Ricorso n. 64 del 25 agosto 2003 (Presidente del Consiglio dei ministri)
N. 64 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 25 agosto 2003.
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 25 agosto 2003 (del Presidente del Consiglio dei
ministri)
(GU n. 42 del 22-10-2003)
Ricorso del Presidente del consiglio dei ministri Rappresentato
dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma,
via dei Portoghesi n. 12, e' domiciliato per legge, nei confronti
della Regione Emilia-Romagna, in persona del presidente pro tempore
della giunta regionale, per la dichiarazione di illegittimita'
costituzionaledegli articoli 7 comma 5; comma 3, 17; 26 comma 2; 41;
e 44 comma primo lett. c); della legge della Regione Emilia-Romagna
30 giugno 2003 n. 12, pubblicata in B.U.R. n. 94 del 30 giugno 2003,
contenente «norme per l'uguaglianza delle opportunita' di accesso al
sapere, per ognuno e per tutto l'arco della vita, attraverso il
rafforzamento dell'istruzione e della formazione professionale, anche
in integrazione fra loro», per contrasto con gli artt. 3, 97 e 117,
comma secondo lett. n) e terzo, della Costituzione, in relazione ai
principi fondamentali dettati dallo Stato nella materia
dell'istruzione (giusta delibera del Consiglio dei ministri del 31
luglio 2003)
1. - Con la legge indicata in epigrafe la Regione Emilia-Romagna
ha inteso disciplinare i propri interventi nelle materie
dell'istruzione e della formazione professionale, allo scopo di
valorizzare la persona umana attraverso l'innalzamento dei livelli
culturali e professionali.
La regione sostiene di assumere, a fondamento della sua azione,
nel rispetto della Costituzione e dei principi che derivano
dall'appartenenza dell'Italia alla Comunita' europea, l'ordinamento
nazionale in materia di istruzione, facendo altresi' propri i livelli
essenziali delle prestazioni, secondo quanto prevede l'art. 117 della
Costituzione.
La legge, composta da 56 articoli, abroga numerose norme vigenti
e cancella, in particolare, l'intero Capo III della legge regionale
n. 3 del 1999, con cui era disciplinato il sistema educativo
regionale, nell'ambito della legge generale di riforma del sistema
regionale e locale.
In linea generale risulta estesa l'attenzione della regione ai
processi dell'istruzione non formale, attraverso la valorizzazione
dei processi di integrazione fra le politiche scolastiche autonome e
le politiche sociali e sanitarie, attraverso la creazione di centri
di servizio e di consulenza per le istituzioni scolastiche autonome,
favorendo interventi per la continuita' didattica.
Ma proprio mentre enuncia questi intenti di valorizzazione della
persona umana attraverso la qualificazione del suo sistema formativo
e di istruzione, la regione travalica le sue competenze, ponendo la
sua normativa in contrasto con gli artt. 3, 97 e 117 della
Costituzione e con principi fondamentali in materia di istruzione
dettati dallo Stato.
2. - a) L'art. 7 comma quinto della legge regionale stabilisce
che «per il raggiungimento delle finalita' del presente articolo
(cioe' la qualificazione delle risorse umane) sono concessi assegni
di studio da destinare al personale della formazione professionale,
nonche' al personale della scuola che si avvolga del periodo di
aspettativa di cui all'art. 26 comma 14 legge 23 dicembre 1998 n. 448
...».
Tale ultima norma richiamata prevede in via generale che «i
docenti e i dirigenti scolastici che hanno superato il periodo di
prova possono usufruire di un periodo di aspettativa non retribuita
della durata massima di un anno scolastico ogni dieci anni ...».
