Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 30  marzo  2012  (del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri). 
 
 
(GU n. 19 del 09.05.2012 )  
 
 
 
    Ricorso del Presidente del Consiglio dei  Ministri  pro  tempore,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato presso  i
cui Uffici domicilia in Roma, Via dei Portoghesi, 12; 
    Nei confronti della Regione Campania, in persona  del  Presidente
della  Giunta  regionale  pro  tempore  per   la   dichiarazione   di
illegittimita' costituzionale  della  L.R.  27  gennaio  2012  n.  1,
«Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio  annuale   2012   e
pluriennale 2012/2014 della  Regione  Campania  -  Legge  finanziaria
regionale 2012)» pubblicata nel B.U.R. Campania 28 gennaio 2012, n. 6
quanto alle disposizioni di cui all'art. 11, comma 4, 22, 37, 50, 23,
commi 6, 7 e 10, 24, commi 2 e 3, 27, comma 1, lett. b), 32, comma 2,
45, commi 1 e 3, per contrasto con gli artt. 3. 81, comma 4, 97, 117,
commi 2 e 3, 119, comma 2, e 120, comma 2, della Costituzione. 
    La predetta legge della  Regione  Campania  viene  impugnata  con
riferimento  alle  richiamate  disposizioni,  giusta   delibera   del
Consiglio dei Ministri in data 16 marzo 2012, depositata in  estratto
unitamente al presente ricorso, per i seguenti motivi. 
 
 
                                
                               Motivi 
 
 
    1) L'art. 11, comma 4, della l.r. n. 1/2912  e'  illegittimo  per
contrasto con  gli  artt.  117,  comma  3,  e  119,  comma  2,  della
Costituzione. 
    L'art.  11,  recante  norme  per  il  contrasto  dell'evasione  e
dell'elusione dei tributi regionali e locali  in  materia  fiscale  e
contributiva, al comma 4 dispone  che  la  Commissione  appositamente
istituita per il contrasto all'evasione e all'elusione "puo' proporre
modifiche  normative  e  specifici  accordi  volti   al   progressivo
miglioramento e potenziamento delle modalita'  tecniche  e  operative
nell'attivita'  di  accertamento,  prevedendo  ulteriori   firme   di
riconoscimento premiale in relazione  al  maggior  gettito  derivante
dall'azione  di  accertamento  e   di   contrasto   dell'evasione   e
dell'elusione fiscale, in attuazione  dell'articolo  12  del  decreto
legislativo 6 settembre  2011,  n.  149  (Meccanismi  sanzionatori  e
premiali relativi  a  regioni,  province  e  comuni,  a  norma  degli
articoli 2, 17 e 26 della legge  5  maggio  2009,  n.  42),  compreso
l'eventuale riutilizzo di una quota del  maggior  gettito  riferibile
all'attivita' di recupero fiscale per il finanziamento di programmi e
interventi finalizzati al sostegno dell'economia, alla promozione  di
nuova occupazione  e  di  assistenza  socio-sanitaria  in  favore  di
soggetti a rischio di esclusione sociale nell'ambito  del  territorio
regionale, da escludere dal complesso delle spese: finali determinate
ai fini  del  rispetto  della  disciplina  del  Patto  di  stabilita'
interno». 
    La disposizione nel consentire che le  spese  finanziate  con  il
maggior gettito riferibile all'attivita' di recupero fiscale relativa
ai tributi regionali e locali siano incondizionatamente  escluse  dal
complesso delle spese finali valide ai fini del patto  di  stabilita'
interno, comporta oneri, in termini di  saldi  di  finanza  pubblica,
privi di compensazione con le entrate, in violazione della disciplina
nazionale di riferimento. 
    Per gli enti locali l'esclusione delle sole  predette  spese  dal
computo ai fini del patto di stabilita' interno  e  non  anche  delle
connesse entrate determina, infatti, maggiori  spazi  finanziari  che
gli enti locali possono utilizzare aumentando la spesa in  violazione
del patto di stabilita' interno previsto dalla disciplina statale  da
ultimo dall'art. 31 della legge  n.  183/2011,  che  non  prevede  la
ridetta esclusione. 
    Per le regioni, inoltre, l'art. 32, comma 4,  lettera  i),  della
legge n. 183/2011, nel disciplinare il patto  di  stabilita'  interno
delle regioni e delle province  autonome  di  Trento  e  di  Bolzano,
dispone l'esclusione ai fini del patto di stabilita' delle sole spese
in conto capitale nei limiti  delle  somme  effettivamente  incassate
entro il 30 novembre di  ciascun  anno  derivanti  dall'attivita'  di
recupero  fiscale  purche'  acquisite,  con  separata  evidenza,   in
apposito capitolo di bilancio. La norma statale pone,  dunque,  delle
specifiche  condizioni  per  l'esclusione  ai  fini  del   patto   di
stabilita' che, tuttavia, il legislatore regionale, non prevede. 
    Ne  discende  che  la  disposizione   regionale   nel   prevedere
incondizionatamente l'esclusione dal  complesso  delle  spese  finali
valide  ai  fini  del  patto  di  stabilita'  interno,  delle   spese
finanziate  con  il  maggior  gettito  riferibile  all'attivita'   di
recupero fiscale relative ai tributi regionali e locali, determina un
peggioramento, non compensato, dei saldi di finanza pubblica, e,  per
l'effetto, contrasta con i vincoli recati in tema patto di stabilita'
interno dalla richiamata disciplina statale. 
    Posto  che  la  disciplina  statale  di  riferimento  costituisce
disciplina di principio in materia  di  coordinamento  della  finanza
pubblica, cui la Regione non puo' derogare, la disposizione regionale
viola, pertanto, gli artt. 117, terzo comma, e  119,  secondo  comma,
della Costituzione. 
