Ricorso n.63 del 3 giugno 2019 (del Presidente del Consiglio dei Ministri)
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 3 giugno 2019 (del Presidente del Consiglio dei ministri).
(GU n. 27 del 2019-07-03)
Ricorso ex art. 127 Costituzione per la Presidenza del Consiglio
dei ministri (c.f. 80188230587), in persona del Presidente pro
tempore, rappresentata e difesa ex lege dall'Avvocatura generale
dello Stato (c.f. 80224030587; pec:
ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it fax 06/96514000) ed elettivamente
domiciliata presso i suoi uffici in Roma - via dei Portoghesi n. 12
ricorrente;
Contro Regione Puglia in persona del suo Presidente pro tempore
resistente per la dichiarazione dell'illegittimita' costituzionale
degli articoli 7 e 8 della legge regionale 28 marzo 2019, n. 5,
recante: «Modifiche alla legge regionale 30 novembre 2000, n. 17
(Conferimento di funzioni e compiti amministrativi in materia di
tutela ambientale) e istituzione del Sistema informativo
dell'edilizia sismica della Puglia, nonche' modifiche alle leggi
regionali 30 luglio 2009, n. 14 (Misure straordinarie e urgenti a
sostegno dell'attivita' edilizia e per il miglioramento della
qualita' del patrimonio edilizio residenziale) e 17 dicembre 2018, n.
59 (Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 30 luglio 2009, n.
14)» (pubblicata nel B.U.R. n. 36 del 1° aprile 2019).
Con la legge n. 5 del 28 marzo 2019, la Regione Puglia ha
introdotto alcune modifiche alla legge regionale 30 novembre 2000, n.
17 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi in materia di
tutela ambientale) ed ha istituito, all'art. 2, il «Sistema
informativo dell'edilizia sismica della Puglia, denominato SEISP»,
nonche', agli articoli 7 e 8 ha inteso, rispettivamente, modificare
l'art. 4 della legge regionale 30 luglio 2009, n. 14 (Misure
straordinarie e urgenti a sostegno dell'attivita' edilizia e per il
miglioramento della qualita' del patrimonio edilizio residenziale) e
abrogare l'art. 2 della legge 17 dicembre 2018, n. 59 (Modifiche ed
integrazioni alla legge regionale 30 luglio 2009, n. 14).
Le previsioni contenute agli articoli 7 e 8 della legge regionale
n. 5 del 2019 presentano, tuttavia, alcuni profili di
incostituzionalita', in quanto si pongono in contrasto con il
principio di ragionevolezza di cui agli articoli 3 e 97 della
Costituzione e con l'art. 117, comma 3 della Costituzione nella
materia «governo del territorio».
Con il presente atto, si impugnano gli articoli 7 e 8 della legge
regionale n. 5 del 2019, affinche' ne sia dichiarata l'illegittimita'
costituzionale, con consequenziale annullamento alla luce dei
seguenti
Motivi
1 - Preliminarmente si rappresenta che e' pendente, presso
codesta ecc.ma Corte costituzionale, l'impugnazione proposta
nell'interesse della Presidenza del Consiglio dei ministri avverso
l'art. 2 della citata legge della Regione Puglia n. 59 del 17
dicembre 2018 («Norma interpretativa del comma 1 dell'art. 4
della legge regionale n. 14/2009») per violazione del principio di
ragionevolezza di cui agli articoli 3 e 97 della Costituzione e per
contrasto con il riparto di competenze di cui all'art. 117, comma 3
della Costituzione, in relazione alla materia «governo del
territorio» (ricorso n. 27 del 20 febbraio 2019 - Gazzetta Ufficiale
n. 16 del 17 aprile 2019 - Corte costituzionale).
2 - La legge regionale 28 marzo 2019, n. 5 dispone, all'art. 8,
l'abrogazione dell'art. 2 della legge regionale n. 59 del 2018 e,
contestualmente, a mezzo dell'art. 7, l'inserimento, all'interno
dell'art. 4 della legge regionale n. 14 del 2009, di un comma 5-ter,
non di carattere interpretativo, ma di contenuto identico a quello di
cui al suddetto art. 2 della legge regionale n. 59 del 2018.