E' evidente che l'incentivo previsto dalla legge regionale altera
la regola generale fissata dalla legge statale, violando un principio
fondamentale da essa posto, creando disuguaglianza fra situazioni
identiche dei dipendenti scolastici, disarticolando il buon andamento
della pubblica amministrazione, donde il contrasto della norma
regionale con gli artt. 117 comma 3, 3 e 97 comma primo della
Costituzione.
b) L'art. 9 comma terzo della legge regionale prevede che
«l'alternanza scuola-lavoro e' una modalita' didattica, ma
costituente rapporto di lavoro, realizzata nell'ambito dei percorsi
di istruzione o di formazione professionale, anche integrati, quale
efficace strumento di orientamento, preparazione professionale e
inserimento nel mondo del lavoro. Essa si realizza attraverso
esperienze in contesti lavorativi che devono essere adeguati
all'accoglienza ed alla formazione».
L'alternanza scuola-lavoro e' un istituto a valenza generale che
rientra nelle norme generali sull'istruzione. In proposito l'art. 4
della legge 28 marzo 2003 n. 53, contenente «delega al Governo per la
definizione delle norme generali sull'istruzione e dei livelli
essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione
professionale», indica i principi e i criteri direttivi che il
legislatore statale delegato deve rispettare in tema di «alternanza
scuola-lavoro». La norma regionale viola, quindi, l'art. 117 comma
secondo lettera n) della Costituzione.
c) Analoghe considerazioni valgono per l'art. 17 della legge
regionale, che definisce le finalita' della scuola dell'infanzia. La
finalita' dei percorsi del sistema dell'istruzione rientra, in
effetti, fra le norme generali sull'istruzione riservate alla
competenza esclusiva dello Stato: e, in particolare, l'art. 2 comma
primo lett. e) della sopra citata legge statale n. 53/2003, nel
dettare i principi e i criteri direttivi per la delega in ordine al
sistema educativo di istruzione e formazione, si occupa espressamente
della scuola dell'infanzia. Anche qui, dunque, la norma regionale si
pone in contrasto con l'art. 117 comma secondo, lett. n), della
Costituzione.
d) L'art. 26 comma secondo della legge regionale introduce nel
sistema formativo norme in materia di integrazione tra i sistemi
dell'istruzione e formazione professionale, con la lesione del
diritto al riconoscimento dei crediti ed al passaggio tra i sistemi
per tutti gli studenti che provengono da percorsi non integrati.
Questa norma si pone in contrasto con gli art. 3 e 97 della
Costituzione per violazione dei principi di uguaglianza e del buon
andamento della pubblica amministrazione.
e) L'art. 41 da' una definizione dell'educazione degli adulti e
delle attivita' relative. Anche qui, tale definizione e' inficiata da
illegittimita' costituzionale per il fatto che l'educazione degli
adulti, finalizzata al rilascio di titoli di studio, rientra pur essa
nell'ambito dell'istruzione e la definizione relativa rientra tra le
norme generali dell'istruzione, donde il contrasto della norma
regionale con il piu' volte richiamato art. 117 comma secondo lett.
n) della Costituzione.
f) Infine l'art. 44. comma 1 lettera c) della legge regionale
prevede che il consiglio regionale, su proposta della giunta
regionale, approvi tra l'altro, i criteri per la definizione
dell'organizzazione della rete scolastica, ivi compresi i parametri
dimensionali delle istruzioni scolastiche.
In effetti, la disciplina inerente a criteri, metodi e
presupposti, per riconoscere ed attuare l'autonomia delle istituzioni
scolastiche, non potendo disgiungersi dal fine di assicurare comunque
livelli unitari di fruizione del diritto allo studio ed individuare
elementi comuni al sistema scolastico nazionale, rientra tra le norme
generali sull'istruzione, che l'art. 117 comma secondo, lettera n)
della Costituzione rimette alla competenza esclusiva dello Stato.
P. Q. M.
Il Presidente del Consiglio dei ministri conclude chiedendo che
la Corte dichiari la illegittimita' costituzionale degli artt. 7
comma quinto, 9 comma terzo, 17, 26 comma secondo, 41 e 44 comma
primo lettera c) della legge della Regione Emilia-Romagna indicata in
epigrafe.
Si produce, unitamente a copia della legge regionale impugnata,
estratto della deliberazione del Consiglio dei ministri del 31 luglio
2003 con allegata relazione.
