N. 62 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 24 maggio 2005.
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 24 maggio 2005 (del Presidente del Consiglio dei
ministri)
(GU n. 24 del 15-6-2005)


Ricorso per il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall'Avvocato generale dello Stato, presso i
cui uffici, in Roma via dei Portoghesi n. 12, domicilia;

Contro la regione Lombardia in persona del presidente della
giunta regionale pro tempore per la declaratoria dell'illegittimita'
costituzionale:
del combinato disposto degli articoli 9, commi 12 e 13, e 11,
comma 3;
nonche' degli articoli 19, comma 2, lettera b) n. 2, e 10,
comma 1, lettera d) in relazione agli articoli 55, comma 1, lettera
b) e 57, comma 1 lettere a) e b);
ed infine degli articoli 27, comma 1 lettera e) n. 4 e 33
della legge regionale n. 12 dell'11 marzo 2005, pubblicata sul
bollettino ufficiale regionale n. 11 del 16 marzo 2005 e recante il
titolo «Legge per il governo del territorio».
La presentazione del presente ricorso e stata decisa dal
Consiglio dei ministri nella riunione del 13 maggio 2005 (si
depositeranno estratto del verbale e relazione del ministro
proponente).
La legge della regione Lombardia disciplina compiutamente la
materia del governo del territorio ai sensi dell'art. 117, comma 3,
della Costituzione ed essendo stata adottata nell'esercizio di
potesta' legislativa concorrente deve essere conforme ai principi
fondamentali che, nell'ordinamento statale e comunitario, regolano la
materia disciplinata.
Sulla base di tale criterio, la legge della regione Lombardia, in
epigrafe indicata, viene censurata per i seguenti.

