Ricorso n. 64 del 16 maggio 2006 (Regione Lazio)
RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 16 maggio 2006 , n. 64
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 16 maggio 2006 (della Regione Lazio)
(GU n. 23 del 7-6-2006)
Ricorso della Regione Lazio, in persona del presidente della giunta, dott. Pietro Marrazzo, rappresentato e difeso, in virtu' di procura a margine del presente atto e di delibera di giunta regionale n. 237 del 21 aprile 2006, dal prof. avv. Gennaro Terracciano ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Roma, alla piazza di Spagna, n. 35; Nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri per la declaratoria di illegittimita' costituzionale ai sensi dell'art. 127 Cost. della legge 20 febbraio 2006, n. 96, recante "Disciplina dell'agriturismo" pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 63 del 16 marzo 2006, relativamente all'art. 5 ("Norme igienico-sanitarie"), all'art. 7 ("Abilitazione e disciplina fiscale") e all'art. 11 ("Programmazione e sviluppo dell'agriturismo"), all'art. 12 ("Attivita' assimilate"), all'art. 13 ("Osservatorio nazionale dell'agriturismo"). F a t t o Nella Gazzetta Ufficiale del 16 marzo 2006, n. 63 e' stata pubblicata la legge 20 febbraio 2006, n. 96, concernente "Disciplina dell'agriturismo", che si propone come "testo unico", accogliendo in se' tutta una serie di norme che, nel tempo, hanno riguardato l'agriturismo, determina i principi fondamentali a cui le regioni si devono uniformare ed abroga la precedente legge sull'agriturismo del 5 dicembre 1985, n. 730. Tale legge reca una disciplina incidente sulla materia dell'agricoltura - cui appartiene la disciplina dell'agriturismo - e del turismo - cui sono riconducibili taluni aspetti dell'attivita' agrituristica - che, a seguito della riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione rientrano nella competenza legislativa residuale esclusiva delle regioni ai sensi dell'art. 117, quarto comma Cost. In particolare tale legge, laddove detta criteri in ordine ai requisiti igienico-sanitari per lo svolgimento dell'attivita' agrituristica (art. 5), prevede che le regioni disciplinino le modalita' per il rilascio del certificato di abilitazione all'esercizio (art. 7), riserva al Ministro delle politiche agricole e forestali la programmazione in materia di agriturismo (art. 11), assimila all'attivita' agrituristica quella dei pescatori che offrono ospitalita' e somministrano pasti con prodotti derivanti dall'attivita' di pesca (art. 12) ed istituisce l'Osservatorio nazionale dell'agriturismo (art. 13) reca una disciplina incidente su materie di competenza regionale, ponendosi in contrasto con principi e norme costituzionali, sia perche' gravemente lesive della potesta' legislativa regionale costituzionalmente riconosciuta, sia perche' adottate in palese violazione del principio di leale collaborazione. Un siffatto intervento, per la segnalata portata e per i contenuti della previsione, concreta una serie di vizi di legittimita' costituzionale, con violazione delle prerogative della Regione Lazio, che inducono alla proposizione del presente ricorso per i seguenti M o t i v i 1. - Illegittimita' costituzionale per violazione dell'art. 117 Cost. A) Si deve preliminarmente rilevare che nel quadro della ripartizione delle competenze normative fra Stato e regioni derivante dalla modifica costituzionale di cui alla legge costituzionale n. 3 del 2001, la materia agriturismo ricade nell'ambito delle materie di cui al comma quarto dell'art. 117 Cost., che attribuisce alle regioni la competenza generale residuale (c.d. "esclusiva"). In tale ambito ricadono, del resto, tutte le materie relative allo sviluppo delle attivita' produttive non menzionate nel comma terzo di detto articolo, ivi comprese quelle concernenti l'agricoltura ed il turismo (delle quali l'"agriturismo" rappresenta una specifica interazione). La legge in esame risulta, inoltre, totalmente scoordinata con l'evoluzione del quadro dei rapporti istituzionali fra Stato e regioni. B) Non puo' non rilevarsi come prima della riforma del Titolo V della Costituzione, la materia dell'agricoltura era contemplata nel testo antecedente dell'art. 117 Cost. tra quelle di competenza concorrente. Era considerata nella sua oggettivita' come "fenomeno produttivo di prodotti alimentari per uomini ed animali" e qualificata come una materia "complessa", in quanto composta da piu' oggetti capaci di autonoma considerazione (quali, a titolo esemplificativo, il "mercato dei prodotti gricoli" o il "lavoro agricolo"). A seguito della entrata in vigore della legge cost. n. 3 del 2001 l'"agricoltura" non risulta contemplata nel nuovo testo dell'art. 117 Cost. ne' negli elenchi delle materie di competenza esclusiva statale ne' di quelle di competenza concorrente, sicche' si ritiene che essa sia riconducibile alla competenza residuale delle regioni. Nel 2004, la Corte costituzionale, con la sentenza n. 12, ha confermato tale interpretazione stabilendo espressamente che