Ricorso n. 60 del 14 maggio 2013 (Presidente del Consiglio dei Ministri)
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 14 maggio 2013 (del Presidente del Consiglio dei ministri).
(GU n. 23 del 5.6.2013)
Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri in persona del suo Presidente p.t., rappresentato e difeso dalla Avvocatura Generale dello Stato, per la declaratoria di illegittimita' costituzionale della Legge Regionale della Valle d'Aosta n. 5 del 25 febbraio 2013 (pubblicata nel BUR n. 11 del 12 marzo 2013) recante: Modificazioni
alla legge regionale 7 giugno 1999, n. 12 (Principi e direttive per l'esercizio dell'attivita' commerciale).
Nella seduta del 18 aprile 2013 il Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, ha approvato la determinazione di impugnare dinanzi alla Corte costituzionale la legge della Regione Valle d'Aosta n. 5 del 25 febbraio 2013, recante:
Modificazioni alla legge regionale 7 giugno 1999, n. 12 (Principi e direttive per l'esercizio dell'attivita' commerciale) come si argomenta e si deduce qui di seguito.
D i r i t t o
La legge regionale su presenta diversi profili di illegittimita' costituzionale.
Si premette che l'art. 3, comma 1, lettera a) dello Statuto attribuisce alla Regione autonoma Valle d'Aosta potesta' legislativa di integrazione e di attuazione delle leggi della Repubblica in materia di commercio; il che, ai sensi del richiamato art. 2, deve
comunque esplicarsi nel rispetto della Costituzione e dei principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica, nonche' degli obblighi Internazionali.
Inoltre, in applicazione della clausola di equiparazione di cui all'art. 10 della legge Costituzionale n. 3 del 2001, ai sensi della quale le disposizioni del nuovo Titolo V della Costituzione si
applicano anche alle Regioni ad autonomia speciale per le parti in cui prevedono «forme di autonomia piu' ampie rispetto a quelle gia' attribuite», alla Regione autonoma Valle d'Aosta deve ritenersi attribuita la competenza residuale in materia di commercio in base
all'articolo 117, comma 4, della Costituzione.
La Corte costituzionale ha di recente chiarito, con la sent. n. 299/2012 che «dalla natura "trasversale" della competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela della concorrenza deriva che il titolo competenziale delle Regioni a statuto speciale in materia di commercio non e' idoneo ad impedire il pieno esercizio della suddetta
competenza statale e che la disciplina statale della concorrenza costituisce un limite alla disciplina che le medesime Regioni possono adottare in altre materie di loro competenza».
Cio' premesso, alcune norme della legge regionale in esame risultano eccedere dalle competenze statutarie, in quanto invasive della competenza legislativa in materia della tutela della concorrenza che l'articolo 117 secondo comma, lettera e), della Costituzione riserva in via esclusiva allo Stato.
In particolare:
1) L'art. 2 inserisce, dopo l'art. 1, comma 1, della legge regionale n. 12/1999, il comma I-bis, ai sensi del quale l'apertura, il trasferimento e ampliamento di sede di nuovi esercizi commerciali non possono essere assoggettati ad alcun tipo di vincolo o contingente numerico, salvo quando siano in contrasto con la
normativa in materia di «tutela della salute, dei lavoratori, dei beni culturali, del territorio e dell'ambiente, ivi incluso l'ambiente urbano, con particolare riferimento alla tutela e allo sviluppo equilibrato dello spazio vitale urbano ... secondo quanto
stabilito dal piano territoriale paesistico della Valle d'Aosta (PTP)».
Il medesimo articolo 2 inserisce, inoltre un articolo 1-bis della legge regionale n. 12/1999 che attribuisce alla Giunta regionale, sentite le associazioni delle imprese «esercenti il commercio maggiormente rappresentative in ambito regionale», il compito di
individuare, sulla base di criteri oggettivi e trasparenti, gli indirizzi per il conseguimento degli obiettivi di «equilibrio della rete distributiva, in rapporto alle diverse categorie e alla dimensione degli esercizi con particolare riguardo alle grandi
strutture di vendita, tenuto conto della specificita' dei singoli territori e dell'interesse dei consumatori alla qualita', alla varieta', all'accessibilita' e alla convenienza dell'offerta».