Piu' nel dettaglio, l'art. 7 della legge regionale all'esame,
rubricato «Modifica all'art. 4 della legge regionale 30 luglio 2009,
n. 14» e' cosi' formulato:
«1. All'art. 4 della legge regionale 30 luglio 2009, n. 14
(Misure straordinarie e urgenti a sostegno dell'attivita' edilizia e
per il miglioramento della qualita' del patrimonio edilizio
residenziale), dopo il comma 5-bis e' aggiunto il seguente:
"5-ter. Gli interventi edilizi di ricostruzione previsti dal
comma 1, da effettuare a seguito della demolizione di uno o piu'
edifici a destinazione residenziale o non residenziale, possono
essere realizzati anche con una diversa sistemazione
piano-volumetrica, ovvero con diverse dislocazioni del volume massimo
consentito all'interno dell'area di pertinenza, alle condizioni di
cui all'art. 5, comma 3, e qualora insistano in zona dotate delle
urbanizzazioni primarie previste dalle vigenti disposizioni
normative, statali e regionali."
Il successivo art. 8 - Modifiche alla legge regionale 17 dicembre
2018, n. 59 - della legge n. 5/2019, del pari oggetto della presente
impugnazione, stabilisce che:
"1. L'art. 2 della legge regionale 17 dicembre 2018, n. 59
(Modifiche e integrazioni alla legge regionale 30 luglio 2009, n. 14
'Misure straordinarie e urgenti a sostegno dell'attivita' edilizia e
per il miglioramento della qualita' del patrimonio edilizio
residenziale') e' abrogato."
Ai fini di completezza, si riporta il contenuto anche dell'art. 2
("Norma interpretativa del comma 1 dell'art. 4 della legge regionale
n. 14/2009") della legge regionale n. 59 del 2018, oggetto di
abrogazione:
"1. Il comma 1 dell'art. 4 della legge regionale n. 14/2009
deve essere interpretato nel senso che l'intervento edilizio di
ricostruzione da effettuare a seguito della demolizione di uno o piu'
edifici a destinazione residenziale o non residenziale, puo' essere
realizzato anche con una diversa sistemazione plano-volumetrica,
ovvero con diverse dislocazioni del volume massimo consentito
all'interno dell'area di pertinenza, alle condizioni di cui all'art.
5, comma 3, della medesima legge regionale n. 14/2009 e qualora
insista in zona dotata delle urbanizzazioni primarie previste dalle
vigenti disposizioni normative, statali e regionali."
Con l'art. 8 della legge all'esame, dunque, si prevede
l'abrogazione dell'art. 2 della legge regionale n. 59 del 2018
(disposizione che, come si e' sopra detto, e' gia' stata oggetto di
impugnazione, tuttora pendente, avanti codesta Corte costituzionale:
ric. n. 27/2019) e, con l'art. 7, il legislatore regionale ha
aggiunto, all' art. 4 della legge regionale n. 14 del 2009, il comma
5-ter, avente, tuttavia, contenuto identico all'anzidetto art. 2,
legge regionale n. 59 del 2018.
E' noto che, secondo la costante giurisprudenza di codesta Corte
costituzionale, "la modifica normativa della norma oggetto di
questione di legittimita' costituzionale in via principale,
intervenuta in pendenza di giudizio, determina la cessazione della
materia del contendere quando ricorrono simultaneamente le seguenti
condizioni: occorre che il legislatore abbia abrogato o modificato le
norme censurate in senso satisfattivo delle pretese avanzate con il
ricorso e occorre che le norme impugnate, poi abrogate o modificate,
non abbiano ricevuto applicazione medio tempore" (Corte Cost.
sentenza n. 56/2019, id. n. 238/2018; nello stesso senso, ex multis,
sentenze n. 185, n. 111 e n. 44 del 2018).
Entrambe tali condizioni non ricorrono nel caso di specie.
Innanzitutto, con riferimento all'art. 8, non potendo escludersi
che l'art. 2 della legge regionale n. 59 del 2018 abbia trovato medio
tempore applicazione, restano impregiudicati motivi di impugnazione
gia' proposti avverso quest'ultima previsione regionale (ric. n. 27
del 20 febbraio 2019).