    2) L'art. 22, 37 e 50 della l.r. n. 1/2012 sono  illegittimi  per
contrasto con l'art. 81, comma 4, della Costituzione. 
    Gli artt. 22, 37 e 50 prevedono rispettivamente: 
        la  costituzione  di  una  societa'  di  scopo  per   azioni,
denominata Campania Ambiente e Servizi spa, con capitale sociale pari
ad euro 500.000,00; 
        l'istituzione  di  un  fondo  per  la   gestione   di   crisi
occupazionale e dei processi di sviluppo con un onere  pari  ad  euro
1.000.000.000,00; 
        l'istituzione di un fondo di finanziamento delle  universita'
campane con un onere pari  ad  euro  1.000.000.000,00,  di  cui  euro
500.000.000,00 coperto con le disponibilita' del fondo di riserva per
le spese impreviste (UPB 7.28.135). 
    La copertura finanziaria degli  oneri  derivanti  dalle  suddette
disposizioni normative e' data dal fondo  di  riserva  per  le  spese
impreviste (UPB 7.28.135) la cui dotazione finanziaria e' pero'  pari
ad euro 868.000,00. 
    Pertanto, le  suddette  disposizioni  normative,  non  prevedendo
adeguata copertura finanziaria, violano l'art.  81,  comma  4,  della
Costituzione. 
    3) L'art. 23, comma della  l.r.  n.  1/2912  e'  illegittimo  per
contrasto con l'art. 117, comma 2, lett. l) della Costituzione. 
    L'articolo 23, comma 6, dispone che «In attuazione del  principio
di buon andamento dell'attivita'  amministrativa,  il  50  per  cento
delle posizioni dirigenziali prive di titolarita' alla  data  del  
gennaio 2010, determinate sulla base di quanto previsto dall'articolo
6, comma 2, della legge regionale 4 luglio 1991, n.  11  (Ordinamento
amministrativo  della  Giunta  regionale),  sono  soppresse  e,   per
l'effetto, dalla medesima data il fondo per  il  finanziamento  della
retribuzione di posizione e di risultato  dell'area  della  dirigenza
della Giunta regionale e' ridotto di un importo pari alla somma delle
retribuzioni accessorie delle posizioni soppresse». 
    La norma, incidendo su un fondo gia' costituito nel suo ammontare
e  avente  una  «destinazione  di  scopo»,  invade  la  materia   del
trattamento  economico  della  dirigenza  come   disciplinato   dalla
contrattazione collettiva (articoli 26, comma 3, 27, comma 9,  e  28,
comma 2, del C.C.N.L.  23  dicembre  1999  della  Dirigenza  comparto
Regioni - Autonomie locali). 
    Pertanto, essa contrasta con l'art. 45 del d.lgs.  165/2001,  che
al  comma  1  dispone:  «II  trattamento  economico  fondamentale  ed
accessorio  (...)  e'  definito  dai  contratti  collettivi»,  e,  in
generale, con il titolo III del citato d.lgs. n. 165  (Contrattazione
collettiva e rappresentanza sindacale), che obbliga al rispetto della
normativa contrattuale e  delle  procedure  da  seguire  in  sede  di
contrattazione. 
    In tal senso e' anche quanto affermato da codesta Corte (sent. n.
339 del 2011)  con  riferimento  alla  utilizzazione  delle  economie
risultanti dalla riduzione della pianta organica dirigenziale per  la
valorizzazione delle posizioni organizzative dei funzionari  prevista
dalla legge della Regione Lombardia n. 19 del 2010. 
    Per quanto, inoltre,  possa  rilevare  anche  l'ARAN  (parere  n.
A1129) ritiene che non e' possibile la  riduzione  delle  risorse  in
occasione della soppressione di funzioni (e di  posti)  di  qualifica
dirigenziale, poiche' in contrasto con la disciplina contrattuale. 
    Di conseguenza la  norma  regionale  viola  l'art.  117,  secondo
comma, lettera l),  della  Costituzione,  che  riserva  l'ordinamento
civile, e quindi i rapporti di diritto privato regolabili dal  codice
civile (contratti collettivi), alla competenza esclusiva dello Stato. 
    4) L'art. 23, comma 7, della l.r. n. 1/2012  e'  illegittimo  per
contrasto con l'art. 117, comma 3, della Costituzione. 
    L'articolo 23. comma 7, stabilisce che il fondo  per  le  risorse
finanziarie destinate all'incentivazione del personale  del  comparto
della Giunta regionale per il triennio  2011-2013,  nel  rispetto  di
quanto stabilito dall'art. 9, commi 1 e 2-bis del D.L. n. 78/2010, e'
pari a quello relativo  all'anno  2010,  comprensivo  delle  economie
previste dall'art. 17, comma 5, del vigente CCNL di comparto. 
    Tuttavia, proprio per il rispetto della citata normativa  statale
e qualora si siano  verificate  delle  cessazioni,  la  Regione  deve
ridurre il fondo in misura proporzionale alla riduzione del personale
in servizio. 
    Segnatamente il comma  2-bis,  come  introdotto  dalla  legge  di
conversione n. 122/2010, cosi' dispone: «A decorrere dal    gennaio
2011 e sino al 31 dicembre 2013 l'ammontare complessivo delle risorse
destinate annualmente al trattamento accessorio del personale,  anche
di livello dirigenziale, di ciascuna  delle  amministrazioni  di  cui
all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30  marzo  2001,  n.
165, non puo' superare il corrispondente importo  dell'anno  2010  ed
e', comunque, automaticamente ridotto in  misura  proporzionale  alla
riduzione del personale in servizio». 
