Ricorso n. 65 del 16 maggio 2006 (Regione Toscana)
RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 16 maggio 2006 , n. 65
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 16 maggio 2006 (della Regione Toscana)
(GU n. 23 del 7-6-2006)
Ricorso della Regione Toscana, in persona del presidente pro tempore, autorizzato con deliberazione della giunta regionale n. 312 del 2 maggio 2006, rappresentato e difeso, per mandato in calce al presente atto, dagli avvocati Lucia Bora e Fabio Lorenzoni e presso lo studio di quest'ultimo elettivamente domiciliato in Roma, via del Viminale n. 43; Contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 4, commi 2, 3 e 4 lett. a), b), c) e), f); art. 5 commi 4, 5 e 6; art. 6 commi 2 e 3; art. 8; art. 9 comma 2; art. 11, comma 1; art. 12; art. 14, comma 2, della legge 20 febbraio 2006 n. 96 (Disciplina dell'agriturismo) per violazione degli articoli 117 e 118 della Costituzione. Nella Gazzetta Ufficiale n. 63 del 16 marzo 2006 e' stata pubblicata la legge 20 febbraio 2006 n. 96 recante "Disciplina dell'agriturismo", volta a dettare una disciplina organica in materia di agriturismo al fine di perseguire le finalita' indicate all'art. 1 della legge medesima. La norma appare, gia' nel suo impianto generale, contrastante con il titolo V della Costituzione in tema di riparto di competenze normative tra Stato e regioni. La disciplina dell'attivita' agrituristica deve essere, infatti, ricondotta nell'ambito delle "materie innominate" per le quali il quarto comma dell'art. 117 Cost., cosi' come modificato dalla legge cost. n. 3 del 2000, attribuisce alle regioni competenza esclusiva. In tale ambito ricadono, infatti, tutte le materie dirette al sostegno dell'attivita' produttiva, l'agricoltura ed il turismo (delle quali l'agriturismo rappresenta una specifica interazione). Con riferimento all'agricoltura la Corte costituzionale ha, infatti, chiarito che si tratta di "competenza legislativa affidata in via residuale alle regioni e sottratta alla competenza legislativa statale" (sent. 13 gennaio 2004, n. 12). E' pur vero che alcuni specifici aspetti della legge impugnata possono ascriversi a materie ricomprese nella competenza esclusiva dello Stato (ad es. alcuni aspetti fiscali) o a quella di legislazione concorrente (tutela della salute e alimentazione, governo del territorio); tuttavia questi aspetti non possono consentire una normazione statale che vada oltre i limiti propri della sua specifica competenza ovvero che si spinga nel dettare una disciplina di dettaglio laddove essa e' chiamata a individuare i soli principi fondamentali. Ne' tanto meno la disciplina di questi aspetti peculiari puo' giustificare l'adozione di un intervento organico in materia di "agriturismo" al fine di perseguire quelle finalita' di "tutela, qualificazione e valorizzazione delle risorse specifiche di ciascun territorio, mantenimento delle attivita' umane nelle aree rurali, sostegno ed incentivazione delle produzioni tipiche" che la Costituzione assegna all'intervento legislativo regionale. Va premesso che la Regione Toscana si e' da tempo dotata di un sistema legislativo organico, volto a disciplinare compiutamente l'attivita' agrituristica nella regione e specificatamente la legge regionale 23 giugno 2003 n. 30 (Disciplina delle attivita' agrituristiche in Toscana) successivamente modificata dalla legge regionale 28 maggio 2004 n. 27 e dalla legge regionale 3 gennaio 2005 n. 1 ed il D.P.G.R. 3 agosto 2004 n. 46/R (Regolamento di attuazione della legge regionale 23 giugno 2003 n. 30 "Disciplina delle attivita' agrituristiche in Toscana"). Tutta la normativa si inseriva nel quadro della legge statale 5 dicembre 1985 n. 730, che viene abrogata dalla nuova legge 96/2006, e che faceva riferimento ad un quadro costituzionale in cui le competenze regionali erano indubbiamente inferiori a quelle desumibili dall'attuale 117 Cost. Vige quindi, ad oggi, nella Regione Toscana una compiuta normativa regionale in materia di agriturismo volta a disciplinare tutti gli aspetti rilevanti