l'"agricoltura", il cui nocciolo duro e' costituito dalla "produzione di vegetali e animali destinati all'alimentazione", appartiene alla competenza residuale delle regioni, sottratta alla competenza legislativa statale. C) Anche nel settore del turismo, rientrante anch'esso nella potesta' residuale esclusiva della regione, deve ritenersi venuta meno la legittimazione statale, in quanto, spetta ora alle regioni legiferare in materia, nel rispetto della Costituzione e con i soli limiti derivanti dall'Ordinamento comunitario e del ritrovato interesse nazionale. Tanto che e' apparsa anacronistica ed in controtendenza rispetto ai principi del dettato costituzionale la legislazione del turismo a carattere nazionale (di cui alla legge n. 135/2001), impugnata da molte regioni perche' ritenuta invasiva delle proprie competenze e sulla quale si e' raggiunto un accordo solo a seguito del regolamento di attuazione d.P.C.m. del 13 settembre 2002) adottato d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, al fine di assicurare l'unitarieta' del comparto. Va specificato inoltre che proprio nell'ambito del suddetto tra l'altro, si e' espressamente concordato tra le parti che "il turismo e' materia di esclusiva competenza regionale". La stessa Corte costituzionale dopo aver confermato piu' volte che la materia del turismo appartiene alla competenza residuale delle regioni (n. 90 del 6 marzo 2006; n. 459 del 14 dicembre 2005; si veda anche Cons. Stato, sez. IV, 23 settembre 2004, n. 6213) ha chiarito che "si tratta di un'ulteriore conferma del fatto che, a decorrere dall'entrata in vigore del nuovo Titolo V della Costituzione, le regioni ben possono esercitare in materia di turismo tutte quelle attribuzioni di cui ritengono di essere titolari approvando una disciplina legislativa, che ben puo' anche essere sostitutiva di quella statale (cfr. sentenza n. 510 del 2002), fatto naturalmente salvo il potere governativo del ricorso previsto dall'art. 127 della Costituzione" (n. 197 del 23 maggio 2003). D) Proprio perche' la materia relativa all'agriturismo costituisce la necessaria e specifica interazione tra la materia dell'agricoltura e quella del turismo, una legge nazionale organica in questa materia risulta, gia' nel suo impianto generale, contrastante con il Titolo V della parte seconda della Costituzione perche' non e' ricompresa nell'elenco delle materie riservate allo Stato, ai sensi dell'art. 117, secondo comma Cost., ne' in quello delle materie soggette alla potesta' legislativa concorrente (il solo che legittimerebbe ugualmente un intervento dello Stato). E) A questo proposito risulta ormai definitivamente acclarato che per la potesta' legislativa residuale valgono solo i limiti generali derivanti dalla prima parte della Costituzione e i limiti indicati all'art. 117, comma 1. Vale, altrettanto sicuramente, il limite territoriale. Una prima differenza fra i due tipi di potesta' legislativa regionale sta proprio in questo: che mentre nelle materie di legislazione concorrente la regione deve muoversi entro il quadro definito dai principi fondamentali dettati dallo Stato, o comunque desumibili dalla legislazione statale, nelle materie di cui all'art. 117, quarto comma, la potesta' legislativa regionale si puo' estendere anche alla determinazione dei principi fondamentali, nella misura in cui ve ne sia necessita'. Mentre nel caso della legislazione concorrente la riserva alla regione impedisce allo Stato di porre una disciplina di dettaglio, nel caso della potesta' legislativa residuale e' precluso qualsiasi intervento legislativo statale. Nel primo caso lo Stato ha un titolo di intervento aggiuntivo rispetto a quelli elencati nell'art. 117, secondo comma, nel secondo caso non dispone di titoli abilitativi ulteriori. Nelle materie di potesta' legislativa residuale, inoltre, lo Stato sicuramente non dispone di potesta' regolamentare, che gli e' attribuita solo in corrispondenza della legislazione esclusiva. Ugualmente, nelle stesse materie, il potere di attribuire le funzioni amministrative non spetta allo Stato, ma alla regione, con l'ovvia esclusione delle funzioni fondamentali degli enti locali (art. 117, secondo comma, lett. p). In alcun modo, dunque, sussiste il potere legittimante l'intervento statale, in quanto l'agriturismo attiene ad un ambito materiale di competenza esclusiva regionale, ai sensi dell'art. 117, quarto comma Cost., nel quale il legislatore centrale non ha alcuna potesta' legislativa. F) La formulazione dell'art. 117, quarto comma non ha comunque impedito che lo Stato si ritagliasse dei settori di competenza nell'ambito delle materie elencate nell'art. 117 Cost., adducendo "l'interesse nazionale" ed "esigenze di unita" a giustificazione dell'imposizione di una legislazione uniforme su tutto il territorio. E' stato in base a tali presunte istanze unitarie che lo Stato e' andato ben oltre la mera individuazione di "principi fondamentali", giungendo ad emanare la normativa di dettaglio anche nelle materie che la Costituzione riservava