N.   6  RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 2 febbraio 2006.

 

Ricorso  per  questione  di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 2 febbraio 2006 (della Regione Toscana)

(GU n. 8 del 22-2-2006) 

    Ricorso  per  la  Regione  Toscana, in persona del presidente pro
tempore,  autorizzato  con deliberazione della giunta regionale n. 35
del  23 gennaio 2006, rappresentato e difeso, per mandato in calce al
presente  atto,  dagli avvocati Lucia Bora e Fabio Lorenzoni e presso
lo  studio di quest'ultimo elettivamente domiciliato in Roma, via del
Viminale n. 4;

    Contro  il  Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore per
la   dichiarazione   di  illegittimita'  costituzionale  degli  artt.
11-nonies e 11-decies del d.-l. 30 settembre 2005, n. 203, convertito
in  legge  2  dicembre  2005,  n. 248  recante  «Misure  di contrasto
all'evasione  fiscale  e disposizioni urgenti in materia tributaria e
finanziaria».
    Sul  supplemento  ordinario  alla  Gazzetta  Ufficiale 2 dicembre
2005, n. 281 e' stata pubblicata la legge n. 248/2005.
    L'art. 11-nonies   contiene  norme  per  la  razionalizzazione  e
l'incremento  dell'efficienza  del  settore dei gestori aeroportuali;
l'art. 11-decies,  contiene  norme  per la competitivita' del sistema
aeroportuale.
    Tali  disposizioni  violano  le  competenze regionali di cui agli
artt. 117 e 118 Cost. per i seguenti motivi di

