Ricorso n. 65 del 4 giugno 2013 (Presidente del Consiglio dei Ministri)
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 4 giugno 2013 (dal Presidente del Consiglio dei ministri).
(GU n. 30 del 24.7.2013)
Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri (c.f. …), rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato (c.f. … - fax: …, PEC:
…) presso i cui uffici e' domiciliato in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12 ricorrente;
Contro Regione Piemonte, in persona del legale rappresentante p.t. resistente per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli articoli 4, 16, 18, 21, 27, 31, 33, 34, 35 e 61 della legge Regionale del Piemonte 25 marzo 2013, n. 3, pubblicata nel BUR n. 13 del 28 marzo 2013, recante «Modiche alla legge regionale 5 dicembre 1977, n. 56 (Tutela ed uso del suolo) ed altre disposizioni regionali
in materia di urbanistica ed edilizia».
1. Illegittimita' costituzionale degli artt. 4 e 16 della legge regionale del Piemonte 25 marzo 2013, n. 3, per violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera s) della Costituzione. L'art. 4, che sostituisce l'art. 3, comma 1, lettera c) della legge regionale n. 56/1977, introducendo in ambito sub-regionale o sub-provinciale degli
strumenti di pianificazione paesaggistica atipici rispetto a quelli previsti dal decreto legislativo n. 42/2004, quali i progetti territoriali operativi, che considerano particolari ambiti aventi specifico interesse economico, ambientale o naturalistico e i piani e gli strumenti di approfondimento della pianificazione territoriale e paesaggistica, che considerano particolari ambiti territoriali aventi
preminenti caratteristiche di rilevante valore ambientale e paesaggistico, e l'art. 16, che sostituisce l'art. 8-quinquies, commi 5 e 7, della legge regionale n. 56/1977, disciplinando il procedimento di formazione dei suddetti strumenti di pianificazione, contrastano con l'art. 145, comma 5, del decreto legislativo n.
42/2004.
Secondo quest'ultima disposizione, infatti, «La regione disciplina il procedimento di conformazione ed adeguamento degli strumenti urbanistici alle previsioni della pianificazione paesaggistica, assicurando la partecipazione degli organi ministeriali al procedimento medesimo».
Le norme regionali censurate, non prevedendo un coinvolgimento del Ministero per i beni e le attivita' culturali nel processo di adeguamento dei citati strumenti di pianificazione sub-regionale o sub-provinciale al piano paesaggistico regionale, contrastano con il disposto dell'art. 145, comma 5, che costituisce un principio
fondamentale espressione della potesta' legislativa statale nella materia «tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali» e, conseguentemente, violano l'art. 117, comma 2, lettera s), della Costituzione.
2. Illegittimita' costituzionale dell'art. 18 della legge regionale del Piemonte 25 marzo 2013, n. 3, per violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera s) della Costituzione. L'art. 18 sostituisce l'art. 9, comma 4, della legge n. 56/1977, prevedendo che «I provvedimenti cautelari di inibizione e sospensione hanno efficacia sino alla conclusione dell'istruttoria per l'inclusione del bene, ove occorra, negli elenchi previsti dal decreto legislativo n. 42/2004 o per l'eventuale introduzione di prescrizioni nei piani territoriali, nel PPR o nel piano territoriale regionale con specifica considerazione dei valori paesaggistici, nei piani regionali dei
parchi e delle riserve naturali, nei PRG, recanti i provvedimenti definitivi per la tutela del bene; tali provvedimenti perdono in ogni caso efficacia decorso il termine di novanta giorni dalla loro adozione», e pertanto contrasta con l'art. 150, comma 2, del decreto legislativo n. 42/2004, secondo cui «L'inibizione o sospensione dei
lavori disposta ai sensi del comma 1 cessa di avere efficacia se entro il termine di novanta giorni non sia stata effettuata la pubblicazione all'albo pretorio della proposta di dichiarazione di notevole interesse pubblico di cui all'art. 138 o all'art. 141, ovvero non sia stata ricevuta dagli interessati la comunicazione
prevista dall'art. 139, comma 3».
La disposizione regionale censurata, fissando il termine di decadenza dei provvedimenti cautelari in maniera difforme rispetto a quanto previsto dall'art. 150 del decreto legislativo n. 42/2004, contrasta con un principio fondamentale espressione della potesta' legislativa statale nella materia «tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali» e, conseguentemente, viola
l'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione.
3. Illegittimita' costituzionale dell'art. 21 della legge regionale del Piemonte 25 marzo 2013, n. 3, per violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera s) della Costituzione.
L'art. 21, che sostituisce l'art. 10 della legge regionale n. 56/1977, prevede, al comma 4, che non costituiscono variante le modifiche agli strumenti urbanistici che «correggono errori materiali, che eliminano contrasti fra enunciazioni dello stesso strumento quando sia evidente e univoco il rimedio o che consistono in correzioni o adeguamenti di elaborati del piano tesi ad assicurare chiarezza e univocita' senza incidere sulle scelte della pianificazione o in meri aggiornamenti cartografici in materia di difesa del suolo derivanti dall'adeguamento degli strumenti urbanistici» ne' «le modifiche al PPR o al piano territoriale regionale con specifica considerazione dei valori paesaggistici
riguardanti specificazioni, aggiornamenti o adeguamenti degli elementi conoscitivi o specificazioni della delimitazione delle aree soggette a tutela paesaggistica, anche in conseguenza di adeguamenti effettuati ad opera degli strumenti di pianificazione».
