Ricorso n. 66 del 1 giugno 2005 (Presidente del Consiglio dei ministri)
N. 66 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 1 giugno 2005.
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 1° giugno 2005 (del Presidente del Consiglio dei
ministri)
(GU n. 24 del 15-6-2005)
Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato
e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato presso i cui uffici in
Roma, via dei Portoghesi, 12 e' domiciliato;
Nei confronti della Regione Emilia-Romagna, in persona del
presidente della giunta regionale per la dichiarazione di
illegittimita' costituzionale (della legge regionale 31 marzo 2005
n. 13 «Statuto della Regione Emilia-Romagna», pubblicata nel
Bollettino ufficiale della regione il 1° aprile 2005, in relazione
agli articoli 123, 117, comma 1, 127, 134, 1, 3, 48 della
Costituzione.
La delibera statutaria della Regione Emilia-Romagna, approvata
dal consiglio regionale in prima deliberazione il 1° luglio 2004 ed
in seconda deliberazione il 14 settembre 2004, veniva pubblicata nel
Bollettino ufficiale della regione in data 16 settembre 2004 n. 23.
A pag. 17 dello stesso Bollettino, in calce alla delibera
statutaria, veniva pubblicato l'avvertimento che entro tre mesi dalla
pubblicazione sarebbe stato possibile chiedere di procedere a
referendum popolare ai sensi dell'art. 123, comma terzo, Cost. e
della legge regionale 25 ottobre 2000 n. 29 (recante disciplina del
referendum sulle leggi regionali di revisione statutaria ai sensi
dell'art. 123 Cost.).
Con ricorso notificato il 15 ottobre 2004, depositato il 21
ottobre successivo, il Governo della Repubblica promuoveva dinanzi
alla Corte costituzionale questione di legittimita' costituzionale in
ordine ad alcune norme della delibera statutaria.
Con sentenza n. 379 depositata il 6 dicembre 2004, pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale il 15 dicembre 2004, la Corte
costituzionale, respinte alcune censure e dichiarate altre censure
inammissibili, dichiarava l'illegittimita' costituzionale
dell'art. 45, comma 2, terzo periodo, dell'anzidetta delibera
statutaria.
Sul Bollettino ufficiale del 1° aprile 2005 veniva pubblicata la
legge regionale 31 marzo 2005 n. 13 «Statuto della Regione
Emilia-Romagna» con la seguente formula «Il consiglio regionale ha
approvato; nessuna richiesta di referendum e' stata presentata; il
presidente della giunta regionale promulga...».
Il testo della legge pubblicato non coincide con quello delle
delibere statutarie 1° luglio-14 settembre 2004, oggetto della
precedente pubblicazione 16 settembre 2004, risultando omesso il
terzo periodo del comma 2 dell'art. 45, dichiarato incostituzionale.
Nello stesso Bollettino, in calce alla legge, sotto la dicitura
«Lavori preparatori» e dopo la citazione degli estremi del ricorso
governativo avverso le delibere statutarie e della sentenza della
Corte costituzionale, risulta la seguente testuale indicazione:
«presa d'atto della sentenza della Corte costituzionale n. 379 del 29
novembre 2004, con deliberazione del consiglio regionale n. 638 del
18 gennaio 2005».
La legge 31 marzo 2005 n. 13, giusta delibera del Consiglio dei
ministri 20 maggio 2005, viene denunziata per illegittimita'
costituzionale per le ragioni che seguono.
1. - La questione che si sottopone all'esame della Corte attiene
ai rapporti tra la proposizione della questione di legittimita'
costituzionale dello statuto regionale da parte del Governo e la
promozione del referendum popolare sullo statuto, i cui termini,
rispettivamente di trenta giorni e di tre mesi secondo le previsioni
dei commi 2 e 3 dell'art. 123 Cost., decorrono entrambi dalla
pubblicazione notiziale dello statuto medesimo deliberato in seconda
lettura dal consiglio regionale.
