Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in cancelleria il 23  marzo  2012  (del  Presidente  del  Consiglio  dei ministri).

 

 

(GU n. 19 del 09.05.2012 ) 

 

 

 

    Ricorso del Presidente del Consiglio dei  Ministri  (CF…) in carica, rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  Generale  dello Stato  (C.F.    -  per  il  ricevimento  degli  atti:  FAX … e PEC «…»), presso i  cui Uffici ha legale domicilio in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

    Nei confronti della Regione Abruzzo, in  persona  del  Presidente della Giunta Regionale, per la  carica  domiciliato  in  L'Aquila,Via Leonardo da Vinci, 6;

    Per  la  declaratoria  di  illegittimita'  costituzionale   degli articoli 16, 1, comma 1, 6, commi 1 e 2, 42, comma 2, 44, 45, comma 2 e 46 della legge della Regione Abruzzo del 10  gennaio  2012,  n.  1, pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione n. 6 del giorno  18 gennaio 2012, recante «Disposizioni finanziarie per la redazione  del bilancio annuale 2012 e pluriennale 2012-2014 della  Regione  Abruzzo (Legge Finanziaria Regionale 2012)», giusta  delibera  del  Consiglio dei Ministri del giorno 9 marzo 2012.

    Con la legge 10 gennaio 2012, n. 1, la regione Abruzzo ha dettato «Disposizioni finanziarie per la redazione del bilancio annuale  2012 e pluriennale 2012-2014  della  Regione  Abruzzo  (Legge  Finanziaria Regionale 2012)».

    In particolare, l'articolo 16 ha introdotto modifiche alla  legge regionale n. 25 del 3 agosto 2011 recante «Disposizioni in materia di acque con istituzione del fondo speciale destinato alla  perequazione in favore dei territorio montano per le azioni di tutela delle  falde e in materia di proventi relativi alle utenza pubbliche», prevedendo, al comma 2, che «al comma  1,  dell'articolo  12  (Aggiornamenti  del costi unitari e dei canoni minimi relativi ai canoni  di  concessione di acque pubbliche) della legge regionale n. 25/2011  le  parole  "di potenza  nominale  concessa  o  riconosciuta,  in  euro  27,50"  sono

sostituite con  le  parole  "di  potenza  efficiente,  riportata  nei rapporti annuali dell'anno precedente, dal GSE, in 35,00"».

    L'art. 1, comma 1, ha disposto  il  rifinanziamento  della  legge regionale n. 72/2000,  attributiva  di  un  contributo  ai  cittadini abruzzesi portatori di handicap psicofisici che applicano  il  metodo DOMAN.  L'art.  6,  comma  1,  ha  disposto  che  «le   economie   di stanziamento relative  agli  importi  iscritti  in  bilancio  per  il rimborso dell'anticipazione di liquidita' di cui  all'art.  2,  comma 98, della legge n. 191/2009 (legge finanziaria 2010), sono  destinate al finanziamento  delle  spese  relative  al  servizio  di  trasporto pubblico locale regionale».

    L'art. 6, comma 2, ha abrogato il comma 2 dell'articolo 83  della legge regionale n. 15/2004 (legge finanziaria  regionale  2004),  che prevedeva che l'introito derivante dalla  maggiorazione  della  tassa automobilistica  regionale,  pari  ad   euro   10.000.000,00,   fosse destinato alla copertura dei disavanzi sanitari maturati a  decorrere dall'esercizio 2001.

    Lo stesso art. 6, comma 2, ha stabilito, inoltre,  che  l'importo delle  maggiorazioni  della  tassa  automobilistica  regionale,   non utilizzato per il finanziamento del programma operativo del  Servizio Sanitario Regionale, venga riprogrammato  e  destinato  al  pagamento delle rate di rimborso dei mutui e dei prestiti relativi al  comparto sanitario.

    L'art. 42, comma 2, ha aggiunto l'art. 12-bis all'art.  12  della l.r. n. 6 del 2011, demandando alla Giunta regionale  la  definizione delle linee di  indirizzo  per  le  aziende  del  servizio  sanitario regionale volte all'implementazione del sistema di misurazione  e  di

valutazione della performance del personale sanitario regionale.

    L'art. 44 ha stabilito, poi, che la quota di compartecipazione  a carico   degli   assistiti   per   le   prestazioni   di   assistenza specialistica, comprensiva del ticket di 10 euro, non possa  superare il costo della prestazione.

    L'art. 45, comma 2, ha modificato l'art. 3,  comma  5,  lett.  b) della  legge  regionale  n.  32/2007,  prevedendo   che   gli   studi professionali singoli e associati, mono e polispecialistici,  di  cui al comma 2 dell'art. 8-ter del d.lgs. n. 502/92, possano ottenere  da parte   del   comune   territorialmente   competente   il    rilascio dell'autorizzazione,  e  il  contestuale  permesso  di   costruzione, realizzazione,  ampliamento,  trasformazione  o  trasferimento  della struttura  sanitaria   o   socio-sanitaria,   senza   la   preventiva

acquisizione del nulla osta  di  compatibilita',  da  esprimersi  con parere obbligatorio e vincolante, da parte della Direzione Sanita'.

    L'art. 46 ha previsto, infine, che -  fermo  restando  il  budget assegnato - la struttura privata accreditata erogante prestazioni  di riabilitazione ex art.26 legge 833/1978 possa trasferire, nell'ambito della stessa A.S.L., parte  di  tali  prestazioni  in  sedi  presenti all'interno della stessa A.S.L. gia' autorizzate ma non accreditate.

