Ricorso n. 6 del 4 febbraio 2014 (Presidente del Consiglio dei ministri)
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 4 febbraio 2014 (del Presidente del Consiglio dei
ministri).
(GU n. 10 del 26.2.2014)
Ricorso della Presidenza del Consiglio dei ministri (c.f.
…), in persona del Presidente del Consiglio attualmente in
carica, rappresentata e difesa per mandato ex lege dall'Avvocatura
Generale dello Stato dall'Avvocatura Generale dello Stato (C.F.
…), presso i cui uffici ha domicilio in Roma, via dei
Portoghesi, 12 (fax … - PEC
…), ricorrente;
Contro Regione Veneto, in persona del Presidente della Giunta
Regionale attualmente in carica, resistente;
Per l'impugnazione e la dichiarazione di incostituzionalita'
dell'articolo 7, comma 1, e 10, comma 6, fra loro in combinato
disposto, nonche' dell'articolo 11, commi 1 e 2, della Legge
Regionale 29 novembre 2013, n. 32, avente ad oggetto «Nuove
disposizioni per il sostegno e la riqualificazione del settore
edilizio e modifica di leggi regionali in materia di urbanistica ed
edilizia», pubblicata sul BUR n. 103 del 30 novembre 2013.
La Regione Veneto ha approvato ed emanato la legge n. 32/2013 con
cui, al dichiarato fine di incentivare il settore edilizio, introduce
la possibilita' di realizzare interventi di ampliamento e
delocalizzazione in deroga agli strumenti urbanistici vigenti.
Secondo quanto previsto dall'articolo 1 della legge in questione,
sono incentivati gli interventi finalizzati:
a) al miglioramento della qualita' abitativa per preservare,
mantenere e rivitalizzare il patrimonio edilizio esistente, nonche' a
favorire l'esercizio dell'edilizia sostenibile e delle fonti di
energia rinnovabile;
b) ad incentivare l'adeguamento sismico e l'eliminazione
delle barriere architettoniche negli edifici esistenti;
c) ad incentivare la demolizione e la ricostruzione in area
idonea di edifici esistenti che ricadono in aree dichiarate ad alta
pericolosita' idraulica;
d) a favorire la rimozione e lo smaltimento della copertura
in cemento amianto di edifici esistenti.
Il successivo articolo 3, comma 2, prevede che in deroga alle
previsioni dei regolamenti comunali, provinciali e regionali, ed
anche alle previsioni dei piani ambientali dei parchi regionali, e'
consentito ampliare gli edifici esistenti al 31 dicembre 2013 fino ad
un massimo del 20% del volume o della superficie, e comunque fino ad
un massimo di 150 metri cubi per gli edifici residenziali
unifamiliari da destinare a prima casa di abitazione.
Ancora, l'articolo 4, comma 2, consente in caso di demolizione e
ricostruzione l'incremento del volume o della superficie fino al 70%
qualora vengano utilizzate tecniche costruttive virtuose sotto il
profilo delle prestazione energetiche dell'edificio, e fino all'80%
qualora l'intervento di ricostruzione sia eseguito con le tecniche
previste dalla legge regionale n. 4/2007. E tutto cio' in deroga ai
regolamenti comunali e agli strumenti urbanistici e territoriali
comunali, provinciali e regionali nonche' alle previsioni dei piani
ambientali dei parchi regionali.
Inoltre, l'articolo 7 consente, per gli edifici attualmente
insistenti su aree ad alta pericolosita' idraulica ed idrogeologica,
la demolizione e la ricostruzione in altra area territorialmente
omogenea e non pericolosa, con l'incremento premiale sino al 50% del
volume o della superficie. Se tuttavia l'edificio da demolire ha
destinazione residenziale, la sua ricostruzione e' consentita anche
in zona agricola purche' gia' interessata da altre presenze
edificate, e purche' non connotata da divieti di edificazione imposti
da specifici vincoli di tutela.
Infine, l'articolo 10 permette gli interventi di ampliamento
anche all'interno dei centri storici, se riferiti ad edifici privi di
grado di protezione, ovvero con grado di protezione di demolizione e
ricostruzione, di ristrutturazione o sostituzione edilizia, di
ricomposizione volumetrica o urbanistica, anche se soggetti a piano
urbanistico attuativo.
Come si vede, una normativa ad ampio raggio d'azione tesa a
favorire in modo deciso e oneroso (nel senso dell'aggravio del peso
edilizio ed urbanistico sul territorio a causa della rilevanza
quantitativa degli incentivi premiali) la rigenerazione e la messa in
sicurezza attraverso la delocalizzazione dalle aree a rischio. Ma con
categorica ed insindacabile sovrapposizione agli strumenti di
pianificazione urbanistica comunale, tanto che risultano
espressamente abrogate le norme che demandavano ai comuni
l'individuazione degli ulteriori limiti e modalita' applicative della
legge regionale sul proprio territorio, cosi' da generare una diffusa
protesta da parte di molti sindaci (Venezia in testa) che hanno visto
lese le proprie prerogative.