In particolare, nel quadro costituzionale delineato dall'art. 123
Cost., si pone il problema di quali siano gli effetti sul termine e
sul procedimento referendario della sentenza della Corte
costituzionale che accolga (in tutto o in parte) il ricorso
governativo.
Al riguardo appare obbligata la risposta che qualunque
dichiarazione di illegittimita' della delibera statutaria, anche se
limitata ad alcune disposizioni, determina comunque (in dipendenza
dell'annullamento parziale) una modifica di questa, con la
conseguente necessita' di un nuovo esame del consiglio regionale per
definire compiutamente, attraverso due deliberazioni successive
adottate ad intervallo non minore di due mesi, il testo dello statuto
che si intende definitivamente varare: il testo risultante
dall'intervento della Corte costituzionale ovvero un testo
eventualmente «assestato» dal consiglio dopo la pronunzia della
Corte.
Salva dunque, in quest'ultima ipotesi, l'eventualita' di un nuovo
concorso governativo, deve in ogni caso formare oggetto di una doppia
lettura conforme del consiglio regionale l'esatto testo dello statuto
da sottoporre a referendum, con conseguente termine ex novo di tre
mesi per la proposizione di questo a decorrere dalla pubblicazione
notiziale di tale esatto testo.
Non e' di contro possibile ritenere, come sembra pretendere la
Regione Emilia-Romagna, che siano configurabili casi di non
obbligatorieta' di una nuova doppia deliberazione del consiglio
regionale e che comunque non occorra una nuova pubblicazione del
testo statutario modificato.
Cio' per un duplice ordine di ragioni.
Le varie disposizioni statutarie formano un unico ed inscindibile
contesto - particolarmente per quanto concerne il contenuto
necessario dello statuto attinente alla forma di governo ed ai
principi fondamentali di organizzazione e funzionamento della regione
- che deve ritenersi coordinato in un sistema in se' coerente,
rispondente all'equilibrio determinato dalle soluzioni normative
adottate in relazione ai principi e valori avuti a riferimento.
L'eliminazione anche di una sola norma impone dunque una verifica
che l'equilibrio voluto non risulti alterato e, comunque, una
valutazione circa la necessita/non necessita' ovvero
l'opportunita/non opportunita' di rivedere i nessi che legavano la
norma elisa ad altre disposizioni suscettibili di essere incise nella
loro valenza proprio dalla rimozione di essa ab extra (per ragioni di
legittimita' e non di merito).
Verifica e valutazione che non possono che competere al Consiglio
regionale e che debbono trovare espressione in deliberati assunti con
le maggioranze e secondo le regole proprie dello speciale
procedimento statutario.
In particolare, come l'effetto sostanziale prodotto
dall'eliminazione della norma deve essere valutato anche al di la'
delle ragioni specifiche che l'hanno determinata, cosi' anche la
decisione di lasciare immutato il testo statutario risultante dalla
declaratoria di illegittimita' della Corte costituzionale e' frutto
di una valutazione politico legislativa, sulla conformazione dello
statuto, che non puo' che seguire le forme proprie dell'adozione di
questo.
Per quanto concerne il caso di specie, si consideri che
l'eliminazione della disposizione del terzo periodo del comma 2
dell'art. 45 del testo statutario, che statuiva l'incompatibilita'
della carica di componente della giunta con quella di consigliere
regionale - disposizione intesa a salvaguardare il ruolo di controllo
(realmente indipendente e privo di condizionamenti) sull'attivita'
della giunta spettante ai consiglieri in una forma di governo
presidenzialista -, ben avrebbe potuto portare alla riconsiderazione,
per alcuni aspetti, delle previsioni sui poteri dell'Esecutivo ovvero
sulle attribuzioni dello stesso consiglio regionale, i cui rapporti
ricevono una diversa disciplina con la rimozione della disposizione
anzidetta, per assicurare comunque, a livello di sistema statutario,
la garanzia dei valori avuti a riferimento. La scelta di mantenere
invariate tali previsioni, rimettendosi alle future determinazioni
della fonte competente alla disciplina delle incompatibilita' (la
legge regionale) non esonerava certo il consiglio dall'onere di una
deliberazione legislativa conforme, a maggioranza assoluta dei suoi
componenti, secondo le previsioni del comma 2 dell'art. 123 Cost.