alla legislazione regionale. Ebbene la norma in esame appare incostituzionale anche sotto questo ulteriore aspetto. La finalita' unitaria di assicurare un coordinamento stabile delle politiche del settore non rende legittime le disposizioni contestate, secondo i parametri di cui all'art. 117 (e 118 Cost.). Come piu' volte e' stato rilevato dalla giurisprudenza costituzionale, a seguito della riforma del Titolo V, la dimensione dell'interesse non e' piu' di per se un criterio per ancorare la competenza legislativa dello Stato ovvero della regione (tra le tante, in tal senso, sentenze n. 303/2003; 370/2003; 16/2004); dunque l'interesse nazionale non e' piu' oggi un limite autonomo della legislazione regionale, ne' puo' costituire autonomo fondamento di un intervento legislativo statale in materie di competenza regionale, quale e' quella dell'agriturismo. Questo non esclude, naturalmente, che lo Stato possa disciplinare quelle materie - rilevanti nell'ambito dell'attivita' agrituristica - che sono demandate alla propria competenza normativa esclusiva (ad esempio alcuni aspetti fiscali) o per le quali esso conserva una potesta' legislativa limitata alla previsione di principi fondamentali: e' il caso, ad esempio, delle disposizioni in materia di tutela della salute o di alimentazione (considerato il notevole rilievo dei requisiti igienici e gli specifici risvolti relativi alla preparazione e somministrazione degli alimenti), nonche' di alcune disposizioni che possono interessare il governo del territorio. Tuttavia, da un lato, questi aspetti non possono consentire una normazione statale che vada oltre gli specifici limiti di ogni materia (se il legislatore statale deve dettare solo "principi fondamentali" non puo' scendere nel dettaglio) e, d'altro lato, comunque l'insieme dei modesti interventi legislativi che allo Stato competono rispetto a questo settore non puo' in nessun modo portare all'adozione di un intervento organico in materia di agriturismo, ma semmai a limitate misure legislative. E' evidente, invece, che con la legge impugnata questi limiti sono stati superati. In effetti, il testo si apre con enunciazioni che non competono al legislatore statale (facendo riferimento al "sostegno all'agricoltura", alla "qualificazione e valorizzazione delle risorse di ciascun territorio", al "mantenimento delle attivita' umane nelle aree rurali" e ad altri vari ambiti che la costituzione assegna all'intervento legislativo regionale) e prosegue con una serie di articoli che vanno a disciplinare con un dettaglio indubbiamente eccessivo - e questo rappresenta il vizio piu' evidente - la materia agrituristica. Un aspetto e' quello che concerne l'individuazione delle attivita' agrituristiche e la disciplina dei relativi requisiti e procedimenti amministrativi. Dopo una definizione di "attivita' agrituristica" che si specifica in eccessivi dettagli (art. 2), l'articolato contiene, infatti, varie disposizion dettagliate di carattere procedurale che ledono la competenza normativa delle regioni. Ad esempio, l'art. 4, nel demandare alle regioni la fissazione di "criteri limiti" per lo svolgimento dell'attivita' agrituristica si dilunga poi in una serie di specificazioni che costituiscono un limite alla potesta' regionale e si spingono fino ad una minuziosa disciplina riguardo al tema della somministrazione di pasti e bevande (eloquente il caso delle norme sui prodotti impiegati che arrivano a richiedere l'individuazione di "zone omogenee contigue di regioni limitrote"). Anche la disciplina del procedimento di autorizzazione per l'esercizio dell'attivita' agrituristica rientra certamente nella potesta' legislativa delle regioni, mentre invece e' minuziosamente disciplinata dagli articoli 6 e 8 (quest'ultimo relativo ai periodi di apertura ed alle tariffe). Particolarmente delicati appaiono poi gli aspetti relativi al previsto requisito della "connessione" (art. 10) con l'attivita' e con le risorse agricole nell'azienda. Alcuni aspetti di dettaglio che vanno oltre la competenza legislativa statale riguardano poi i locali adibiti alle attivita' agrituristiche, oltre a norme di carattere urbanistico e norme di carattere sanitario facilmente individuabili nel testo normativo. Infatti, va oltre la competenza legislativa dello Stato l'art. 3, che disciplina i locali che possono essere adibiti all'attivita' agrituristica e demanda alle regioni gli interventi di recupero del patrimonio edilizio. E' evidente che le norme censurate appaiono sufficientemente specifiche tanto da poter essere assimilate a norme di dettaglio a proposito delle quali la Corte costituzionale (sent. n. 6/2004), in relazione alle materie di potesta' concorrente ha ribadito il principio per cui lo Stato non puo' emanare norme di dettaglio autoapplicative, tanto piu' quando la regione abbia gia' disciplinato la materia con proprie leggi. A maggiore ragione, ovviamente, cio' vale nelle materie di potesta' primaria. E in materia di agriturismo la Regione Lazio ha emanato una specifica normativa, ossia