Inoltre, come si evince dall'analisi del censurato art. 7, il
legislatore regionale sembrerebbe avere inteso fare salvi gli effetti
di quella struttura normativa che aveva formato oggetto, appunto,
dell'anzidetta impugnativa deliberata dal Consiglio dei ministri
(ric. n. 27 del 2019).
Ed infatti, la previsione di cui all'art. 7, ponendosi senza
soluzione di continuita' rispetto alla precedente norma
interpretativa, ora abrogata, potrebbe ragionevolmente e
plausibilmente ritenersi applicabile anche ad interventi
precedentemente realizzati.
La questione, nei termini sopra prospettati, e', pertanto,
rimessa all'esame codesta ecc.ma Corte che ha gia' avuto modo di
chiarire, nella sentenza n. 89 del 2019, che "...possono trovare
ingresso, nel giudizio in via principale, questioni promosse in via
cautelativa ed ipotetica, sulla base di interpretazioni prospettate
soltanto come possibili, purche' non implausibili e comunque
ragionevolmente desumibili dalle disposizioni impugnate" (ex multis,
sentenza n. 103 del 2018, punto 4.1. del Considerato in diritto). Nel
giudizio in via principale possono dunque essere dedotte "anche le
lesioni in ipotesi derivanti, da distorsioni interpretative delle
disposizioni impugnate" (sentenza n. 270 del 2017, punto 4.2. del
Considerato in diritto).».
Alla stregua delle considerazioni che precedono, con riferimento
all'art. 7 della legge regionale all'esame, non possono che ritenersi
tuttora validi i motivi di impugnativa dedotti nel piu' volte citato
ricorso n. 27 del 2019 avverso l'art. 2 legge regionale n. 59/2018.
Ed infatti, dalla mera lettura di detta disposizione regionale e
dell'art. 7, oggetto della presente impugnazione, emerge l'identita'
di formulazione, sicche' la seconda previsione non sembra potersi
ritenere satisfattiva, perche', nella sostanza, riproduce la stessa
norma che ha inteso abrogare, e, cioe', l'art. 2 legge regionale n.
59 del 2018, «legittimando, conseguentemente, il trasferimento della
relativa impugnazione (Corte cost. n. 181 del 2013).
Il ripristino della normativa abrogata emerge, del resto, dalla
circostanza che viene introdotta una disciplina della materia «senza
modificare ne' i principi ispiratori della complessiva disciplina
normativa preesistente, ne' i contenuti normativi essenziali dei
singoli precetti» (Coste Cost. sentenza n. 1999 del 2012).
Seppure, infatti, non si assista piu', formalmente, ad una norma
di interpretazione autentica, la circostanza per cui vengono dettate
prescrizioni del tutto innovative, prevedendo che gli interventi
edilizi consentiti dalla legge regionale del 2009 possano essere
realizzati «anche con una diversa sistemazione plano - volumetrica,
ovvero con diverse dislocazioni del volume massimo consentito
all'interno dell'area di pertinenza» ripropone gli stessi dubbi di
legittimita' costituzionale gia' evidenziati nei confronti della
norma contenuta nella legge regionale Puglia n. 59/2018.
E' noto, peraltro, che codesta ecc.ma Corte costituzionale si e'
ripetutamente espressa nel senso della sostanziale indifferenza,
quanto allo scrutinio di legittimita' costituzionale, della
distinzione tra norme di interpretazione autentica - retroattive,
salva una diversa volonta' in tal senso esplicitata dal legislatore
stesso - e norme innovative con efficacia retroattiva.
Cio' che assume rilievo, piuttosto, e' la compatibilita' di tali
disposizioni con il divieto di retroattivita' che, «pur costituendo
valore fondamentale di civilta' giuridica, non riceve
nell'ordinamento la tutela privilegiata riservata dall'art. 25
Costituzione esclusivamente alla materia penale» (ex plurimis,
sentenza 156 del 2014; sentenza 73 del 2017).