Sotto un secondo aspetto viene in rilievo l'esigenza di
salvaguardia della garanzia costituzionale del libero esercizio del
diritto pubblico soggettivo di richiedere il referendum popolare.
In quanto la sentenza della Corte costituzionale di accoglimento
(sia pur parziale) del ricorso governativo comporta un'oggettiva
modificazione del testo dello statuto gia' deliberato dal consiglio
regionale, e' necessario che il testo normativo definitivamente fatto
proprio dal consiglio - risultante dall'intervento caducatorio della
Corte costituzionale e dall'eventuale successivo assestamento
deliberato dal consiglio stesso - formi comunque oggetto di una
specifica pubblicazione notiziale che segni la decorrenza del termine
di tre mesi per la proposizione del referendum, dovendo accordarsi
agli elettori (ed ai componenti del consiglio regionale) tutto il
tempo che la Costituzione ritiene necessario per valutare - in ordine
a tale diverso testo - l'opportunita' dell'iniziativa referendaria ed
organizzarsi ai conseguenti fini.
Diversamente opinando si realizzerebbe un'inammissibile
modificazione delle procedure e dei tempi garantiti dalla
Costituzione, con palese compromissione dei diritti politici degli
elettori.
Ed invero l'art. 123 Cost. fa decorrere il termine di tre mesi
dalla pubblicazione dello «statuto» da sottoporre al giudizio
popolare e tale e' il testo risultante da tutte le modifiche
intervenute nel corso del procedimento sul quale gli elettori
dovranno esprimersi.
La pubblicazione notiziale del testo effettivo sul quale il corpo
elettorale puo' essere chiamato ad esprimere il suo giudizio, in sede
di partecipazione al procedimento di produzione normativa
(statutaria), e' imposta anche dal fondamentale principio della
chiarezza, univocita' e trasparenza del quesito referendario,
elaborato dalla giurisprudenza costituzionale, di valenza generale ed
assoluta, che esclude la possibilita' di ricavare il quesito
referendario concernente un corpus normativo organico da interventi
ortopedici o manipolatori del tessuto normativo, risultanti dalla
combinazione di fonti diverse, suscettibili di compromettere la
chiara comprensione dell'insieme di norme (e quindi del quesito)
soggetto alla valutazione degli elettori.
Nella specie, ritenere che il referendum si sarebbe potuto
proporre senza la pubblicazione notiziale del testo integrale voluto
come definitivo dal consiglio regionale dopo la pronunzia di parziale
dichiarazione di illegittimita' della Corte costituzionale (in ordine
al quale il consiglio avrebbe dovuto esprimersi con una doppia
deliberazione a maggioranza assoluta dei suoi componenti, nel
concreto mancata), significa ritenere che il referendum «approvativo»
si sarebbe dovuto svolgere in base alla pubblicazione a suo tempo
eseguita di un testo statutario non interamente coincidente con
quello suscettibile in realta' di essere promulgato, con palese
compromissione della liberta' del voto (art. 48 Cost.) e vulnerazione
del principio di effettivita' della sovranita' popolare (art. 1
Cost.).
Il procedimento di formazione delle leggi regionali statutarie ha
carattere unitario: il testo normativo in ordine al quale esprime la
sua approvazione prima l'organo rappresentativo poi, eventualmente,
il corpo elettorale, deve conservare la propria identita' dalla prima
deliberazione consiliare alla promulgazione.