La disposizione si pone in contrasto con l'art. 145, comma 5, del decreto legislativo n. 42/2004, espressione della potesta' legislativa esclusiva dello Stato nella materia «tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali» e, conseguentemente, viola l'art. 117, secondo comma, lettera s) della
Costituzione.
Il comma 4 dell'art. 10, infatti, nello stabilire che le modifiche suddette, le quali unilateralmente si assume non costituiscono varianti, «sono approvate con deliberazione dell'organo di governo dell'ente interessato, soggetta a pubblicazione per estratto sul bollettino ufficiale della Regione ed in formato
integrale sul sito informatico dell'ente proponente», non prevede l'obbligo di co-pianificazione con il Ministero per i beni e le attivita' culturali relativamente agli adeguamenti dei piani sott'ordinati, in violazione del disposto dell'art. 145, comma 5, decreto legislativo n. 42/2004, che prevede il necessario coinvolgimento della suddetta amministrazione statale.
4. Illegittimita' costituzionale dell'art. 27 della legge regionale del Piemonte 25 marzo 2013, n. 3, per violazione dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione.
L'art. 27 modifica la lettera d) del comma 3 dell'art. 13 della legge regionale n. 56/1977, prevedendo che «nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma, fatte salve le innovazioni necessarie per l'adeguamento alle normative antisismica, di contenimento dei consumi energetici e di produzione di energia mediante il ricorso a fonti rinnovabili», e pertanto contrasta con la definizione degli interventi edilizi di ristrutturazione edilizia di cui all'art. 3, comma 1, lettera d) del d.P.R. n. 380/2001 (t.u. edilizia). Tale disposizione, infatti, prevede che «Nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica».
La Corte costituzionale, con la sentenza n. 309 del 2011, ha affermato che «sono principi fondamentali della materia le disposizioni che definiscono le categorie di interventi, perche' e' in conformita' a queste ultime che e' disciplinato il regime dei titoli abilitativi, con riguardo al procedimento e agli oneri, nonche' agli abusi e alle relative sanzioni, anche penali. L'intero corpus normativo statale in ambito edilizio e' costruito sulla definizione degli interventi, con particolare riferimento alla distinzione tra le ipotesi di' ristrutturazione urbanistica, di nuova
costruzione e di ristrutturazione edilizia cosiddetta pesante, da un lato, e le ipotesi di ristrutturazione edilizia cosiddetta leggera e degli altri interventi (restauro e risanamento conservativo, manutenzione straordinaria e manutenzione ordinaria), dall'altro. La definizione delle diverse categorie di interventi edilizi spetta,
dunque, allo Stato».
Proprio con riferimento a quanto previsto all'art. 3, comma 1, lettera d), del d.P.R. n. 380/2001, la Corte costituzionale, dopo aver osservato come un intervento di demolizione e ricostruzione che non rispetti la sagoma dell'edificio preesistente configura un intervento di nuova costruzione e non di ristrutturazione edilizia, e
che le uniche eccezioni ammesse sono «le sole innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica», ha sottolineato che anche la successiva legislazione statale in materia edilizia (e in particolare l'art. 5, commi 9 e ss., del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70), nel regolare interventi di demolizione e ricostruzione con ampliamenti di volumetria e adeguamenti di sagoma, non ha
qualificato tali interventi come ristrutturazione edilizia, ne' ha modificato la disciplina dettata al riguardo dall'art. 3 del d.P.R. n. 380 del 2001.
Alla luce della recente giurisprudenza costituzionale, dunque, la disposizione deve essere ritenuta non conforme al principio fondamentale in materia di governo del territorio di cui all'art. 3, d.P.R. n. 380/2001 e, quindi, in contrasto con l'art. 117, terzo comma, della Costituzione.
5. Illegittimita' costituzionale dell'art. 31 della legge regionale del Piemonte 25 marzo 2013, n. 3, per violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera s) della Costituzione.
L'art. 31, nella parte in cui sostituisce l'art. 15-bis, comma 2, della legge regionale n. 56/1977 prevedendo che il Ministero per i beni e le attivita' culturali partecipi alla fase di adeguamento dello strumento urbanistico al PPR solo in presenza di beni paesaggistici di cui all'art. 134 del decreto legislativo n. 42 del 2004, contrasta con l'art. 145, comma 5, del decreto legislativo n. 42/2004.
La disciplina statale appena richiamata, infatti, non limita, nel procedimento di conformazione e adeguamento, la partecipazione degli organi ministeriali alla presenza nel territorio di beni soggetti a vincolo paesaggistico. Cio', evidentemente, in considerazione del fatto che il piano paesaggistico - secondo gli accordi presi con il Ministero e trasfusi nel PPR - tutela i valori paesaggistici del
territorio considerato nella sua complessita' e, quindi, la collaborazione fra Stato e Regioni nell'attivita' pianificatoria, in sede di verifica del rispetto della conformita' alle prescrizioni del PPT, deve riguardare il territorio nella sua interezza.
Pertanto, la disposizione regionale censurata, contrastando con un principio fondamentale espressione della potesta' legislativa statale nella materia «tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali», viola l'art. 117, comma 2, lettera s), della Costituzione.
