Ricorso n. 64 del 22 agosto 2014 (Regione Campania)
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 22 agosto 2014 (della Regione Campania).
(GU n. 45 del 2014-10-29)
Ricorso n. 64 depositato il 22 agosto 2014 della Regione Campania
(c.f….), in persona del Presidente della Giunta regionale
pro tempore, On. Dott. Stefano Caldoro, rappresentata e difesa,
giusta delibera della Giunta regionale n. 362 dell'8.8.2014 e procura
a margine del presente atto, unitamente e disgiuntamente, dal Prof.
Avv. Beniamino Caravita di Toritto (c.f. …), del
libero foro, e dall'Avv. Maria d'Elia (c.f. …),
dell'Avvocatura regionale elettivamente domiciliata presso l'Ufficio
di rappresentanza della Regione Campania sito in Roma in Via Poli, n.
29 (fax: … pec abilitata: …)
Contro il Presidente del Consiglio dei Ministri pro-tempore per
la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 9, comma
8-bis, nonche' dell'art. 13, commi 1, 2, 3 e 4 del decreto legge 24
aprile 2014, n. 66 "Misure urgenti per la competitivita' e la
giustizia sociale", convertito, con modificazioni dalla legge 23
giugno 2014, n. 89, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale - serie
generale - 23 giugno 2014, n. 143, rispettivamente per violazione
degli artt. 97, 118 e 120 della Costituzione e degli artt. 3, 97,
117, commi 1, 3 e 4, 118, 119, 120 e 123 Cost.
Fatto
Con la legge n. 89 del 23 giugno 2014, il Parlamento ha
convertito, con modificazioni, il decreto legge n. 66 del 24 aprile
2014, recante "Misure urgenti per la competitivita' e la giustizia
sociale".
Tale testo prevede, al comma 8-bis dell'art. 9, che "Nell'ottica
della semplificazione e dell'efficientamento dell'attuazione dei
programmi di sviluppo cofinanziati con fondi dell'Unione europea, il
Ministero dell'economia e delle finanze si avvale di Consip S.p.A.,
nella sua qualita' di centrale di committenza ai sensi dell'articolo
3, comma 34, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, sulla
base di convenzione disciplinante i relativi rapporti per lo
svolgimento di procedure di gara finalizzate all'acquisizione, da
parte delle autorita' di gestione, certificazione e audit istituite
presso le singole amministrazioni titolari dei programmi di sviluppo
cofinanziati con fondi dell'Unione europea, di beni e di servizi
strumentali all'esercizio delle relative funzioni".
Ancora, all'art. 13, rubricato "Limite al trattamento economico
del personale pubblico e delle societa' partecipate", si prevede che
a decorrere dal 1° maggio 2014 il limite massimo retributivo riferito
al primo presidente della Corte di cassazione previsto dagli articoli
23-bis e 23-ter del D.L. n. 201/2011, e successive modificazioni e
integrazioni, e' fissato in euro 240.000 annui, al lordo dei
contributi previdenziali ed assistenziali e degli oneri fiscali a
carico del dipendente. Tale previsione stabilisce inoltre che a
decorrere dalla predetta data i riferimenti al limite retributivo di
cui ai predetti articoli 23-bis e 23-ter contenuti in disposizioni
legislative e regolamentari vigenti alla data di entrata in vigore
del decreto, si intendono sostituiti dal predetto importo, fatti
salvi gli eventuali limiti retributivi in vigore al 30 aprile 2014
determinati per effetto di apposite disposizioni legislative,
regolamentari e statutarie, qualora inferiori al limite fissato.
Il comma 2 dell'art. 13 prevede poi che "All'articolo 1 della
legge 27 dicembre 2013, n. 147 sono apportate le seguenti
modificazioni:
a) al comma 471, dopo le parole "autorita' amministrative
indipendenti" sono inserite le seguenti: ", con gli enti pubblici
economici";
b) al comma 472, dopo le parole "direzione e controllo" sono
inserite le seguenti: "delle autorita' amministrative indipendenti
e";
c) al comma 473, le parole "fatti salvi i compensi percepiti
per prestazioni occasionali" sono sostituite dalle seguenti "ovvero
di societa' partecipate in via diretta o indiretta dalle predette
amministrazioni".