del settore, disciplina che viene fortemente incisa dalla legge statale oggetto dell'impugnativa. Pertanto si propone la presente impugnazione, basata sui seguenti motivi di D i r i t t o A) Illegittimita' costituzionale dell'art. 4, commi 2, 3, e 4 lett. a), b), c), e), f) per violazione degli articoli 117 e 118 Cost. L'art. 4, pur demandando alla legislazione regionale l'individuazione dei criteri, limiti e obblighi amministrativi per lo svolgimento dell'attivita' agrituristica nonche' la definizione dei criteri per la valutazione del rapporto di connessione tra attivita' agrituristiche ed attivita' agricola, afferma poi, al comma secondo, il principio della prevalenza dell'attivita' agricola su quella agrituristica, da accertarsi con particolare riferimento al tempo di lavoro necessario ed introduce, al comma terzo, un criterio di "prevalenza presunta" in base al quale deve, comunque, essere ritenuta prevalente l'attivita' agricola quando l'attivita' di ricezione e di somministrazione dei pasti e bevande interessi un numero non superiore a dieci ospiti. Tali previsioni vanno esattamente nel senso opposto rispetto a quanto stabilito dalla citata legge regionale n. 30/2003; la Regione Toscana, infatti, al fine di verificare la principalita' dell'attivita' agricola, non riconosce ne' un ruolo privilegiato al criterio del "tempo di lavoro necessario all'esercizio delle attivita" ne' alcuna presunzione di principalita'. Al contrario la principalita' dell'attivita' agricola rispetto a quella turistica si realizza, secondo l'art. 6 della legge regionale n. 30/2003, quando sussista, indifferentemente, una delle seguenti condizioni: tempo impiegato per lo svolgimento dell'attivita' agrituristica nel corso dell'anno inferiore al tempo utilizzato nell'attivita' agricola di cui all'art. 2135, tenuto conto delle diversita' delle tipologie di lavorazione; valore della produzione lorda vendibile agricola annua, compresi gli aiuti di mercato e di integrazione al reddito, maggiore rispetto alle entrate dell'attivita' agrituristica, al netto dell'eventuale intermediazione dell'agenzia; spese d'investimento e spese correnti da effettuarsi annualmente per l'attivita' agricola in azienda, al netto degli aiuti, per interventi e attivita' superiore a una quota minima fissata in rapporto alla ricettivita' autorizzata ed inferiore ad una quota massima fissata in rapporto all'entita' e alle caratteristiche produttive dell'impresa. Va sottolineato che la Regione Toscana ha effettuato una valutazione ed una scelta precisa di non riconoscere forme di principalita' presunta, tanto che non ha riproposto nella legge regionale n. 30/2003 la disposizione contenuta nella precedente legge regionale (art. 5 comma 3, legge regionale n. 17 ottobre 1994 n. 76), abrogata dalla legge regionale n. 30/2003, che prevedeva la presunzione di principalita' nel caso in cui l'attivita' di agriturismo fosse limitata alla ricezione e ospitalita' di non piu' di 6 persone. Con l'entrata in vigore della legge regionale n. 96/2006 la regione ricorrente dovrebbe, in ottemperanza all'articolo 4, commi 2 e 3, formulare nuovi e diversi criteri di valutazione della principalita' dell'attivita' agricola, privilegiando il criterio del tempo lavoro, nonche' prescindere da ogni accertamento sulla sussistenza dei criteri stessi nel caso in cui il numero degli ospiti risultasse non superiore a 10. Cio' rappresenta un'evidente compressione della sfera costituzionale di autonomia legislativa della regione in materie quali quelle dell'agricoltura e del turismo estranee, come gia' rilevato, all'elenco delle competenze esclusive e concorrenti riservate dall'art. 117 Cost. allo Stato. Come infatti, affermato dalla Corte costituzionale nella sent. 282/2002 il nuovo riparto della potesta' legislativa risultante dalla riforma del Titolo V, parte II, della Costituzione impone non tanto la ricerca di uno specifico titolo costituzionale di legittimazione dell'intervento regionale, quanto, al contrario, un'indagine sulla sussistenza di riserve, esclusive o