    Pertanto, la norma di cui trattasi, non e' in linea con la citata
normativa nazionale di cui all'articolo 9, commi 1 e 2-bis  del  D.L.
78/2010 in materia di coordinamento della finanza  pubblica,  che  la
Regione, pur nel rispetto della sua autonomia, non puo' derogare,  e,
dunque, viola l'art. 117, comma 3, della Costituzione. 
    5) L'art. 23, comma 10 della l.r. n. 1/2012  e'  illegittimo  per
contrasto con gli artt. 117, comma 2, lett. 1), 3 e 97, 117, comma  3
della Costituzione. 
    L'articolo 23, comma 10,  stabilisce  che  il  personale  di  cui
all'art. 3, comma 112,  della  legge  n.  244/2007  in  posizione  di
comando ed in servizio alla data  del  31  dicembre  2011  presso  il
Commissariato di Governo in base all'art. 9, comma  2,  dell'OPCM  n.
3849/2010, puo' essere immesso a domanda e nei limiti  dei  posti  in
organico, nei ruoli della Giunta regionale della Campania. 
    In  proposito  si  rileva  che  l'art.  3  gia'  inizialmente  si
applicava solo al personale dell'Istituto Poligrafico dello  Stato  e
delle Poste italiane S.p.A. in posizione di comando  dal  2007,  cio'
che non si evince dalla norma regionale in esame. 
    La proroga dei comandi, e, quindi, la scadenza  per  disporre  il
relativo trasferimento di ruolo,  peraltro,  riguarda  oggi  il  solo
personale delle Poste in posizione di  comando  dal  2007  (art.  21,
comma 1, del D.L. n. 216/2011,  che  ha  ulteriormente  prorogato  la
scadenza al 31 dicembre 2012), mentre non e' piu' consentita  per  il
personale dell'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato. 
    Pertanto, la norma regionale non specificando  adeguatamente  che
la possibilita' di inquadramento nel ruolo della giunta regionale  e'
limitata al personale delle Poste in posizione di comando  dal  2007,
viola l'art. 117, secondo comma, lettera 1)  della  Costituzione,  la
quale riserva alla competenza esclusiva  dello  Stato  la  disciplina
dell'ordinamento civile e quindi  dei  rapporti  di  diritto  privato
regolabili dal codice civile (contratti collettivi). 
    Inoltre, l'estensione di tale disposizione al personale  che  non
ne abbia titolo comporta sia il rischio  di  richieste  emulative  da
parte di altri settori pubblici, sia il contrasto con i  principi  di
eguaglianza, ragionevolezza, imparzialita'  e  buon  andamento  della
pubblica  amministrazione  di  cui  agli  articoli  3  e  97,   della
Costituzione, nonche' con il principio di coordinamento della finanza
pubblica, di cui all'art. 117, terzo comma, della Costituzione. 
    6) L'art. 23, comma 10 della l.r. n. 1/2012  e'  illegittimo  per
contrasto con gli artt. 3, 97 e 117, comma 3, della Costituzione. 
    L'articolo 24, comma 2, prevede che il personale in posizione  di
comando da almeno 24 mesi alla data di entrata in vigore della  legge
regionale in esame ed in servizio presso l'Agenzia regionale  per  la
protezione  ambientale  della  Campania  (ARPAC),  transita  mediante
selezione pubblica, nei ruoli del predetto  ente  strumentale,  senza
ulteriori oneri a carico del bilancio regionale. 
    La disposizione in esame, contrasta con l'articolo 14,  comma  9,
del D.L. n. 78/2010, che stabilisce che gli enti possano procedere ad
assunzioni di personale nel limite del 20 della spesa corrispondente
alle cessazioni dell'anno precedente. 
    Segnatamente cosi' dispone il comma 9: «Il comma 7  dell'art.  76
del  decreto-legge  25  giugno  2008,   n.   112,   convertito,   con
modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133  e'  sostituito  dal
seguente: «E' fatto divieto agli enti  nei  quali  l'incidenza  delle
spese di personale e' pari o superiore al 40 delle spese correnti di
procedere ad  assunzioni  di  personale  a  qualsiasi  titolo  e  con
qualsivoglia  tipologia  contrattuale;  i   restanti   enti   possono
procedere ad assunzioni di personale nel  limite  del  20  per  cento
della spesa corrispondente alle cessazioni dell'anno precedente».  La
disposizione del presente comma si applica a decorrere dal 1° gennaio
2011, con riferimento alle cessazioni verificatesi nell'anno 2010». 
    Pertanto, la norma di cui trattasi, non e' in linea con la citata
normativa nazionale di cui all'art. 14, comma 9, del D.L. 78/2010  in
materia di coordinamento della finanza pubblica, che la Regione,  pur
nel rispetto della sua autonomia, non puo' derogare, e, dunque, viola
l'art. 117, comma 3, della Costituzione. 
    La disposizione regionale, inoltre,  configura  un  inquadramento
riservato  a  determinato  personale  in  violazione  del   principio
costituzionalmente  garantito  dell'accesso  ai   pubblici   impieghi
attraverso il concorso pubblico, in contrasto  quindi  anche  con  il
principio  di   ragionevolezza,   uguaglianza,   buon   andamento   e
imparzialita' della pubblica amministrazione di cui agli articoli 3 e
97 della Costituzione. 
    7) L'art. 24, comma 3 della 1.r. n.  1/2012  e'  illegittimo  per
contrasto  con  gli  artt.  81,  comma  4,  e  117  comma  3,   della
Costituzione. 