la l.r. n. 36 del 10 novembre 1997 (recante "Norme in materia di agriturismo") nella quale viene dettagliatamente regolamentata la materia, ed ha specificato, nella successiva l.r. 6 agosto 1999, n. 14, le competenze amministrative in materia di agriturismo attribuite alle province. G) E allo stesso modo non puo' dedursi la competenza statale a legiferare dall'assenza di sufficienti elementi di chiarezza sul riparto di competenze, altrimenti verrebbe da chiedersi se il nuovo ruolo affidato alle regioni sia veramente espressione di una loro effettiva completa autonomia legislativa, ovvero resta, comunque, consentito allo Stato l'ingerenza in ambiti solo astrattamente riservati alle regioni e agli altri enti territoriali. Non sempre e' agevole l'identificazione netta dei confini di separazione nell'ambito delle rispettive competenze, anche perche' le materie non possono considerarsi come compartimenti a chiusura stagna; difficolta' queste che hanno quale conseguenza che la sottrazione di una materia (quali ad esempio quella dell'agricoltura, del turismo e dell'agriturismo) alla sfera di competenza statale non puo' dirsi radicale. Questo pero' non vuol dire che il Legislatore, centrale, in forza dei numerosi titoli di legittimazione trasversale, dell'interesse nazionale o esigenze di unitarieta', possa condizionare indirettamente la potesta' legislativa regionale, che non puo', quindi, considerarsi di tipo esclusivo, almeno negli stessi termini della corrispondente competenza legislativa dello Stato, che esclude, in radice, qualsiasi interferenza. Anche la determinazione dei principi fondamentali da parte dello Stato, nelle materie di legislazione concorrente, consente ampi spazi di interferenza nell'ambito della potesta' legislativa delle regioni, quando invece il temuto rischio di eccessive differenziazioni tra le regioni richiede semplicemente delle norme di coordinamento, ed indirizzi unitari, che devono trovare la loro fonte nelle forme di intesa tra Stato, regioni e province autonome, e tra regioni e regioni, secondo il principio di leale collaborazione. H) Pur nella convinzione della necessita' di opportuni interventi per favorire un settore di recente evoluzione e' molto importante per l'agricoltura e le zone rurali come quello dell'agriturismo, occorre assicurare il rispetto delle competenze costituzionalmente sancite, anche perche' esso significa innanzitutto rispetto della volonta' del legislatore costituzionale di attribuire la competenza e la responsabilita' ad un livello piu' vicino a quello dei cittadini, quello delle regioni. Del resto, per tutte le suesposte motivazioni, la Conferenza dei residenti delle regioni e delle province autonome si era gia' espressa in senso negativo alla proposta di legge ancora in fase di elaborazione, ed aveva inoltrato la nota 18 aprile 2003, con la quale si chiedeva al Governo di intervenire presso il Parlamento affinche' il disegno di legge fosse ritirato. 2. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 5 della legge n. 96/2006 per violazione dell'art. 117 Cost. L'art. 5 della legge n. 96/2006 recante "Norme igienico-sanitarie", dispone: 1) I requisiti igienico-sanitari degli immobili e delle attrezzature da utilizzare per attivita' agrituristiche sono stabiliti dalle regioni. Nella definizione di tali requisiti si tiene conto delle particolari caratteristiche architettoniche e di ruralita' degli edifici, specie per quanto attiene l'altezza e il volume dei locali in rapporto alle superfici aeroilluminanti, nonche' delle limitate dimensioni dell'attivita' esercitata. 2) La produzione, la preparazione, il confezionamento e la somministrazione di alimenti e di bevande sono soggetti alle disposizioni di cui alla legge 30 aprile 1962, n. 283, e successive modificazioni, nonche' alle disposizioni di cui all'art. 9 del decreto legislativo 26 maggio 1997, n. 155, e successive modificazioni. 3) L'autorita' sanitaria, nella valutazione dei requisiti dei locali di trattamento e somministrazione di sostanze alimentari e del relativo piano aziendale di autocontrollo igienico-sanitario, tiene conto della diversificazione e della limitata quantita' delle produzioni, dell'adozione di metodi tradizionali di lavorazione e dell'impiego di prodotti agricoli propri. 4) Nel caso di somministrazione di pasti in numero massimo di dieci, per la loro preparazione puo' essere autorizzato l'uso della cucina domestica. 5) Per le attivita' agrituristiche di alloggio, nei limiti di dieci posti letto, per l'idoneita' dei locali e' sufficiente il requisito dell'abitabilita'. 