6.Illegittimita' costituzionale dell'art. 33 della legge regionale del Piemonte 25 marzo 2013, n. 3, per violazione dell'art. 117, primo e secondo comma, lettera s), Cost. L'art. 33, nella parte in cui modifica il comma 6 dell'art. 16-bis della legge regionale n. 56/1977, viola l'art. 117, comma 1 e comma 2, lettera s) della Costituzione.
La disposizione censurata esclude dal processo di VAS le varianti «che determinano l'uso a livello locale di aree di limitate dimensioni, ferma restando l'applicazione della disciplina in materia di VIA», nonche' le varianti che presentano congiuntamente tali condizioni: a) non riducono la tutela relativa ai beni prevista dallo strumento urbanistico o le misure di protezione ambientale derivanti
da disposizioni normative; b) non incidono sulla tutela esercitata ai sensi dell'art. 24 in materia di beni culturali ambientali; c) non comportano variazioni al sistema delle tutele ambientali previste dallo strumento urbanistico vigente.
Sottraendo al procedimento di VAS e di verifica di assoggettabilita' a VAS le suddette varianti, la disposizione regionale opera una arbitraria interpretazione del campo di applicazione della disciplina statale contenuta all'art. 6 (comma 2, lettere a) e b), comma 3, comma 3-bis e comma 4) e all'art. 12 del
decreto legislativo n. 156/2006, disciplina dettata in attuazione dei principi comunitari contenuti nella direttiva 2001/42/CE.
Le richiamate disposizioni statali, che costituiscono un principio fondamentale espressione della potesta' legislativa esclusiva statale nella materia «tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali», stabiliscono il campo di applicazione della disciplina della VAS e della verifica di assoggettabilita' a VAS, disponendo l'esclusione della stessa solo per particolari tipi di piani e programmi tassativamente elencati al comma 4 dell'art. 6 e prevedendo al comma 12 del medesimo articolo l'esclusione solo per le varianti riguardanti singoli progetti.
La norma censurata, riducendo la tipologia dei piani e dei programmi soggetti a verifica di assoggettabilita' a VAS, diminuisce il livello di tutela dell'ambiente previsto dal legislatore statale e, pertanto, si pone in contrasto sia con l'art. 3 della direttiva 2001/42/CE, violando l'art. 117, primo comma, della Costituzione, per
in osservanza del diritto europeo, sia con quanto previsto dall'art. 6 (comma 2, lett. a) e b); collima 3; comma 3-bis e comma 4) e dall'art. 12 del d.lgs. n. 152/2006, violando l'art. 117, comma 2, lettera s) della Costituzione, per invasione della potesta' legislativa esclusiva statale in materia di tutela dell'ambiente, cui - secondo costante giurisprudenza costituzionale - sono da ricondurre le disposizioni in materia di VAS contenute nel Codice dell'ambiente (cfr. sentt. n. 398 del 2006, n. 225 del 2009, n. 221 del 2010, n. 33, n. 129, n. 192 e n. 227 del 2011, n. 58 del 2013).
7. Illegittimita' costituzionale dell'art. 34 della legge regionale del Piemonte 25 marzo 2013, n. 3, per violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera s) della Costituzione. L'art. 34, che sostituisce l'art. 17 della legge regionale n. 56/1977, nel definire le procedure relative all'adozione di varianti del PRG (commi 2 e commi da 7 a 14), stabilisce che le varianti debbano essere «conformi agli strumenti di pianificazione territoriale e paesaggistica regionali e provinciali», ma omette di prevedere la partecipazione del Ministero per i beni e le attivita' culturali al procedimento di variante.
Pertanto, la norma si pone in contrasto con l'art. 145, comma 5, del decreto legislativo n. 42/2004, espressione della potesta' legislativa esclusiva statale nella materia «tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali», e conseguentemente viola l'art. 117, secondo comma, lettera s) della Costituzione. L'art. 145, comma 5, di fatti, impone che lo Stato partecipi alla verifica di conformita' al PPT della variante al PRG In mancanza di tale verifica, sussiste la possibilita' che successive varianti al piano regolatore generale, non vagliate dalla soprintendenza, possano disallineare lo strumento urbanistico rispetto alle prescrizioni del piano paesaggistico.
Dunque, la disposizione regionale appare invasiva della potesta' legislativa esclusiva statale in materia di tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali.
La suddetta disposizione regionale viola, pertanto, un principio statale fondamentale in materia di tutela dell'ambiente e dei beni culturali e, pertanto, contrasta con l'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione;
8. Illegittimita' costituzionale dell'art. 35 della legge regionale del Piemonte 25 marzo 2013, n. 3, per violazione dell'art. 117, il comma, lettera s) della Costituzione. L'art. 35, che inserisce l'art. 17-bis nella legge regionale n. 56/1977, presenta, al comma 6 e al comma 7, profili di incostituzionalita' con riferimento all'art. 117, secondo comma, lettera s), Costituzione.
La norma regionale censurata, nel disciplinare le procedure di adozione delle varianti semplificate al P.R.G., non prevede ne' la partecipazione del Ministero per i beni e le attivita' culturali, ne' la conformita' delle varianti al PPR (comma 2, lettera c), art. 17-bis).
Il comma 6, nel disciplinare le varianti semplificate che si inseriscono nel procedimento finalizzato alla realizzazione di un'opera pubblica o di pubblica utilita', richiama la procedura prevista al comma 2, lettere a), b), c), d) ed e), escludendo anche in questo caso la partecipazione del Ministero per i beni e le
attivita' culturali al procedimento di variante.