Da ultimo, i commi 3 e 4 della disposizione menzionata prevedono,
rispettivamente, che le regioni provvedano ad adeguare i propri
ordinamenti al nuovo limite retributivo di cui al comma 1, ai sensi
dell'articolo 1, comma 475, della legge n. 147/2013, nel termine ivi
previsto, e che, ai fini dei trattamenti previdenziali, le riduzioni
dei trattamenti retributivi conseguenti all'applicazione delle
disposizioni di cui all'art. 13 operano con riferimento alle
anzianita' contributive maturate a decorrere dal 1° maggio 2014.
Gli artt. 9, comma 8-bis e 13, commi 1, 2, 3 e 4 del D.L. n.
66/2014, come convertito, risultano lesivi delle prerogative della
Regione Campania e viziati da manifesta illegittimita' costituzionale
per i seguenti motivi di
Diritto
Illegittimita' dell'art. 9, comma 8-bis, del D.L. n. 66/2014, come
convertito, per contrasto con gli articoli 97, 118 e 120 Cost.
Il DL 24 aprile 2014, n. 66, "Misure urgenti per la
competitivita' e la giustizia sociale" convertito, con modifiche,
dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, pubblicata in GU 23/06/2014, n.
143, stabilisce all'articolo 9 comma 8-bis che: "Nell'ottica della
semplificazione e dell'efficientamento dell'attuazione dei programmi
di sviluppo cofinanziati con fondi dell'Unione europea, il Ministero
dell'economia e delle finanze si avvale di Consip S.p.A., nella sua
qualita' di centrale di committenza ai sensi dell'articolo 3, comma
34, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, sulla base di
convenzione disciplinante i relativi rapporti per lo svolgimento di
procedure di gara finalizzate all'acquisizione, da parte delle
autorita' di gestione, certificazione e audit istituite presso le
singole amministrazioni titolari dei programmi di sviluppo
cofinanziati con fondi dell'Unione europea, di beni e di servizi
strumentali all'esercizio delle relative funzioni.".
La disposizione sopra riportata appare consentire al Ministero
dell'economia e delle finanze di avvalersi di Consip S.p.A, per lo
svolgimento delle procedure di gara finalizzate all'acquisizione di
beni e di servizi strumentali all'esercizio delle funzioni anche
delle Autorita' di gestione, certificazione e audit istituite presso
le singole amministrazioni titolari dei programmi di sviluppo
cofinanziati con fondi dell'Unione europea.
La formulazione della norma, non limitando esplicitamente il
proprio ambito operativo alle sole amministrazioni statali e dunque
estendosi anche alle amministrazioni regionali titolari dei
programmi, viola le norme indicate in rubrica.
Sulla base delle norme costituzionali e della legislazione
ordinaria di attuazione, lo Stato invero non puo' ritenersi, almeno
con riferimento all'ordinamento interno, un attore privilegiato nella
gestione delle politiche di coesione di matrice comunitaria: a
quest'ultimo puo', al contrario, solo spettare, di norma, un ruolo di
promotore e coordinatore, mentre, in ossequio al principio di
sussidiarieta' verticale, nella fase attuativa, ossia di gestione
dell'intervento, non puo' prescindersi dal coinvolgimento degli altri
livelli di governo territoriale, in primo luogo le Regioni, posto che
la realizzazione degli interventi attiene all'attivita' propriamente
esecutiva - ossia allo svolgimento delle funzioni amministrative -
che, ai sensi dell'art. 118 Cost., rientra nella potesta' degli enti
minori. La disposizione introdotta dall'articolo 9 comma 8-bis,
prevedendo un accentramento di funzioni amministrative in capo al
Ministero dell'economia e delle finanze, produce, dunque,
un'invasione delle sfere di competenza regionali in ambito
amministrativo in contrasto con i principi di sussidiarieta',
differenziazione ed adeguatezza sanciti dal primo comma dell'art. 118
della Costituzione e lede altresi' il buon andamento dell'azione
amministrativa.
La sostituzione del Ministero dell'economia e delle finanze alle
diverse amministrazioni titolari dei programmi di sviluppo
cofinanziati con fondi dell'Unione europea - tra cui anche le singole
autorita' regionali competenti - lede, inoltre, il principio di leale
collaborazione sancito dall'art. 120 della Costituzione: come noto,
il potere sostitutivo di cui all'art. 120, secondo comma, Cost., e'
configurato dal legislatore costituzionale quale strumento
eccezionale di intervento, che presuppone l'inerzia degli enti
titolari dei poteri, a conferma che in alcuni ambiti lo Stato non e'
titolare in via diretta di alcuna potesta'.