    L'art.  24,  comma  3,  autorizza  l'Agenzia  regionale  per   la
protezione  ambientale  della  Campania  (ARPAC)  ad  utilizzare   la
graduatoria, esistente alla data del 31 dicembre 2009,  del  concorso
bandito per il profilo professionale di dirigente ambientale. 
    Con la predetta norma viene creato un  ampliamento  delle  figure
dirigenziali, con oneri che non risultano quantificati e di cui manca
la relativa copertura  finanziaria  e  senza  che  venga  minimamente
indicato un richiamo all'attuale normativa vincolistica in materia di
personale, in  contrasto  con  quanto  specificato  dal  gia'  citato
articolo 14, comma 9, D.L. n. 78/2010. 
    La norma in esame, pertanto,  non  e  in  linea  con  la  vigente
normativa nazionale in materia e comporta una  lesione  dell'articolo
81, comma 4, in materia di copertura finanziaria,  e  117,  comma  3,
della Costituzione, in tema di coordinamento della finanza pubblica. 
    8) L'art.  27,  comma  l,  lett.  b)  della  l.r.  n.  1/2012  e'
illegittimo per contrasto con l'art. 117, comma 2, lett. e), l) e  s)
della Costituzione. 
    La norma contenuta nell'articolo 27, comma 1, lettera h) modifica
l'articolo 44 della l.r. n. 3/2007 recante la disciplina  dei  lavori
pubblici. servizi e forniture, prevedendo che, nel  caso  in  cui  il
contratto sia affidato con il criterio  dell'offerta  economica  piu'
vantaggiosa,  «I  bandi  devono  stabilire  che  se  all'esito  della
valutazione, i  concorrenti  conseguono  lo  stesso  punteggio,  sono
preferite le imprese che hanno la propria sede  legale  ed  operative
sul territorio campano, ovvero che svolgono  almeno  la  meta'  della
propria attivita' in territorio campano ovvero che  impiegano  almeno
la  meta'  dei  lavoratori  cittadini  residenti  in   Campania.   Lo
svolgimento della meta' della propria attivita' in territorio campano
e' valutato raffrontando il valore delle opere, servizi  e  forniture
effettuate  in  Campania,  rispetto  al  valore   complessivo   delle
attivita' svolte dall'impresa considerando gli ultimi tre anni». 
    In base all'articolo 4, comma 3, del decreto legislativo 163/2006
(Codice  dei  contratti  pubblici  relativi  a  lavori,   servizi   e
forniture)   sono   di   competenza   esclusiva   dello   Stato:   la
qualificazione  e  selezione  dei  concorrenti;   le   procedure   di
affidamento, esclusi i profili di  organizzazione  amministrativa;  i
criteri di aggiudicazione; il subappalto; i poteri di  vigilanza  sul
mercato degli appalti affidati all'Autorita'  per  la  vigilanza  sui
contratti pubblici di lavori, servizi e forniture;  le  attivita'  di
progettazione e i piani di sicurezza; la stipulazione e  l'esecuzione
dei contratti, compresa la direzione  dell'esecuzione,  la  direzione
dei lavori, la contabilita' e il collaudo, ad eccezione  dei  profili
di organizzazione e contabilita' amministrative;  il  contenzioso;  i
contratti relativi alla tutela dei beni culturali:  i  contratti  nel
settore della difesa; i contratti segretati o che esigono particolari
misure di sicurezza relativi a lavori, servizi e forniture. 
    Tali materie, come affermato da  codesta  Corte.  nella  sentenza
401/2007.  essendo  riconducibili  alle  nozioni  di  "tutela   della
concorrenza" e di "ordinamento civile", di competenza esclusiva dello
Stato, ai sensi dell'articolo 117, comma 2, lettere e) ed  l),  della
Costituzione,  richiedono  una  uniforme  disciplina  su   tutto   il
territorio nazionale. 
    Ne consegue che le disposizioni di cui al decreto legislativo  n.
163/2006 (Codice dei contratti pubblici),  relative  alle  richiamate
materie  rimesse  alla   competenza   esclusiva   statale,   di   cui
all'articolo 4, comma 3, del d.lgs. 163/2006, sono vincolanti  per  i
legislatori regionali. 
    Cio' detto, la norma regionale in esame eccede  dalle  competenze
regionali poiche' prevede che i' bandi debbano prevedere  criteri  di
preferenza nella selezione dei concorrenti a favore delle imprese che
hanno la propria sede legale ed  operative  sul  territorio  campano,
ovvero che svolgono  almeno  la  meta'  della  propria  attivita'  in
territorio  campano  ovvero  che  impiegano  almeno  la   meta'   dei
lavoratori cittadini residenti in Campania. 
    Cio' viola l'art. 4, comma 3 dello stesso  Codice  dei  contratti
pubblici, che riserva alla competenza statale esclusiva la disciplina
dei criteri di  aggiudicazione,  ed  in  particolare  l'art.  83  del
medesimo Codice  che,  nel  rispetto  dei  principi  di  parita',  di
liberta' di concorrenza, parita' di trattamento, non discriminazione,
enunciati dall'art. 2, comma 2, del  medesimo  codice,  stabilisce  i
criteri di valutazione dell'offerta nel caso di aggiudicazione con il
sistema  dell'offerta  economicamente   piu'   vantaggiosa,   facendo
riferimento alla natura,  all'oggetto,  e  alle  caratteristiche  del
contratto, senza dunque  che  in  violazione  dei  predetti  principi
possano avere rilievo la sede dell'impresa o la residenza dei  propri
dipendenti nel territorio regionale in quanto tali. 
    Sussiste,  pertanto,  l'invasione  della  competenza  statale  in
materia di tutela della  concorrenza  e  ordinamento  civile  di  cui
all'articolo 117 comma 2, lettere e) e l) della Costituzione. 