Inoltre, il comma 7 attribuisce efficacia vincolante, all'interno delle conferenze di servizi, al solo parere espresso dalla Regione relativo alla conformita' delle varianti urbanistiche «semplificate» agli strumenti di pianificazione di livello regionale «o riferiti ad atti dotati di formale efficacia a tutela di rilevanti interessi pubblici in materia di paesaggio, ambiente, beni culturali.».
Le richiamate disposizioni regionali contrastano con l'art. 145, comma 5, del decreto legislativo n. 42/2004 che impone alla Regione di prevedere forme di partecipazione dello Stato al processo di verifica dell'adeguamento degli strumenti urbanistici alla pianificazione paesaggistica e, pertanto, viola la potesta' legislativa esclusiva statale nella materia «tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali» prevista dall'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione.
9. Illegittimita' costituzionale dell'art. 61 della legge regionale del Piemonte 25 marzo 2013, n. 3, per violazione dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione.
L'art. 61, che sostituisce l'art. 48 della legge regionale n. 56/1977, prevede, al primo comma del nuovo art. 48, che «1. Il proprietario, il titolare di diritto reale e colui che, per qualsiasi altro valido titolo, abbiano l'uso o il godimento di entita'
immobiliari, devono munirsi, documentando le loro rispettive qualita', del titolo abilitativo edilizio previsto dalla normativa statale per eseguire trasformazioni urbanistiche o edilizie del territorio comunale; il titolo abilitativo edilizio e' richiesto, altresi', per il mutamento della destinazione d'uso degli immobili.
Tale titolo non e' necessario per i mutamenti della destinazione d'uso degli immobili relativi ad unita' non superiori a 700 metri cubi che siano compatibili con le norme di attuazione del PRG e degli strumenti esecutivi».
La normativa statale contenuta nel d.P.R. n. 380/2001 non contempla i mutamenti di destinazione d'uso di immobili tra le fattispecie inerenti l'attivita' edilizia libera di cui all'art. 6 del d.P.R. n. 380/2001 (t.u. edilizia), fatta eccezione per le modifiche della destinazione d'uso dei locali adibiti ad esercizio d'impresa, comunque assoggettati, ai sensi del comma 2, lettera e-bis), a previa comunicazione dell'inizio dei lavori, fermo restando il rispetto dei presupposti di cui al comma 1 del medesimo art. 6.
A norma dell'art. 10 del d.P.R. n. 380/2001, inoltre, costituiscono interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio e sono subordinati al permesso di costruire, gli interventi di ristrutturazione edilizia che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d'uso (comma 1, lettera c); e all'art. 22, comma 3, lettera a), la DIA «alternativa».
Lo stesso art. 10 demanda alle regioni di stabilire con legge quali mutamenti, connessi o non connessi a trasformazioni fisiche, dell'uso di immobili o di loro parti, sono subordinati a permesso di costruire o a denuncia di inizio attivita' (comma 2).
E' pertanto evidente che, in base alla normativa statale di principio, sussiste la necessita' del rilascio del titolo abilitativo per i mutamenti di destinazione d'uso, ad eccezione delle ipotesi (atipiche) contemplate all'art. 6 del t.u. edilizia.
Ne' puo' invocarsi l'applicazione del comma 6 del summenzionato art. 6 del TUE, che, alla lettera a), conferisce alle regioni a statuto ordinario la facolta' di estendere la disciplina di cui al medesimo articolo a interventi edilizi ulteriori rispetto a quelli previsti dai commi 1 e 2, dal momento che tale disposizione non puo' intendersi suscettibile di interpretazioni che consentano ai legislatori regionali di emanare disposizioni contrarie ai principi fondamentali recati dal d.P.R. n. 380/2001 (cfr., in proposito, la sentenza della Corte costituzionale n. 171/2012).
La disposizione regionale, non prevedendo la necessita' di titolo abilitativo per i mutamenti di destinazione d'uso degli immobili relativi ad unita' non superiori a 700 metri cubi (ancorche' compatibili con le norme di attuazione del PRG e degli strumenti esecutivi), si pone quindi in contrasto con i principi fondamentali in materia di "governo del territorio" contenuti negli articoli 6, 10 e 22, comma 3, lettera a), del d.P.R. n. 380 del 2001 e, di conseguenza, viola l'art. 117, terzo comma, della Costituzione.
Alla luce delle suesposte argomentazioni, voglia pertanto codesta Ecc.ma Corte dichiarare l'illegittimita' costituzionale degli articoli 4, 16, 18, 21, 27, 31, 33, 34, 35 e 61 della legge Regionale del Piemonte 25 marzo 2013, n. 3, per violazione dell'art. 117, primo, secondo e terzo comma, lett. s) della Costituzione.
P. Q. M.
Alla luce di quanta sopra esposto e dedotto, si conclude affinche' sia dichiarata l'illegittimita' costituzionale degli articoli 4, 16, 18, 21, 27, 31, 33, 34, 35 e 61 della Legge Regionale del Piemonte 25 marzo 2013, n. 3, pubblicata nel BUR n. 13 del 28 marzo 2013, recante «Modifiche alla legge regionale 5 dicembre 1977, n. 56 (Tutela ed uso del suolo) ed altre disposizioni regionali in materia di urbanistica ed edilizia».
Si deposita determinazione del 24 maggio 2013 della Presidenza del Consiglio dei ministri di proposizione del ricorso, nonche' l'allegata relazione del Dipartimento per gli affari regionali della Presidenza del Consiglio dei ministri.