Al legislatore non e' preclusa, infatti, la possibilita' di
emanare norme retroattive sia innovative che di interpretazione
autentica, ma la retroattivita' deve trovare adeguata giustificazione
sul piano della ragionevolezza attraverso un puntuale bilanciamento
tra le ragioni che ne hanno motivato la previsione e i valori,
costituzionalmente tutelati, al contempo potenzialmente lesi
dall'efficacia a ritroso della norma adottata (ex multis, sentenza n.
170 del 2013).
Sono stati, pertanto, individuati alcuni limiti generali
all'efficacia retroattiva delle leggi, attinenti alla salvaguardia di
principi costituzionali tra i quali sono ricompresi: «il rispetto del
principio generale di ragionevolezza, che si riflette nel divieto di
introdurre ingiustificate disparita' di trattamento; la tutela
dell'affidamento legittimamente sorto nei soggetti quale principio
connaturato allo Stato di diritto; la coerenza e la certezza
dell'ordinamento giuridico; il rispetto delle funzioni
costituzionalmente riservate al potere giudiziario» (sentenza n. 170
del 2013, nonche' sentenze n. 78 del 2012 e n. 209 del 2010).
Sulla base di tali principi, si osserva che la legge regionale n.
14/2009 ha dettato norme di carattere straordinario, con le quali
sono stati consentiti interventi edilizi anche in deroga agli
strumenti urbanistici vigenti.
Nello specifico, l'art. 4, comma 1 della legge regionale n.
14/2009, nel testo vigente anteriormente alle modifiche da ultimo
introdotte con la legge della Regione Puglia n. 59/2018, risultava
cosi formulato:
«1 . Al fine di migliorare la qualita' del patrimonio
edilizio esistente, sono ammessi interventi di demolizione e
ricostruzione di edifici residenziali e non residenziali o misti con
realizzazione di un aumento di volumetria sino al 35 per cento di
quella legittimamente esistente alla data di entrata in vigore della
presente legge da destinare, per la complessiva volumetria risultate
a seguito dell'intervento, al medesimo uso preesistente legittimo o
legittimato, ovvero residenziale, ovvero ad altri usi consentiti
dallo strumento urbanistico. A seguito degli interventi previsti dal
presente articolo, gli edifici residenziali non possono essere
destinati a uso residenziale qualora ricadano all'interno delle zone
territoriali omogenee E) di cui all'art. 2 del decreto del Ministero
dei lavori pubblici n. 1444/1968».
Pertanto, una disposizione di carattere innovativo circa gli
interventi assentiti, di sicura portata retroattiva, qual e' quella
contenuta all'art. 7, appare di dubbia legittimita' costituzionale.
Difatti, il legislatore regionale ha sostanzialmente ampliato
(retroattivamente) la portata del dato normativo, legittimando
deroghe volumetriche ad interventi di ristrutturazione su edifici,
oltre i limiti consentiti dell'originaria disciplina regionale del
2009 (e successive modificazioni).
Come si e' gia' evidenziato, se e' vero in linea generale che il
legislatore ha la possibilita' di emanare norme innovative a
carattere retroattivo, la retroattivita' deve comunque trovare
giustificazione nell'esigenza di tutela di alcuni principi di rilievo
costituzionale, tra i quali «il rispetto del principio di
ragionevolezza».
In sostanza, la deroga al principio della irretroattivita' delle
norme trova fondamento nel principio di ragionevolezza, e, secondo
codesta ecc.ma Corte costituzionale: «La erroneita' della
auto-qualificazione delle norme impugnate come interpretative
costituisce...un primo indice..., della irragionevolezza del loro
retroagire nel tempo, ulteriormente corroborato dalla constatazione
che le stesse introducono innovazioni, destinate, per lo piu', ad
ampliare facolta' in deroga ai relativi strumenti urbanistici,
peraltro non necessariamente in termini di logica continuita' con il
quadro generale di riferimento sul quale le stesse sono destinate ad
incidere» (cosi', sentenza n. 73/2017).