Discende da quanto considerato l'illegittimita' della
promulgazione della legge statutaria de qua operata, in violazione
dell'art. 123 e vulnerando il principio di legalita' costituzionale
espresso anche dall'art. 117, comma 1, Cost., prima del compimento
del relativo iter procedimentale costituzionalmente stabilito, non
essendo intervenute, dopo la sentenza di accoglimento parziale del
ricorso governativo di cui alla sentenza n. 379/2004 della Corte
costituzionale - che aveva eliminato alcune disposizioni dello
statuto approvato in seconda deliberazione il 14 settembre 2004 -,
ne' le conformi delibere successive a maggioranza assoluta del
consiglio regionale ne', comunque, la pubblicazione del testo
definitivo dello statuto da proporre come oggetto dell'eventuale
richiesta referendaria, con conseguente compromissione dei diritti
politici degli elettori costituzionalmente garantiti (artt. 1, 48,
123 Cost.) e violazione dei canoni fondamentali di coerenza e
ragionevolezza (art. 3 Cost.).
2. - E' singolare poi come la Regione Emilia-Romagna abbia agito
in palese violazione delle norme da lei stessa stabilite con la l.r.
n. 29/2000.
In particolare, nella situazione determinatasi, non sarebbe stato
possibile rispettare le chiare prescrizioni dell'art. 2, comma 1,
della citata l.r. che, ai fini di una corretta richiesta di
referendum, impongono di indicare in modo preciso e puntuale la data
«dell'approvazione finale» del testo dello statuto da parte del
consiglio regionale e la data di pubblicazione di tale testo;
illegittimo sarebbe stato il riferimento alle date di deliberazione e
pubblicazione di un testo parzialmente diverso. Allo stesso modo il
quesito referendario, dopo la sopravvenuta sentenza della Corte
costituzionale, non avrebbe mai potuto concernere l'approvazione del
testo quale deliberato in seconda lettura il 14 settembre e sarebbe
stato impossibile esprimere il quesito secondo la formula
correttamente prescritta dell'art. 2, comma 2, della ripetuta legge
regionale - che postula la rinnovazione del procedimento dopo una
sentenza di illegittimita' costituzionale - stante l'impossibilita'
di fare riferimento ad una deliberazione e comunque ad una
pubblicazione di un testo suscettibile di approvazione da parte del
corpo elettorale e di conseguente promulgazione nella sua identita'.
La decettiva formula della promulgazione omette qualsiasi
riferimento al giudizio di costituzionalita' ed al suo esito, che ha
modificato il testo approvato dal consiglio regionale.
E' ancora da sottolineare che, con la risoluzione amministrativa
18 gennaio 2005 del consiglio regionale, che non risulta neppure
approvata a maggioranza assoluta dei suoi componenti, di presa d'atto
della sentenza della Corte costituzionale, si sono totalmente ed
inspiegabilmente disattese le indicazioni, circa il modus procedendi
nella specie, fornite dal Consiglio di Stato nel parere reso su
richiesta della regione medesima.
In particolare il Consiglio di Stato (Sez. I, parere 12 gennaio
2005 n. 12036/04), sulla base delle precise prescrizioni
dell'art. 123 Cost., aveva testualmente affermato che:
«la consultazione referendaria, per generale principio, non
puo' svolgersi su un testo anche solo parzialmente diverso da quello
di cui si chiede l'approvazione»;
«la dichiarazione di illegittimita' costituzionale di parte
del testo approvato dal consiglio regionale ne' compromette
irreparabilmente la identita', interrompe la linearita' e la
intrinseca coerenza del procedimento e ne determina la definitiva
interruzione, in quanto il testo normativo residuo non corrisponde a
quello espresso dall'organo rappresentativo con le modalita'
prescritte dall'art. 123 della Costituzione. E, sotto tale profilo
sono irrilevanti la portata della norma rimossa e le ragioni
giustificative della pronunzia di illegittimita' costituzionale»;
la «esplicita espunzione di una norma statutaria, in se' non
riducibile a mera valenza formale e, nella complessiva struttura
organica e funzionale del testo, elemento spesso significativo ben al
di la' di contingenti valutazioni soggettive»;
in ogni caso sono richieste valutazioni rimesse «alla
speciale considerazione e votazione di cui all'art. 1 della legge
regionale (29/2000)» cioe' alla doppia delibera conforme, a distanza
di almeno due mesi, a maggioranza assoluta dei componenti del
consiglio regionale;
«l'approvazione di un testo privo della norma dichiarata non
conforme a Costituzione richiede un procedimento integralmente
nuovo».