Illegittimita' dell'art. 13, commi 1, 2, 3 e 4, del D.L. n. 66/2014,
come convertito, per contrasto con gli articoli 3, 97, 117 primo
comma, terzo e quarto comma, 118, 119, 120 e 123 Cost.
Le disposizioni di cui ai commi 1, 2, 3 e 4 dell'art. 13,
rubricato "Limite al trattamento economico del personale pubblico e
delle societa' partecipate", testualmente recitano:
«1. A decorrere dal 1° maggio 2014 il limite massimo retributivo
riferito al primo presidente della Corte di cassazione previsto dagli
articoli 23-bis e 23-ter del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201,
convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214,
e successive modificazioni e integrazioni, e' fissato in euro 240.000
annui al lordo dei contributi previdenziali ed assistenziali e degli
oneri fiscali a carico del dipendente. A decorrere dalla predetta
data i riferimenti al limite retributivo di cui ai predetti articoli
23-bis e 23-ter contenuti in disposizioni legislative e regolamentari
vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, si
intendono sostituiti dal predetto importo. Sono in ogni caso fatti
salvi gli eventuali limiti retributivi in vigore al 30 aprile 2014
determinati per effetto di apposite disposizioni legislative,
regolamentari e statutarie, qualora inferiori al limite fissato dal
presente articolo.
2. All'articolo 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147 sono
apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 471, dopo le parole "autorita' amministrative
indipendenti" sono inserite le seguenti: ", con gli enti pubblici
economici";
b) al comma 472, dopo le parole "direzione e controllo" sono
inserite le seguenti: "delle autorita' amministrative indipendenti
e";
c) al comma 473, le parole "fatti salvi i compensi percepiti
per prestazioni occasionali" sono sostituite dalle seguenti "ovvero
di societa' partecipate in via diretta o indiretta dalle predette
amministrazioni".
3. Le regioni provvedono ad adeguare i propri ordinamenti al
nuovo limite retributivo di cui al comma 1, ai sensi dell'articolo 1,
comma 475 della legge 27 dicembre 2013, n. 147, nel termine ivi
previsto.
4. Ai fini dei trattamenti previdenziali, le riduzioni dei
trattamenti retributivi conseguenti all'applicazione delle
disposizioni di cui al presente articolo operano con riferimento alle
anzianita' contributive maturate a decorrere dal 1° maggio 2014.».
Le riportate norme dispongono un taglio selettivo della spesa
pubblica regionale, sub specie di introduzione di un limite
retributivo per alcuni dipendenti, in patente violazione della
competenza legislativa e dell'autonomia amministrativa ed
organizzativa garantite alle Regioni dalle norme costituzionali
indicate in rubrica.
2.1. Ed invero, l'art.117, quarto comma, della Costituzione nelle
materie non espressamente riservate alla legislazione statale, tra le
quali e' da annoverarsi quella dell'organizzazione amministrativa
attribuisce, come noto, alle Regioni potesta' legislativa residuale,
da esercitarsi secondo i «principi fondamentali di organizzazione e
funzionamento» fissati negli statuti (ex art. 123 Cost.) e in
osservanza dei principi di sussidiarieta', adeguatezza e
differenziazione di cui all'art. 118 Cost. (cfr. sentenza n. 233 del
2006).
L'art.119, inoltre, attribuisce alle Regioni autonomia
finanziaria di entrata e di spesa.
Le norme oggetto del presente ricorso, in quanto non si limitano
ad imporre un determinato contenimento della spesa pubblica
regionale, bensi' individuano specificamente e selettivamente la voce
di spesa regionale da ridurre, ledono gravemente la descritta
competenza legislativa e l'autonomia finanziaria, amministrativa ed
organizzativa della Regione, privando l'ente territoriale competente
delle descritte prerogative garantite dalla Carta costituzionale,
impedendo allo stesso di autodeterminarsi in merito
all'organizzazione dei propri uffici, alla regolamentazione degli
aspetti economici del rapporto con i propri dipendenti - peraltro con
efficacia estesa ai rapporti in corso, con conseguente violazione
dell'art. 97 per gli effetti delle norme sul buon andamento
dell'azione amministrativa - e alla individuazione dell'interesse
pubblico alla limitazione di alcune o di altre spese regionali.
