Ricorso n. 61 del 6 ottobre 2008 (Presidente del Consiglio dei ministri)
RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 6 ottobre 2008 , n. 61
Depositato in cancelleria il 6 ottobre 2008 (del Presidente del Consiglio dei ministri)
(GU n. 46 del 5-11-2008)
Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici e' legalmente domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12; Contro la Regione Piemonte, in persona del Presidente della Giunta regionale pro tempore, per la declaratoria della illegittimita' costituzionale della legge della Regione Piemonte n. 23 del 28 luglio 2008, pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione Piemonte del 29 luglio 2008, n. 30, come da delibera del Consiglio dei ministri in data 19 settembre 2008. F a t t o In data 29 luglio 2008 e' stata pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione Piemonte la legge regionale n. 23 del 28 luglio 2008, con la quale e' stata posta la «disciplina dell'organizzazione degli uffici regionali» e sono state emanate «disposizioni concernenti la dirigenza ed il personale». Con tale complessa normazione la regione ha inteso regolamentare in modo organico l'organizzazione dei propri uffici «in armonia con la Costituzione e secondo i principi generali risultanti dalle leggi della Repubblica in materia di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche». In particolare - per quanto in questa sede interessa - nell'ambito del Capo IV regolante la dirigenza, il comma 2 dell'art. 24 della legge (Incarichi dirigenziali esterni), prevede testualmente che «gli incarichi di direttore regionale possono essere conferiti, entro il limite del 30 per cento dei rispettivi posti ...., a persone esterne all'amministrazione regionale». Detta disposizione viola i principi costituzionali di ragionevolezza e buon andamento della pubblica amministrazione, eccede pertanto dalle competenze regionali ed e' parimenti invasiva della competenza statale; la stessa viene pertanto impugnata con il presente atto affinche' ne sia dichiarata la illegittimita' costituzionale, con conseguente annullamento, sulla base delle seguenti considerazioni in punto di D i r i t t o 1.1. - La legge regionale del Piemonte n. 23/2008 contiene, al Capo I, una serie di disposizioni generali, di natura per cosi' dire «programmatica». Accanto al risalto assegnato ai principi contenuti nello Statuto regionale e all'accentuazione dell'autonomia organizzativa, che costituiscono oggetto di puntuale enunciazione negli articoli da 2 a 5, l'art. 1 - come visto - pone come riferimento primario e pertanto fondamentale per l'esercizio del potere organizzativo il richiamo alla Costituzione e alle leggi statali in materia di lavoro dei dipendenti pubblici. Vengono pertanto al riguardo in evidenza, in primo luogo, i principi costituzionali di buon andamento e imparzialita' dell'amministrazione e di accesso alla stessa mediante concorso - che del primo e' specificazione ed esplicazione - di cui ai commi 1 e 3 dell'art. 97, nonche' il principio di ragionevolezza che abitualmente si ricava quale naturale evoluzione del principio di uguaglianza di cui all'art. 3 e che postula l'adeguatezza della norma al fine pubblico perseguito. In secondo luogo, i principi generali in materia di lavoro dei dipendenti pubblici possono essere reperiti - a livello di normazione statale - nell'art. 18, comma 6, del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165. Detta disposizione, nel regolamentare gli incarichi di funzioni dirigenziali, testualmente prevede che «gli incarichi di cui ai commi da 1 a 5 possono essere conferiti, da ciascuna amministrazione, entro il limite del 10 per cento della dotazione organica dei dirigenti appartenenti alla prima fascia dei ruoli di cui all'articolo 23 e dell'8 per cento della dotazione organica di quelli appartenenti alla seconda fascia, a tempo determinato ai soggetti indicati dal presente comma. La durata di tali incarichi, comunque, non puo' eccedere, per gli incarichi di funzione dirigenziale di cui ai commi 3 e 4, il termine di tre anni, e, per gli altri incarichi di funzione dirigenziale il termine di cinque anni. Tali incarichi sono conferiti a persone di particolare e comprovata qualificazione professionale, che abbiano svolto attivita' in organismi ed enti pubblici o privati ovvero aziende pubbliche o private con esperienza acquisita per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali, o che abbiano conseguito una particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e postuniversitaria, da pubblicazioni scientifiche o da concrete esperienze di lavoro maturate, anche presso amministrazioni statali, ivi comprese quelle che conferiscono gli incarichi, in posizioni funzionali previste per l'accesso alla dirigenza, o che provengano dai settori della ricerca, della docenza universitaria, delle magistrature e dei ruoli degli avvocati e procuratori dello Stato. Il trattamento economico puo' essere integrato da una indennita' commisurata alla specifica qualificazione professionale, tenendo conto della temporaneita' del rapporto e delle condizioni di mercato relative alle specifiche competenze professionali. Per il periodo di durata dell'incarico, i dipendenti delle pubbliche amministrazioni sono collocati in aspettativa senza assegni, con riconoscimento dell'anzianita' di servizio». 