parziali, di competenza statale. Pertanto il secondo comma dell'impugnata disposizione, nella parte in cui prevede che l'accertamento della prevalenza delle attivita' agricole sia effettuato con particolare riferimento "al tempo di lavoro necessario all'esercizio delle stesse attivita" nonche' il comma terzo sono illegittimi per violazione dell'art. 117 Cost. Proseguendo nell'esame della norma, il comma quattro, dopo avere riconosciuto la competenza regionale a disciplinare in materie di somministrazione e bevande, detta alcuni criteri cui la legislazione regionale deve attenersi ed in particolare, per cio' che qui interessa: la lett. a) prevede che l'azienda che somministra pasti e bevande deve apportare comunque una quota significativa di prodotto proprio; la lett. b) definisce le aziende agricole della zona estendendone la nozione non solo alle aziende agricole collocate in ambito regionale ma anche ad aziende agricole collocate in zone contigue di regioni limitrofe e dispone che per esse deve essere stabilita un'ulteriore quota di apporto prodotti; la lett. c) prevede che le quote di cui alle lettere a) e b) devono rappresentare la prevalenza dei prodotti impiegati nella somministrazione dei pasti e delle bevande; la lett. e) prevede una deroga all'apporto di prodotti provenienti dall'ambito regionale o da zona limitrofa omogenea in caso di loro indisponibilita' e di loro effettiva necessita' con l'utilizzo di una quota limitata di prodotti di altra provenienza; la lett. f)dettaglia l'iter procedimentale qualora per cause di forza maggiore dovute in particolare a calamita' atmosferiche fitopatie o epizoozie, non sia possibile rispettare i limiti di cui alla lettera c). In particolare il comma quattro impone alle regioni di riconoscere come prodotti proprio dell'azienda agrituristica anche prodotti provenienti da aziende agricole collocate in zone omogenee contigue di regioni limitrofe. La norma, che risulta peraltro alquanto vaga nella sua formulazione, vanifica completamente quanto disposto dalla legislazione regionale. L'art. 15, lett. b) della legge regionale n. 30/2003 prevede, infatti, che i pasti e le bevande siano costituiti prevalentemente da prodotti aziendali o comunque da prodotti reperiti presso aziende agricole locali e aziende agroalimentari locali, ed al comma 3 ribadisce che "sono considerati prodotti aziendali i cibi e le bevande prodotti e lavorati nell'azienda agricola e quelli ricavati da materie prime dell'azienda agricola ed ottenuti attraverso lavorazioni esterne". Non v'e', dunque, alcun riferimento nella legislazione regionale toscana a "zone omogenee contigue di regioni limitrofe". Ed ancora la norma statale impone, al fine del riconoscimento dell'azienda agrituristica, l'individuazione di "quote di prodotto proprio" mentre la legislazione regionale ed in particolare l'art. 13 del D.P.G.R 46/R del 2004 prevede che la prevalenza di prodotto proprio sussista quando gli ingredienti che caratterizzano le pietanze proposte, nonche' il vino e l'olio siano costituiti da prodotti propri, prescindendo quindi dalla predeterminazione di una "quota" di prodotto proprio da assicurare. Anche in relazione alle disposizioni impugnate del comma 4 va ribadita la competenza esclusiva della regione, competenza che non giustifica l'individuazione da parte della legislazione statale di "criteri" cui la legislazione regionale deve attenersi; non venendo, infatti, in rilievo profili attinenti a materie riconducibili alla legislazione concorrente lo Stato non puo' vincolare la legislazione regionale al rispetto di "principi fondamentali"; pertanto anche tali disposizioni violano l'art. 117 Cost. Le disposizioni impugnate non sono giustificabili neppure in base all'art. 118 Cost. Infatti non si ravvisano esigenze di carattere unitario che impongano l'intervento statale; inoltre le norme non prevedono l'allocazione in capo allo Stato di funzioni tali da legittimare un intervento legislativo. B) Illegittimita' costituzionale dell'art. 5 commi 4, 5 e 6 per violazione degli articoli 117 e 