6) Per gli edifici e i manufatti destinati all'esercizio dell'attivita' agrituristica la conformita' alle norme vigenti in materia di accessibilita' e di superamento delle barriere architettoniche e' assicurata con opere provvisionali. Le disposizioni dell'art. 5, al di la' della loro autoqualificazione come principi fondamentali, costituiscono in realta' norme dotate di forza autoapplicativa che disciplinano specificatamente aspetti organizzativi e gestionali, comprimendo di fatto l'autonomia organizzativa e funzionale delle regioni, nonche' l'attivita' programmatoria di competenza delle stesse. Tale articolo si riferisce alle norme igienico-sanitarie degli immobili e delle attrezzature utilizzate e contiene norme di dettaglio che si spingono a definire anche la valenza del requisito urbanistico dell'abitabilita' nei limiti dei dieci posti letto. Cio' comporta che qualsiasi intervento del legislatore regionale dovesse intervenire, costituirebbe un mero duplicato della legge statale. Con un risultato che, oltre ad essere irrazionale, sarebbe contrastante con un efficiente sistema amministrativo, e violerebbe totalmente l'impianto costituzionale delineato dall'art. 117 Cost. che non ammette che il legislatore statale e regionale disciplinino gli stessi aspetti della medesima materia. E', inoltre, appena il caso di ricordare che nelle materie della tutela della salute e del governo del territorio - materie collegate in via trasversale a quella oggetto dell'impugnata legge - (da cui peraltro esulano gli aspetti edilizi piu' minuti) lo Stato puo' solo dettare principi generali. 3. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 7 della legge n. 96/2006 per violazione dell'art. 117 Cost. L'art. 7 della legge n. 96/2006 recante "Abilitazione e disciplina fiscale" dispone: 1) Le regioni disciplinano le modalita' per il rilascio del certificato di abilitazione all'esercizio dell'attivita' agrituristica. Per il conseguimento del certificato, le regioni possono organizzare, attraverso gli enti di formazione del settore agricolo e in collaborazione con le associazioni agrituristiche piu' rappresentative, corsi di preparazione. 2) Lo svolgimento dell'attivita' agrituristica nel rispetto delle disposizioni prevista dalle regioni in materia, autorizzato ai sensi dell'art. 6, comporta la conseguente applicazione delle disposizioni fiscali di cui all'art. 5 della legge 30 dicembre 1991, n. 413, nonche' di ogni altra normativa previdenziale o comunque settoriale riconducibile all'attivita' agrituristica. In difetto di specifiche disposizioni, si applicano le norme previste per il settore agricolo. Nello stesso senso appaiono invasive della competenza legislativa regionale le norme che disciplinano il "certificato di abilitazione all'esercizio dell'attivita' agrituristica". E' evidente che anche la disciplina contenuta in tale articolo non costituisce un insieme di principi fondamentali, in quanto, come affermato dalla stessa Corte costituzionale (cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 177 del 1988), "non si possono considerare principi fondamentali le norme che non siano espressive di scelte politico-legislative fondamentali o quantomeno, di criteri o modalita' generali tali da costituire un saldo punto di riferimento costante nel tempo ed in grado di orientare l'esercizio del potere legislativo regionale". Le norme censurate appaiono sufficientemente dettagliate tanto da poter essere assimilate a norme di dettaglio. Anche in questo caso si deve prendere atto che il principio per cui, in materie attribuite alla competenza regionale (sia concorrente che primaria) lo Stato non puo' emanare norme di dettaglio autoapplicative, soprattutto se la regione abbia gia' disciplinato la materia con proprie leggi, e' stato riconosciuto dalla Corte costituzionale (sent. n. 6/2004). E in materia di agriturismo la Regione Lazio ha disciplinato la materia dell'agriturismo con la l.r. n. 36 del 10 novembre 1997. 4. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 11 della legge n. 96/2006 per violazione dell'art. 117 Cost. L'art. 11 della legge n. 96/2006 recante "Programmazione e sviluppo dell'agriturismo" dispone: 1) Il Ministro delle politiche agricole e forestali, di intesa con le regioni e le province autonome e sentite le associazioni nazionali agrituristiche maggiormente rappresentative a livello nazionale, predispone un programma di durata triennale aggiornabile annualmente, finalizzato alla rimozione dell'agriturismo italiano sui mercati nazionali e internazionali. 2) Allo scopo di promuovere le attivita' di turismo equestre, le regioni possono incentivare l'acquisto e l'allevamento di cavalli da sella, nell'ambito delle aziende agrituristiche, e l'allestimento delle relative attrezzature di ricovero e di esercizio. Possono essere altresi' incentivati gli itinerari di turismo equestre, opportunamente segnalati in collaborazione con le aziende agrituristiche e i circoli ippoturistici. 3) Le regioni, in collaborazione con le associazioni piu' rappresentative di operatori agrituristici, sostengono altresi' lo sviluppo dell'agriturismo attraverso attivita' di studio, ricerca, sperimentazione, formazione professionale e promozione. 