M o t i v i

1. - L'articolo 9 (commi 12 e 13) prevede la possibilita' da
parte del proprietario dell'area di realizzare direttamente
attrezzature e servizi indicati dal «Piano dei servizi», per la cui
attuazione e' preordinato il vincolo di espropriazione.
2. - L'articolo 11, comma 3, stabilisce in via generale che le
amministrazioni locali possano attribuire aree in permuta o diritti
edificatori trasferibili su aree edificabili a titolo di
compensazione della cessione gratuita di «aree destinate alla
realizzazione di interventi di interesse pubblico o generale, non
disciplinate da piani e da atti di programmazione». In particolare,
il secondo capoverso del medesimo comma testualmente recita: «In
alternativa a tale attribuzione di diritti edificatori, sulla base
delle indicazioni del piano dei servizi, il proprietario puo'
realizzare direttamente gli interventi di interesse pubblico o
generale, mediante accreditamento o stipulazione di convenzione con
il comune per la gestione del servizio».
Tali disposizioni, allorche' l'entita' dei lavori da realizzare
superano la soglia stabilita' dall'U.E, contrastano con la normativa
comunitaria e statale che disciplina le modalita' di affidamento
degli appalti pubblici di lavori e servizi. In particolare violano i
principi generali del Trattato comunitario sulla tutela della
concorrenza e nell'ambito del mercato specifico degli appalti, le
direttive 92/50 (servizi), 93/36/CE (forniture), 93/37 (lavori
pubblici), e 93/38/CE (settori esclusi). Tali direttive sono state
attuate in Italia rispettivamente dai decreti legislativi
n. 157/1995, n. 358/1992 e n. 402/1998, dalla legge n. 109/1994 ed
ancora dai decreti legislativi n. 158/1995 e n. 525/1999. Le citate
direttive europee prevedono, infatti, per la realizzazione di tali
interventi procedure di aggiudicazione ad evidenza pubblica,
derogabili solo in casi limitatissimi ed eccezionali. In particolare,
ai sensi dell'art. 19, comma 1, della legge n. 109/1994 i lavori
pubblici possono essere realizzati esclusivamente mediante contratto
di appalto o di concessione di lavori pubblici, che negli anni la
normativa comunitaria ha progressivamente equiparato, quanto alla
procedura di scelta del contraente agli appalti pubblici, proprio per
evitare che diventasse, da strumento di legittima sostituzione della
pubblica amministrazione nella realizzazione di opere pubbliche, mero
espediente per eludere la disciplina comunitaria sugli appalti
pubblici.
Lo scambio ipotizzato nelle norme approvate dalla regione
Lombardia, tra proprietario che ha realizzato direttamente i servizi
previsti nel piano e l'ente pubblico che li acquista, riguarda
comunque valori e diritti di stretta pertinenza pubblica, in
relazione ai quali il soggetto privato acquista connotazioni tipiche
di «organismo di diritto pubblico», tali da non poter ragionevolmente
sottrarsi all'onere di realizzare tali interventi (finanziati, come
detto, in tutto o in parte con risorse e diritti di appartenenza
pubblica) attraverso procedure di evidenza pubblica che assicurino il
miglior uso delle risorse collettive.
In materia di urbanistica consensuale e realizzazione diretta
delle opere di urbanizzazione da parte dei privati, va ricordata la
sentenza 12 luglio 2001 della VI sez. della Corte di Giustizia delle
Comunita' europee, secondo la quale, allorche' il titolare di una
concessione edilizia o di un piano di lottizzazione realizza
direttamente le opere di urbanizzazione, a scomputo (totale o
parziale) dei contributi dovuti per il rilascio della concessione, si
e' in presenza in ogni caso di un «appalto di lavori» in base alla
normativa comunitaria. Dunque nel caso in cui il valore stimato
dell'opera eguagli o superi la soglia comunitaria (art. 6 Dir.
93/37/CE) la direttiva comunitaria trova applicazione e, con essa, il
procedimento di evidenza pubblica. In altri termini la giurisprudenza
comunitaria non vieta la possibilita' di convenzioni tra
amministrazione e privati sulle opere di urbanizzazione, ma incide
sul modo di realizzarle, imponendo sempre procedure ad evidenza
pubblica. A conferma della vigenza di tale regola comunitaria,
l'articolo 2, comma 5, della legge n. 109/1994 stabilisce che «per le
singole opere d'importo superiore alla soglia comunitaria i soggetti
privati sono tenuti ad affidare le stesse nel rispetto delle
procedure di gara previste dalla citata direttiva 93/37/CEE».
Appare quindi evidente che gli articoli 9, commi 12 e 13 e
l'art. 11, comma 3, secondo periodo, della legge regionale della
Lombardia n. 12 del 2005, nella parte non prevedono una procedura di
gara per la realizzazione di lavori pubblici, oltre a violare
principi generali della legislazione nazionale in materia, eccedono
anche il limite dei vincoli comunitari di cui all'art. 117, primo
comma della Costituzione.
2. - La norma contenuta nell'articolo 19, comma 2, lettera b)
n. 2 stabilisce che il piano territoriale regionale definisce gli
indirizzi generali per il riassetto del territorio ai fini della
prevenzione dei rischi geologici, idrogeologici e sismici;
Le disposizioni di cui agli articoli 55, comma 1, lettera b) e
57, comma 1, lettere a) e b) prevedono che gli indirizzi per
l'assetto del territorio, ai fini della prevenzione dei rischi
geologici e idrogeologici e della loro mitigazione, nonche' le
direttive per la prevenzione del rischio sismico e l'individuazione
delle zone sismiche, vengano emanate dalla giunta regionale.
Tali disposizioni si pongono in contrasto con le norme di cui
all'articolo 107 del decreto legislativo n. 112/1998 e all'articolo 5
della legge n. 401/2001, che affermano la competenza dello Stato alla
predisposizione degli indirizzi e dei criteri generali nonche' delle
direttive in materia di previsione e prevenzione delle varie ipotesi
di rischio. Dette disposizioni statali devono considerarsi principi
fondamentali della materia protezione civile, vincolanti la potesta'
legislativa concorrente delle regione sulla materia stessa, ai sensi
dell'articolo 117, comma 3, Cost. Infatti l'attribuzione allo Stato
della competenza alla definizione degli indirizzi generali di
protezione civile e' finalizzata a garantire uniformita' territoriale
degli interventi.
Parimenti, appare censurabile l'articolo 10, comma 1, lettera d)
nella parte in cui si richiama a quanto previsto dal citato articolo
57.
3. - Gli articoli 27, comma 1, lett. e), numero 4 e 33
sottopongono l'installazione degli impianti di comunicazione
elettronica ad un iter autorizzatorio comunale (rilascio del permesso
di costruire), ulteriore rispetto a quello gia' previsto
dall'articolo 87 del decreto legislativo n. 259/2003 (Codice delle
comunicazioni elettroniche), attuativo delle direttive comunitarie
2002/20/CE, 2002/21/CE e 2002/22/CE. L'art. 86 del decreto
legislativo n. 259/2003 stabilisce, in particolare, che le autorita'
competenti alla gestione del suolo pubblico adottino «senza indugio»
le occorrenti decisioni, rispettando le procedure di cui agli
articoli 87, 88 e 89, nell'esame delle domande per la concessione del
diritto di installare le infrastrutture di comunicazione elettronica.
Il successivo articolo 87, disciplina il procedimento autorizzatorio,
il cui iter si conclude con l'accoglimento delle istanze, qualora
entro 90 giorni dalla presentazione della domanda non sia stato
comunicato un provvedimento di diniego da parte dell'ente locale.
L'ente medesimo potrebbe «prevedere termini piu' brevi per la
conclusione dei relativi procedimenti e ulteriori forme di
semplificazione amministrativa» (art. 87, comma 9) ma non puo'
sottoporre l'installazione degli impianti ad un altro e diverso iter
di autorizzazione, che si traduce in un ingiustificato appesantimento
del procedimento e nella conseguente violazione della normativa
nazionale e comunitaria richiamata. Al riguardo, per quanto riguarda
il diritto nazionale vigente ed i principi generali che lo regolano,
si segnala la decisione n. 100 dell'11 gennaio 2005, con la quale il
Consiglio di Stato ha stabilito che, per l'installazione di torri e
tralicci per gli impianti telefonici, la procedura di autorizzazione
da applicare e' solo quella di cui all'art. 87 del codice delle
comunicazioni elettroniche e che pertanto non e' necessario il
rilascio del permesso di costruire.

P. Q. M.
Si chiede che sia dichiarata l'illegittimita' costituzionale del
combinato disposto degli articoli 9, commi 12 e 13, e 11, comma 3,
nonche' degli articoli 19, comma 2, lettera b) n. 2, e 10, comma 1,
lettera d) in relazione agli articoli 55, comma 1, lettera b) e 57,
comma 1 lettere a) e b), ed infine degli articoli 27, comma 1 lettera
e) n. 4 e 33 della legge regionale della Lombardia n. 12 dell'11
marzo 2005, con ogni consequenziale pronuncia e si confida che, prima
della discussione del ricorso la regione faccia autonomamente cessare
la materia del contendere.
Roma, addi' 14 maggio 2005.
L'Avvocato dello Stato: Giuseppe Fiengo

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