    9) L'art. 32, comma 2, e' illegittimo per  contrasto  con  l'art.
117, comma 2, lett. s) della Costituzione. 
    La disposizione contenuta nell'articolo 32, comma 2, prevede che:
Le  disposizioni  di  cui  al  regolamento  regionale  n.   10   2010
(Disciplina della ricerca ed utilizzazione  delle  acque  minerali  e
termali, delle risorsi geotermiche e delle acque  di  sorgente),  che
disciplinano il  conferimento  a  terzi  di  concessioni  oggetto  di
cessazione, non si applicano alle  istanze  di  riassegnazioni  delle
concessioni   dichiarate    cessate,    inoltrate    antecedentemente
all'entrata in vigore del predetto  regolamento,  in  conformita'  al
disposto dell'articolo 44, comma 18, della  legge  regionale  8/2008,
secondo cui nelle more dell'adozione dei regolamenti  previsti  dalla
presente legge, non  possono  essere  rilasciate  nuove  concessioni,
fatte salve le riassegnazioni di quelle dichiarate cessale. 
    La «rassegnazione» delle concessioni,  genericamente  contemplata
dalla  norma  regionale  senza  condizioni,   comporta   un   rinnovo
automatico delle concessioni in violazione della  normativa  statale,
adottata con il  decreto  legislativo  n.  156/06  nell'ambito  della
competenza esclusiva riservata allo Stato a  tutela  dell'ambiente  e
dell'ecosistema di cui all'art. 117, comma 2,  lett.  s),  sottraendo
alle procedure per  il  conferimento  delle  concessioni  oggetto  di
cessazione le istanze di «riassegnazione» di  concessioni  dichiarate
cessate. 
    In particolare, la norma regionale in esame non tiene  conto  dei
principi  che  il  decreto  legislativo  n.  152/06,  detta  per   la
disciplina  dei  procedimenti  di  rilascio  delle   concessioni   di
derivazione di acque pubbliche nel  rispetto  delle  direttive  sulla
gestione del demanio idrico. 
    Infatti, l'art. 95, comma 4 del 152/06,  dispone  che  "tutte  le
derivazioni di acqua comunque in atto alla data di entrata in  vigore
della parte terza del decreto ambientale sono regolate dall'Autorita'
concedente mediante la previsione di rilasci  volti  a  garantire  il
minimo deflusso vitale nei corpi  idrici,  come  definito  secondo  i
criteri adottati  dal  Ministro  dell'ambiente  e  della  tutela  del
territorio con apposito decreto,  previa  intesa  con  la  Conferenza
Stato-Regioni",  ancora,  l'art.  97  del  152/06  dispone   che   le
concessioni di utilizzazioni di acque minerali naturali e di sorgente
siano rilasciate tenuto conto delle esigenze di approvvigionamento  e
distribuzione delle acque potabili e delle previsioni  del  Piano  di
tutela di cui all'articolo 121. 
    In proposito si richiama la sentenza di codesta Corte n. 1/2010 a
mente della quale, in caso analogo al presente relativo a norma della
medesima Regione  Campania:  "Deve  essere.  innanzitutto,  posto  in
evidenza che il  bene  della  vita  "acque  minerali  e  termali"  va
considerato da  due  distinti  punti  di  vista:  quello  dell'uso  o
fruizione e quello della sua tutela (tra le altre, sulla  distinzione
tra tutela e fruizione, sentenza n. 105 del 2008). 
    L'ordinamento italiano, per lungo tempo, si e' occupato  soltanto
del primo aspetto, come dimostra, del resto,  il  testo  unico  delle
leggi sulle acque e sugli impianti elettrici, approvato  con  r.d  n.
1775 del 1933, il quale si occupa di concessioni di piccole e  grandi
derivazioni, ma non di tutela dell'acqua. Ed e'  in  questo  contesto
che si poneva la disposizione dell'art. 117 Cost, nel testo anteriore
alla modifica costituzionale del Titolo V della  parte  seconda,  la'
dove si leggeva che le "Acque minerali e termali" sono di  competenza
concorrente delle Regioni. 
    L'emersione  del  problema  ambientale   ha,   poi,   spinto   il
legislatore ordinario a provvedere anche alla tutela delle acque,  ed
il vigente d.lgs. n. 152 del 2006, all'art. 144,  comma  1,  sancisce
che  «Tutte  le  acque  superficiali  e  sotterranee,  ancorche'  non
estratte dal sottosuolo, appartengono al demanio dello Stato», mentre
l'ultimo  comma  dello  stesso  articolo  stabilisce  che  «Le  acque
termali, minerali e per uso geotermico  sono  disciplinate  da  norme
specifiche,   nel   rispetto    del    riparto    delle    competenze
costituzionalmente determinato». 
    Il riparto delle competenze, e' agevole dedurlo, dipende  proprio
dalla sopra ricordata distinzione tra  uso  delle  acque  minerali  e
termali, di competenza regionale residuale, e tutela ambientale delle
stesse acque, che e' di competenza esclusiva statale,  ai  sensi  del
vigente art. 117, comma secondo, lettera s), della Costituzione. 