4) Dall'attuazione del presente articolo non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Un altro aspetto che non si puo' condividere si rinviene nella previsione di uno strumento programmatorio per le regioni (il programma di durata triennale) che costituisce palese violazione dell'autonomia regionale, non essendovi dubbio sul fatto che le regioni possano disciplinare come meglio ritengono gli aspetti relativi alle materie di propria competenza. Inoltre che lo strumento programmatorio sia di esclusiva competenza regionale e' confermato anche dall'art. 50 del nuovo statuto della Regione Lazio (approvato con legge n. 1 dell'11 novembre 2004) il quale espressamente stabilisce "1) La regione assume quale criterio generale ispiratore della propria attivita' il metodo della programmazione nell'ambito della collaborazione istituzionale tra i diversi livelli di governo presenti nel proprio territorio e della concertazione con le forze sociali ed economiche nonche' con le organizzazioni sindacali al fine di consentire l'apporto sinergico di risorse progettuali, organizzative, di capitali e imprenditoriali, pubbliche e private, compatibilmente con le esigenze di salvaguardia del paesaggio e dell'ambiente. 2) La regione, in particolare: a) concorre alla formazione degli strumenti della programmazione nazionale; b) provvede, in armonia con gli indirizzi della programmazione statale, alla formazione dei propri programmi assicurando la parteciazione degli enti locali e acquisendo i contributi delle categorie interessate. 3) La legge regionale disciplina gli atti generali e settoriali della programmazione, le relative procedure e le modalita' di raccordo con gli strumenti della programmazione locale". 5. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 12 della legge n. 96/2006 per violazione dell'art. 117 Cost. L'art. 12 della legge n. 96/2006 recante "Attivita' assimilate" dispone: 1) Sono assimilate alle attivitita' agrituristiche e sono ad esse applicabili le norme della presente legge, quelle svolte dai pescatori relativamente all'ospitalita', alla somministrazione dei pasti costituiti prevalentemente da prodotti derivanti dall'attivita' di pesca, nonche' le attivita' connesse ai sensi del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 226, e successive modificazioni, ivi compresa la pescaturismo. Ebbene, appare estemporanea e quasi avulsa dal contesto della legge la disposizione dell'art. 12, che estende in parte le nuove norme all'attivita' della pesca ed alla relativa ospitalita' e somministrazione di alimenti: trattasi di un altro settore di competenza normativa regionale. Anche la pesca non e' ricompresa nell'elenco di materie soggette, ai sensi dell'art. 117, terzo comma Cost., alla potesta' legislativa concorrente, con ovvia e conseguente potesta' legislativa regionale di tipo residuale-esclusivo, ai sensi dell'art. 117, quarto comma, Cost. A cio' si aggiunga che in materia di pesca le regioni avevano gia' competenze trasferite dal d.P.R. n. 616/1977, nella vigenza del precedente Titolo V, parte seconda della Costituzione. La disciplina della pesca inoltre presenta molteplici interferenze con altre materie sempre di competenza delle regioni (quali, ad esempio, il commercio e le attivita' produttive) e, quindi, anche per tale motivo, e' rilevante il riconoscimento delle attribuzioni regionali per quanto riguarda la pesca. Si tratta quindi di un altro settore di competenza normativa regionale rispetto al quale sussistono evidenti peculiarita', che la disciplina delle regioni puo' e deve affrontare. Tenendo comunque conto che la Regione Lazio, anche in questo caso, ha disciplinato la materia con la l.r. n. 16 del 2 maggio 1995 recante "Norme per la tutela del patrimonio ittico e per la disciplina dell'esercizio della pesca nelle acque interne del Lazio". 6. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 13 della legge n. 96/2006 per violazione dell'art. 117 Cost. L'art. 13 della legge n. 96/2006 recante "Osservatorio nazionale dell'agriturismo" dispone: 1) Al fine di fornire informazioni utili per lo svolgimento delle attivita' di indirizzo e di coordinamento di competenza del Ministero delle politiche agricole e forestali, nonche' allo scopo di favorire la comunicazione e lo scambio di esperienze sul territorio nazionale, le regioni inviano annualmente allo stesso Ministero delle politiche agricole e forestali una relazione sintetica sullo stato dell'agriturismo nel territorio di propria competenza, integrata dai dati sulla consistenza del settore e da eventuali disposizioni emanate in materia. 2) Presso il Ministero delle politiche agricole e forestali e' istituito l'Osservatorio nazionale dell'agriturismo, al quale partecipano le associazioni di operatori agrituristici piu' rappresentative a livello nazionale. 3) L'Osservatorio nazionale dell'agriturismo cura la raccolta e la elaborazione delle informazioni provenienti dalle regioni e dalle associazioni di cui al comma 2, pubblicando annualmente un rapporto nazionale sullo stato dell'agritrismo e formulando, anche con il contributo di esperienze estere, proposte per lo sviluppo del settore. 