Rilevato, quindi, che la previsione di cui all'art. 7 della legge
regionale n. 5 del 2019 ha un indubbio carattere innovativo, con
efficacia retroattiva, essa legittima condotte che, non considerate
tali al momento della loro realizzazione (perche' non conformi agli
strumenti urbanistici di riferimento), lo divengono per effetto
dell'intervento successivo del legislatore regionale, con l'ulteriore
conseguenza di consentire la regolarizzazione ex post di opere che,
al momento della loro realizzazione, erano in contrasto con gli
strumenti urbanistici di riferimento, dando corpo, in definitiva, ad
una surrettizia ipotesi di sanatoria straordinaria che esula dalle
competenze regionali ed e', quindi, illegittima.
E' poi il caso di rilevare che la finalita' della disposizione
(proroga del c.d. Piano Casa Puglia anche per il 2019 per incentivare
l'attivita' edilizia e migliorare la qualita' del patrimonio edilizio
residenziale) e' comunque recessiva rispetto alla certezza del
diritto. E cio' in quanto essa, per quanto a carattere
prevalentemente di favore rispetto agli interessi dei singoli
destinatari (la norma, come si e' detto, legittima l'intervento
edilizio a seguito della demolizione «anche con diversa sistemazione
planovolumetrica, ovvero con diverse dislocazioni del volume massimo
consentito all'interno dell'area di pertinenza»), retroagendo nel
tempo, sacrifica le posizioni soggettive di potenziali
controinteressati che facevano affidamento sulla stabilita'
dell'assetto normativo vigente all'epoca delle rispettive condotte.
La norma in questione, pertanto, travalica i limiti individuati
dalla richiamata giurisprudenza della Corte costituzionale, violando
l'art. 3 della Costituzione.
Sulla tenuta costituzionale di disposizioni legislative regionali
in materia edilizia di contenuto simile a quella oggetto dell'odierna
impugnazione, si rileva che codesta ecc.ma Corte, con la sentenza n.
209/2010 nel dichiarare l'incostituzionalita' di una legge - di
interpretazione autentica - provinciale urbanistica della Provincia
di Bolzano, ha chiarito che, «l'irragionevolezza risiede nella
circostanza che il legislatore e' intervenuto per rendere
retroattivamente legittimo cio' che era illegittimo, senza che fosse
necessario risolvere oscillazioni giurisprudenziali e senza che il
testo delle norme "interpretate" offrisse alcun appiglio semantico
nel senso delle rilevanti modifiche introdotte. In tal modo non solo
si e' leso l'affidamento dei consociati nella stabilita' della
disciplina giuridica della fattispecie, che viene sconvolta
dall'ingresso inopinato e immotivato di norme retroattive che
alternano rapporti pregressi, ma si rende inutile e privo di
effettivita' il diritto de cittadini di adire i giudici per ottenere
la tutela delle proprie situazioni giuridiche soggettive».
Il medesimo percorso argomentativo e' stato ribadito, poi, nella
successiva sentenza n. 73 del 2017 (gia' sopra citata) di codesta
ecc.ma Corte, chiamata in quell'occasione a pronunciarsi sulla tenuta
costituzionale dell'art. 44 della legge della Regione Basilicata 4
marzo 2016, n. 5 (recante interpretazione autentica dell'art. 3 legge
regionale 7 agosto 2009, n. 25 «Misure urgenti e straordinarie volte
al rilancio dell'economia e alla riqualificazione del patrimonio
edilizio esistente»), ai sensi del quale: «L'art. 3, comma 1 della
legge regionale 7 agosto 2009, n. 25, come modificato dall'art. 4
della legge regionale 3 dicembre 2012, n. 25, nella parte in cui
prevede che «A tal fine sono consentiti interventi straordinari di
demolizione e ricostruzione di edifici esistenti, autorizzati o
condonati, con aumento della superficie complessiva entro il limite
max del 30%», va interpretato con continuita' temporale nel senso
che, «tra gli edifici esistenti sono ricompresi anche gli edifici
residenziali in fase di realizzazione in forza di titolo abilitativo
in corso di validita'».
3. A cio' si aggiunga, quale ulteriore profilo di
incostituzionalita' dell'art. 7, legge regionale n. 5 del 2019, che,
a motivo delle rilevanti modifiche via via apportate alla legge
regionale n. 14 del 2009 (le modifiche all'art. 4 di detta legge sono
state introdotte anche a mezzo dell'art. 3 della legge regionale n.