Sennonche', siffatto intervento legislativo presenta numerosi
profili di criticita' per quanto riguarda la sua compatibilita' con i
principi costituzionali che attribuiscono allo Stato il potere di
dettare le regole fondamentali di governo del territorio, e pertanto
la Presidenza del Consiglio dei ministri e' costretta a proporre la
presente impugnazione, affidata ai seguenti motivi.
1) Illegittimita' costituzionale degli articoli 7, comma 1, e 10,
comma 6, della Legge Regionale Veneto 29 novembre 2013, n. 32, in
combinato fra loro disposto in riferimento all'articolo 117, comma 2,
lettera s) e comma 3, della Costituzione.
L'articolo 7 della Legge Regionale che qui si censura introduce
nella legge regionale n. 14/2009 l'articolo 3-quater («Interventi su
edifici in aree dichiarate ad alta pericolosita' idraulica e
idrogeologica»).
La nuova norma, al comma 1, dispone: «Per gli edifici ricadenti
nelle aree dichiarate ad alta pericolosita' idraulica o idrogeologica
e' consentita l'integrale demolizione e la successiva ricostruzione
in zona territoriale omogenea propria non dichiarata di pericolosita'
idraulica o idrogeologica, anche in deroga ai parametri dello
strumento urbanistico comunale, con un incremento fino al 50 per
cento del volume o della superficie.».
L'articolo 10, comma 6, che pure qui si censura, modifica la
lettera g) dell'articolo 9 («Ambito di applicazione»), della legge
regionale n. 14/2009, che vieta l'applicazione degli interventi di
ampliamento e di demolizione e ricostruzione per gli edifici
ricadenti in aree dichiarate ad alta pericolosita' idraulica e nelle
quali non e' consentita l'edificazione ai sensi del decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152 («Norme in materia ambientale e
successive modificazioni»), aggiungendovi le parole «fatte salve le
disposizioni di cui all'articolo 3-quater.».
Le nuove disposizioni, pur incentivando l'integrale demolizione
di edifici siti in aree ad alta pericolosita' idraulica ed
idrogeologica, e la loro ricostruzione in zone territoriali omogenee
non dichiarate pericolose, introducono alla previgente disposizione
regionale una modifica lesiva della potesta' legislativa in materia
di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, che l'articolo 117, comma
1, lettera s), della Costituzione attribuisce in via esclusiva allo
Stato.
L'articolo 9, comma 1, lettera g) della legge regionale n.
14/2009, infatti, nell'escludere gli interventi di ampliamento e di
demolizione e ricostruzione, utilizza il termine «pericolosita'
idraulica», che ricomprende solo l'alluvione e non anche il termine
«pericolosita' idrogeologica» che ricomprende le aree a rischio frana
e valanga.
Il testo della norma regionale prima della modifica, era coerente
con quanto previsto nel d.P.C.M. 29 settembre 1999 («Atto di
indirizzo e coordinamento recante l'individuazione dei criteri
relativi agli adempimenti di cui all'art. 1, commi 1 e 2 del
decreto-legge 11 giugno 1998, n. 180»), che esclude l'ammissibilita'
di alcuni degli interventi per le aree ad alta pericolosita'/rischio
idrogeologico, differenziando tra aree a rischio idraulico ed aree a
rischio frana (§ 3.1 e § 3.2).
L'attuale testo della norma regionale, risultante dalla modifica
introdotta dalla Legge che qui si censura, contrasta con la
disciplina statale di riferimento, nella misura in cui e' idonea a
consentire gli interventi menzionati anche in violazione delle
prescrizioni piu' restrittive contenute negli atti di pianificazione
di bacino, le quali, ai sensi dell'art. 65, commi 4, 5 e 6 del
decreto legislativo n. 152/2006 hanno carattere vincolante per le
amministrazioni ed enti pubblici e sono sovraordinate ai piani
territoriali e ai programmi regionali.
Non si tratta, in sostanza, di esercizio da parte della Regione
Veneto di potesta' legislativa concorrente perche' non si discute nel
caso di specie di mero governo del territorio; la difesa dal rischio
idrogeologico attiene alla tutela dell'ambiente e dell'ecosistema,
che e' materia in cui alla regione e' inibito dettare disposizioni
legislative proprie.