    Di detta tutela ambientale da' inconfutabile conferma  l'art.  97
del decreto legislativo n.  152  del  2006,  secondo  il  quale:  «Le
concessioni di utilizzazione delle acque minerali  naturali  e  delle
acque di sorgente sono rilasciate  tenuto  conto  delle  esigenze  di
approvvigionamento e  distribuzione  delle  acque  potabili  e  delle
previsioni del Piano  di  tutela  di  cui  all'art.  121».  In  altri
termini, le concessioni di  acque  minerali  e  termali,  e  cioe'  i
provvedimenti amministrativi che riguardano  la  loro  utilizzazione,
devono osservare i limiti di tutela ambientale  posti  dal  Piano  di
tutela delle acque, in modo che non sia  pregiudicato  il  patrimonio
idrico, secondo quanto dispone il comma 3 del  citato  art.  144  del
decreto legislativo n. 152 del 2006, e  sia  assicurato  l'equilibrio
del bilancia  idrico,  come  prevedono  l'art.  145  ed  il  comma  6
dell'art. 96 dello stesso decreto legislativo. 
    Si tratta di un evidente concorso di competenze sullo stesso bene
(le acque minerali e termali), competenze che riguardano, per  quanto
attiene alle Regioni, l'utilizzazione del bene e, per quanto  attiene
allo Stato, la tutela o conservazione del  bene  stesso  (da  ultimo:
sentenza n. 225 del 2009 e sentenza n. 105 del 2008, citata)». 
    La norma regionale in esame presenta, inoltre, ulteriori  profili
di criticita' per contrasto con la normativa statale  di  riferimento
laddove consente la indebita sottrazione alla  vigente  normativa  in
materia di VIA disciplinata dagli artt. 19 e ss. del  d.lgs.  152/06,
di intere categorie di progetti, in aperta  e  palese  violazione  di
quanto previsto dal medesimo decreto legislativo,  che  espressamente
codifica ipotesi interessate dalla norma regionale in  esame  per  le
quali e' richiesto il  rispetto  della  disciplina  in  tema  di  VIA
(Allegato III, «progetti di competenza delle Regioni...», alla  Parte
Seconda, lettera b) «Utilizzo non energetico  di  acque  superficiali
nei casi in cui la derivazione superi i 1.000 litri al secondo  e  di
acque sotterranee ivi comprese acque minerali e termali, nei casi  in
cui la derivazione superi i 100 litri al  secondo";  e  allegato  IV,
"progetti sottoposti alla verifica di assoggettabilita' di competenza
delle  regioni...",  punto  7,  lettera  d)  "derivazione  di   acque
superficiali ed opere connesse che prevedano derivazioni superiori  a
200 litri al secondo o di acque sotterranee che prevedano derivazioni
superiori a 50 litri al secondo, nonche' le trivellazioni finalizzate
alla ricerca per derivazioni di  acque  sotterranee  superiori  a  50
litri al secondo"). 
    Infatti, in primo  luogo,  verrebbero  ad  essere  escluse  dalle
procedure  VIA  al  momento  del  rinnovo  della  concessione  quelle
attivita' in precedenza mai sottoposte a  tale  procedura  in  quanto
precedenti all'entrata in vigore della normativa comunitaria. 
    In secondo luogo, nella evenienza di rinnovo di  una  concessione
gia' a suo tempo sottoposta a VIA, non sarebbe  possibile  verificare
se  gli  eventuali  mutamenti  delle   condizioni   territoriali   ed
ambientali rendano necessario o meno subordinare l'eventuale  rinnovo
ad un. se del caso, doveroso aggiornamento della procedura in materia
di VIA a suo tempo realizzata (verifica di VIA). 
    Tale  esclusione  risulta  evidentemente  in  contrasto  con   la
richiamata disciplina nazionale  in  materia  di  VIA,  che  peraltro
recepisce quella comunitaria. 
    In proposito si richiama ancora  la  sentenza  n.10/2010  con  la
quale codesta Corte, nell'affermare che il principio di temporaneita'
delle  concessioni  di  derivazione.  senza  alcuna  proroga  per  le
concessioni perpetue in atto, rappresentativo di livelli  adeguati  e
non riducibili  di  tutela  ambientale  individuati  dal  legislatore
statale  che  fungono  da  limite  alla  legislazione  regionale,  ha
ritenuto che la dilatazione eccessiva del  termine  di  durata  delle
concessioni  urta  con  la  necessita',  in  sede  di  rinnovo  della
concessione, di procedere alla valutazione sia di impatto  ambientale
(VIA), sia di incidenza, la  cui  disciplina  e'  riconducibile  alla
competenza esclusiva dello Stato, di cui all'art. 117, secondo comma,
lettera s), della Costituzione. 
    La norma regionale, pertanto, dettando disposizioni  confliggenti
con la richiamata normativa  statale  vigente,  presenta  profili  di
illegittimita' con riferimento all'art.117, comma 2, lett.  s)  della
Costituzione, ai sensi del quale lo Stato ha  legislazione  esclusiva
in materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema. 
    10) L'art. 45, commi 1 e 3, della l.r. n. 112012  e'  illegittimo
per contrasto con l'art. 81, comma 4, 117, comma 3, e 120,  comma  2,
della Costituzione. 
    Ai fini dell'analisi del presente motivo occorre  premettere  che
la Regione Campania ha stipulato con lo Stato in data 13 marzo  2007,
ai sensi di quanto previsto dall'articolo 1, comma 180,  della  legge
n. 311/2004, l'Accordo sul Piano di rientro  dai  disavanzi  sanitari
2007-2009. 
    Con l'approvazione del citato Accordo, la Regione si e' impegnata
all'attuazione del suddetto Piano di rientro  ed  al  rispetto  della
legislazione vigente con particolare riferimento  a  quanto  disposto
dall'articolo 1, comma 796, lettera b), della legge 27 dicembre 2006,
n. 296. 
    Successivamente, nel luglio 2009, avendo la Regione disatteso  il
predetto  accordo,  lo  Stato  ha  esercitato  i  poteri  sostitutivi
previsti dall'articolo 4, comma 2 del decreto-legge 1°  ottobre  2007
n. 159, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre  2007,
n. 222, procedendo alla nomina del  Presidente  della  Regione  quale
Commissario ad acta per la realizzazione del piano di rientro. 