La violazione del quadro costituzionale relativo al procedimento
formativo dello statuto regionale e l'illegittimita' del modo di
procedere della regione sono state quindi riconosciute anche dal
Consiglio di Stato nell'esercizio del suo ministero di consulenza
neutrale ed oggettiva a tutela dell'ordinamento giuridico generale.
P. Q. M.
Si conclude, perche' sia dichiarata l'illegittimita'
costituzionale della legge regionale 13/2005, «Statuto della Regione
Emilia-Romagna», per le ragioni e come sopra precisato.
Si producono:
delibera statutaria in BUR 16 settembre 2004;
estratto verbale delibera 20 maggio 2005 Consiglio dei
ministri e richiamata relazione;
parere Cons. Stato Sez. I/12036/2004.
Roma, addi' 25 maggio 2005
L'Avvocato dello Stato: Giorgio D'Amato
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 1° giugno 2005 (del Presidente del Consiglio dei
ministri)
(GU n. 24 del 15-6-2005)
Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato
e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato presso i cui uffici in
Roma, via dei Portoghesi, 12 e' domiciliato;
Nei confronti della Regione Emilia-Romagna, in persona del
presidente della giunta regionale per la dichiarazione di
illegittimita' costituzionale (della legge regionale 31 marzo 2005
n. 13 «Statuto della Regione Emilia-Romagna», pubblicata nel
Bollettino ufficiale della regione il 1° aprile 2005, in relazione
agli articoli 123, 117, comma 1, 127, 134, 1, 3, 48 della
Costituzione.
La delibera statutaria della Regione Emilia-Romagna, approvata
dal consiglio regionale in prima deliberazione il 1° luglio 2004 ed
in seconda deliberazione il 14 settembre 2004, veniva pubblicata nel
Bollettino ufficiale della regione in data 16 settembre 2004 n. 23.
A pag. 17 dello stesso Bollettino, in calce alla delibera
statutaria, veniva pubblicato l'avvertimento che entro tre mesi dalla
pubblicazione sarebbe stato possibile chiedere di procedere a
referendum popolare ai sensi dell'art. 123, comma terzo, Cost. e
della legge regionale 25 ottobre 2000 n. 29 (recante disciplina del
referendum sulle leggi regionali di revisione statutaria ai sensi
dell'art. 123 Cost.).
Con ricorso notificato il 15 ottobre 2004, depositato il 21
ottobre successivo, il Governo della Repubblica promuoveva dinanzi
alla Corte costituzionale questione di legittimita' costituzionale in
ordine ad alcune norme della delibera statutaria.
Con sentenza n. 379 depositata il 6 dicembre 2004, pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale il 15 dicembre 2004, la Corte
costituzionale, respinte alcune censure e dichiarate altre censure
inammissibili, dichiarava l'illegittimita' costituzionale
dell'art. 45, comma 2, terzo periodo, dell'anzidetta delibera
statutaria.
Sul Bollettino ufficiale del 1° aprile 2005 veniva pubblicata la
legge regionale 31 marzo 2005 n. 13 «Statuto della Regione
Emilia-Romagna» con la seguente formula «Il consiglio regionale ha
approvato; nessuna richiesta di referendum e' stata presentata; il
presidente della giunta regionale promulga...».