Roma, 27 maggio 2013
Avvocato dello Stato: Grasso
(GU n. 30 del 24.7.2013)
Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri (c.f. …), rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato (c.f. … - fax: …, PEC:
…) presso i cui uffici e' domiciliato in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12 ricorrente;
Contro Regione Piemonte, in persona del legale rappresentante p.t. resistente per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli articoli 4, 16, 18, 21, 27, 31, 33, 34, 35 e 61 della legge Regionale del Piemonte 25 marzo 2013, n. 3, pubblicata nel BUR n. 13 del 28 marzo 2013, recante «Modiche alla legge regionale 5 dicembre 1977, n. 56 (Tutela ed uso del suolo) ed altre disposizioni regionali
in materia di urbanistica ed edilizia».
1. Illegittimita' costituzionale degli artt. 4 e 16 della legge regionale del Piemonte 25 marzo 2013, n. 3, per violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera s) della Costituzione. L'art. 4, che sostituisce l'art. 3, comma 1, lettera c) della legge regionale n. 56/1977, introducendo in ambito sub-regionale o sub-provinciale degli
strumenti di pianificazione paesaggistica atipici rispetto a quelli previsti dal decreto legislativo n. 42/2004, quali i progetti territoriali operativi, che considerano particolari ambiti aventi specifico interesse economico, ambientale o naturalistico e i piani e gli strumenti di approfondimento della pianificazione territoriale e paesaggistica, che considerano particolari ambiti territoriali aventi
preminenti caratteristiche di rilevante valore ambientale e paesaggistico, e l'art. 16, che sostituisce l'art. 8-quinquies, commi 5 e 7, della legge regionale n. 56/1977, disciplinando il procedimento di formazione dei suddetti strumenti di pianificazione, contrastano con l'art. 145, comma 5, del decreto legislativo n.
42/2004.
Secondo quest'ultima disposizione, infatti, «La regione disciplina il procedimento di conformazione ed adeguamento degli strumenti urbanistici alle previsioni della pianificazione paesaggistica, assicurando la partecipazione degli organi ministeriali al procedimento medesimo».
Le norme regionali censurate, non prevedendo un coinvolgimento del Ministero per i beni e le attivita' culturali nel processo di adeguamento dei citati strumenti di pianificazione sub-regionale o sub-provinciale al piano paesaggistico regionale, contrastano con il disposto dell'art. 145, comma 5, che costituisce un principio
fondamentale espressione della potesta' legislativa statale nella materia «tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali» e, conseguentemente, violano l'art. 117, comma 2, lettera s), della Costituzione.
2. Illegittimita' costituzionale dell'art. 18 della legge regionale del Piemonte 25 marzo 2013, n. 3, per violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera s) della Costituzione. L'art. 18 sostituisce l'art. 9, comma 4, della legge n. 56/1977, prevedendo che «I provvedimenti cautelari di inibizione e sospensione hanno efficacia sino alla conclusione dell'istruttoria per l'inclusione del bene, ove occorra, negli elenchi previsti dal decreto legislativo n. 42/2004 o per l'eventuale introduzione di prescrizioni nei piani territoriali, nel PPR o nel piano territoriale regionale con specifica considerazione dei valori paesaggistici, nei piani regionali dei
parchi e delle riserve naturali, nei PRG, recanti i provvedimenti definitivi per la tutela del bene; tali provvedimenti perdono in ogni caso efficacia decorso il termine di novanta giorni dalla loro adozione», e pertanto contrasta con l'art. 150, comma 2, del decreto legislativo n. 42/2004, secondo cui «L'inibizione o sospensione dei
lavori disposta ai sensi del comma 1 cessa di avere efficacia se entro il termine di novanta giorni non sia stata effettuata la pubblicazione all'albo pretorio della proposta di dichiarazione di notevole interesse pubblico di cui all'art. 138 o all'art. 141, ovvero non sia stata ricevuta dagli interessati la comunicazione
prevista dall'art. 139, comma 3».
La disposizione regionale censurata, fissando il termine di decadenza dei provvedimenti cautelari in maniera difforme rispetto a quanto previsto dall'art. 150 del decreto legislativo n. 42/2004, contrasta con un principio fondamentale espressione della potesta' legislativa statale nella materia «tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali» e, conseguentemente, viola
l'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione.
3. Illegittimita' costituzionale dell'art. 21 della legge regionale del Piemonte 25 marzo 2013, n. 3, per violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera s) della Costituzione.
L'art. 21, che sostituisce l'art. 10 della legge regionale n. 56/1977, prevede, al comma 4, che non costituiscono variante le modifiche agli strumenti urbanistici che «correggono errori materiali, che eliminano contrasti fra enunciazioni dello stesso strumento quando sia evidente e univoco il rimedio o che consistono in correzioni o adeguamenti di elaborati del piano tesi ad assicurare chiarezza e univocita' senza incidere sulle scelte della pianificazione o in meri aggiornamenti cartografici in materia di difesa del suolo derivanti dall'adeguamento degli strumenti urbanistici» ne' «le modifiche al PPR o al piano territoriale regionale con specifica considerazione dei valori paesaggistici
riguardanti specificazioni, aggiornamenti o adeguamenti degli elementi conoscitivi o specificazioni della delimitazione delle aree soggette a tutela paesaggistica, anche in conseguenza di adeguamenti effettuati ad opera degli strumenti di pianificazione».