    Con la legge finanziaria  per  il  2010  e'  stata,  di  seguito,
concessa alle Regioni che si  trovavano  in  gestione  commissariale,
come la Regione Campania, la possibilita' di proseguire il  Piano  di
rientro attraverso programmi operativi, precisandosi ai commi 80 e 95
dell'articolo  2  della  legge  n.  191/2009,  che  "gli   interventi
individuati  dal  Piano  sono  vincolanti  per  la  Regione,  che  e'
obbligata a rimuovere i provvedimenti,  anche  legislativi  e  a  non
adottarne di nuovi che siano di ostacolo alla  piena  attuazione  del
richiamato Piano di rientro». 
    Ricevuto il mandato  Commissariale  conferito  con  delibera  del
Consiglio dei Ministri del 23 aprile 2010, il Commissario ad acta per
la Regione Campania ha adottato il decreto n. 41 del 14  luglio  2010
avente ad oggetto l'Approvazione del nuovo  Programma  Operativo  per
l'anno 2010». 
    Il «Tavolo tecnico» per  la  verifica  degli  adempimenti,  nella
riunione del 26 ottobre 2010, ha prospettato un forte  disavanzo  non
coperto per l'anno 2010 a causa della  non  completa  attuazione  del
Programma  Operativo  2010  ed  hanno  invitato  il  Commissario   ad
approvare entro l'anno il programma operativo 2011-2012. 
    Il Commissario ha approvato il Programma Operativo 2011-2012  con
decreto reg. del 20 giugno 2011, n. 45. 
    Nelle  more,  il  risultato  di  gestione  per  l'anno  2010   ha
registrato, nella riunione del «Tavolo tecnico» del 14  aprile  2011,
un disavanzo non coperto di 248,888 milioni di euro. 
    Questo  disavanzo  ha  determinato,  per  la  Regione   Campania,
l'applicazione degli automatismi fiscali previsti dall'art. 1,  comma
174, della 1. n. 311 del 2004, vale a  dire  «l'ulteriore  incremento
delle aliquote fiscali di IRAP e addizionale regionale all'IRPEF  per
l'anno d'imposta in corso, rispettivamente nelle  misure  di  0,15  e
0,30 punti, l'applicazione del blocco automatico del  turn  over  del
personale del servizio sanitario regionale fino al  31  dicembre  del
secondo anno successivo  a  quello  in  corso  e  l'applicazione  del
divieto  di  effettuare  spese  non  obbligatorie  per  il   medesimo
periodo». 
    La suddetta norma  statale  stabilisce,  inoltre,  che  gli  atti
emanati e i contratti stipulati in violazione  dei  predetti  vincoli
sono nulli. Dispone altresi' che in sede di  verifica  annuale  degli
adempimenti la Regione certifichi il rispetto dei vincoli medesimi. 
    Codesta Corte ha gia' avuto modo di pronunciarsi  in  materia  di
piani di rientro dal disavanzo sanitario e di gestione  commissariale
degli stessi.  In  particolare.  con  la  sentenza  n.  100/2010  nel
giudizio di legittimita' costituzionale  della  legge  della  Regione
Campania 28 novembre 2008 n.  16  recante  "Misure  straordinarie  di
razionalizzazione e riqualificazione del sistema sanitario  regionale
per il rientro dal disavanzo", ha  affermato  che  la  norma  statale
(vedasi l'allora vigente articolo 1,  comma  796,  lettera  b)  della
legge n. 296 del 2006) ha reso vincolanti,  per  le  Regioni  che  li
abbiano  sottoscritti,  gli  interventi  individuati  negli  atti  di
programmazione  "necessari  per  il   perseguimento   dell'equilibrio
economico, oggetto degli accordi di cui all'articolo  1,  comma  180,
della  legge  30  dicembre  2004,  n.  311,  ivi  compreso  l'Accordo
intercorso tra lo Stato e la  Regione  Campania".  Codesta  Corte  ha
affermato, inoltre, che la suddetta norma statale che assegna a  tale
Accordo  carattere  vincolante,  per  le  parti  tra  le   quali   e'
intervenuto, puo' essere qualificata come espressione di un principio
fondamentale diretto al contenimento della spesa  pubblica  sanitaria
e, dunque, espressione di un  correlato  principio  di  coordinamento
della finanza pubblica. 
    Inoltre, con la sentenza n. 78/2011, ha avuto modo di "rammentare
- come gia' sottolineato in passato con la sentenza n. 193 del 2007 -
che l'operato del Commissario ad acta, incaricato dell'attuazione del
piano di rientro dal disavanzo sanitario previamente  concordato  tra
lo Stato e la Regione  interessata,  sopraggiunge  all'esito  di  una
persistente inerzia degli organi regionali, essendosi  questi  ultimi
sottratti - malgrado il carattere  vincolante  dell'accordo  concluso
dal Presidente della Regione - ad un'attivita' che  pure  e'  imposta
dalle esigenze  della  finanza  pubblica  ((articolo  1,  comma  796,
lettera  b),  della  legge  27  dicembre   2006,   n   296,   recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato - legge finanziaria 2007»). E', dunque, proprio tale dato
- in uno con la constatazione che l'esercizio del potere  sostitutivo
e', nella specie, imposto dalla necessita' di  assicurare  la  tutela
dell'unita'  economica  della  Repubblica,  oltre  che  dei   livelli
essenziali delle prestazioni concernenti un diritto fondamentale qual
e' quello  alla  salute  (articolo  32  Cost.)  -  a  legittimare  la
conclusione  secondo  la  quale  le   funzioni   amministrative   del
commissario ad acta, ovviamente fino all'esaurimento dei suoi compiti
di attuazione del piano di rientro, devono essere poste al riparo  da
ogni interferenza degli Organi regionali. 
