Ricorso n.61 del 27 maggio 2019 (del Presidente del Consiglio dei Ministri)
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 27 maggio 2019 (del Presidente del Consiglio dei ministri) .
(GU n. 26 del 2019-06-26)
Ricorso per la Presidenza del Consiglio dei ministri (C.F.
97163520584), in persona del Presidente pro tempore, ex lege
rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale dello Stato (C.F.
80224030587) presso i cui uffici domicilia ex lege in Roma, via dei
Portoghesi n. 12 - fax 06-96514000, pec
ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it nei confronti della Regione
Puglia, in persona del Presidente della Giunta regionale pro tempore,
per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale della legge
regionale n. 13 del 28 marzo 2019, recante «Misure per la riduzione
delle liste d'attesa in sanita' - primi provvedimenti», pubblicata
sul B.U.R. n. 36 del 1° aprile 2019.
La legge della Regione Puglia n. 13 del 28 marzo 2019, recante
«Misure per la riduzione delle liste d'attesa in sanita' - primi
provvedimenti», presenta i seguenti profili d'illegittimita'
costituzionale, in relazione ai quali si formula la presente
impugnativa ex art. 127 Cost., deliberata dal Consiglio dei Ministri
in data 20 maggio 2019, rilevando quanto segue.
1) L'art. 5, comma 4, prevede che «Nel caso in cui il fondo
previsto dall'art. 2 della legge 8 novembre 2012, n. 189 (Conversione
in legge, con modificazioni, del decreto-legge 13 settembre 2012, n.
158, recante disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del
Paese mediante un piu' alto livello di tutela della salute) non
risulti sufficiente a garantire il rispetto dei tempi di attesa, il
direttore generale attiva intese sindacali finalizzate a incrementare
detto fondo, attingendo alle quote gia' accantonate per i fondi
perequativi alimentati dalla libera professione».
La trascritta norma regionale prevede, dunque, che, qualora il
fondo che l'art. 2 del decreto legge n. 158 del 2012 destina alla
riduzione dei tempi di attesa non risulti sufficiente a garantire
tale finalita', il direttore generale possa attivare intese sindacali
finalizzate a incrementare detto fondo, attingendo alle quote gia'
accantonate per i fondi perequativi alimentati dalla libera
professione, siffatta previsione contrasta con l'art. 117, secondo
comma, lettera l), della Costituzione.
Al riguardo si precisa che i fondi perequativi, menzionati dalla
norma regionale in esame, sono previsti e regolamentati dalla vigente
disciplina contrattuale, in base all'art. 5 del decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri 27 marzo 2000 (Atto di
indirizzo e coordinamento concernente l'attivita'
libero-professionale intramuraria del personale della dirigenza
sanitaria del Servizio sanitario nazionale), che (in attuazione degli
articoli 4, comma 11 e 15-quinquies del decreto legislativo n.
502/1992 e dell'art. 9 del decreto legislativo n. 502/1992 «Riordino
della disciplina in materia sanitaria») all'art. 5, comma 2, lettera
e), indica «una percentuale pari al 5 per cento della massa dei
proventi dell'attivita' libero-professionale, al netto delle quote a
favore dell'azienda, quale fondo aziendale da destinare alla
perequazione per quelle discipline mediche e veterinarie che abbiano
una limitata possibilita' di esercizio della libera professione
intramuraria; analogo fondo e' costituito per le restanti categorie».
Pertanto il menzionato art. 2 del decreto-legge n. 158 del 2012
(riguardante l'attivita' libero-professionale intramuraria) prevede
che le Aziende sanitarie, nell'ambito della definizione degli importi
da corrispondere a cura dell'assistito per le prestazioni sanitarie,
d'intesa con i dirigenti interessati, e previo accordo in sede di
contrattazione integrativa aziendale, debbano tener conto, oltre che
della quota gia' prevista dalla vigente disciplina contrattuale
(comunque, come sopra descritto, non inferiore al 5 per cento della
massa di tutti i proventi dell'attivita' libero-professionale
definita in sede di contrattazione collettiva integrativa aziendale),
anche di un'ulteriore quota pari al 5 per certo del compenso del
libero professionista destinata ad interventi volti alla riduzione
delle liste di attesa.
Da cio' consegue che la vigente normativa statale (art. 2 del
decreto-legge n. 158 del 2012) sopra descritta vincola al fondo
destinato alla riduzione dei tempi di attesa una quota ben definita e
non anche quella destinata dal contratto collettivo al fondo di
perequazione, che, invece, come sopra detto, occorre per finanziare
(con una quota della tariffa per la prestazione sanitaria non
inferiore al 5 per cento della massa di tutti i proventi
dell'attivita' libero-professionale), la perequazione per le
discipline mediche e veterinarie che abbiano una limitata
possibilita' di esercizio della libera professione intramuraria.
La norma regionale in esame pertanto, disciplinando una materia
riservata alla contrattazione collettiva, invade la materia
dell'ordinamento civile, riservata alla legislazione esclusiva dello
Stato, in violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera l), della
Costituzione.
La norma regionale e' altresi' censurabile, per il medesimo
motivo, in quanto, prevedendo che per incrementare il fondo di cui
all'art. 2 si proceda attraverso «intese», si pone anche sotto tale
profilo in contrasto con il menzionato art. 2 del decreto-legge n.
158 del 2012 che richiede la previa contrattazione integrativa
aziendale.
2) L'art. 9 dispone che i direttori generali delle aziende
sanitarie locali, delle aziende ospedaliere e degli IRCSS
rideterminino le dotazioni organiche in funzione dell'accrescimento
dell'efficienza e della realizzazione della migliore utilizzazione
delle risorse umane, tenendo anche conto della necessita' di
procedere all'abbattimento delle liste d'attesa.
La disposizione regionale omette pero' di richiamare il rispetto
dei limiti di spesa per il personale posti sia dall'art. 1, comma
584, della legge n. 190/2014, sia dall'art. 2, comma 71, della legge
n. 191/2009 cui sono assoggettati gli enti del Servizio sanitario
nazionale al fine di concorrere alla realizzazione degli obiettivi di
finanza pubblica.
La norma regionale in esame, pertanto, non richiamando le
disposizioni statali che vincolano le Regioni, in particolare quelle
in piano di rientro, a rispettare il tetto di spesa per il personale,
e' suscettibile di determinare nuovi o maggiori oneri ponendosi in
contrasto con l'art. 81 della Costituzione.
P. Q. M.
Le norme regionali sopra indicate vengono impugnate dinanzi alla
Corte costituzionale ai sensi dell'art. 127 Cost.
Si conclude pertanto affinche' sia dichiarata l'illegittimita'
costituzionale nei sensi sopra esposti dell'art. 5, comma 4, e
dell'art. 9 della legge della Regione Puglia n. 13 del 28 marzo 2019,
recante «Misure per la riduzione delle liste d'attesa in sanita' -
primi provvedimenti».
Roma, 21 maggio 2019
L'Avvocato dello Stato: De Giovanni