    Le richiamate norme della legge regionale Abruzzo  n.  1  del  10 gennaio 2012 si pongono  in  contrasto  con  la  Costituzione  per  i seguenti

 

 

                                

                               Motivi

 

 

1) Illegittimita' dell'art. 16 della l.r. Abruzzo 10 gennaio 2012, n. 1 per violazione degli art. 117, comma 2, lettere e) ed  a)  ed  art. 117, comma terzo, della Costituzione.

    a) La norma contenuta nell'articolo  16  introduce,  come  detto, modifiche alla legge regionale  n.  25  del  3  agosto  2011  recante

«Disposizioni in materia di acque con istituzione del fondo  speciale destinato alla perequazione in favore del territorio montano  per  le azioni di tutela delle falde e in materia di proventi  relativi  alle utenza  pubbliche»,  prevedendo,  al  comma  2,  che  «al  comma   1, dell'articolo 12 (Aggiornamenti dei costi unitari e dei canoni minimi relativi ai canoni di concessione di  acque  pubbliche)  della  legge regionale n. 25/2011  le  parole  "di  potenza  nominale  concessa  o riconosciuta, in euro  27,50"  sono  sostituite  con  le  parole  "di potenza  efficiente,  riportata  nei   rapporti   annuali   dell'anno

precedente, dal GSE, in 35,00"».

    Occorre preliminarmente osservare che, in materia di  concessioni di derivazioni di acqua pubblica, l'art. 35 del T.U. n. 1775 del 1933 prevede che le utenze di acqua pubblica siano sottoposte al pagamento di un canone annuo e che quest'ultimo sia regolato sulla media  della forza motrice nominale disponibile nell'anno.

    L'art. 6 del medesimo T.U. prevede,  altresi',  una  bipartizione delle utenze di acqua pubblica per la produzione di forza motrice  in piccole e grandi derivazioni, a seconda della potenza nominale  media annua dell'impianto produttivo: fino a kW 3.000 (3 MW) o superiore  a tale valore.

    La norma regionale in esame,  stabilendo  un  nuovo  importo  del costo unitario del canone, associato non piu' alla potenza  nominale, bensi' alla potenza efficiente di ciascun impianto idroelettrico,  si pone in contrasto con la normativa statale sopra richiamata.

    La riserva statale di  determinazione  dei  criteri  relativi  ai canoni di derivazione di acqua  e'  atto  riconducibile  alla  tutela dell'ambiente, considerato che il Regio decreto  n.  1775  del  1933, rubricato «Testo unico delle disposizioni  di  legge  sulle  acque  e impianti elettrici», detta disposizioni in tema di  acque  pubbliche, materia, quest'ultima, riconducibile  a  detta  competenza  esclusiva statale. L'art. 35 del R.D. sopra citato e' norma che ha la  funzione di  garantire  uniformita'  di  disciplina  su  tutto  il  territorio

nazionale e, pertanto, il criterio da essa previsto non  puo'  essere modificato da una norma regionale che risulta in tal modo violare  la competenza esclusiva dello Stato in materia di  tutela  dell'ambiente di cui all'articolo 117, comma 2, lettera s) della Costituzione.

    b) Inoltre,  la  previsione  regionale  in  esame  determina  uno svantaggio concorrenziale  a  danno  degli  operatori  insediati  nel territorio della Regione Abruzzo.

    E', infatti, palese che una disciplina dei canoni  disordinata  e disomogenea sul territorio da parte delle Regioni e' suscettibile  di alterare  l'equilibrio  concorrenziale  fra  i   vari   impianti   di generazione, posto che gli operatori verrebbero a sostenere  oneri  e

costi diversi a seconda del territorio sul  quale  svolgono  la  loro attivita'  e  che  l'assenza,   riduzione   o   aumento   del   costo rappresentato dai canoni per l'utilizzo dei beni demaniali funzionali alla produzione di energia elettrica incide sul confronto competitivo per le imprese.

    La norma, dunque, viola la competenza esclusiva riconosciuta allo Stato in materia di tutela della concorrenza dall'articolo 117, comma 2, lettera e) Cost.

    c)  Infine,  la  fissazione  di  un  criterio  diverso   per   ladeterminazione del  canone  si  pone  in  contrasto  con  i  principi fondamentali in materia di produzione, trasporto e  distribuzione  di energia, fissati dalla legge n. 239/2004, in particolare  per  quanto concerne  gli  aspetti  di   funzionamento   unitario   dei   mercati

dell'energia,  di  non  discriminazione   nell'accesso   alle   fonti energetiche e alle relative modalita' di fruizione,  di  economicita' dell'energia offerta ai clienti finali e di non discriminazione degli operatori  nel   territorio   nazionale,   in   violazione,   quindi, dell'articolo 117, comma terzo della Costituzione.

2) Illegittimita' dell'art. 1, comma 1, della l.r. Abruzzo 10 gennaio

2012, n. 1 per violazione degli articoli 120, secondo comma,  e  117,

terzo comma, della Costituzione.

    Ulteriori disposizioni della  l.r.  Abruzzo  n.  1  del  2012  in materia sanitaria violano il dettato costituzionale.