Il testo della legge pubblicato non coincide con quello delle
delibere statutarie 1° luglio-14 settembre 2004, oggetto della
precedente pubblicazione 16 settembre 2004, risultando omesso il
terzo periodo del comma 2 dell'art. 45, dichiarato incostituzionale.
Nello stesso Bollettino, in calce alla legge, sotto la dicitura
«Lavori preparatori» e dopo la citazione degli estremi del ricorso
governativo avverso le delibere statutarie e della sentenza della
Corte costituzionale, risulta la seguente testuale indicazione:
«presa d'atto della sentenza della Corte costituzionale n. 379 del 29
novembre 2004, con deliberazione del consiglio regionale n. 638 del
18 gennaio 2005».
La legge 31 marzo 2005 n. 13, giusta delibera del Consiglio dei
ministri 20 maggio 2005, viene denunziata per illegittimita'
costituzionale per le ragioni che seguono.
1. - La questione che si sottopone all'esame della Corte attiene
ai rapporti tra la proposizione della questione di legittimita'
costituzionale dello statuto regionale da parte del Governo e la
promozione del referendum popolare sullo statuto, i cui termini,
rispettivamente di trenta giorni e di tre mesi secondo le previsioni
dei commi 2 e 3 dell'art. 123 Cost., decorrono entrambi dalla
pubblicazione notiziale dello statuto medesimo deliberato in seconda
lettura dal consiglio regionale.
In particolare, nel quadro costituzionale delineato dall'art. 123
Cost., si pone il problema di quali siano gli effetti sul termine e
sul procedimento referendario della sentenza della Corte
costituzionale che accolga (in tutto o in parte) il ricorso
governativo.
Al riguardo appare obbligata la risposta che qualunque
dichiarazione di illegittimita' della delibera statutaria, anche se
limitata ad alcune disposizioni, determina comunque (in dipendenza
dell'annullamento parziale) una modifica di questa, con la
conseguente necessita' di un nuovo esame del consiglio regionale per
definire compiutamente, attraverso due deliberazioni successive
adottate ad intervallo non minore di due mesi, il testo dello statuto
che si intende definitivamente varare: il testo risultante
dall'intervento della Corte costituzionale ovvero un testo
eventualmente «assestato» dal consiglio dopo la pronunzia della
Corte.
Salva dunque, in quest'ultima ipotesi, l'eventualita' di un nuovo
concorso governativo, deve in ogni caso formare oggetto di una doppia
lettura conforme del consiglio regionale l'esatto testo dello statuto
da sottoporre a referendum, con conseguente termine ex novo di tre
mesi per la proposizione di questo a decorrere dalla pubblicazione
notiziale di tale esatto testo.
Non e' di contro possibile ritenere, come sembra pretendere la
Regione Emilia-Romagna, che siano configurabili casi di non
obbligatorieta' di una nuova doppia deliberazione del consiglio
regionale e che comunque non occorra una nuova pubblicazione del
testo statutario modificato.
Cio' per un duplice ordine di ragioni.
Le varie disposizioni statutarie formano un unico ed inscindibile
contesto - particolarmente per quanto concerne il contenuto
necessario dello statuto attinente alla forma di governo ed ai
principi fondamentali di organizzazione e funzionamento della regione
- che deve ritenersi coordinato in un sistema in se' coerente,
rispondente all'equilibrio determinato dalle soluzioni normative
adottate in relazione ai principi e valori avuti a riferimento.
L'eliminazione anche di una sola norma impone dunque una verifica
che l'equilibrio voluto non risulti alterato e, comunque, una
valutazione circa la necessita/non necessita' ovvero
l'opportunita/non opportunita' di rivedere i nessi che legavano la
norma elisa ad altre disposizioni suscettibili di essere incise nella
loro valenza proprio dalla rimozione di essa ab extra (per ragioni di
legittimita' e non di merito).
Verifica e valutazione che non possono che competere al Consiglio
regionale e che debbono trovare espressione in deliberati assunti con
le maggioranze e secondo le regole proprie dello speciale
procedimento statutario.