Le norme regionali descritte presentano degli elementi di criticita' dal punto di vista concorrenziale. In particolare, il nuovo art. 1-bis, e' suscettibile di reintrodurre surrettiziamente limiti all'accesso ed all'esercizio di attivita' economiche nella misura in cui orienta la determinazione degli indirizzi da parte della Giunta Regionale a non meglio specificati «obiettivi di equilibrio della rete distributiva» che dovranno tenere conto anche dell'interesse dei consumatori alla qualita', varieta', accessibilita' e convenienza dell'offerta.
La genericita' del criterio al quale la Giunta Regionale dovra' orientare la definizione degli indirizzi generali, lascia a quest'ultima una discrezionalita' troppo ampia, suscettibile di tradursi nell'introduzione di vincoli quantitativi all'apertura di
esercizi commerciali, non giustificati da esigenze di tutela della salute, dei lavoratori, dei beni culturali e del territorio, richiamate dal comma I-bis dell'art. 1 della legge n. 12/1999.
Tale rischio appare ancor piu' fondato, in considerazione del fatto che la Giunta Regionale definira' gli indirizzi generali coinvolgendo le associazioni di imprese piu' rappresentative in ambito regionale. La partecipazione delle associazioni di categorie rappresentative, per definizione, di interessi tipici degli operatori gia' presenti sul mercato - alla determinazione degli indirizzi regionali per il conseguimento degli obiettivi di «equilibrio della rete distributiva», determinerebbe quindi l'elaborazione di linee guida suscettibili di ostacolare ingiustificatamente l'accesso di nuovi operatori al mercato. La norma dunque presenta profili di incostituzionalita', nei limiti in cui e' suscettibile di limitare ingiustificatamente l'apertura di nuovi esercizi commerciali e di medie e/o grandi strutture di vendita, in violazione dei principi di tutela della concorrenza e del mercato e quindi in violazione dell'articolo 117, secondo comma lettera e) della Costituzione.
Va osservato che la «tutela della concorrenza» e' una delle materie di rilievo strategico nel sistema di riparto di competenze tra Stato e Regioni. In tal senso si richiama la sentenza n. 14 del 2004 della Corte costituzionale con la quale si e' affermato che la materia tutela della concorrenza «costituisce una delle leve della politica economica statale e, pertanto, non puo' essere intesa soltanto in senso statico, come garanzia di interventi di regolazione e ripristino di un equilibrio perduto, ma anche in quell'accezione dinamica, ben nota al diritto comunitario, che giustifica misure pubbliche volte a ridurre squilibri, a favorire le condizioni di un
sufficiente sviluppo del mercato o ad instaurare assetti concorrenziali».
2) L'articolo 3, sostituendo l'articolo 3 della l.r. n. 12/1999, in tema di requisiti di accesso e di esercizio delle attivita' commerciali, prescrive, anche per l'esercizio dell'attivita' commerciale relativa al settore merceologico
alimentare effettuata nei confronti di una cerchia determinata di persone, il possesso di uno dei requisiti professionali di cui all'articolo 71, comma 6, del d.lgs. n. 59/2010.
Al riguardo, si osserva che il sopra citato articolo 71 e' stato recentemente modificato ad opera dell'articolo 8 del d.lgs. 6 agosto 2012, n. 147, recante disposizioni integrative e correttive del d.lgs. n. 59/2010, adottato in attuazione della Direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno.
La nuova formulazione dell'articolo ha comportato che per effetto della soppressione della locuzione «anche se effettuate nei confronti di una cerchia determinata di persone», non e' piu' obbligatorio il possesso di uno dei requisiti professionali elencati alle lettere a),
b) e c) del comma 6 dell'art. 71, nel caso di attivita' di vendita di prodotti alimentari e di somministrazione di alimenti e bevande, effettuate non al pubblico ma nei confronti di una cerchia determinata di soggetti.
