N. 63 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 14 agosto 2003.
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 14 agosto 2003 (del Commissario dello Stato per la
Regione siciliana)
(GU n. 41 del 15-10-2003)

L'Assemblea regionale siciliana nella seduta del 30 luglio 2003
ha approvato il disegno di legge n. 634/A dal titolo «Norme
finanziarie e disposizioni in materia di razionalizzazione dei
servizi e per la gestione del territorio» pervenuto a questo
Commissariato dello Stato, ai sensi e per gli effetti dell'art. 28
dello Statuto Speciale, il 2 agosto 2003.
Il provvedimento legislativo, che nel testo elaborato per l'aula
dalle competenti commissioni permanenti constava di un solo articolo,
secondo cui il tennine previsto dall' art. 17 della recente, l.r.
n. 4/2003 per la presentazione delle domande di definizione delle
pratiche di concessione edilizia in sanatoria ex l.r. n. 37/1985 e
legge n. 724/1994 veniva riaperto sino al 31 dicembre 2003, e' stato
trasformato durante la discussione assembleare, a seguito
dell'approvazione di numerosi emendamenti, in un contenitore in cui
sono confluite disposizioni non attinenti alla materia oggetto di
originaria disciplina bensi' vertenti sui piu' disparati ambiti di
intervento regionale quali per citare ad esempio soltanto alcuni, la
classificazione delle carcasse bovine, il regime giuridico di parte
del personale degli enti locali, l'inquadramento dei dirigenti medici
del servizio sanitario regionale etc.
Verosimilmente l'eterogeneita' delle materie trattate e il
ristretto lasso di tempo disponibile prima del rinvio dei lavori
parlamentari per la pausa estiva non hanno consentito all'Assemblea
regionale l'approfondimento e la ponderazione necessari, nonche'
l'esposizione delle eventuali ragioni poste a fondamento di talune
disposizioni che danno adito a censure di illegittimita'
costituzionale.
Gli articoli 1, 9 e 13 sono, infatti, oggetto di rilievi di
ordine costituzionale per le motivazioni che di seguito si espongono.
L' art. 1 testualmente recita:
«Vigilanza venatoria) 1. Le somme impegnate nell'esercizio
finanziario 2002 ai sensi dell'art. 17 della legge regionale 23
dicembre 2002, n. 23, per le finalita' di cui all'articolo 44 della
legge regionale 1° settembre l997, n. 33 (U.P.B. 2.2.13.2 capitolo
143311) possono essere utilizzate per le medesime finalita'
nell'esercizio finanziario 2003».
La disposizione sostanzialmente consente l'utilizzo
nell'esercizio in corso di somme (2-583 migliaia di euro) gia'
impegnate regolarmente nell'anno precedente. E', pertanto, evidente
ed incontestabile la violazione del principio costituzionale
dell'annualita' del bilancio, e delle spese dallo stesso autorizzate,
posto, tra l'altro a garanzia del corretto e trasparente utilizzo
delle risorse pubbliche. Peraltro, ne' durante il dibattito
parlamentare sono state espresse le particolari ragioni che
sorreggono la scelta del legislatore di introdurre una deroga a tale
principio, ne', tantomeno, dai chiarimenti forniti
dall'Amministrszione regionale, ai sensi dell'art. 3 del d.P.R
488/1969, emergono situazioni eccezionali e specifiche che in
astratto potrebbero giustificare l'adozione della norma de qua (all.
1).
La disposizione censurata, inoltre, nell'infrangere un principio
generale dell'ordinamento contabile innegabilmente ingenera refluenze
negative sul buon andamento della pubblica amministrazione ponendosi
cosi' in contrasto anche con il dettato dell'art. 97 Cost.
L'art. 9, frutto di un emendamento approvato in aula senza alcuna
approfondita discussione e ponderato esame, il cui testo di seguito
si riporta, si pone in contrasto con gli articoli 9 e 97 della
Costituzione.
«(Contenimento del consumo di nuovo territorio). Alla fine
del comma 2 dell'art. 18, della legge regionale 16 aprile 2003, n. 4,
sono aggiunte le seguenti parole «o altresi' con la variazione della
destinazione d'uso di tutti i volumi regolarmente realizzati anche in
verde agricolo sia per favorire l'insediamento di attivita'
produttive sia per fini abitativi».
In buona sostanza con la norma teste' approvata si consente ad
libitum del soggetto richiedente la possibilita' di variare la
destinazione d'uso degli immobili ovunque realizzati, anche in verde
agricolo, con indici di edificabilita' diversi a secondo della
tipologia originariamente autorizzata.
Ne consegue la possibilita' di sanare, peraltro senza alcun
onere, costruzioni edificate in difformita' alla vigente normativa
urbanistica evitando di incorrere nelle previste sanzioni penali di
cui al combinato disposto degli articoli 7, 8 e 20 della legge
n. 47/1985 lettere a) e b).
La disposizione de qua invero rappresenta una indebita
interferenza in materia penale, ritenuta piu' volte illegittima da
codesta, ecc.ma Corte (ex plurimis sentenza n. 179/1986) atteso che