    E' opportuno, in proposito, premettere che  la  Regione  Abruzzo, per la  quale  e'  stata  accertata  una  situazione  di  consistenti disavanzi nel settore  sanitario  tale  da  generare  uno  squilibrio economico-finanziario  che  compromette  l'erogazione   dei   livelli

essenziali di assistenza, ha stipulato il 6 marzo 2007 un accordo con i Ministri della Salute e dell'Economia e delle Finanze,  comprensivo del Piano di rientro dal disavanzo sanitario, che prevede  una  serie di  interventi,  da  attivare  nell'arco  del   triennio   2007-2009, finalizzati a ristabilire l'equilibrio economico e finanziario  della

Regione, nel rispetto dei livelli essenziali di assistenza, ai  sensi dell'art.  1,  comma  180,  della  legge  n.  311  del  2004   (leggefinanziaria 2005).

    Il mancato raggiungimento degli obiettivi previsti dal  Piano  di rientro, nei tempi e nelle dimensioni di cui all'art. 1,  comma  160, della legge n. 311/04, nonche' dell'intesa Stato-Regioni del 23 marzo 2005  e  dai  successivi  interventi  legislativi  in   materia,   ha

determinato il  commissariamento  della  Regione  Abruzzo,  ai  sensi dell'art. 4 del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159, in  attuazione dell'art. 120 della Costituzione, nei  modi  e  nei  termini  di  cui all'art. 6, comma 1, della legge n. 131/2003.

    Nella seduta dell'11 settembre 2008, infatti,  il  Consiglio  dei Ministri ha deliberato la nomina di un Commissario  ad  acta  per  la realizzazione del vigente piano di rientro dai disavanzi nel  settore sanitario della Regione Abruzzo e, nella seduta del 12 dicembre 2009, ha individuato il Commissario  nella  persona  del  Presidente  della Regione pro tempore.

    Successivamente, ai sensi dell'art. 2, comma 88, della  legge  23 dicembre 2009, n. 191,  il  Commissario  ad  acta,  con  delibera  n. 44/2010 del 3 agosto 2010, ha approvato il Programma  operativo  2010 (successivamente integrato con la delibera n. 77/2010 del 22 dicembre

2010), con  il  quale  ha  dato  prosecuzione  al  Piano  di  Rientro 2007-2009.

    Fatta tale premessa, la  l.r.  Abruzzo  10  gennaio  2012,  n.  1 presenta i seguenti profili d'illegittimita' costituzionale:

    L'art. 1, comma l, della l.r. n. 1  del  2012,  nel  disporre  il rifinanziamento di alcune leggi regionali, autorizza - tra l'altro  - il rifinanziamento della legge regionale n. 72/2000, la quale prevede la concessione di un contributo ai cittadini abruzzesi  portatori  di handicap psicofisici che applicano il metodo DOMAN.

    La disposizione, che garantisce al propri  residenti  livelli  di assistenza ulteriori rispetto a quelli stabiliti a livello nazionale, comportando  l'assunzione  di   oneri   per   prestazioni   sanitarie aggiuntive, e' incompatibile con gli obiettivi di risanamento imposti dal  suddetto  Piano  di  Rientro.  Essa  pertanto  interferisce  con

l'attuazione del Piano di rientro, affidata al  Commissario  ad  acta con il mandato commissariale del 12 dicembre 2009. Tale  disposizione e', pertanto, incostituzionale sotto un duplice profilo:

    2a)  essa  interferisce  con  le   funzioni   commissariali,   in violazione dell'art. 120, secondo comma, Costituzione

    Al riguardo la Corte Costituzionale, nella  sentenza  n.  78  del 2011, richiamando i principi gia' espressi nella sentenza  n.  2  del 2010, ha precisato che anche qualora non sia ravvisabile  un  diretto contrasto con i poteri  del  commissario,  ma  ricorra  comunque  una situazione  di  interferenza  sulle  funzioni   commissariali,   tale

situazione e'  idonea  ad  integrare  la  violazione  dell'art.  120, secondo comma, della Costituzione.

    La Consulta ha,  in  particolare,  rilevato  che  «l'operato  del commissario ad acta, incaricato dell'attuazione del piano di  rientro dal disavanzo sanitario previamente concordato  tra  lo  Stato  e  la

Regione  interessata,  sopraggiunge  all'esito  di  una   persistente inerzia degli organi regionali, essendosi questi ultimi  sottratti  - malgrado il carattere vincolante (art.  1,  comma  796,  lettera  b), della legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante  «Disposizioni  per  la formazione del bilancio annuale e pluriennale  dello  Stato  -  legge

finanziaria 2007») dell'accordo concluso dal Presidente della Regione - ad un'attivita' che pure e' imposta dalle  esigenze  della  finanza pubblica. E', dunque, proprio tale dato - in uno con la constatazione che l'esercizio del potere  sostitutivo  e',  nella  specie,  imposto

dalla necessita' di assicurare la tutela dell'unita' economica  della Repubblica,  oltre  che  dei  livelli  essenziali  delle  prestazioni concernenti un diritto fondamentale (art. 32 Cost.), qual  e'  quello alla salute - a legittimare la conclusione secondo  cui  le  funzioni

amministrative del commissario, ovviamente fino  all'esaurimento  dei suoi compiti di attuazione del piano di rientro, devono essere  poste al riparo da ogni interferenza degli organi regionali».