In particolare, come l'effetto sostanziale prodotto
dall'eliminazione della norma deve essere valutato anche al di la'
delle ragioni specifiche che l'hanno determinata, cosi' anche la
decisione di lasciare immutato il testo statutario risultante dalla
declaratoria di illegittimita' della Corte costituzionale e' frutto
di una valutazione politico legislativa, sulla conformazione dello
statuto, che non puo' che seguire le forme proprie dell'adozione di
questo.
Per quanto concerne il caso di specie, si consideri che
l'eliminazione della disposizione del terzo periodo del comma 2
dell'art. 45 del testo statutario, che statuiva l'incompatibilita'
della carica di componente della giunta con quella di consigliere
regionale - disposizione intesa a salvaguardare il ruolo di controllo
(realmente indipendente e privo di condizionamenti) sull'attivita'
della giunta spettante ai consiglieri in una forma di governo
presidenzialista -, ben avrebbe potuto portare alla riconsiderazione,
per alcuni aspetti, delle previsioni sui poteri dell'Esecutivo ovvero
sulle attribuzioni dello stesso consiglio regionale, i cui rapporti
ricevono una diversa disciplina con la rimozione della disposizione
anzidetta, per assicurare comunque, a livello di sistema statutario,
la garanzia dei valori avuti a riferimento. La scelta di mantenere
invariate tali previsioni, rimettendosi alle future determinazioni
della fonte competente alla disciplina delle incompatibilita' (la
legge regionale) non esonerava certo il consiglio dall'onere di una
deliberazione legislativa conforme, a maggioranza assoluta dei suoi
componenti, secondo le previsioni del comma 2 dell'art. 123 Cost.
Sotto un secondo aspetto viene in rilievo l'esigenza di
salvaguardia della garanzia costituzionale del libero esercizio del
diritto pubblico soggettivo di richiedere il referendum popolare.
In quanto la sentenza della Corte costituzionale di accoglimento
(sia pur parziale) del ricorso governativo comporta un'oggettiva
modificazione del testo dello statuto gia' deliberato dal consiglio
regionale, e' necessario che il testo normativo definitivamente fatto
proprio dal consiglio - risultante dall'intervento caducatorio della
Corte costituzionale e dall'eventuale successivo assestamento
deliberato dal consiglio stesso - formi comunque oggetto di una
specifica pubblicazione notiziale che segni la decorrenza del termine
di tre mesi per la proposizione del referendum, dovendo accordarsi
agli elettori (ed ai componenti del consiglio regionale) tutto il
tempo che la Costituzione ritiene necessario per valutare - in ordine
a tale diverso testo - l'opportunita' dell'iniziativa referendaria ed
organizzarsi ai conseguenti fini.
Diversamente opinando si realizzerebbe un'inammissibile
modificazione delle procedure e dei tempi garantiti dalla
Costituzione, con palese compromissione dei diritti politici degli
elettori.
Ed invero l'art. 123 Cost. fa decorrere il termine di tre mesi
dalla pubblicazione dello «statuto» da sottoporre al giudizio
popolare e tale e' il testo risultante da tutte le modifiche
intervenute nel corso del procedimento sul quale gli elettori
dovranno esprimersi.
La pubblicazione notiziale del testo effettivo sul quale il corpo
elettorale puo' essere chiamato ad esprimere il suo giudizio, in sede
di partecipazione al procedimento di produzione normativa
(statutaria), e' imposta anche dal fondamentale principio della
chiarezza, univocita' e trasparenza del quesito referendario,
elaborato dalla giurisprudenza costituzionale, di valenza generale ed
assoluta, che esclude la possibilita' di ricavare il quesito
referendario concernente un corpus normativo organico da interventi
ortopedici o manipolatori del tessuto normativo, risultanti dalla
combinazione di fonti diverse, suscettibili di compromettere la
chiara comprensione dell'insieme di norme (e quindi del quesito)
soggetto alla valutazione degli elettori.