118 Cost. L'art. 5 dispone in materia di norme igienico-sanitarie degli alimenti e dei locali adibiti all'esercizio dell'attivita' agrituristica. In particolare, per quello che qui interessa, il comma 4 autorizza l'uso della cucina domestica nel caso di somministrazione di pasti in numero massimo pari a 10; il comma 5 dispone che, ai fini della valutazione dell'idoneita' dei locali da adibire all'esercizio dell'attivita', sia sufficiente il requisito dell'abitabilita' in caso di alloggi non superiori a dieci posti letto; il comma 6 dispone che la conformita' alle norme vigenti in materia di accessibilita' e di superamento delle barriere architettoniche e' assicurata con opere provvisionali. L'articolo in esame incide fortemente nella legislazione regionale le vigente. In particolare l'art. 22, comma 5 della legge regionale n. 30/2003 autorizza l'uso della cucina domestica in caso di un numero di posti letto non superiore a dodici, laddove sia disponibile uno spazio adeguato da destinare al consumo dei pasti; l'art. 19, comma 1 della legge regionale n. 30/2003 non opera una distinzione, nel dettare i requisiti strutturali igienico-sanitari tra alloggi inferiori o superiori a 10 posti letto e l'art. 18, comma 7 rinvia, al fine del superamento ed eliminazione delle barriere architettoniche, a quanto previsto, in materia di strutture ricettive, al decreto ministeriale 14 giugno 1989 n. 236 (Regolamento di attuazione della legge 9 gennaio 1989 n. 13) prevedendo nella seconda parte solo l'eventualita' che si utilizzino opere provvisionali. Se e' vero che le disposizioni circa la produzione, preparazione e somministrazione degli alimenti e delle bevande, nonche' le disposizioni relative all'edilizia, sono riconducibili, rispettivamente alla materia dell'alimentazione e della tutela della salute e al governo del territorio, in relazione alle quali le regioni godono di una potesta' legislativa concorrente, e' anche vero che la norma si spinge in un dettaglio che va ben oltre l'indicazione dei principi fondamentali. L'indicazione del numero massimo dei pasti per i quali e' consentito l'uso della cucina domestica, la valenza del requisito urbanistico dell'abilitabilita' nei limiti dei 10 posti letto, la sufficienza di opere provvisionali al fine di assicurare il rispetto delle norme in tema di accessibilita' e superamento delle barriere architettoniche non possono certo considerarsi "principi" ma rappresentano disposizioni dettagliate ed autoapplicative, sicuramente lesive della competenze legislative regionali. La nuova formulazione dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione infatti, rispetto a quella previgente dell'art. 117, primo comma, esprime l'intento di una piu' netta distinzione fra la competenza regionale a legiferare in queste materie e la competenza statale, limitata, quest'ultima alla determinazione dei soli principi fondamentali della materia (sent. Corte cost. n. 282/2002). Sussiste, pertanto, la violazione dell'art. 117 Cost. Anche nell'ipotesi in esame la norma non e' giustificabile in base all'art. 118 Cost, non venendo in rilievo ne' esigenze di carattere unitario ne' allocazione in capo allo Stato di funzioni che possano legittimare l'intervento legislativo statale. C) Illegittimita' costituzionale dell'art. 6, commi 2 e 3 per violazione degli articoli 117 e 118 Cost. L'art. 6 nel dettare la disciplina amministrativa per l'esercizio dell'attivita' agrituristica, dettaglia minuziosamente, ai commi 2 e 3, il procedimento necessario all'avvio e all'esercizio dell'attivita' agrituristica, dalla comunicazione di inizio attivita', ai tempi e i modi per formulare eventuali rilievi da parte del comune, alle ipotesi di sospensione dell'attivita', alle modalita' di rimozione della causa di sospensione stessa, arrivando finanche a definire i tempi entro cui devono essere comunicate le eventuali variazioni dell'attivita' autorizzata. La disposizione stravolge completamente quanto previsto dalla normativa regionale toscana ed in particolare dall'art. 8 della legge regionale n. 