    2b) Inoltre, la medesima disposizione, oltre ad effettuare  senza alcuna  legittimazione  il  menzionato  intervento  in   materia   di organizzazione  sanitaria,  in  luogo  del   Commissario   ad   acta, interviene in materia senza rispettare i vincoli posti dal  Piano  di

rientro dal disavanzo sanitario.

    Ne consegue la  lesione  dei  principi  fondamentali  diretti  al contenimento della spesa pubblica sanitaria di cui all'art. 2,  commi 80 e 95, della legge n. 191 del 2009, secondo i quali in costanza  di Piano di  rientro  e'  preclusa  alla  regione  l'adozione  di  nuovi provvedimenti  che siano di ostacolo alla piena attuazione del  piano, essendo le previsioni dell'Accordo e del  relativo  Piano  vincolanti per la regione stessa.

    La disposizione regionale in esame, pertanto, viola  l'art.  117, terzo comma, della Costituzione, in quanto contrasta con  i  principi fondamentali della legislazione statale in materia  di  coordinamento della finanza pubblica.

    Sull'argomento, 1'Ecc.ma Corte Costituzionale, con le sentenze n. 100 e n. 141 del 2010, ha ritenuto che le norme statali (quale l'art. 1, comma 796, lett. b), della legge n. 296 del 2006) che hanno  «reso vincolanti,  per  le  Regioni  che  li  abbiano   sottoscritti,   gli interventi individuati negli atti di programmazione necessari per  il

perseguimento dell'equilibrio economico, oggetto degli accordi di cui all'art. 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311», possono essere qualificate come  espressione  di  un  principio  fondamentale diretto al contenimento della spesa  pubblica  sanitaria  e,  dunque,

espressione di un correlato principio di coordinamento della  finanza pubblica.

    In particolare, con la sentenza n. 141 del 2010  la  Consulta  ha giudicato incostituzionale la l.r. Lazio n. 9 del 2009, che istituiva nell'ambito  del  Servizio  Sanitario  Nazionale  un  nuovo  tipo  di distretti  socio-sanitari,   definiti   «montani»   (con   rispettivi

ospedali, servizio di eliambulanza, e possibilita' di  derogare  alla normativa  in  materia  di  organizzazione  del  servizio   sanitario regionale  e  di  contenimento  della  spesa  pubblica)   in   quanto «l'autonomia legislativa concorrente delle regioni nel settore  della

tutela della salute ed in particolare nell'ambito della gestione  del servizio sanitario puo' incontrare limiti alla luce  degli  obiettivi della finanza pubblica e del contenimento della spesa».

3) Illegittimita' dell'art. 6, comma 1, della l.r. Abruzzo 10 gennaio 2012, n. 1 per violazione degli articoli 117,  terzo  comma,  e  120, secondo comma, della Costituzione.

    3a) L'art. 6, comma 1, l.r. Abruzzo 10 gennaio 2012, n. 1 dispone che «le economie di stanziamento relative agli  importi  iscritti  in bilancio per il rimborso  dell'anticipazione  di  liquidita'  di  cui all'art. 2, comma 98, della  legge  n.  191/2009  (legge  finanziaria

2010), sono  destinate  al  finanziamento  delle  spese  relative  al servizio di trasporto pubblico locale regionale».

    La disposizione regionale in esame,  nel  destinare  a  finalita' diverse da quelle sanitarie le anticipazioni di liquidita'  che  sono state autorizzate dallo Stato per la copertura  dei  debiti  sanitari pregressi, contrasta con il principio  di  contenimento  della  spesa pubblica espresso dal menzionato art. 2, comma  98,  della  legge  n.

191/2009 (legge finanziaria 2010),  secondo  il  quale  lo  Stato  e' autorizzato ad anticipare  alle  regioni  interessate  dai  piani  di rientro la liquidita' necessaria allo specifico fine di estinguere  i debiti sanitari cumulativamente registrati.

    La norma, pertanto, contrastando con i sopra menzionati  principi di coordinamento della finanza  pubblica,  viola  l'art.  117,  terzo comma, della Costituzione.

    Tale contrasto appare ancora piu' evidente alla luce dei  verbali dei Tavoli tecnici per la verifica del Piano di rientro  dai  deficit sanitari (del 14 dicembre 2011, 20 luglio 2011 e 7 aprile 2011),  dai quali risulta che proprio la destinazione di  tale  anticipazione  di liquidita' alla copertura  di  debiti  sanitari  ha  consentito  alla

regione di essere valutata positivamente e di avere pertanto  accesso ad una quota di spettanze residue.

    3b)  La  disposizione  in  argomento,  inoltre,  intervenendo  in materia di organizzazione sanitaria in costanza di Piano  di  rientro dal disavanzo sanitario, interferisce  con  l'attuazione  del  Piano, affidata al Commissario ad acta con il mandato commissariale  del  12

dicembre 2009.

    In particolare la norma, disponendo sulla  copertura  del  debito pregresso, menoma le attribuzioni conferite al Commissario dal  punto 9 del mandato commissariale,  che  demanda  all'Organo  straordinario l'adozione  dei  provvedimenti  per  l'individuazione  sul   bilancio

regionale  delle  somme  per  il  ripristino  del  finanziamento  del Servizio sanitario regionale. Essa,  pertanto,  interferendo  con  le funzioni  commissariali,  viola  l'art.  120,  secondo  comma,  della Costituzione.