4) Dall'attuazione del presente articolo non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le disposizioni censurate attribuiscono all'amministrazione statale un esteso e generale ruolo di indirizzo e coordinamento delle politiche nel settore dell'agriturismo che, per la sua indeterminatezza, puo' legittimare ogni intervento statale. Creano inoltre - per tali fini - un apposito organismo statale - l'Osservatorio nazionale dell'agriturismo. Si prevede, infine, che le disposizioni dell'art. 13 non comporteranno nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica con la conseguenza che tutte le incombenze attribuite dalla menzionata norma alle regioni ("le regioni inviano annualmente ... una relazione sintetica" integrata dai "dati sulla consistenza del settore e da eventuali disposizioni emanate in materia") saranno finanziate da contributi propri delle regioni stesse. Cio' lede le attribuzioni regionali perche', nelle materie di competenza, le regioni devono poter utilizzare le proprie risorse per le finalita' da esse determinate e non gia' per finanziare le spese relative a funzioni ad esse attribuite dallo Stato. Non sono individuabili neppure esigenze di sussidiarieta' che rendano necessario istituire un organismo statale a cui si finiscono per attribuire poteri amministrativi in una materia di competenza regionale. La giurisprudenza costituzionale ha chiarito, a tale proposito, che l'attrazione di competenze regionali in capo allo Stato per esigenze di sussidiarieta', stante la rilevanza dei valori coinvolti, puo' essere giustificata "solo se la valutazione dell'interesse pubblico sottostante all'assunzione di funzioni regionali da parte dello Stato sia proporzionata, non risulti affetta da irragionevolezza alla stregua di uno scrutinio stretto di costituzionalita' e sia oggetto di un accordo stipulato con la regione interessata", (sentenza n. 303/2003). Sono dunque necessarie la ragionevolezza, la proporzionalita' dell'intervento e l'evidenziazione delle esigenze di esercizio unitario delle funzioni: percio' occorre che la normativa risulti limitata a quanto strettamente indispensabile per tali fini. Inoltre la normativa "deve risultare adottata a seguito di procedure che assicurino la partecipazione dei livelli di Governo coinvolti attraverso strumenti di leale collaborazione o, comunque, deve prevedere adeguati meccanismi di cooperazione per l'esercizio concreto delle funzioni amministrative allocate in capo agli organi centrali" (sentenza n. 6/2004). Circostanze tutte affatto ravvisabili nel caso di specie. Cosi' come non vi sono meccanismi di leale cooperazione idonei a salvaguardare le attribuzioni regionali. Infatti e' prevista soltanto la partecipazione delle associazioni di operatori agrituristici piu' rappresentativi a livello nazionale in seno all'Osservatorio nazionale dell'agriturismo: si tratta, pertanto, di un organismo in cui le regioni sono scarsamente rappresentate, pur essendo titolari di competenze costituzionalmente garantite. 7. - Violazione del principio di leale collaborazione. Infine deve rilevarsi che con la normativa censurata e' stato violato il principio di leale collaborazione tra Stato e regioni, principio che implica il "contemperamento dei rispettivi interessi", e che e' stato espressamente costituzionalizzato con la riforma dell'art. 120 Cost. operata dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. La giurisprudenza, diffusa, della Corte costituzionale ha delimitato il principio di leale collaborazione (a volte facendo riferimento ad un concetto di collaborazione "concordata" tra i diversi livelli di Governo) facendo richiamo all'art. 5 della Cost. (decisione n. 151 del 1986, n. 482 del 1995, n. 341 del 1996, n. 242 del 1997, n. 19 del 1997, n. 55 del 2001). Tra l'altro, detto principio era gia' presente e ribadito nella giurisprudenza comunitaria, naturalmente con applicazione tra gli organismi comunitari e quelli degli Stati membri (Corte Giustizia Comunita' europee, 4 luglio 1996, n. 50/94/1996; Corte Giustizia Comunita' europee, 10 giugno 1993, n. 183/91/1993). Il principio appare violato dalle numerose disposizioni di dettaglio contenute nella legge oggetto del ricorso ed in particolare negli artt. 5, 7, 11, 12 e 13, in quanto la regione non ha espresso il proprio parere e non ha partecipato in altro modo al procedimento di formazione della volonta' legislativa. Anzi, dette disposizioni finiscono, indipendentemente se intese di dettaglio o di principio, per mortificare ogni politica di programmazione, pianificazione e tutela in materia di agriturismo da parte della regione, minando l'azione pubblica diretta al perseguimento di interessi territoriali che sono nella disponibilita' esclusiva della regione, e che in ogni caso pretendono la funzionalizzazione di ogni intervento normativo ed amministrativo di qualsiasi livello in un quadro di coerenza e condivisione di obiettivi. Nella fattispecie tutto cio' non e' stato, rimanendo la disciplina contestata incoerente, e resa senza alcuna forma di partecipazione o contributo da parte della regione. Il progetto legislativo in questione, essendo di iniziativa parlamentare