30/2003 che richiede, ai fini dell'esercizio dell'attivita' agrituristica, il rilascio di un provvedimento autorizzatorio, previo parere valutativo e vincolante della provincia, sulla principalita', connessione e complementarieta' dell'attivita' agricola rispetto a quella turistica. Non puo', invero, dubitarsi che la disciplina in oggetto, esuli dalla sfera di competenza legislativa dello Stato poiche' il procedimento suddetto attiene alle materie dell'agricoltura e del turismo entrambe demandate dall'art. 117 Cost. alla competenza residuale esclusiva delle regioni ne' peraltro e' qui dato configurare competenze di tipo concorrente in capo allo Stato che non giustificherebbero, comunque, una cosi' minuziosa disciplina della materia, arrivando lo Stato perfino a sostituirsi all'ente regione nella individuazione dell'ente locale competente alla sospensione dell'attivita'. Le disposizioni violano, pertanto, il dettato dell'art. 117 Cost. Le disposizioni impugnate non si giustificano neppure in base all'art. 118 Cost. in quanto non sono raffigurabili ne' interessi unitari ne' funzioni allocate allo Stato che legittimino un intervento legislativo. D) Illegittimita' costituzionale art. 8 per violazione degli articoli 117 e 118 Cost. L'art. 8 dispone, per quello che qui interessa, al primo comma che l'imprenditore agricolo puo' sospendere la ricezione degli ospiti per brevi periodi, senza obbligo di darne comunicazione al comune; al secondo comma l'obbligo per gli esercenti di presentare entro il 31 ottobre di ciascun anno una dichiarazione contenente l'indicazione delle tariffe massime riferite ai periodi di alta e bassa stagione che si impegnano a praticare per l'anno seguente. L'articolo in esame vanifica la legislazione regionale sul punto: l'art. 11 lett. c) della legge regionale n. 30/2003 prevede, infatti, un obbligo a carico o dell'impresa agrituristica di comunicare al comune, oltre la data di inizio e cessazione di attivita', anche i periodi temporanei di chiusura; l'art. 10 della legge regionale n. 30/2003 individua il 1° ottobre quale data ultima entro la quale l'azienda agrituristica deve comunicare alla provincia i prezzi massimi che intende praticare, non richiedendo, invece una distinzione tra tariffe di alta e di bassa stagione. La norma, nel suo estremo dettaglio, appare lesiva della competenza regionale, non emergendo profili di competenza statale esclusiva o concorrente, ne' esigenze di carattere unitario tali da giustificare l'intervento legislativo. Pertanto il primo comma dell'impugnata disposizione, nella parte in cui prevede la sospensione della ricezione degli ospiti per brevi periodi, senza obbligo di ulteriori comunicazioni al comune, nonche' il secondo comma sono illegittimi per violazione degli artt. 117 e 118 Cost. E) Illegittimita' costituzionale dell'art. 9 comma 2 per violazione degli articoli 117 e 118 Cost. L'art. 9, comma 2, affida al Ministero delle politiche agricole e forestali, sentito il Ministro delle attivita' produttive, previa intesa in sede di Conferenza permanente, la determinazione dei criteri di classificazione omogenei per l'intero territorio nazionale nonche' la definizione delle modalita' per l'utilizzo da parte delle regioni di parametri di valutazione riconducibili a peculiarita' territoriali. La Regione Toscana ha recentemente adottato il sistema di classificazione con le spighe, previsto e disciplinato dall'art. 7 del D.P.G.R. 46/R del 2004. Non si ravvisa la legittimita' di un intervento statale diretto ad imporre sistemi di classificazione diversi, non venendo qui in rilievo ne' competenze statali ne' interessi unitari tali da giustificare l'intervento stesso; tanto e' vero che gia' nella vigenza del precedente titolo V della Cost. le regioni potevano autonomamente definire i criteri di classificazione delle aziende agrituristiche. Il rinvio, peraltro, ad un atto di natura regolamentare viola il disposto dell'art. 117, sesto comma Cost. che riserva la potesta' regolamentare allo Stato nelle sole materie di legislazione esclusiva. La