    3c)  La  medesima  disposizione  inoltre,  destinando   eventuali economie a favore di servizi extrasanitari, compromette  la  funzione di valutazione e di monitoraggio  che  e'  attribuita  ai  menzionati Tavoli tecnici per la verifica  del  Piano  di  rientro  dai  deficit

sanitari dall'art. 1, comma 796, lett. b) della l. n.  296  del  2006 (l. finanziaria 2007) e che e' ribadita nell'Accordo e relativo Piano di rientro del 2007.

    Essa, pertanto, non rispettando i vincoli posti sia  dalla  norma statale da ultimo citata, sia dall'Accordo e dal  relativo  Piano  di rientro dal disavanzo sanitario, lede i principi fondamentali diretti al  contenimento  della  spesa  pubblica  sanitaria   contenuti   nel menzionato art. 1, comma 796, lett. b) della l. n. 296 del 2006,  che affida ai Tavoli tecnici l'attivita' di affiancamento  delle  regioni soggette a Piano di rientro  (sia  ai  fini  del  monitoraggio  dello stesso, sia per i provvedimenti regionali da sottoporre a  preventiva approvazione da parte del Ministero  della  salute  e  del  Ministero dell'economia e delle finanze), e contenuti nell'art. 2, commi  80  e 95, della legge n. 191 del 2009, secondo i quali in costanza di Piano di rientro e' preclusa alla regione l'adozione di nuovi provvedimenti

che siano di ostacolo alla piena attuazione  del  piano,  essendo  le previsioni dell'Accordo  e  del  relativo  Piano  vincolanti  per  la regione stessa.

    La disposizione regionale in esame, pertanto, viola  sotto  altro profilo l'art. 117, terzo comma, Costituzione,  in  quanto  contrasta con i principi fondamentali della legislazione statale in materia  di coordinamento della finanza pubblica.

4) Illegittimita' dell'art. 6, comma 2, della l.r. Abruzzo 10 gennaio 2012,  n.  1  per  violazione  dell'art.  117,  terzo  comma,   della Costituzione.

    L'art. 6, comma 2, della l.r. n. l del 2012  abroga  il  comma  2 dell'articolo 83 della legge regionale n. 15/2004 (legge  finanziaria regionale  2004),  che  prevedeva  che  l'introito  derivante   dalla maggiorazione della tassa automobilistica  regionale,  pari  ad  euro 10.000.000,00, fosse destinato alla copertura dei disavanzi  sanitari

maturati a decorrere dall'esercizio 2001.

    Il medesimo art. 6, comma 2,  stabilisce  inoltre  che  l'importo delle  maggiorazioni  della  tassa  automobilistica  regionale,   non utilizzato per il finanziamento del programma operativo del  Servizio

Sanitario Regionale, sia riprogrammato e destinato al pagamento delle rate di rimborso dei  mutui  e  dei  prestiti  relativi  al  comparto sanitario.

    La  disposizione,  incidendo  sulla   copertura   del   disavanzo sanitario attraverso le entrate fiscali, contrasta sia con  la  stima delle  coperture  regionali  da  entrate  fiscali,   risultante   dal Programma operativo 2011- 2012 (pag.  11),  sia  con  le  valutazioni effettuate dai Tavoli tecnici per la verifica del  Piano  di  rientro

dai  deficit  sanitari  circa  il  risultato  di  gestione   2011   e l'effettiva esigenza di copertura del  debito  al  31  dicembre  2009 (risultanti dal verbale del 14 dicembre 2011).

    Ne consegue la  lesione  dei  principi  fondamentali  diretti  al contenimento della spesa pubblica sanitaria sotto un duplice aspetto:

        - innanzitutto la disposizione regionale  in  esame  viola  i principi di cui all'art. 2, commi 80 e 95, della  legge  n.  191  del 2009, secondo i quali in costanza di Piano  di  rientro  e'  preclusa alla regione l'adozione di nuovi provvedimenti che siano di  ostacolo alla piena attuazione del piano, essendo le previsioni dell'Accordo e

del relativo Piano vincolanti per la regione stessa;

        - inoltre, la stessa disposizione, incidendo sull'operato dei menzionati Tavoli tecnici, compromette la funzione di  valutazione  e di monitoraggio ad essi attribuita dall'art. 1, comma 796,  lett.  b)

della  l.  n.  296  del  2006  (l.  finanziaria  2007)   e   ribadita nell'Accordo e relativo Piano di rientro del 2007.

    La  norma,  pertanto,  viola  l'art.  117,  terzo  comma,   della Costituzione, in quanto contrasta con i principi  fondamentali  della legislazione  statale  in  materia  di  coordinamento  della  finanza pubblica  di  cui  le  norme  statali  sopra  indicate  costituiscono

espressione.

5) Illegittimita' dell'art.  42,  comma  2,  della  l.r.  Abruzzo  10 gennaio 2012, n. 1 per  violazione  dell'art.  117,  terzo  comma,  e dell'art. 120, secondo comma, della Costituzione.

    5a) L'art. 42, comma 2, della l.r. n. l del 2012 aggiunge  l'art. 12-bis all'art. 12 della l.r. n. 6 del 2011, demandando  alla  Giunta regionale la definizione delle linee di indirizzo per le aziende  del servizio sanitario regionale volte all'implementazione del sistema di

misurazione  e  di  valutazione  della  performance   del   personale sanitario regionale.