59 del 2018 e, ancora, da ultimo, mediante l'art. 35 della legge
regionale n. 67 del 2018), le amministrazioni comunali potrebbero in
realta' non trovarsi nelle condizioni di poter effettivamente
verificare caso per caso e distinguere cio' che e' stato realizzato
(o proseguito, o completato) nei periodi intercorrenti tra le
modifiche medesime.
Cio', in contrasto con i principi di ragionevolezza e buon
andamento, di cui agli articoli 3 e 97 della Costituzione.
In proposito appare opportuno rammentare che nella citata
sentenza n. 73 del 2017, codesta ecc.ma Corte ha avuto modo di
affermare che «Anche a voler ritenere che, nella specie, le
disposizioni impugnate possano trovare una loro giustificazione
nell'esigenza della regione di assicurare una maggiore omogeneita'
alle norme in oggetto per fare fronte al sovrapporsi delle modifiche
intervenute nel tempo, siffatta finalita' deve ritenersi recessiva
rispetto al valore della certezza del diritto, nel caso messo in
discussione in una materia, quella urbanistica, rispetto alla quale
assume una peculiare rilevanza l'affidamento che la collettivita'
ripone nella sicurezza giuridica (sentenza n. 209 del 2010). Del
resto, pur guardando alla potenziale incidenza delle norme impugnate
sui rapporti interprivati, va osservato che le stesse, per quanto
prevalentemente di favore rispetto agli interessi dei singoli
destinatari, retroagendo nel tempo sacrificano, in linea di
principio, le posizioni soggettive dei potenziali controinteressati
che facevano affidamento sulla stabilita' dell'assetto normativo
vigente all'epoca delle singole condotte.».
4. Gli articoli 7 e 8 della legge della Regione Puglia n. 19/2019
risultano, inoltre, adottati in violazione della disciplina di
«governo del territorio» di cui all'art. 117, comma 3 della
Costituzione.
4.1. Preliminarmente si osserva che, in ragione dell'intervenuta
emanazione del decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32, ancorche'
successivo alla pubblicazione della legge regionale in oggetto, la
disposizione dl cui all'art. 7 della legge regionale n. 5 del 2019 si
pone in evidente contrasto (sopravvenuto) con la disciplina di
principio nella materia «governo del territorio», di cui all'art.
117, terzo comma, Costituzione, contenuta nell'anzidetto
decreto-legge n. 32 del 2019, art. 5, comma 1, lettera b).
Con questa disposizione, infatti, e' stato aggiunto, all'art.
2-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, il
comma 1-ter, il quale stabilisce che: «In ogni caso di intervento di
demolizione e ricostruzione, quest'ultima e' comunque consentita nel
rispetto delle distanze legittimamente preesistenti purche' sia
effettuata assicurando la coincidenza dell'area di sedime e del
volume dell'edificio ricostruito con quello demolito, nei limiti
dell'altezza massimo di quest'ultimo».
4.2. Sussiste, inoltre, il contrasto - quali parametri
interposti - con gli articoli 36 e 37 del decreto del Presidente
della Repubblica n. 380 del 2001. In particolare, l'art. 37 al comma
4 richiede, ai fini del rilascio del titolo abilitativo in sanatoria,
la c.d. «doppia conformita'», intesa come conformita' dell'intervento
sia al momento della realizzazione, sia al momento della
presentazione della domanda.
Ne consegue l'illegittimita' dell'art. 7 della legge regionale
impugnata, perche', in base a tale previsione, la portata derogatoria
della legge regionale n. 14 del 2009 e successive modifiche, diviene
ora applicabile anche ad interventi che, invece, eseguiti
medio-tempore, avrebbero dovuto essere realizzati in conformita' agli
strumenti urbanistici.
In altre parole, la portata sostanzialmente retroattiva della
disposizione normativa oggetto di censura finirebbe per rendere
legittimi ex post interventi che al momento della loro realizzazione
non erano conformi agli strumenti urbanistici all'epoca vigenti.