Si tratta, con riferimento all'attivita' di vendita, di tutti i casi in cui la vendita e' effettuata con modalita' o in spazi nei quali l'accesso non e' consentito liberamente (Spacci interni).
Pertanto, anche la previsione di cui al comma 5 dell'articolo 3 della legge regionale in esame si pone in contrasto con il dettato normativo nazionale preposto alla tutela della concorrenza, configurando la violazione dell'articolo 117, secondo comma, lettera
e) della Costituzione.
3) L'articolo 4 inserisce l'articolo 3-bis) nella l.r. n. 12/1999 e disciplina gli orari di apertura e chiusura delle attivita' di commercio al dettaglio, alla luce dell'intervenuta modifica dell'articolo 3, comma 1, lettera d-bis, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, ad opera dell'articolo 31, del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito dalla legge n. 214 del 22 dicembre 2011, con esclusione delle attivita' commerciali su area pubblica.
Al riguardo, in un'ottica pro-concorrenziale e in applicazione di criteri equitativi, anche in favore delle attivita' commerciali su area pubblica e' applicabile il nuovo regime di cui all'articolo 31 sopra citato. Seppure l'esercizio dell'attivita' di commercio su aree pubbliche e' strettamente conciata all'uso di una proprieta' pubblica
e rientra quindi nella potesta' dell'ente locale stabilire limiti e modalita' di utilizzo, ai fini dell'applicazione delle norme di liberalizzazione degli orari, eventuali limiti all'esercizio temporale possono essere posti solo in applicazione e conformemente ai principi di indirizzo espressamente richiamati dal comma 13 dell'articolo 28 del d. lgs n. 114/1998, come modificato dal comma 3 dell'articolo 70 del d.lgs n. 59/2010. Non risponde a detti criteri porre limitazioni, ammissibili solo per esigenze di sostenibilita' ambientale o sociale, e non quando esse risultino legate a verifiche di natura economica o fondate sulla prova dell'esistenza di un bisogno economico o sulla prova di una domanda di mercato.
Pertanto, la previsione in discorso, per la parte in cui esclude dall'applicazione delle norme di liberalizzazione degli orari di apertura e chiusura delle le attivita' commerciali, quelle su area pubblica, si pone in contrasto con il dettato normativo nazionale
preposto alla tutela della concorrenza, configurando la violazione dell'articolo 117, secondo corvina, lettera e) della Costituzione.
4) L'art. 7, nel sostituire integralmente l'art. 5 della legge regionale n. 12/1999 rubricato «Medie e Grandi strutture di vendita», introduce l'obbligo di ottenere un'autorizzazione per l'apertura, il trasferimento di sede e l'ampliamento della superficie
di una media o grande struttura di vendita, nel rispetto «delle determinazioni assunte nel piano regolatore generale comunale urbanistico e paesaggistico (PRG) e degli indirizzi di cui
all'articolo 1-bis».
Il comma 4 del succitato articolo, infine, per i centri di vendita con superficie superiore a 1.500 metri quadrati, subordina il rilascio dell'autorizzazione al parere della struttura regionale competente in materia di commercio, che attesta la conformita' dell'attivita' oggetto della richiesta agli indirizzi di cui all'articolo 1-bis, introdotto dall'articolo 2 della legge in esame, sopra censurato.
Anche per questa norma si presentano quindi le medesime criticita' evidenziate sub.1, considerato che la prescrizione e' suscettibile di limitare ingiustificatamente l'apertura di nuovi esercizi commerciali e di medie e/o grandi strutture di vendita, in
violazione dei principi di tutela della concorrenza e del mercato e quindi in violazione dell'articolo 117, secondo comma lettera e)
della Costituzione.
5) L'articolo 11, poi, pone il divieto, nei centri storici, di apertura e trasferimento di sede di grandi strutture commerciali.