    La disposizione, che riguarda la valutazione del personale  delle aziende del Servizio sanitario e comporta, secondo quanto specificato nella disposizione stessa, un contemperamento del  nuovo  sistema  di valutazione delle prestazioni con la metodologia  della  negoziazione

per budget gia' implementata presso le AA.SS.LL. regionali,  si  pone in contrasto con il primo punto  del  mandato  commissariale  del  12 dicembre 2009 che affida al Commissario ad acta la  razionalizzazione

e il contenimento del personale sanitario.

    Ne consegue la  lesione  dei  principi  fondamentali  diretti  al contenimento della spesa pubblica sanitaria di cui all'art. 2,  commi 80 e 95, della legge n. 191 del 2009, secondo i quali in costanza  di Piano di  rientro  e'  preclusa  alla  regione  l'adozione  di  nuovi provvedimenti che siano di ostacolo alla piena attuazione del  piano,

essendo le previsioni dell'Accordo e del  relativo  Piano  vincolanti per la regione stessa.

    La disposizione regionale,  pertanto,  viola  l'art.  117,  terzo comma,  della  Costituzione,  in  quanto  contrasta  con  i  principi fondamentali della legislazione statale in materia  di  coordinamento della finanza pubblica.

    5b) La medesima disposizione, inoltre, intervenendo in materia di organizzazione  sanitaria  in  costanza  di  Piano  di  rientro   dal disavanzo  sanitario,  interferisce  con  l'attuazione   del   Piano, affidata al Commissario ad acta con il mandato commissariale  del  12

dicembre 2009, menomandone le attribuzioni, in  violazione  dell'art. 120, secondo comma, della Costituzione.

6) Illegittimita' dell'art. 44 della l.r. Abruzzo 10 gennaio 2012, n. 1 per violazione degli articoli 117, terzo comma,  81,  120,  secondo comma, e 117, terzo comma, della Costituzione.

    6a) L'art. 44 della l.r. n. 1 del 2012 stabilisce che la quota di compartecipazione a carico degli  assistiti  per  le  prestazioni  di assistenza specialistica, comprensiva del  ticket  di  10  euro,  non possa superare il costo della prestazione.

    La disposizione regionale in argomento, che  introduce  un  tetto massimo alla  quota  di  compartecipazione  dovuta  dagli  assistiti, contrasta con i principi fondamentali  in  materia  di  coordinamento della finanza pubblica contenuti nell'art. 1, comma 796, lettera p) e

p-bis) della legge n. 296/2006 (Finanziaria  2007)  e  nell'art.  17, comma 6 del d.l. n. 98 del 2011, convertito in l. n.  111  del  2011, che  non  prevedono  la  fissazione  di  alcuna  soglia  massima   di compartecipazione e  dispongono  che  le  regioni  possono  applicare ticket differenti rispetto a quelli stabiliti  dalla  norma  statale, purche'  dichiarati  finanziariamente  equivalenti   a   seguito   di certificazione di equivalenza del competente Tavolo  tecnico  per  la verifica  degli  adempimenti  di  cui  all'articolo  12   dell'intesa Stato-Regioni del 23 marzo 2005.

    Pertanto la disposizione in esame, nel  prevedere  una  quota  di compartecipazione  dovuta  dagli  assistiti  differente   da   quella stabilita dalla norma statale senza  il  previo  conseguimento  della certificazione di equivalenza finanziaria, disattende le regole poste dalla menzionata disciplina statale e viola l'art. 117, terzo  comma, della Costituzione, per contrasto con i principi  fondamentali  della legislazione  statale  in  materia  di  coordinamento  della  finanza pubblica.

    6b) La norma, inoltre, si pone  in  violazione  dell'articolo  81 della Costituzione in quanto determina un minore livello  di  entrate rispetto a quelle  ritenute  congrue  per  l'erogazione  dei  livelli essenziali di assistenza, senza prevedere la corrispondente copertura

delle spese necessarie per compensare le minori entrate.

    6c) Inoltre la disposizione in esame, che fissa un limite massimo alla quota di partecipazione dovuta dall'assistito per le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale, stabilendo che tale limite

non possa  eccedere  la  tariffa  della  prestazione,  garantisce  ai cittadini abruzzesi un  livello  di  assistenza  «ulteriore»  ed  e', pertanto, incompatibile con gli obiettivi di risanamento imposti  dal

suddetto Piano di Rientro.

    In tal modo la norma in esame interferisce con  l'attuazione  del Piano di rientro, affidata al Commissario  ad  acta  con  il  mandato commissariale del 12 dicembre  2009,  in  violazione  dell'art.  120, secondo comma, della Costituzione.

    Al riguardo, come gia' esposto al  precedente  punto  2  sub  a), soccorrono i principi espressi dall'Ecc.ma Corte nelle sentenze n.  2 del 2010 e n. 78 del 2011.

    6d) In ultimo, la disposizione in argomento, interferisce,  senza rispettarne i vincoli, con l'attuazione  del  piano  di  rientro  dal disavanzo sanitario affidata al Commissario ad acta  con  il  mandato

commissariale del 12 dicembre 2009.

    Ne consegue la  lesione  dei  principi  fondamentali  diretti  al contenimento della spesa pubblica sanitaria di cui all'art. 2,  commi 80 e 95, della legge n. 191 del 2009, secondo i quali in costanza  di Piano di  rientro  e'  preclusa  alla  regione  l'adozione  di  nuovi

provvedimenti che siano di ostacolo alla pi na attuazione del  piano, essendo le previsioni dell'Accordo e del  relativo  Piano  vincolanti per la regione stessa.