consente tout court il mutamento della destinazione d'uso, anche
nell'ipotesi in cui implichi la variazione degli standards
urbanistici di cui al d.m. 2 aprile 1968, fattispecie questa
sanzionata penalmente dal cennato art. 8 legge n. 47/1985.
La norma censurata inoltre, consentendo a regime la possibilita'
di variare senza alcun limite e prescrizione, la destinazione d'uso
degli immobili mina alle fondamenta l'ordinata pianificazione e
gestione del territorio che costituisce il diritto - dovere di ogni
comunita' locali per tutelare l'ambiente in cui vive ed opera.
Dalla previsione in questione verrebbero infatti vanificate le
scelte operate dall'amministrazione locale di destinare determinate
aree del proprio territorio ad uso abitativo ed altre alle attivita'
industriali ed artigianali, peraltro dotandole delle necessarie opere
di urbanizzazione ed infrastrutture, e trasformate le aree rurali,
peraltro gia' pesantemente interessate in Sicilia dal fenomeno
dell'edilizia abusiva, in indifferenziate aree residenziali con
l'innegabile devastante refluenza sull' ambiente, che l'art. 9 della
Costituzione impone di salvaguardare.
L'articolo 13, che si trascrive, infine configura palese
violazione degli articoli 3, 97 e 81 della Costituzione.
«(Disposizioni per il personale degli enti) 1. Il comma 7
dell'articolo 55 della legge regionale 30 aprile 1999, n. 10, e'
sostituito con il seguente: «7. Le disposizioni previste dall'
articolo 31 della legge regionale 7 marzo 1997, n.6 non si applicano
al personale degli enti previsti dal presente articolo».
La norma censurata esclude, senza alcuna plausibile motivazione,
il personale dell'IRCAC e della CRIAS dalla disiplina generale
introdotta dalla l.r. n. 6/1997, art. 31, secondo cui il trattamento
giuridico-economico dei dipendenti di tutti gli enti, aziende ed
istituti sottoposti a vigilanza e tutela dell'Amministrazione
Regionale e le cui spese di funzionamento sono a carico del bilancio
regionale non puo' essere superiore a quello stabilito per i
dipendenti regionali, secondo tabelle di equiparazione appositamente
adottate.
Tale previsione introdotta nel piu' ampio contesto di
razionalizzazione e contenimento della spesa regionale di cui alla
cennata l.r. n. 6/1997, e' stato inoltre dall' art. 55 l.r.
n. 10/1999 espressamente dichiarato applicabile, a decorrere dal 31
dicembre 1998, al personale dell'IRCAC e della CRIAS anche al fine di
procedere al risanamento economico dei predetti enti.
Orbene, la deroga teste' introdotta al cennato principio generale
di omogeneita' del trattamento economico e giuridico del personale di
tutti gli enti comunque soggetti a tutela e vigilanza della Regione,
per l'assenza di una qualsivoglia peculiarita' e specificita' delle
posizioni dei dipendenti dell'IRCAC e della CRIAS rispetto a quella
della generalita' dei dipendenti regionali, peraltro non rinvenibile
o richiamata neanche durante il dibattito parlamentare, configura una
indebita disparita' di trattamento vietata dall'art. 3 della
Costituzione.
La norma, inoltre, nell'introdurre un privilegio in favore di una
parte del personale pubblico inevitabilmente ingenererebbe tensioni e
rivendicazioni all'interno dell'apparato regionale con innegabili
refluenze sul buon andamento della pubblica amministrazione che
verrebbe compromesso dall'introduzione di doppi livelli di
retribuzione per attivita' assimilabili.
Come evidenziato da taluni deputati al momento dell'esame
dell'emendamento, la deroga introdotta consentirebbe l'applicazione
al personale degli enti in questione del contratto collettivo
nazionale per il settore bancario nonostante l'IRCAC e la CRIAS, per
il ristretto ambito di attivita' e l'esiguo numero di dipendenti, non
possano essere assimilabili alle banche nazionali con cio'
comportando un notevole maggiore e non giustificato esborso di
risorse pubbliche di cui peraltro il legislatore non ha provveduto a
dare copertura finanziaria violando altresi' l'art. 81 della
Costituzione.


P. Q. M.
E con riserva di presentazione di memorie illustrative nei
termini di legge, il sottoscritto Prefetto dott. Gianfranco
Romagnoli, Commissario dello Stato per la Regione siciliana, visto
l'art. 28 dello Statuto siciliano con il presente atto impugna i
sottoelencati articoli del ddl. n. 634 dal titolo «Nome finanziarie e
disposizioni in materia di razionalizzazione dei servizi e per la
gestione del territorio», approvato dall'Assemblea regionale il 30
luglio 2003:
art. 1 per violazione degli artt. 8l e 97 Cost.;
art. 9 per interferenza in materia penale, in relazione ai
limiti posti dagli articoli 14 e 17 dello statuto speciale e per
violazione dell'art. 9 Cost.;
art. 13 per violazione degli articoli 3, 97 e 81 Cost.
Palermo, addi' 7 agosto 2003
Il commissario dello stato per la Regione siciliana: Gianfranco
Romagnoli

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