2.2. Tale vulnus, peraltro, e' vieppiu' aggravato dalle
conseguenze che le disposizioni impugnate - e, in particolare, quella
di cui al comma 3 del citato art. 13 - sembrano riconnettere al
mancato adeguamento dell'ordinamento regionale al nuovo limite
sancito dal legislatore statale.
La norma, invero, nella parte in cui dispone l'adeguamento da
parte delle Regioni "ai sensi dell'articolo 1, comma 475 della legge
27 dicembre 2013, n. 147," sembra doversi interpretare - in ragione
del rinvio a sua volta contenuto nell'art. 1 comma 475 cit. all'art.
2, comma 1 del decreto legge n. 174/2012 - nel senso di riconnettere
al mancato adeguamento nei termini indicati il taglio dei
trasferimenti di risorse statali nei confronti delle regioni, nelle
misure indicate dal citato art. 2, comma 1 del decreto legge n.
174/2012. Senonche', siffatta previsione rende di fatto cogente per
la Regione i nuovi tetti delle singole spese introdotti, traducendosi
in una illegittima prescrizione, riduttiva in modo selettivo della
spesa regionale e rispettosa soltanto sul piano formale
dell'autonomia regionale in materia di spesa, che risulta invece
nella sostanza gravemente violata.
2.3. Trattasi, inoltre, di misura sanzionatoria che anche sotto
il profilo della gravita' delle conseguenze disposte, da un lato, e'
senz'altro sproporzionata ed illogica; dall'altro elide nella
sostanza qualsivoglia discrezionalita' della ricorrente Regione in
ordine all'an e/o al quomodo della riduzione della propria spesa, con
gravissima lesione delle attribuzioni costituzionalmente
riconosciute.
Al fine di considerare il gravissimo impatto dell'eventuale
sanzione sul bilancio della ricorrente Regione Campania, basti
considerare, ad es., che dal rendiconto 2012 - che si assume a
riferimento in ragione del carattere "consolidato" dei relativi dati
- risulta che il 5% dei trasferimenti statali correnti relativi alla
spesa sanitaria per l'anno (che costituisce una delle voci di
trasferimenti condizionati all'adeguamento) ammonta, di per se' solo,
ad oltre 20 milioni di euro cui deve aggiungersi l'80% dei
trasferimenti statali non destinati alla sanita' o ai trasporti
pubblici, e quindi ben oltre i due terzi dei trasferimenti destinati
a funzioni proprie delle Regioni.
A tutta evidenza, comminare una sanzione tale da svilire e
depotenziare l'attivita' di programmazione e l'esercizio delle
funzioni amministrative dell'ente territoriale produce indirettamente
l'effetto di una coazione all'adeguamento dell'ordinamento regionale
ai limiti definiti in sede statale, con evidente e grave detrimento
delle attribuzioni regionali; e l'eventuale applicazione della
sanzione determinerebbe conseguenze gravemente sproporzionate
rispetto agli obiettivi di contenimento della spesa prefissati.
2.4. Le norme impugnate non sfuggono al giudizio di
incostituzionalita' neppure ove, pur in assenza di una espressa
qualificazione normativa in tal senso, esse volessero ascriversi alla
materia del «coordinamento della finanza pubblica e del sistema
tributario». Ne deriverebbe, infatti, la violazione dell'art.117,
terzo comma, Cost., posto che, nella fattispecie, il legislatore
statale, lungi dal limitarsi a sancire un principio generale, ha
disposto la diretta limitazione di una singola voce di spesa, in
palese contrasto con l'indicata norma costituzionale - che
circoscrive l'esercizio della potesta' legislativa statale alla
fissazione di mere norme di principio - oltre che con il gia' citato
art. 119 Cost., che garantisce alle Regioni piena autonomia di spesa,
autonomia esplicantesi anche nella scelta delle spese da limitare a
vantaggio di altre.