                               Diritto

    1) Violazione degli artt. 117 e 118 Costituzione.
    Per l'inquadramento del problema occorre premettere che i gestori
aeroportuali  sono  tenuti  a  versare  allo  Stato  - Ente Nazionale
Aviazione Civile - un canone di concessione demaniale per l'uso delle
infrastrutture,   a   fronte   del   quale   percepiscono  i  diritti
aeroportuali,  di  cui alla legge 5 maggio 1976 n. , 324 proventi che
si  distinguono  in  due  categorie: proventi «lato aria», pagati dai
vettori  (diritti  di  approdo,  partenza,  sosta  e  ricovero  degli
aeromobili)  e  proventi  «lato terra» (diritti di imbarco pagati dai
passeggeri).
    L'art. 10,  comma  10,  della  legge n. 537/1993 stabiliva che la
misura  dei  diritti  aeroportuali  fosse annualmente determinata con
decreto  del Ministero dei trasporti e della navigazione, di concerto
con il Ministro delle finanze, tenuto conto di una serie di obiettivi
fissati  dalla  medesima  disposizione  (progressivo  allineamento ai
livelli  medi europei; differenziazione tra gli scali aeroportuali in
funzione  delle dimensioni di traffico di ciascuno; applicazione, per
ciascuno  scalo,  di  livelli  tariffari  differenziati  in relazione
all'intensita'  del  traffico  nei  diversi  periodi  della giornata;
correlazione  con  il  livello qualitativo e quantitativo dei servizi
offerti;  correlazione con le esigenze di recupero dei costi, in base
a   criteri   di   efficienza  e  di  sviluppo  delle  infrastrutture
aeroportuali; conseguimento degli obiettivi di tutela ambientale).
    Ai  sensi  dell'art. 6  della  legge  n. 324/1976,  detti diritti
competono   ai   gestori  aeroportuali  quale  corrispettivo  per  la
costruzione,  la  gestione,  la  manutenzione  e  lo  sviluppo  delle
infrastrutture aeroportuali.
    L'art. 11-nonies  della  legge  in  oggetto  modifica  il  citato
art. 10, comma 10, della legge n. 537/1993.
    In   particolare   si   stabilisce  che  la  misura  dei  diritti
aeroportuali  sia  determinata per i singoli aeroporti, sulla base di
criteri   stabiliti   dal   CIPE,  con  decreti  del  Ministro  delle
infrastrutture   e   dei  trasporti,  di  concerto  con  il  Ministro
dell'economia e delle finanze, tenendo conto:
        a) di  un  sistema  di contabilita' analitica, certificato da
societa'  di  revisione  contabile, che consenta l'individuazione dei
ricavi  e  dei  costi di competenza afferenti a ciascuno dei servizi,
regolamentati  e non regolamentati, quali lo svolgimento di attivita'
commerciali, offerti sul sedime aeroportuale;
        b) del   livello   qualitativo  e  quantitativo  dei  servizi
offerti;
        c) delle esigenze di recupero dei costi, in base a criteri di
efficienza e di sviluppo delle strutture aeroportuali;
        d) dell'effettivo  conseguimento  degli  obiettivi  di tutela
ambientale;
        e) di  una  quota  non  inferiore al 50 per cento del margine
conseguito  dal  gestore  aeroportuale  in relazione allo svolgimento
nell'ambito  del  sedime aeroportuale di attivita' non regolamentate,
vale  a  dire  quelle  attivita' c.d. «non aviation» svolte in ambito
aeroportuale,  quali, ad esempio, l'utilizzo spazi, la pubblicita' ed
i parcheggi.
    Quindi  le norme di cui sopra introducono il principio in base al
quale  la  misura  dei  diritti  aeroportuali viene determinata per i
singoli  aeroporti,  con  decreti  interministeriali;  con i medesimi
decreti  viene  introdotto  il c.d. price cap, ossia un meccanismo di
calcolo per la determinazione di tali diritti.
    Tale  meccanismo  di  calcolo  viene  esteso  anche ai servizi di
sicurezza ed alla tassa di imbarco e sbarco delle merci.
    E'   poi   soppressa   la   maggiorazione  del  50  dei  diritti
aeroportuali   sui   voli  notturni  ed  e'  prevista  una  possibile
determinazione  semplificata per i diritti aeroportuali per aeroporti
aventi un traffico inferiore a 600.000 unita' di carico.
    L'art. 11-decies  stabilisce  che, fino alla data di introduzione
del   sistema   di  determinazione  dei  diritti  aeroportuali  sopra
descritto,  i canoni di concessione demaniale dovuti dai gestori allo
Stato  sono  ridotti  del  75;  tali  minori  costi  che  i  gestori
sostengono   devono   pero'  tradursi  in  un  corrispondente  minore
ammontare  dei diritti aeroportuali. E' prevista inoltre un'ulteriore
riduzione  dei  diritti  aeroportuali,  nella  misura  del 10, per i
gestori che non siano dotati di contabilita' analitica.
    Le  suddette  disposizioni  incidono  pesantemente sullo sviluppo
degli  aeroporti  che  costituiscono strutture portanti dell'economia
regionale.
    Infatti  i  diritti  aeroportuali  -  che,  come  gia'  rilevato,
rappresentano  per  i gestori il corrispettivo per la costruzione, la
gestione,   la   manutenzione  e  lo  sviluppo  delle  infrastrutture
aeroportuali - vengono fortemente limitati.
    Cio'  sia  per  la  prevista  generale  riduzione  del  75 sopra
evidenziata,   sia   per   l'applicazione   dei   criteri  introdotti
dall'art. 11-nonies,  tra  cui  la  lettera  e)  che, in particolare,
dispone  il  sovvenzionamento  delle  attivita'  regolamentate  con i
proventi  derivanti  dallo  svolgimento  di  attivita' non soggette a
regolamentazione,  il  cui  peso sulle attivita' complessive varia da
aeroporto  ad aeroporto, in una misura («almeno il 50») peraltro non
definita,  che verra' fissata in modo diverso per ogni aeroporto: per
effetto  ditale  previsione, la redditivita' sara' fortemente ridotta
ed in modo diverso per ciascun aeroporto, in funzione di elementi non
oggettivi.
    Le   suddette   riduzioni   dei   diritti  aeroportuali  incidono
pesantemente  sulla  possibilita'  di  realizzare  i  programmi degli
investimenti  programmati,  privando i gestori di consistenti importi
da destinare alle opere necessarie per lo sviluppo aeroportuale.
    Cio' si traduce in una lesione delle attribuzioni regionali.