La disposizione si pone in contrasto con l'art. 145, comma 5, del decreto legislativo n. 42/2004, espressione della potesta' legislativa esclusiva dello Stato nella materia «tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali» e, conseguentemente, viola l'art. 117, secondo comma, lettera s) della
Costituzione.
Il comma 4 dell'art. 10, infatti, nello stabilire che le modifiche suddette, le quali unilateralmente si assume non costituiscono varianti, «sono approvate con deliberazione dell'organo di governo dell'ente interessato, soggetta a pubblicazione per estratto sul bollettino ufficiale della Regione ed in formato
integrale sul sito informatico dell'ente proponente», non prevede l'obbligo di co-pianificazione con il Ministero per i beni e le attivita' culturali relativamente agli adeguamenti dei piani sott'ordinati, in violazione del disposto dell'art. 145, comma 5, decreto legislativo n. 42/2004, che prevede il necessario coinvolgimento della suddetta amministrazione statale.
4. Illegittimita' costituzionale dell'art. 27 della legge regionale del Piemonte 25 marzo 2013, n. 3, per violazione dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione.
L'art. 27 modifica la lettera d) del comma 3 dell'art. 13 della legge regionale n. 56/1977, prevedendo che «nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma, fatte salve le innovazioni necessarie per l'adeguamento alle normative antisismica, di contenimento dei consumi energetici e di produzione di energia mediante il ricorso a fonti rinnovabili», e pertanto contrasta con la definizione degli interventi edilizi di ristrutturazione edilizia di cui all'art. 3, comma 1, lettera d) del d.P.R. n. 380/2001 (t.u. edilizia). Tale disposizione, infatti, prevede che «Nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica».
La Corte costituzionale, con la sentenza n. 309 del 2011, ha affermato che «sono principi fondamentali della materia le disposizioni che definiscono le categorie di interventi, perche' e' in conformita' a queste ultime che e' disciplinato il regime dei titoli abilitativi, con riguardo al procedimento e agli oneri, nonche' agli abusi e alle relative sanzioni, anche penali. L'intero corpus normativo statale in ambito edilizio e' costruito sulla definizione degli interventi, con particolare riferimento alla distinzione tra le ipotesi di' ristrutturazione urbanistica, di nuova
costruzione e di ristrutturazione edilizia cosiddetta pesante, da un lato, e le ipotesi di ristrutturazione edilizia cosiddetta leggera e degli altri interventi (restauro e risanamento conservativo, manutenzione straordinaria e manutenzione ordinaria), dall'altro. La definizione delle diverse categorie di interventi edilizi spetta,
dunque, allo Stato».
Proprio con riferimento a quanto previsto all'art. 3, comma 1, lettera d), del d.P.R. n. 380/2001, la Corte costituzionale, dopo aver osservato come un intervento di demolizione e ricostruzione che non rispetti la sagoma dell'edificio preesistente configura un intervento di nuova costruzione e non di ristrutturazione edilizia, e
che le uniche eccezioni ammesse sono «le sole innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica», ha sottolineato che anche la successiva legislazione statale in materia edilizia (e in particolare l'art. 5, commi 9 e ss., del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70), nel regolare interventi di demolizione e ricostruzione con ampliamenti di volumetria e adeguamenti di sagoma, non ha
qualificato tali interventi come ristrutturazione edilizia, ne' ha modificato la disciplina dettata al riguardo dall'art. 3 del d.P.R. n. 380 del 2001.
Alla luce della recente giurisprudenza costituzionale, dunque, la disposizione deve essere ritenuta non conforme al principio fondamentale in materia di governo del territorio di cui all'art. 3, d.P.R. n. 380/2001 e, quindi, in contrasto con l'art. 117, terzo comma, della Costituzione.
5. Illegittimita' costituzionale dell'art. 31 della legge regionale del Piemonte 25 marzo 2013, n. 3, per violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera s) della Costituzione.
L'art. 31, nella parte in cui sostituisce l'art. 15-bis, comma 2, della legge regionale n. 56/1977 prevedendo che il Ministero per i beni e le attivita' culturali partecipi alla fase di adeguamento dello strumento urbanistico al PPR solo in presenza di beni paesaggistici di cui all'art. 134 del decreto legislativo n. 42 del 2004, contrasta con l'art. 145, comma 5, del decreto legislativo n. 42/2004.
La disciplina statale appena richiamata, infatti, non limita, nel procedimento di conformazione e adeguamento, la partecipazione degli organi ministeriali alla presenza nel territorio di beni soggetti a vincolo paesaggistico. Cio', evidentemente, in considerazione del fatto che il piano paesaggistico - secondo gli accordi presi con il Ministero e trasfusi nel PPR - tutela i valori paesaggistici del
territorio considerato nella sua complessita' e, quindi, la collaborazione fra Stato e Regioni nell'attivita' pianificatoria, in sede di verifica del rispetto della conformita' alle prescrizioni del PPT, deve riguardare il territorio nella sua interezza.
Pertanto, la disposizione regionale censurata, contrastando con un principio fondamentale espressione della potesta' legislativa statale nella materia «tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali», viola l'art. 117, comma 2, lettera s), della Costituzione.
6.Illegittimita' costituzionale dell'art. 33 della legge regionale del Piemonte 25 marzo 2013, n. 3, per violazione dell'art. 117, primo e secondo comma, lettera s), Cost. L'art. 33, nella parte in cui modifica il comma 6 dell'art. 16-bis della legge regionale n. 56/1977, viola l'art. 117, comma 1 e comma 2, lettera s) della Costituzione.