    La disposizione regionale in esame, pertanto, viola  l'art.  117, terzo comma, della Costituzione, in quanto contrasta con  i  principi fondamentali della legislazione statale in materia  di  coordinamento della finanza pubblica.

    Sull'argomento, si richiamano  i  principi  espressi  dall'Ecc.ma Corte Costituzionale, con le sentenze n.  100  e  n.  141  del  2010, ampiamente riportati al precedente punto 2 sub b).

7) Illegittimita' dell'art.  45,  comma  2,  della  l.r.  Abruzzo  10 gennaio 2012, n. 1 per violazione degli articoli  117,  terzo  comma, 120, secondo comma, e 117, terzo comma, della Costituzione.

    7a) L'art. 45, comma 2, della l.r. n. 1 del 2012 modifica  l'art. 3, comma 5, lett. b) della legge regionale  32/2007,  prevedendo  che gli   studi   professionali   singoli    e    associati,    mono    e polispecialistici, di cui al comma 2 dell'articolo 8-ter  del  d.lgs.

502/92,  possano  ottenere  da  parte  del  Comune   territorialmente competente il rilascio dell'autorizzazione, e il contestuale permesso di  costruzione,   realizzazione,   ampliamento,   trasformazione   o trasferimento della struttura sanitaria o  socio-sanitaria,  senza  a preventiva  acquisizione  del  nulla-osta   di   compatibilita',   da esprimersi con parere  obbligatorio  e  vincolante,  da  parte  della Direzione Sanita'.

    La disposizione, che esenta gli  studi  medici  sopra  menzionati dall'acquisizione del prescritto nulla-osta regionale, contrasta  con i principi fondamentali in materia di  tutela  della  salute  di  cui all'art. 8-ter, comma 3, del d.lgs. n. 502/92,  a  norma  del  quale:

«Per la realizzazione di  strutture  sanitarie  e  sociosanitarie  il comune acquisisce, nell'esercizio delle proprie competenze in materia di autorizzazioni e concessioni di cui all'art. 4 del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 398, convertito, con modificazioni,  dalla  legge  4 dicembre 1993, n. 493 e  successive  modificazioni,  la  verifica  di compatibilita' del progetto da parte della regione. Tale verifica  e' effettuata   in   rapporto   al   fabbisogno   complessivo   e   alla localizzazione  territoriale  delle  strutture  presenti  in   ambito

regionale, anche al fine  di  meglio  garantire  l'accessibilita'  ai servizi e valorizzare le aree di insediamento  prioritario  di  nuove strutture».

    La disposizione statale, che deve applicarsi a tutte le strutture che necessitano di autorizzazione alla realizzazione,  tra  le  quali figurano anche gli studi che la norma regionale  in  oggetto  intende escludere, consente sia di garantire livelli essenziali di  sicurezza

delle strutture, sia di poter disporre di uno  strumento  di  governo della domanda e  dell'offerta  di  prestazioni  sanitarie  a  livello locale.

    Pertanto, la disposizione della legge regionale in esame, ledendo tali principi, viola l'art. 117, comma  3,  della  Costituzione,  per contrasto con i principi fondamentali della legislazione  statale  in materia di tutela della salute.

    Si richiamano al riguardo i  precedenti  giurisprudenziali  della Corte Costituzionale (cfr. sentenza n. 245/2010 resa proprio  su  una legge regionale dell'Abruzzo; la sentenza n. 19/2009; la sentenza  n.

150/2010, resa sulla l.r. Puglia n. 45/2008).

    7b)  La  disposizione  in  esame,   inoltre,   interferisce   con l'attuazione del Piano di rientro e con il mandato commissariale  del 12  dicembre  2009  che  contengono  specifiche   indicazioni   circa l'adeguamento della normativa regionale alle norme nazionali in  tema

di  accreditamento  e  autorizzazione,  ponendosi  in  tal  modo   in contrasto  con  l'art.  120,  secondo  comma,   della   Costituzione.

Soccorrono, al riguardo, i principi espressi dall'Ecc.ma Corte  nelle sentenze n. 2 del 2010 e n. 78 del  2011,  ampiamente  richiamati  al precedente punto 2 sub a).

    7c) Da ultimo, la disposizione in argomento, interferisce,  senza rispettarne i vincoli, con l'attuazione  del  piano  di  rientro  dal disavanzo sanitario affidata al Commissario ad acta  con  il  mandato

commissariale del 12 dicembre 2009.

    Ne consegue la  lesione  dei  principi  fondamentali  diretti  al contenimento della spesa pubblica sanitaria di cui all'art. 2,  commi 80 e 95, della legge n. 191 del 2009, secondo i quali in costanza  di Piano di  rientro  e'  preclusa  alla  regione  l'adozione  di  nuovi provvedimenti che siano di ostacolo alla piena attuazione del  piano,

essendo le previsioni dell'Accordo e del  relativo  Piano  vincolanti per la regione stessa.

    La disposizione regionale in esame, pertanto, viola  l'art.  117, terzo comma, della Costituzione, in quanto contrasta con  i  principi fondamentali della legislazione statale in materia  di  coordinamento della finanza pubblica.

    Sull'argomento, si richiamano  i  principi  espressi  dall'Ecc.ma Corte Costituzionale, con le sentenze n.  100  e  n.  141  del  2010, ampiamente riportati al precedente punto 2 sub b).

