiene nell'ambito dell'enunciazione di un  principio  fondamentale
la  scelta  del  legislatore  statale  di  ricollegare  alla   "grave
inadempienza"  dei  direttori  generali  delle  strutture   sanitarie
pubbliche la misura della destituzione», la  Corte  ha  aggiunto  che
«resta invece ferma, ovviamente, la competenza di Regioni e  Province
autonome  -  nell'esercizio  della  potesta'  legislativa   ad   esse
spettante - di stabilire i casi in cui  sia  ravvisabile  una  "grave
inadempienza",   di   disciplinare   il   procedimento    finalizzato
all'applicazione della  suddetta  misura  sanzionatoria,  nonche'  di
fissare le altre sanzioni irrogabili in presenza di  inadempienze  di
minore  rilievo».  Del  resto,   il   collegamento   necessario   tra
inadempienze non  gravi  e  retribuzione  di  risultato  interferisce
irragionevolmente con valutazioni che non possono  avere  come  unico
parametro la vicenda specifica degli spazi per  le  attivita'  libero
professionali. 
    E' inoltre violato l'art. 2 d.lgs. n. 266/1992, dal  momento  che
la norma si rivolge direttamente  agli  organi  amministrativi  della
Provincia e non richiede uno svolgimento  da  parte  del  legislatore
provinciale. 
6) Illegittimita' costituzionale dell'art. 12, comma 10. 
    L'art. 12, comma 10, stabilisce che  «entro  il  30  giugno  2013
ciascuna delle regioni e delle  province  autonome  di  Trento  e  di
Bolzano provvede a  riorganizzare  i  comitati  etici  istituiti  nel
proprio territorio, attenendosi ai seguenti  criteri:  a)  a  ciascun
comitato etico e' attribuita una competenza  territoriale  di  una  o
piu' province, in modo che sia rispettato il parametro di un comitato
per  ogni  milione  di  abitanti,  fatta  salva  la  possibilita'  di
prevedere un ulteriore comitato etico, con competenza estesa a uno  o
piu' istituti di ricovero e  cura  a  carattere  scientifico;  b)  la
scelta dei comitati da confermare tiene conto del numero  dei  pareri
unici per sperimentazione clinica  di  medicinali  emessi  nel  corso
dell'ultimo triennio; c)  la  competenza  di  ciascun  comitato  puo'
riguardare, oltre alle sperimentazioni cliniche dei medicinali,  ogni
altra questione sull'uso dei medicinali  e  dei  dispositivi  medici,
sull'impiego di procedure chirurgiche  e  cliniche  o  relativa  allo
studio di prodotti alimentari  sull'uomo  generalmente  rimessa,  per
prassi  internazionale,  alle  valutazioni  dei  comitati;  d)   sono
assicurate l'indipendenza di ciascun comitato e l'assenza di rapporti
gerarchici tra diversi comitati». 
    Il criterio di cui alla lett. a), che impone l'istituzione di  un
comitato per ogni milione di abitanti, e' del tutto irragionevole con
riferimento alla dimensione demografica di  questa  provincia,  nella
quale vivono circa 531.000 abitanti. La norma in  questione,  dunque,
prescrive una riorganizzazione impossibile da attuare. 
    L'art. 12, comma 10, lett. a), dunque, viola l'art. 3 Cost.,  dal
quale viene ricavato il principio di ragionevolezza. La Provincia  e'
legittimata ad invocare tale parametro, perche' la norma  statale  si
rivolge in modo vincolante ad essa in  materia  provinciale  (v.,  di
recente,  le  sentt.   22/2012,   80/2012,   199/2012   e   200/2012:
quest'ultima ha  accolto  una  questione  fondata  sul  principio  di
ragionevolezza). 
    Inoltre, mentre ha ovviamente carattere di principio fondamentale
la norma sull'indipendenza dei comitati, tale natura non puo'  essere
riconosciuta a norme che delimitano  il  numero  dei  comitati  etici
senza che esista una ragione correlata alla loro funzione. 
    Se poi si intendessero tali norme come una forma di coordinamento
finanziario, varrebbero  per  la  ricorrente  Provincia  le  medesime
ragioni di contestazione sopra indicate  in  relazione  all'autonomia
del proprio bilancio, che come detto non grava sul Fondo sanitario, e
non puo' subire gli specifici limiti derivanti  esclusivamente  dalla
necessita' del suo contenimento. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Voglia codesta Corte costituzionale  dichiarare  l'illegittimita'
costituzionale dell'articolo 2, comma 1, lettera b); comma 1, lettera
c);  comma  1,  lettera  h),  e  dell'articolo  12,  comma  10,   del
decreto-legge 13 settembre 2012, n.  158,  Disposizioni  urgenti  per
promuovere lo sviluppo del Paese mediante un  piu'  alto  livello  di
tutela della salute, convertito, con  modificazioni,  nella  legge  8
novembre 2012, n. 189, nelle parti, nei termini  e  sotto  i  profili
esposti nel presente ricorso. 
    Trento-Padova-Roma, 7 gennaio 2013 
 
          Prof. avv. Falcon - Avv. Pedrazzoli - Avv. Manzi 

 

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