Tale divieto, prescritto in via assoluta e riferito non solo all'ipotesi di apertura, ma addirittura di trasferimento di sede, risulta eccessivamente restrittivo e, quindi, anticoncorrenziale, in violazione dell'articolo 117, secondo comma, lettera e) della
Costituzione.
In sostanza, si deve evidenziare, come tutte le disposizioni della legge impugnata incidano sulla sfera della «tutela della concorrenza», di competenza esclusiva dello Stato, come del resto gia' affermato dalla Corte nella sentenza n. 150 del 2011, laddove e' affermato che «La materia della "tutela della concorrenza", di cui
all'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., non ha solo un ambito oggettivamente individuabile che attiene alle misure legislative di tutela in senso proprio, quali ad esempio quelle che hanno ad oggetto gli atti e i comportamenti delle imprese (che incidono negativamente
sull'assetto concorrenziale dei mercati e ne disciplinano le modalita' di controllo), ma, dato il suo carattere "finalistico", ha anche una portata piu' generale e trasversale, non preventivamente delimitabile, che deve essere valutata in concreto al momento
dell'esercizio della potesta' legislativa sia dello Stato che delle Regioni nelle materie di loro rispettiva competenza».
La conformita' dell'intervento statale al riparto costituzionale delle competenze dipende strettamente dalla ragionevolezza delle previsioni legislative, sicche', ove sia dimostrabile la congruita' dello strumento utilizzato rispetto al fine di rendere attivi i fattori determinanti dell'equilibrio economico in generale, la competenza legislativa dello Stato di cui all'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. non puo' essere negata.
Poiche', in materia di apertura degli esercizi pubblici di vendita al dettaglio, la molteplicita' di discipline a livello locale in materia non puo' che produrre distorsione del mercato, con evidente danno per l'utenza, le profilate censure di legittimita'
costituzionale sotto il profilo del riparto di competenze legislative tra Stato e Regioni devono trovare accoglimento.
6) L'articolo 18, infine, prevede che varie disposizioni contenute nella medesima legge, comprese quelle che inaspriscono le sanzioni amministrative conseguenti a violazioni, trovano applicazione anche nel caso di procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della legge stessa.
Tale previsione, pertanto, si pone in contrasto con il principio generale del tempus regit actum che, nel diritto sanzionatorio amministrativo, comporta che la sanzione da irrogarsi sia quella applicabile sulla base della norma vigente nel tempo in cui fu commesso l'illecito, sia in ipotesi di previsione piu' sfavorevole
che favorevole, in cio' violando l'art. 25 e l'art. 117, comma 2 lettera I) della Costituzione con riferimento a quanto ribadito dalla disposizione dell'art. 11 delle disposizione sulla legge in generale (preleggi) anteposte al Codice civile, in base al quale la legge non dispone che per l'avvenire.
P. Q. M.
Si ritiene che la Legge Regionale della Valle d'Aosta n. 5 del 25 febbraio 2013, recante: Modificazioni alla legge regionale 7 giugno 1999, n. 12 (Principi e direttive per l'esercizio dell'attivita' commerciale) presenti profili d'illegittimita' e pertanto questa Presidenza solleva questione di legittimita' costituzionale dinanzi a
codesta Corte ai sensi dell'art. 127 della Costituzione per sentire accogliere le seguenti conclusioni:
«Voglia la Ecc.ma Corte costituzionale accogliere il presente ricorso e per l'effetto dichiarare l'illegittimita' della legge della Regione Valle d'Aosta n. 5 del 25 febbraio 2013, recante:
Modificazioni alla legge regionale 7 giugno 1999 n. 12 (Principi e direttive per l'esercizio dell'attivita' commerciale) pubblicata nel BUR n. 11 del 12 marzo 2013, per contrasto con l'art, 117, comma 2, lettera e) Cost.».
Roma, addi' 10 maggio 2013
L'Avvocato dello Stato: Di Carlo