Com'e' noto, invero, l'atto di sanatoria di titoli edilizi
abilitativi puo' essere assentito solo per vizi formali. La «doppia
conformita'» e' riconosciuta in via giurisprudenziale quale principio
fondamentale vincolante per la legislazione regionale (cfr. Corte
costituzionale n. 101/2013; Cons. Stato, IV, n. 32/2013, ove si
precisa, tra l'altro che la disciplina urbanistica non ha effetto
retroattivo; Cons. Stato, V, n. 3220/2013; Tribunale amministrativo
regionale Umbria n. 590/2014), ed e' prevista sia per gli interventi
realizzati in assenza di permesso di costruire, o in difformita' da
esso, ovvero in assenza di DIA alternativa o in difformita' da essa
(art. 36 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001),
sia per quelli eseguiti in assenza della o in difformita' dalla SCIA
(art. 37, comma 4 del decreto del Presidente della Repubblica n.
380/2001).
La disposizione di cui all'art. 7 della legge regionale n. 5 del
2019, non rispetta la citata normativa statale, laddove,
nell'introdurre il comma 5-ter all'art. 4 della legge regionale n.
14/2009, subordina l'intervento edilizio «alle condizioni di cui
all'art. 5, comma 3, della medesima legge regionale n. 14/2009».
L'art. 5 della legge della Regione Puglia n. 14/2009, a sua
volta, prevede che «tutti gli interventi previsti dagli articoli 3 e
4 sono realizzabili mediante permesso di costruire o mediante
segnalazione certificata di inizio attivita' in alternativa al
permesso di costruire» (il riferimento e' quindi al procedimento
amministrativo di cui agli articoli 36 e 37 del decreto del
Presidente della Repubblica n. 380/2001).
In generale, alla luce delle nuove disposizioni della legge in
esame, la tipologia di interventi prevista dall'art. 7 della legge
regionale n. 5/2019 viene legittimata mediante l'estensione della
portata derogatoria delle previsioni della legge regionale n.
14/2009, con la possibilita' di legittimo rilascio dei prescritti
titoli abilitativi, nonostante la disciplina statale di cui agli
articoli 36 e 37 decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del
2001.
La disposizione censurata, anche ove dovesse essere ritenuta
legittimamente retroattiva, contrasterebbe comunque anche con il
disposto dell'art. 5 («Costruzioni private») del decreto-legge n.
70/2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 106/2011 (il
quale ai commi da 9 a 14 reca la disciplina di principio per la
razionalizzazione del patrimonio edilizio esistente e per la
promozione e agevolazione della riqualificazione di aree urbane
degradate con presenza di funzioni eterogenee e tessuti edilizi
disorganici o incompiuti nonche' di edifici a destinazione non
residenziale dismessi o in via di dismissione ovvero da
rilocalizzare), che al comma 10 esclude che gli interventi edilizi in
deroga possano «riferirsi ad edifici abusivi o siti nei centri
storici o in aree ad inedificabilita' assoluta, con esclusione degli
edifici per i quali sia stato rilasciato il titolo abilitativo
edilizio in sanatoria.».
In conclusione, l'art. 7 della legge Regione Puglia n. 5 del
2019, oltre a violare l'art. 3 della Costituzione, travalica anche i
limiti della potesta' legislativa regionale, invadendo l'ambito
assegnato dalla Costituzione alla legge dello Stato in materia di
«governo del territorio», di cui all'art. 117, terzo comma,
Costituzione.
Tanto premesso, la Presidenza del Consiglio dei ministri, come in
epigrafe rappresentata, difesa e domiciliata, chiede l'accoglimento
delle seguenti conclusioni.
P.Q.M.
Voglia l'ecc.ma Corte costituzionale adita accogliere il
presente ricorso e, per l'effetto, dichiarare l'illegittimita'
costituzionale degli articoli 7 e 8 della legge Regione Puglia n. 5
del 2019.
Si deposita la determinazione della Presidenza del Consiglio dei
ministri del 20 maggio 2019.
Roma, 29 maggio 2019
Gli avvocati dello Stato: Nunziata - D'Avanzo
Procuratore dello Stato: De Vergori