Codesta Corte, con sentenza n. 297/2009, ha chiarito che le
«norme statali che fissano limiti alla spesa delle Regioni e degli
enti locali possono qualificarsi principi fondamentali di
coordinamento della finanza pubblica alla seguente duplice
condizione: in primo luogo, che si limitino a porre obiettivi di
riequilibrio della medesima, intesi nel senso di un transitorio
contenimento complessivo, anche se non generale, della spesa
corrente; in secondo luogo, che non prevedano in modo esaustivo
strumenti o modalita' per il perseguimento dei suddetti obiettivi»
(sentenze n. 289 e n. 120 del 2008; analogamente, le sentenze n. 412
e n. 169 del 2007, nonche' n. 88 del 2006). In altri termini, la
legge statale puo' stabilire solo un «limite complessivo, che lascia
agli enti stessi ampia liberta' di allocazione delle risorse fra i
diversi ambiti e obiettivi di spesa» (sentenza n. 36 del 2004), e non
puo' fissare vincoli puntuali relativi a singole voci di spesa dei
bilanci delle Regioni e degli enti locali, tali da ledere l'autonomia
finanziaria di spesa garantita dall'art. 119 Cost. (sentenze n. 120
del 2008; n. 169 del 2007; n. 417 del 2005; n. 36 del 2004) e ha piu'
volte affermato, altresi', che, nell'esercitare tale funzione, lo
Stato deve limitarsi a porre obiettivi di contenimento, senza
prevedere in modo puntuale strumenti e modalita' per il loro
perseguimento, in modo che rimanga uno spazio aperto all'esercizio
dell'autonomia regionale (sentenza n. 182 del 2011). La disciplina
dettata dal legislatore statale inoltre, non deve ledere il canone
generale della ragionevolezza e proporzionalita' dell'intervento
normativo rispetto all'obiettivo prefissato (sentenze n. 236 del 2013
e n. 326 del 2010).
2.5. Le disposizioni di cui ai commi 2 e 3 dell'art. 13, laddove
impongono alle Regioni di adeguare il proprio ordinamento
all'abbassamento del parametro massimo del trattamento economico
annuo onnicomprensivo del personale interessato (in forza dell'art.
13, co. 3 del DL 66/2014) e alle altre modifiche apportate dal
medesimo decreto ai commi 471-473 dell'articolo unico della legge
147/2013 (in forza di quanto previsto dal successivo comma 475) entro
il termine di sei mesi dall'entrata in vigore della suddetta legge
147/2013 (ovvero entro il 1° luglio 2014), sono costituzionalmente
illegittime altresi' per contrasto con gli articoli 3, 97, 117, 118,
119 e 120 della Costituzione.
Ed invero, le modifiche apportate al comma 473 estendono la
disciplina prevista dai commi 471 e 472 anche alle societa'
partecipate; ma, per garantire un corretto adeguamento degli
ordinamenti regionali alle innovazioni apportate dall'art. 13 del DL
66/2014, occorrono tempi adeguati e congrui. La legge di conversione
del DL 66/2014, che rende stabile nell'ordinamento le cennate
innovazioni normative, e' invece definitivamente entrata in vigore il
23 giugno 2014: soltanto otto giorni prima dello spirare del termine
fissato per l'adeguamento, il 1° luglio 2014. Si tratta, con ogni
evidenza, di termine irragionevole e lesivo del principio di leale
collaborazione, in quanto chiaramente inadeguato rispetto alla
tempistica ordinaria di espletamento dell'iter normativo necessario a
conformare l'ordinamento regionale alle nuove norme statali, con
conseguente illegittimita' della relativa previsione, sulla base di
quanto chiarito da Codesta Corte con sentenza n. 196/2004.
L'irragionevolezza e la sproporzionalita' del termine imposto
rispetto agli adempimenti richiesti e la violazione del principio di
leale collaborazione risultano, poi, tanto piu' gravi ed evidenti in
considerazione della gravita' delle sanzioni che la legge prescrive
per il caso di mancato adempimento, sopra illustrate.
P.Q.M.
La Regione Campania, come sopra rappresentata e difesa, chiede
che Codesta Ecc.ma Corte, in accoglimento del presente ricorso,
voglia dichiarare l'illegittimita' costituzionale degli artt. 9,
comma 8-bis e 13, commi 1, 2, 3 e 4 del D.L. n. 66/2014, come
convertito con legge n. 89 del 23 giugno 2014
Roma, 18 agosto 2014
Prof. Avv. Beniamino Caravita di Toritto
Avv. Maria d'Elia