Roma, addi' 8 agosto 2003
Vice avvocato generale dello Stato: Fiumar
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 25 agosto 2003 (del Presidente del Consiglio dei
ministri)
(GU n. 42 del 22-10-2003)
Ricorso del Presidente del consiglio dei ministri Rappresentato
dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma,
via dei Portoghesi n. 12, e' domiciliato per legge, nei confronti
della Regione Emilia-Romagna, in persona del presidente pro tempore
della giunta regionale, per la dichiarazione di illegittimita'
costituzionaledegli articoli 7 comma 5; comma 3, 17; 26 comma 2; 41;
e 44 comma primo lett. c); della legge della Regione Emilia-Romagna
30 giugno 2003 n. 12, pubblicata in B.U.R. n. 94 del 30 giugno 2003,
contenente «norme per l'uguaglianza delle opportunita' di accesso al
sapere, per ognuno e per tutto l'arco della vita, attraverso il
rafforzamento dell'istruzione e della formazione professionale, anche
in integrazione fra loro», per contrasto con gli artt. 3, 97 e 117,
comma secondo lett. n) e terzo, della Costituzione, in relazione ai
principi fondamentali dettati dallo Stato nella materia
dell'istruzione (giusta delibera del Consiglio dei ministri del 31
luglio 2003)
1. - Con la legge indicata in epigrafe la Regione Emilia-Romagna
ha inteso disciplinare i propri interventi nelle materie
dell'istruzione e della formazione professionale, allo scopo di
valorizzare la persona umana attraverso l'innalzamento dei livelli
culturali e professionali.
La regione sostiene di assumere, a fondamento della sua azione,
nel rispetto della Costituzione e dei principi che derivano
dall'appartenenza dell'Italia alla Comunita' europea, l'ordinamento
nazionale in materia di istruzione, facendo altresi' propri i livelli
essenziali delle prestazioni, secondo quanto prevede l'art. 117 della
Costituzione.
La legge, composta da 56 articoli, abroga numerose norme vigenti
e cancella, in particolare, l'intero Capo III della legge regionale
n. 3 del 1999, con cui era disciplinato il sistema educativo
regionale, nell'ambito della legge generale di riforma del sistema
regionale e locale.
In linea generale risulta estesa l'attenzione della regione ai
processi dell'istruzione non formale, attraverso la valorizzazione
dei processi di integrazione fra le politiche scolastiche autonome e
le politiche sociali e sanitarie, attraverso la creazione di centri
di servizio e di consulenza per le istituzioni scolastiche autonome,
favorendo interventi per la continuita' didattica.
Ma proprio mentre enuncia questi intenti di valorizzazione della
persona umana attraverso la qualificazione del suo sistema formativo
e di istruzione, la regione travalica le sue competenze, ponendo la
sua normativa in contrasto con gli artt. 3, 97 e 117 della
Costituzione e con principi fondamentali in materia di istruzione
dettati dallo Stato.
2. - a) L'art. 7 comma quinto della legge regionale stabilisce
che «per il raggiungimento delle finalita' del presente articolo
(cioe' la qualificazione delle risorse umane) sono concessi assegni
di studio da destinare al personale della formazione professionale,
nonche' al personale della scuola che si avvolga del periodo di
aspettativa di cui all'art. 26 comma 14 legge 23 dicembre 1998 n. 448
...».
Tale ultima norma richiamata prevede in via generale che «i
docenti e i dirigenti scolastici che hanno superato il periodo di
prova possono usufruire di un periodo di aspettativa non retribuita
della durata massima di un anno scolastico ogni dieci anni ...».
E' evidente che l'incentivo previsto dalla legge regionale altera
la regola generale fissata dalla legge statale, violando un principio
fondamentale da essa posto, creando disuguaglianza fra situazioni
identiche dei dipendenti scolastici, disarticolando il buon andamento
della pubblica amministrazione, donde il contrasto della norma
regionale con gli artt. 117 comma 3, 3 e 97 comma primo della
Costituzione.
b) L'art. 9 comma terzo della legge regionale prevede che
«l'alternanza scuola-lavoro e' una modalita' didattica, ma
costituente rapporto di lavoro, realizzata nell'ambito dei percorsi
di istruzione o di formazione professionale, anche integrati, quale
efficace strumento di orientamento, preparazione professionale e
inserimento nel mondo del lavoro. Essa si realizza attraverso
esperienze in contesti lavorativi che devono essere adeguati
all'accoglienza ed alla formazione».