    La  disciplina  contestata attiene infatti alla materia «porti ed
aeroporti  civili»  che,  ai  sensi  dell'art. 117, terzo comma Cost.
rientra  tra  le materie soggette a potesta' legislativa concorrente.
In  detto  ambito,  quindi, lo Stato dovrebbe ora limitarsi a fissare
solo  i  principi  fondamentali,  competendo  alla Regione dettare la
disciplina regolatrice applicabile, anche nei rapporti con i terzi.
    Invece  le norme contestate stabiliscono una disciplina completa,
autoapplicativa,  dettagliata  e  puntuale,  senza  prevedere  alcuno
spazio possibile per il legislatore regionale.
    Cio' determina la violazione dell'art. 117 Cost.
    Ne' le impugnate disposizioni possono ritenersi legittime in base
all'art. 118 Cost.
    In  primo  luogo, infatti, non sono evidenziati i presupposti che
giustificherebbero    la    c.d.    «chiamata    in    sussidiarieta»
dell'Amministrazione  statale  e,  quindi,  le  esigenze di carattere
unitario  che renderebbero necessaria l'allocazione delle funzioni in
capo  allo  Stato,  con conseguente disciplina legislativa. Comunque,
anche in tal caso, la norma sarebbe parimenti incostituzionale.
    Infatti   la   Corte  costituzionale  ha  affermato  che,  se  e'
comprovata    un'attitudine    ascensionale    di    date    funzioni
amministrative,  deve  allora  concludersi  che,  quando l'istanza di
esercizio  unitario  trascende  anche l'ambito regionale, la funzione
amministrativa  puo'  essere  esercitata  dallo Stato. «Cio' non puo'
restare  senza conseguenze sull'esercizio della funzione legislativa,
giacche'  il  principio  di  legalita',  il quale impone che anche le
funzioni  assunte  per  sussidiarieta'  siano  organizzate e regolate
dalla  legge, conduce logicamente ad escludere che le singole Regioni
con discipline differenziate, possano organizzare e regolare funzioni
amministrative  attratte  a livello nazionale e ad affermare che solo
la  legge  statale  possa attendere a un compito siffatto». Tuttavia,
«Per  giudicare  se  una  legge statale che occupi questo spazio, sia
invasiva  delle  attribuzioni  regionali  o  non  costituisca  invece
applicazione  dei  principi  di  sussidiarieta' e adeguatezza diviene
elemento  valutativo  essenziale  la  previsione  di un'intesa fra lo
Stato   e   le   regioni  interessate,  alla  quale  sia  subordinata
l'operativita'  della  disciplina.  (...)  Nel  congegno  sottostante
all'art. 118,  l'attrazione dello Stato di funzioni amministrative da
regolare con legge non e' giustificabile solo invocando l'interesse a
un  esercizio centralizzato di esse, ma e' necessario un procedimento
attraverso il quale l'istanza unitaria venga saggiata nella sua reale
consistenza  e  quindi  commisurata  all'esigenza  di  coinvolgere  i
soggetti  titolari  delle  attribuzioni attratte, salvaguardandone la
posizione costituzionale» (sentenza n. 303/2003).
    Nello   stesso   senso  e'  stato  ancora  affermato  che  «nella
perdurante  assenza di ogni innovazione nei proce-dimenti legislativi
statali  diretta  ad  assicurare  il  necessario coinvolgimento delle
regioni,   la  legislazione  statale  che  preveda  e  disciplini  il
conferimento  delle  funzioni amministrative a livello centrale nelle
materie  affidate alla potesta' legislativa regionale puo' aspirare a
superare il vaglio di legittimita' costituzionale solo in presenza di
una  disciplina  che  prefiguri  un  iter  in  cui assumano il dovuto
risalto  le  attivita'  concertative  e di coordinamento orizzontale,
ovverosia  le intese, che devono essere condotte in base al principio
di lealta' (sentenza n. 383/2005 e, nello stesso senso n. 378/2005).
    Le  impugnate disposizioni, invece, non prevedono alcuna forma di
intesa Stato-Regioni rispetto al procedimento di nuova determinazione
della  misura  dei  diritti aeroportuali, ne' rispetto alla riduzione
dei  medesimi:  tale  mancata previsione configura un vizio palese di
legittimita'  costituzionale,  per  violazione  dell'art. 118  Cost.,
specie   considerando   che,  per  i  motivi  sopra  evidenziati,  le
contestate  disposizioni  incidono  pesantemente sullo sviluppo degli
aeroporti   che   costituiscono   strutture   portanti  dell'economia
regionale e dei trasporti locali.
    Gli articoli in oggetto, determinando una limitazione dei diritti
aeroportuali,  impediscono  di  realizzare  efficienti infrastrutture
aeroportuali  ed  in tal modo la competitivita' del sistema non viene
incentivata, ma, al contrario, e' fortemente penalizzata: gli effetti
negativi   si  producono  sia  sul  sistema  aeroportuale  che  sulle
attivita'  industriali e commerciali, sui trasporti e sul turismo: si
verte  quindi  in  ambiti  materiali  che  la  Regione  e' chiamata a
governare  perche' attribuiti alla propria competenza sia concorrente
(aeroporti  civili,  trasporti),  che  residuale  (turismo,  sviluppo
economico).
    2) Violazione dell'art. 117, sesto comma Cost.
    Un  ulteriore  motivo  di illegittimita' e' dato dalla violazione
dell'art. 117 sesto comma Cost.
    Tale  norma  infatti  prevede  che  lo  Stato possa esercitare la
potesta'  regolamentare  solo  nelle  materie  affidate  alla propria
potesta' legislativa esclusiva.
    Ne  consegue che nel caso in esame sono illegittime le previsioni
che  rimettono  ad  atti ministeriali, di contenuto regolamentare, la
determinazione delle nuove misure dei diritti aeroportuali, posto che
in  tal  caso  non  si  verte in materie statali di cui all'art. 117,
secondo comma Cost.
                              P. Q. M.
    Si  chiede  che la Corte costituzionale dichiari l'illegittimita'
costituzionale  degli  articoli  11-nonies  e  11-decies  del d.l. 30
settembre  2005, n. 203, convertito in legge 2 dicembre 2005, n. 248,
perche' in contrasto con gli artt. 117 e 118 della Costituzione.
        Firenze-Roma, addi' 30 gennaio 2006
               Avv. Lucia Bora - Avv. Fabio Lorenzoni

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