La disposizione censurata esclude dal processo di VAS le varianti «che determinano l'uso a livello locale di aree di limitate dimensioni, ferma restando l'applicazione della disciplina in materia di VIA», nonche' le varianti che presentano congiuntamente tali condizioni: a) non riducono la tutela relativa ai beni prevista dallo strumento urbanistico o le misure di protezione ambientale derivanti
da disposizioni normative; b) non incidono sulla tutela esercitata ai sensi dell'art. 24 in materia di beni culturali ambientali; c) non comportano variazioni al sistema delle tutele ambientali previste dallo strumento urbanistico vigente.
Sottraendo al procedimento di VAS e di verifica di assoggettabilita' a VAS le suddette varianti, la disposizione regionale opera una arbitraria interpretazione del campo di applicazione della disciplina statale contenuta all'art. 6 (comma 2, lettere a) e b), comma 3, comma 3-bis e comma 4) e all'art. 12 del
decreto legislativo n. 156/2006, disciplina dettata in attuazione dei principi comunitari contenuti nella direttiva 2001/42/CE.
Le richiamate disposizioni statali, che costituiscono un principio fondamentale espressione della potesta' legislativa esclusiva statale nella materia «tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali», stabiliscono il campo di applicazione della disciplina della VAS e della verifica di assoggettabilita' a VAS, disponendo l'esclusione della stessa solo per particolari tipi di piani e programmi tassativamente elencati al comma 4 dell'art. 6 e prevedendo al comma 12 del medesimo articolo l'esclusione solo per le varianti riguardanti singoli progetti.
La norma censurata, riducendo la tipologia dei piani e dei programmi soggetti a verifica di assoggettabilita' a VAS, diminuisce il livello di tutela dell'ambiente previsto dal legislatore statale e, pertanto, si pone in contrasto sia con l'art. 3 della direttiva 2001/42/CE, violando l'art. 117, primo comma, della Costituzione, per
in osservanza del diritto europeo, sia con quanto previsto dall'art. 6 (comma 2, lett. a) e b); collima 3; comma 3-bis e comma 4) e dall'art. 12 del d.lgs. n. 152/2006, violando l'art. 117, comma 2, lettera s) della Costituzione, per invasione della potesta' legislativa esclusiva statale in materia di tutela dell'ambiente, cui - secondo costante giurisprudenza costituzionale - sono da ricondurre le disposizioni in materia di VAS contenute nel Codice dell'ambiente (cfr. sentt. n. 398 del 2006, n. 225 del 2009, n. 221 del 2010, n. 33, n. 129, n. 192 e n. 227 del 2011, n. 58 del 2013).
7. Illegittimita' costituzionale dell'art. 34 della legge regionale del Piemonte 25 marzo 2013, n. 3, per violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera s) della Costituzione. L'art. 34, che sostituisce l'art. 17 della legge regionale n. 56/1977, nel definire le procedure relative all'adozione di varianti del PRG (commi 2 e commi da 7 a 14), stabilisce che le varianti debbano essere «conformi agli strumenti di pianificazione territoriale e paesaggistica regionali e provinciali», ma omette di prevedere la partecipazione del Ministero per i beni e le attivita' culturali al procedimento di variante.
Pertanto, la norma si pone in contrasto con l'art. 145, comma 5, del decreto legislativo n. 42/2004, espressione della potesta' legislativa esclusiva statale nella materia «tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali», e conseguentemente viola l'art. 117, secondo comma, lettera s) della Costituzione. L'art. 145, comma 5, di fatti, impone che lo Stato partecipi alla verifica di conformita' al PPT della variante al PRG In mancanza di tale verifica, sussiste la possibilita' che successive varianti al piano regolatore generale, non vagliate dalla soprintendenza, possano disallineare lo strumento urbanistico rispetto alle prescrizioni del piano paesaggistico.
Dunque, la disposizione regionale appare invasiva della potesta' legislativa esclusiva statale in materia di tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali.
La suddetta disposizione regionale viola, pertanto, un principio statale fondamentale in materia di tutela dell'ambiente e dei beni culturali e, pertanto, contrasta con l'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione;
8. Illegittimita' costituzionale dell'art. 35 della legge regionale del Piemonte 25 marzo 2013, n. 3, per violazione dell'art. 117, il comma, lettera s) della Costituzione. L'art. 35, che inserisce l'art. 17-bis nella legge regionale n. 56/1977, presenta, al comma 6 e al comma 7, profili di incostituzionalita' con riferimento all'art. 117, secondo comma, lettera s), Costituzione.
La norma regionale censurata, nel disciplinare le procedure di adozione delle varianti semplificate al P.R.G., non prevede ne' la partecipazione del Ministero per i beni e le attivita' culturali, ne' la conformita' delle varianti al PPR (comma 2, lettera c), art. 17-bis).
Il comma 6, nel disciplinare le varianti semplificate che si inseriscono nel procedimento finalizzato alla realizzazione di un'opera pubblica o di pubblica utilita', richiama la procedura prevista al comma 2, lettere a), b), c), d) ed e), escludendo anche in questo caso la partecipazione del Ministero per i beni e le
attivita' culturali al procedimento di variante.