    Cio' premesso, la legge in esame presenta i seguenti  profili  di
illegittimita' costituzionale: 
    10a)  L'art.  45,  comma  1,  prevede  che  «ferme  restando   le
competenze attribuite al  commissario  ad  acta,  nominato  ai  sensi
dell'articolo 4 del decreto-legge 1 ottobre 2007, n. 159  (Interventi
urgenti in materia economico finanziaria, per lo sviluppo e l'equita'
sociale). convertito, con modificazioni, in legge 29  novembre  2007,
n. 222, la Regione e le universita', entro sei  mesi  dalla  data  di
entrata in vigore della presente legge,  allo  scopo  di  ristabilire
l'equilibrio economico delle Aziende ospedaliere universitarie (AOU),
definiscono  uno  specifico  piano  di  riorganizzazione,   su   base
pluriennale, con la previsione di provvedimenti, anche in deroga alla
programmazione  vigente,  in  materia   di   assetto   organizzativo,
accorpamenti, integrazione delle AOU». 
    La disposizione regionale in esame, nel prevedere una deroga alla
programmazione  vigente  in   materia   di   assetto   organizzativo,
accorpamenti e integrazione delle Aziende  ospedaliere  universitarie
si  pone  in  contrasto  con  il  punto  I  lett.  i)   del   mandato
commissariale di cui alla Delibera del Consiglio dei Ministri del  23
aprile 2010 ("verifica e ridefinizione dei protocolli d'intesa con le
Universita' pubbliche", in allegato) e con il punto 9  del  Programma
operativo della  Campania  2011-2012  ("Protocolli  d'intesa  con  le
Universita' degli studi", in allegato, che da' atto  del  decreto  n.
49/2010 di riorganizzazione del sistema ospedaliero regionale secondo
criteri da applicarsi con protocolli anche alle  Aziende  ospedaliere
universitarie delle Universita', e dei decreti commissariati nn. 60 e
61/2010 di approvazione  dei  protocolli  gia'  intervenuti  con  due
Universita')  che  attribuiscono  tali  compiti   esclusivamente   al
Commissario ad acta. 
    Ne consegue la  lesione  dei  principi  fondamentali  diretti  al
contenimento della spesa pubblica sanitaria di cui all'art. 2,  commi
80 e 95, della legge n. 191 del 2009, secondo i quali in costanza  di
Piano di  rientro  e'  preclusa  alla  regione  l'adozione  di  nuovi
provvedimenti che siano di ostacolo alla piena attuazione del  piano,
essendo le previsioni dell'Accordo e del  relativo  Piano  vincolanti
per la regione stessa. 
    La disposizione regionale in esame  pertanto  viola  l'art.  117,
terzo comma, Cost. in quanto contrasta con  i  principi  fondamentali
della legislazione statale in materia di coordinamento della  finanza
pubblica. 
    La medesima disposizione, inoltre,  intervenendo  in  materia  di
organizzazione  sanitaria  in  costanza  di  Piano  di  rientro   dal
disavanzo sanitario. interferisce con l'attuazione del Piano affidata
nell'esercizio  dei  poteri  sostitutivi  al  Commissario  ad   acta,
violando l'art. 120, secondo comma, della Costituzione. 
    10b) L'articolo 45, comma  3,  della  legge  regionale  in  esame
definisce i finanziamenti che la Regione garantisce  in  applicazione
del  Piano   di   riorganizzazione   per   le   Aziende   ospedaliere
universitarie sopra menzionato. individuando alcune specifiche  fonti
di finanziamento. 
    Le disposizioni contenute nell'art. 45,  comma  1  in  esame  non
trovano riscontro nei contenuti del Programma Operativo  2011-2012  e
non sono accompagnate da altri provvedimenti che ne  garantiscono  la
copertura finanziaria. 
    Anche in questo caso,  pertanto,  si  ravvisa  il  contrasto  col
citato art. 2, commi 80 e 95 della legge n. 191/2009 secondo i  quali
in costanza di Piano di rientro e' preclusa alla  regione  l'adozione
di nuovi provvedimenti che siano di ostacolo  alla  piena  attuazione
del piano, essendo le previsioni dell'Accordo e  del  relativo  Piano
vincolanti per la regione stessa. 
    Ne  consegue  la  violazione  dell'art.  117,  comma   3,   della
Costituzione,  per  contrasto  con  i  principi  fondamentali   della
legislazione  statale  in  materia  di  coordinamento  della  finanza
pubblica, nonche' dell'art. 120 Costituzione, per interferenza con le
attribuzioni conferite al Commissario ad acta. 
    L'art. 45,  comma  3,  in  esame  viola  anche  l'art.  81  della
Costituzione in quanto omette di individuare la copertura finanziaria
per gli oneri da essa derivanti. 
 
                                
                                P.Q.M. 
 
 
    Si   conclude   affinche'   sia    dichiarata    l'illegittimita'
costituzionale delle disposizioni della legge n. 1/2012 della Regione
Campania censurate. 
    Si deposita l'estratto in originale della delibera del  Consiglio
dei ministri del 16 marzo 2012, il programma operativo della  regione
Campania 2011-2012 e la delibera di  incarico  commissariale  del  23
aprile 2010 del Presidente del Consiglio dei ministri. 
      Roma, 30 marzo 2012 
 
 
                                
                  L'Avvocato dello Stato: Venturini 
 

 

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