8) Illegittimita' dell'art. 46 della l.r. Abruzzo 10 gennaio 2012, n. 1 per violazione degli articoli 217, terzo comma, art.  120,  secondo comma, e 117, terzo comma, della Costituzione.

    8a) L'art. 46 della  l.r.  n.  1  del  2012  prevede  che,  fermo restando  il  budget  assegnato,  la  struttura  privata  accreditata erogante prestazioni di riabilitazione  ex  art.  26  legge  833/1978 possa trasferire, nell'ambito della  stessa  A.S.L.,  parte  di  tali prestazioni in sedi presenti all'interno della  stessa  A.S.L.,  gia' autorizzate ma non accreditate.

    La disposizione  regionale,  che  consente  il  trasferimento  di alcune attivita' sanitarie in strutture non accreditate, eccede dalle competenze regionali e viola i principi fondamentali  in  materia  di tutela della salute di cui all'art. 117, terzo comma, Costituzione.

    Essa contrasta, in particolare, con l'art.8-bis, comma 1 e  comma 3, del  d.lgs.  502/1992,  secondo  il  quale  «La  realizzazione  di strutture sanitarie e l'esercizio di attivita' sanitarie, l'esercizio di attivita' sanitarie per conto del Servizio sanitario  nazionale  e l'esercizio di attivita' sanitarie a carico  del  Servizio  sanitario

nazionale  sono  subordinate,  rispettivamente,  al  rilascio   delle autorizzazioni  di  cui   all'articolo   8-ter,   dell'accreditamento istituzionale di cui all'articolo 8-quater, nonche' alla stipulazione degli  accordi  contrattuali  di  cui  all'articolo  8-quinquies.  La

presente disposizione vale anche per  le  strutture  e  le  attivita' sociosanitarie».

    Al  riguardo  e'  opportuno  sottolineare   che   consentire   lo svolgimento di attivita' sanitarie presso strutture  autorizzate,  ma non accreditate, non garantisce che  la  struttura  sia  in  possesso anche dei requisiti ulteriori previsti per  l'accreditamento  e  che,

quindi, sia in grado di  poter  erogare  prestazioni  per  conto  del S.S.N.

    La disposizione in esame si pone, dunque,  in  contrasto  con  la ratio  dell'accreditamento,  desumibile  dagli  artt.  8-bis,  8-ter, 8-quater, d.lgs. n. 502/92, che e' posta a  tutela  del  cittadino  e della Regione, che eroga prestazioni con oneri imputabili  al  S.S.N.

solo su strutture particolarmente qualificate che hanno  ottenuto  il riconoscimento di qualita' con l'atto di accreditamento.

    8b) La disposizione regionale in esame, inoltre,  riguardando  la materia delle autorizzazioni e degli accreditamenti  delle  strutture sanitarie, interferisce con l'attuazione del Piano di rientro  e  con il  mandato  commissariale  del  12  dicembre  2009,  che   prevedono

l'adozione  di  un  piano  della  rete  territoriale  e  della   rete residenziale e semi residenziale dopo aver provveduto  a  determinare il  fabbisogno  della  regione,  ponendosi  sotto  tale  profilo,  in contrasto con l'art. 120, secondo comma, della Costituzione.

    Soccorrono, al riguardo, i principi  espressi  dall'Ecc.ma  Corte nelle sentenze n. 2 del 2010 e n. 78 del 2011, ampiamente  richiamati al precedente punto 2 sub a).

    8c) Da ultimo, la disposizione in argomento, interferisce,  senza rispettarne i vincoli, con l'attuazione  del  piano  di  rientro  dal disavanzo sanitario affidata al Commissario ad acta  con  il  mandato

commissariale del 12 dicembre 2009.

    Ne consegue la  lesione  dei  principi  fondamentali  diretti  al contenimento della spesa pubblica sanitaria di cui all'art. 2,  commi 80 e 95, della legge n. 191 del 2009, secondo i quali in costanza  di Piano di  rientro  e'  preclusa  alla  regione  l'adozione  di  nuovi provvedimenti che siano di ostacolo alla piena attuazione del  piano,

essendo le previsioni dell'Accordo e del  relativo  Piano  vincolanti per la regione stessa.

    La disposizione regionale in esame, pertanto, viola  l'art.  117, terzo comma, della Costituzione, in quanto contrasta con  i  principi fondamentali della legislazione statale in materia  di  coordinamento della finanza pubblica.

    Sull'argomento, si richiamano  i  principi  espressi  dall'Ecc.ma Corte Costituzionale, con le sentenze n.  100  e  n.  141  del  2010, ampiamente riportati al precedente punto 2 sub b).

 

                                

                               P.Q.M.

 

 

    Si conclude perche' gli articoli 16; 1, comma l; 6, commi l e  2; 42, comma 2; 44; 45, comma 2 e 46 della legge della  Regione  Abruzzo del 10 gennaio 2012, n. 1, pubblicata nel Bollettino Ufficiale  della Regione  n.  6  del  giorno  18  gennaio   2012,   siano   dichiarati

costituzionalmente illegittimi.

    Si produce l'estratto della delibera del Consiglio  dei  Ministri del giorno 9 marzo 2012 e  la  relazione  del  Dipartimento  per  gli Affari regionali.

 

 

                                

                  L'Avvocato dello Stato: Di Maggio

 

 

 

 

Menu

Contenuti