1.2. - Orbene, la legge regionale, nel disciplinare nel Capo IV la dirigenza, contempla come visto all'art. 24 la possibilita' che gli incarichi dirigenziali esterni siano conferiti a soggetti estranei all'amministrazione regionale nel limite del 30 per cento. Tale amplissima previsione, che consente l'assunzione di personale dirigenziale all'esterno in misura addirittura tripla rispetto alla previsione statale, appare del tutto irragionevole, ingiustificata e contraria a Costituzione. Se anche, infatti, si volesse ritenere la materia dell'organizzazione dei propri uffici quale pertinente alla competenza legislativa residuale della regione, quest'ultima, come insegna codesto ecc.mo Collegio, non potrebbe comunque esser esercitata in contrasto con altri principi costituzionali (cfr. Corte cost., n. 380/2004 e Corte cost., n. 274/2003). Contrasto che, nella fattispecie in esame, appare palese. E' infatti certamente in urto con il principio di buon andamento dell'amministrazione di cui al primo comma dell'art. 97 - anche nella forma specifica contemplata dal successivo comma 3 - consentire l'assunzione senza concorso con contratti a tempo determinato (comma 5) di soggetti estranei all'amministrazione in un numero cosi' consistente (fino ad un terzo del personale dirigenziale). Una tale previsione, oltre ad avere una presumibile rilevante incidenza sotto il profilo economico, omette ingiustificatamente di valorizzare il personale dipendente. Inoltre, la consistente quota di dirigenti esterni - e, quindi, almeno inizialmente non a conoscenza delle dinamiche dell'amministrazione - e la temporaneita' dell'incarico (che, a differenza di quanto accade per il dirigente-dipendente contemplato dalla normativa statale, e' rinnovabile solo per un periodo limitato) costituiscono - per la posizione apicale dei soggetti contemplati - fattori suscettibili di rendere l'azione amministrativa slegata e frammentaria, si' da incidere in misura rilevante sulla organizzazione. E cio' appare del tutto ingiustificato e irragionevole anche perche' in contrasto con la stessa affermazione contenuta nell'art. l, a modi principio informatore dell'intera disciplina, della volonta' di uniformarsi ai principi fondamentali della normativa statale in materia. E' ben noto che codesta ecc.ma Corte ha ritenuto possibile valutare caso per caso la conformita' di eventuali deroghe ai principi costituzionali ora richiamati, ravvisandola, ad esempio (sentenza n. 274/2003 cit.), nel ricorrere di particolari situazioni tali da renderle non irragionevoli (nel caso allora esaminato, che presenta punti di contatto con l'odierna questione, si trattava dell'inserimento in posti di ruolo di soggetti da tempo in una posizione di precarieta' nell'ambito dell'amministrazione regionale). Ma la genericita' della previsione della norma oggi impugnata e l'assenza di qualsivoglia elemento esplicativo sulla necessita' di una eccezione alle disposizioni costituzionali e della normativa statale fondamentale rendono evidentemente irragionevole e, pertanto, illegittima, anche sotto il profilo dell'art. 3 Cost., la disposizione che si impugna. Conclusivamente, la norma fin qui esaminata e' costituzionalmente illegittima, e tale dovra' essere dichiarata, con conseguente annullamento, in quanto violativa dei principi costituzionali posti dagli artt. 3 e 97 Cost., come piu' precisamente specificato nell'esposizione che precede.
P. Q. M. Si chiede che codesta ecc.ma Corte costituzionale voglia dichiarare costituzionalmente illegittima, e conseguentemente annullare, in parte qua e per i motivi illustrati nel presente ricorso, la legge della Regione Piemonte n. 23 del 28 luglio 2008, pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione Piemonte del 29 luglio 2008, n. 30, come da delibera del Consiglio dei ministri in data 19 settembre 2008. Con l'originale notificato del ricorso si depositeranno: 1. estratto della delibera del Consiglio dei ministri 19 settembre 2008; 2. copia della legge regionale impugnata; 3. rapporto del Dipartimento degli affari regionali. Con ogni salvezza. Roma, addi' 24 settembre 2008 L'avvocato dello Stato: Massimo Salvatorelli