Ma anche se si ritenesse che l'intervento legislativo regionale
afferisce al governo del territorio, ugualmente sarebbe leso il
principio costituzionale del riparto di competenza legislativa, dal
momento che la regione deve rispettare i principi fondamentali
dettati dallo Stato, e - fra questi - indubbiamente rientrano le
regole di tutela dal rischio idrogeologico, che sono ispirate ad
esigenze di salvaguardia del territorio, dell'ambiente e della
pubblica incolumita', e che - come tali - devono trovare necessaria
uniformita' su tutto il territorio nazionale.
Di conseguenza, le disposizioni di cui all'articolo 9, lettera
g), della legge regionale n. 14/2009, come modificate dall'articolo
10, comma 6 della legge in esame, violano l'art. 117, comma 2,
lettera s) della Costituzione, nella parte in cui non prevedono
l'esclusione degli interventi citati in tutti i casi in cui le norme
di attuazione dei piani di bacino o la normativa di salvaguardia non
consentono, nelle aree considerate, tale tipologia di interventi o,
piu' in generale, nelle aree ad alto (elevato e molto elevato)
rischio idrogeologico, nelle quali non e' consentita l'edificazione
dagli strumenti di pianificazione.
2) Illegittimita' costituzionale dell'articolo 11, commi 1 e 2,
della Legge Regione Veneto 29 novembre 2013, n. 32, in relazione
all'articolo 117, comma 2, lettera s), e comma 3 della Costituzione.
La norma in rubrica censurata modifica l'art. 10, comma 1,
lettere a) e b) della legge regionale n. 14 del 2009 eliminando
l'obbligo, per gli interventi di ristrutturazione edilizia, di
rispettare la sagoma esistente.
Cosi' disponendo, tuttavia, essa si pone in contrasto con l'art.
3, comma 1, lettera d) del d.P.R. n. 380 del 2001, che impone, ai
fini della qualificazione degli interventi di ristrutturazione
edilizia, sottratti percio' al permesso di costruire e assoggettati a
mera s.c.i.a., il rispetto della medesima sagoma dell'edificio
preesistente, qualora si tratti di immobili sottoposti a vincoli ai
sensi del decreto legislativo n. 42 del 2004 («Codice dei Beni
Culturali e del Paesaggio»).
La norma dello Stato di cui al Test Unico n. 380/2001 e',
evidentemente anche per ragioni di collocazione, solo formalmente
edilizia, ma sostanzialmente e' di tutela del patrimonio culturale,
risolvendosi in una disposizione di maggior tutela dei beni culturali
vincolati, escludendo che interventi di ristrutturazione possano
comportare l'alterazione qualitativa e quantitativa della sagoma
esistente degli edifici soggetti a vincolo.
Poiche' e' indiscutibile che la tutela dei beni culturali e'
riservata alla potesta' legislativa esclusiva dello Stato ai sensi
del secondo comma, lettera s), dell'art. 117 Costituzione, la
disposizione regionale de qua invade indebitamente la sfera di
signoria statale attenuando in maniera indebita l'intensita' della
protezione che lo Stato vuole sia attribuita al patrimonio culturale.
Si tratta di materia riservata, nella quale alla regione e' del
tutto inibito legiferare.
Ma anche qui, come per l'altra norma regionale censurata con il
presente ricorso, seppure si ritenesse che l'intervento legislativo
regionale si e' limitato ad incidere solo su aspetti
urbanistico/edilizi, ugualmente ne sarebbe leso il principio
fondamentale di tutela dettato dallo Stato con l'articolo 3 del
d.P.R. n. 380/2001, che costituisce un limite invalicabile agli
apprezzamenti che la regione fa del proprio territorio, non
consentendo la compromissione di interessi di portata superiore e,
indubbiamente, ultra locali.
Si pensi all'effetto devastante che l'applicazione della norma
regionale potrebbe avere nelle citta' storiche (Venezia in testa),
dove la stragrande quantita' degli edifici e' giustamente sottoposta
a vincolo e che potrebbe vedere alterata, e quindi irreversibilmente
compromessa, un'immagine architettonica che e' patrimonio
dell'umanita'.
Il tutto. essendo gli interventi in questione realizzabili con
semplice s.c.i.a. senza che sia neppure possibile l'irrinunciabile
tutela della conservazione dei valori culturali ed architettonici
affidata al parere delle Sovrintendenze.
La norma in rubrica contrasta pertanto con i principi
fondamentali della legislazione statale in materia di governo del
territorio (art. 117, comma 3 della Costituzione) e con una
disposizione di tutela dei beni culturali, vincolante per le regioni
ai sensi dell'art. 117, comma 2, lettera s) della Costituzione.
P. Q. M.
Conclude per l'accoglimento del presente ricorso e per la
conseguente dichiarazione di incostituzionalita' delle norme della
Legge Regionale in esso denunciate.
Roma, 28 gennaio 2014
L'Avvocato dello Stato: Corsini