Inoltre, il comma 7 attribuisce efficacia vincolante, all'interno delle conferenze di servizi, al solo parere espresso dalla Regione relativo alla conformita' delle varianti urbanistiche «semplificate» agli strumenti di pianificazione di livello regionale «o riferiti ad atti dotati di formale efficacia a tutela di rilevanti interessi pubblici in materia di paesaggio, ambiente, beni culturali.».
Le richiamate disposizioni regionali contrastano con l'art. 145, comma 5, del decreto legislativo n. 42/2004 che impone alla Regione di prevedere forme di partecipazione dello Stato al processo di verifica dell'adeguamento degli strumenti urbanistici alla pianificazione paesaggistica e, pertanto, viola la potesta' legislativa esclusiva statale nella materia «tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali» prevista dall'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione.
9. Illegittimita' costituzionale dell'art. 61 della legge regionale del Piemonte 25 marzo 2013, n. 3, per violazione dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione.
L'art. 61, che sostituisce l'art. 48 della legge regionale n. 56/1977, prevede, al primo comma del nuovo art. 48, che «1. Il proprietario, il titolare di diritto reale e colui che, per qualsiasi altro valido titolo, abbiano l'uso o il godimento di entita'
immobiliari, devono munirsi, documentando le loro rispettive qualita', del titolo abilitativo edilizio previsto dalla normativa statale per eseguire trasformazioni urbanistiche o edilizie del territorio comunale; il titolo abilitativo edilizio e' richiesto, altresi', per il mutamento della destinazione d'uso degli immobili.
Tale titolo non e' necessario per i mutamenti della destinazione d'uso degli immobili relativi ad unita' non superiori a 700 metri cubi che siano compatibili con le norme di attuazione del PRG e degli strumenti esecutivi».
La normativa statale contenuta nel d.P.R. n. 380/2001 non contempla i mutamenti di destinazione d'uso di immobili tra le fattispecie inerenti l'attivita' edilizia libera di cui all'art. 6 del d.P.R. n. 380/2001 (t.u. edilizia), fatta eccezione per le modifiche della destinazione d'uso dei locali adibiti ad esercizio d'impresa, comunque assoggettati, ai sensi del comma 2, lettera e-bis), a previa comunicazione dell'inizio dei lavori, fermo restando il rispetto dei presupposti di cui al comma 1 del medesimo art. 6.
A norma dell'art. 10 del d.P.R. n. 380/2001, inoltre, costituiscono interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio e sono subordinati al permesso di costruire, gli interventi di ristrutturazione edilizia che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d'uso (comma 1, lettera c); e all'art. 22, comma 3, lettera a), la DIA «alternativa».
Lo stesso art. 10 demanda alle regioni di stabilire con legge quali mutamenti, connessi o non connessi a trasformazioni fisiche, dell'uso di immobili o di loro parti, sono subordinati a permesso di costruire o a denuncia di inizio attivita' (comma 2).
E' pertanto evidente che, in base alla normativa statale di principio, sussiste la necessita' del rilascio del titolo abilitativo per i mutamenti di destinazione d'uso, ad eccezione delle ipotesi (atipiche) contemplate all'art. 6 del t.u. edilizia.
Ne' puo' invocarsi l'applicazione del comma 6 del summenzionato art. 6 del TUE, che, alla lettera a), conferisce alle regioni a statuto ordinario la facolta' di estendere la disciplina di cui al medesimo articolo a interventi edilizi ulteriori rispetto a quelli previsti dai commi 1 e 2, dal momento che tale disposizione non puo' intendersi suscettibile di interpretazioni che consentano ai legislatori regionali di emanare disposizioni contrarie ai principi fondamentali recati dal d.P.R. n. 380/2001 (cfr., in proposito, la sentenza della Corte costituzionale n. 171/2012).
La disposizione regionale, non prevedendo la necessita' di titolo abilitativo per i mutamenti di destinazione d'uso degli immobili relativi ad unita' non superiori a 700 metri cubi (ancorche' compatibili con le norme di attuazione del PRG e degli strumenti esecutivi), si pone quindi in contrasto con i principi fondamentali in materia di "governo del territorio" contenuti negli articoli 6, 10 e 22, comma 3, lettera a), del d.P.R. n. 380 del 2001 e, di conseguenza, viola l'art. 117, terzo comma, della Costituzione.
Alla luce delle suesposte argomentazioni, voglia pertanto codesta Ecc.ma Corte dichiarare l'illegittimita' costituzionale degli articoli 4, 16, 18, 21, 27, 31, 33, 34, 35 e 61 della legge Regionale del Piemonte 25 marzo 2013, n. 3, per violazione dell'art. 117, primo, secondo e terzo comma, lett. s) della Costituzione.
P. Q. M.
Alla luce di quanta sopra esposto e dedotto, si conclude affinche' sia dichiarata l'illegittimita' costituzionale degli articoli 4, 16, 18, 21, 27, 31, 33, 34, 35 e 61 della Legge Regionale del Piemonte 25 marzo 2013, n. 3, pubblicata nel BUR n. 13 del 28 marzo 2013, recante «Modifiche alla legge regionale 5 dicembre 1977, n. 56 (Tutela ed uso del suolo) ed altre disposizioni regionali in materia di urbanistica ed edilizia».
Si deposita determinazione del 24 maggio 2013 della Presidenza del Consiglio dei ministri di proposizione del ricorso, nonche' l'allegata relazione del Dipartimento per gli affari regionali della Presidenza del Consiglio dei ministri.
Roma, 27 maggio 2013
Avvocato dello Stato: Grasso