norma impugnata viola, pertanto, il dettato degli artt. 117 e 118 Cost. F) Illegittimita' costituzionale dell'art. 11, comma 1 per violazione degli articoli 117 e 118 Cost. L'art. 11, comma 1, demanda al Ministro delle politiche agricole e forestali, d'intesa con le regioni e le province autonome e sentite le associazioni nazionali agrituristiche maggiormente rappresentative a livello nazionale, la predisposizione di un programma triennale finalizzato alla promozione dell'agriturismo italiano sui mercati nazionali ed internazionali. La previsione di uno strumento programmatorio finalizzato alla promozione dell'agriturismo italiano rappresenta una delle piu' palesi violazioni dell'autonomia regionale, non potendosi dubitare che l'attivita' di programmazione costituisca, nelle materie di competenza, la principale funzione della regione stessa. D'altra parte la finalita' del suddetto programma non e' ricollegabile a competenze statali ne' ad esigenze di carattere unitario, essendo legittimate le regioni a promuovere i propri prodotti sui mercati nazionali ed internazionali. Ed infatti tale competenza e' stata esercitata direttamente dalla regione, in attuazione della legge regionale n. 14 aprile 1997 n. 28 (Disciplina della attivita' di promozione economica delle risorse toscane e di supporto al processo di internazionalizzazione nei settori produttivi dell'agricoltura, dell'artigianato, della piccola e media impresa industriale e del turismo) e successivamente a mezzo dell'Agenzia regionale "Agenzia di promozione economica della Toscana" in esecuzione della l.r. 28 gennaio 2000 n. 6 (Costituzione dell'Agenzia di promozione economica della Toscana (APET). Sussiste, dunque, l'eccepita violazione degli artt. 117 e 118 Cost. G) Illegittimita' costituzionale dell'art. 12 per violazione dell'articolo 117 Cost. L'art. 12 estende le norme contenute nella legge anche alle attivita' svolte dai pescatori relativamente all'ospitalita', alla somministrazione dei pasti costituiti prevalentemente da prodotti derivanti dall'attivita' di pesca o ad essa connesse ai sensi del d.lgs. n. 226/2001. Appare estemporanea e quasi avulsa dal contesto della legge la disposizione in esame che estende le norme contenute nella stessa anche alle attivita' della pesca, relativamente all'ospitalita' e somministrazione dei pasti: trattasi di un altro settore di competenza normativa regionale, rispetto al quale sussistono evidenti peculiarita' che sara' la disciplina regionale ad affrontare. Ed infatti la Regione Toscana si e' data una disciplina compiuta con la l.r. 3 gennaio 2005 n. 7 (Gestione delle risorse ittiche e della pesca nelle acque interne). Sussiste, pertanto, la violazione dell'art. 117 Cost. H) Illegittimita' costituzionale dell'art. 14, comma 2, per violazione dell'articolo 117 Cost. Il secondo comma dell'art. 14 impone alle regioni di uniformare le proprie normative ai principi fondamentali contenuti nella legge entro sei mesi dall'entrata in vigore della legge stessa. La norma in esame, che risente dell'impostazione generale della legge e' incostituzionale in quanto viola apertamente il riparto normativo definito dall'art. 117 Cost. Nelle materie dell'agricoltura e del turismo, infatti, lo Stato, non e' legittimato ad intervenire, nemmeno attraverso la definizione dei principi fondamentali, trattandosi di ambiti demandati dall'art. 117 Cost. alla competenza residuale esclusiva delle regioni. In ogni caso, come rilevato nei vari motivi di ricorso, le impugnate disposizioni contengono norme puntuali di dettaglio ed autoapplicative non qualificabili come principi.
P. Q. M. Si confida che la Corte costituzionale dichiari l'illegittimita' costituzionale dell'art. 4, commi 2, 3 e 4 lett. a), b), c), e), f) art. 5 commi 4, 5 e 6; art. 6 commi 2 e 3; art. 8; art. 9, comma 2; art. 11, comma 1; art. 12; art. 14, comma 2 della legge 20 febbraio 2006 n. 96 (Disciplina dell'agriturismo) per violazione degli articoli 117 e 118 della Costituzione. Firenze-Roma, addi' 11 maggio 2006 Avv. Lucia Bora - Avv. Fabio Lorenzoni