e non governativa, non e' stato sottoposto all'esame della Conferenza Stato-regioni che, quale organismo di concertazione tra il Governo, le regioni e le province autonome, garantisce il confronto sui processi decisionali di interesse regionale e, tra le diverse attivita', sancisce intese ed accordi, finalizzati al raggiungimento di una volonta' comune dello Stato e delle regioni. Costituisce, quindi, la "sede privilegiata" della negoziazione politica tra le Amministrazioni centrali e il sistema delle autonomie regionali ed e' la sede dove il Governo acquisisce l'avviso delle regioni sui piu' importanti atti amministrativi e normativi di interesse regionale; ed e' il solo mezzo che persegue l'obiettivo di realizzare la leale collaborazione tra amministrazioni centrali e regionali. La deliberazione legislativa e' stata adottata, in via definitiva, dalla commissione agricoltura della Camera dei deputati, riunita in sede deliberante in data 8 febbraio 2006, senza che si sia espressa, sul progetto di legge, la commissione parlamentare per le questioni regionali, nonostante espresse previsioni regolamentari della Camera e del Senato in tal senso. L'art. 40, comma 9, del regolamento del Senato (che disciplina i pareri obbligatori) prevede che i progetti di legge contenenti disposizioni sulle materie indicate dall'art. 117 della Costituzione, o di competenza delle regioni a statuto speciale, o che riguardino l'attivita' legislativa ed amministrativa delle regioni, siano trasmessi, oltre che a quelle di merito, anche a questa Commissione; analoga previsione e' contenuta nell'art. 102, comma 3, del regolamento della Camera. La gravita' riguardante la mancata pronuncia della Commissione parlamentare appare ancora piu' evidente alla luce del nuovo ruolo della Commissione parlamentare ad essa attribuito dall'art. 11 della legge Cost. n. 3/2001 (che e' una applicazione speciale del principio di leale collaborazione che si aggiunge a quello generale costituzionalmente previsto), la quale ha stabilito che "Sino alla revisione delle norme del Titolo I della parte seconda della Costituzione, i regolamenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica possono prevedere la partecipazione di rappresentanti delle regioni, delle province autonome e degli enti locali alla Commissione parlamentare per le questioni regionali". Va rammentato che il principio cooperativo, oramai vincolante in eguale misura Stato e regioni e' riconosciuto come idoneo a conformare ogni rapporto tra Stato ed autonomie territoriali, indipendentemente da formali distinzioni tra competenze legislative esclusive; concorrenti e esecutive e tra competenze amministrative proprie o delegate, impone la partecipazione delle regioni alle decisioni statali che possano incidere in maniera rilevante su interessi regionali, attribuendo un fondamento costituzionale al sistema di garanzie procedurali, previsto a livello normativo. Va anche sottolineato che il principio della leale collaborazione non comporta un mero rituale politico mediante il quale il Parlamento e/o il Governo possono, in modo assolutamente discrezionale, decidere se e come rendere partecipe l'autonomia regionale alle proprie decisioni. Anche se il suddetto principio non determina in maniera espressa alcun vincolo giuridico che impedisca all'organo di Governo di agire in maniera arbitraria, impone comunque una serie di vincoli comportamentali a carico dello stato a cui corrispondono delle situazioni giuridiche soggettive attive delle regioni, che ben possono essere azionabili, a seconda dei casi, avanti gli organi di giustizia costituzionale. Il principio di leale cooperazione ha avuto appunto lo scopo di rafforzare la posizione delle regioni nei confronti dello Stato non solo riconoscendo un carattere imprescindibile agli apporti partecipativi di queste, ma fornendo a tali partecipazioni i relativi mezzi di tutela. Non e', infatti, sufficiente rendere formalmente possibile l'intervento collaborativo, ma occorre dotare questo di un sostanziale grado di effettivita'. In base a tale principio e' necessario che lo Stato e le autonomie regionali collaborino lealmente, senza costituire un semplice e generico parametro di riferimento, con la funzione di fornire una copertura alla configurazione di mera ausiliarieta' della autonomia regionale rispetto a decisioni fondamentalmente dello Stato. Come ribadito dalla Corte costituzionale il suddetto principio e' quello di garantire un'effettiva ed efficace integrazione di ruoli distinti costituzionalmente riconosciuti. Ne' puo' essere attribuito al principio di leale cooperazione il significato di obbligo, da parte delle regioni, di perseguire gli obiettivi definiti in sede centrale.
P. Q. M. Conclude chiedendo che la Corte dichiari la illegittimita' costituzionale degli artt. 5, 7, 11, 12 e 13 della legge 20 febbraio 2006, n. 96 indicata in epigrafe, in quanto in violazione dei principi e delle norme costituzionali richiamati. Roma, addi' 9 maggio 2006 Prof. avv. Gennaro Terracciano