L'alternanza scuola-lavoro e' un istituto a valenza generale che
rientra nelle norme generali sull'istruzione. In proposito l'art. 4
della legge 28 marzo 2003 n. 53, contenente «delega al Governo per la
definizione delle norme generali sull'istruzione e dei livelli
essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione
professionale», indica i principi e i criteri direttivi che il
legislatore statale delegato deve rispettare in tema di «alternanza
scuola-lavoro». La norma regionale viola, quindi, l'art. 117 comma
secondo lettera n) della Costituzione.
c) Analoghe considerazioni valgono per l'art. 17 della legge
regionale, che definisce le finalita' della scuola dell'infanzia. La
finalita' dei percorsi del sistema dell'istruzione rientra, in
effetti, fra le norme generali sull'istruzione riservate alla
competenza esclusiva dello Stato: e, in particolare, l'art. 2 comma
primo lett. e) della sopra citata legge statale n. 53/2003, nel
dettare i principi e i criteri direttivi per la delega in ordine al
sistema educativo di istruzione e formazione, si occupa espressamente
della scuola dell'infanzia. Anche qui, dunque, la norma regionale si
pone in contrasto con l'art. 117 comma secondo, lett. n), della
Costituzione.
d) L'art. 26 comma secondo della legge regionale introduce nel
sistema formativo norme in materia di integrazione tra i sistemi
dell'istruzione e formazione professionale, con la lesione del
diritto al riconoscimento dei crediti ed al passaggio tra i sistemi
per tutti gli studenti che provengono da percorsi non integrati.
Questa norma si pone in contrasto con gli art. 3 e 97 della
Costituzione per violazione dei principi di uguaglianza e del buon
andamento della pubblica amministrazione.
e) L'art. 41 da' una definizione dell'educazione degli adulti e
delle attivita' relative. Anche qui, tale definizione e' inficiata da
illegittimita' costituzionale per il fatto che l'educazione degli
adulti, finalizzata al rilascio di titoli di studio, rientra pur essa
nell'ambito dell'istruzione e la definizione relativa rientra tra le
norme generali dell'istruzione, donde il contrasto della norma
regionale con il piu' volte richiamato art. 117 comma secondo lett.
n) della Costituzione.
f) Infine l'art. 44. comma 1 lettera c) della legge regionale
prevede che il consiglio regionale, su proposta della giunta
regionale, approvi tra l'altro, i criteri per la definizione
dell'organizzazione della rete scolastica, ivi compresi i parametri
dimensionali delle istruzioni scolastiche.
In effetti, la disciplina inerente a criteri, metodi e
presupposti, per riconoscere ed attuare l'autonomia delle istituzioni
scolastiche, non potendo disgiungersi dal fine di assicurare comunque
livelli unitari di fruizione del diritto allo studio ed individuare
elementi comuni al sistema scolastico nazionale, rientra tra le norme
generali sull'istruzione, che l'art. 117 comma secondo, lettera n)
della Costituzione rimette alla competenza esclusiva dello Stato.
P. Q. M.
Il Presidente del Consiglio dei ministri conclude chiedendo che
la Corte dichiari la illegittimita' costituzionale degli artt. 7
comma quinto, 9 comma terzo, 17, 26 comma secondo, 41 e 44 comma
primo lettera c) della legge della Regione Emilia-Romagna indicata in
epigrafe.
Si produce, unitamente a copia della legge regionale impugnata,
estratto della deliberazione del Consiglio dei ministri del 31 luglio
2003 con allegata relazione.
Roma, addi' 8 agosto 2003
Vice avvocato generale dello Stato: Fiumar