Nella specie, ritenere che il referendum si sarebbe potuto
proporre senza la pubblicazione notiziale del testo integrale voluto
come definitivo dal consiglio regionale dopo la pronunzia di parziale
dichiarazione di illegittimita' della Corte costituzionale (in ordine
al quale il consiglio avrebbe dovuto esprimersi con una doppia
deliberazione a maggioranza assoluta dei suoi componenti, nel
concreto mancata), significa ritenere che il referendum «approvativo»
si sarebbe dovuto svolgere in base alla pubblicazione a suo tempo
eseguita di un testo statutario non interamente coincidente con
quello suscettibile in realta' di essere promulgato, con palese
compromissione della liberta' del voto (art. 48 Cost.) e vulnerazione
del principio di effettivita' della sovranita' popolare (art. 1
Cost.).
Il procedimento di formazione delle leggi regionali statutarie ha
carattere unitario: il testo normativo in ordine al quale esprime la
sua approvazione prima l'organo rappresentativo poi, eventualmente,
il corpo elettorale, deve conservare la propria identita' dalla prima
deliberazione consiliare alla promulgazione.
Discende da quanto considerato l'illegittimita' della
promulgazione della legge statutaria de qua operata, in violazione
dell'art. 123 e vulnerando il principio di legalita' costituzionale
espresso anche dall'art. 117, comma 1, Cost., prima del compimento
del relativo iter procedimentale costituzionalmente stabilito, non
essendo intervenute, dopo la sentenza di accoglimento parziale del
ricorso governativo di cui alla sentenza n. 379/2004 della Corte
costituzionale - che aveva eliminato alcune disposizioni dello
statuto approvato in seconda deliberazione il 14 settembre 2004 -,
ne' le conformi delibere successive a maggioranza assoluta del
consiglio regionale ne', comunque, la pubblicazione del testo
definitivo dello statuto da proporre come oggetto dell'eventuale
richiesta referendaria, con conseguente compromissione dei diritti
politici degli elettori costituzionalmente garantiti (artt. 1, 48,
123 Cost.) e violazione dei canoni fondamentali di coerenza e
ragionevolezza (art. 3 Cost.).
2. - E' singolare poi come la Regione Emilia-Romagna abbia agito
in palese violazione delle norme da lei stessa stabilite con la l.r.
n. 29/2000.
In particolare, nella situazione determinatasi, non sarebbe stato
possibile rispettare le chiare prescrizioni dell'art. 2, comma 1,
della citata l.r. che, ai fini di una corretta richiesta di
referendum, impongono di indicare in modo preciso e puntuale la data
«dell'approvazione finale» del testo dello statuto da parte del
consiglio regionale e la data di pubblicazione di tale testo;
illegittimo sarebbe stato il riferimento alle date di deliberazione e
pubblicazione di un testo parzialmente diverso. Allo stesso modo il
quesito referendario, dopo la sopravvenuta sentenza della Corte
costituzionale, non avrebbe mai potuto concernere l'approvazione del
testo quale deliberato in seconda lettura il 14 settembre e sarebbe
stato impossibile esprimere il quesito secondo la formula
correttamente prescritta dell'art. 2, comma 2, della ripetuta legge
regionale - che postula la rinnovazione del procedimento dopo una
sentenza di illegittimita' costituzionale - stante l'impossibilita'
di fare riferimento ad una deliberazione e comunque ad una
pubblicazione di un testo suscettibile di approvazione da parte del
corpo elettorale e di conseguente promulgazione nella sua identita'.
La decettiva formula della promulgazione omette qualsiasi
riferimento al giudizio di costituzionalita' ed al suo esito, che ha
modificato il testo approvato dal consiglio regionale.
E' ancora da sottolineare che, con la risoluzione amministrativa
18 gennaio 2005 del consiglio regionale, che non risulta neppure
approvata a maggioranza assoluta dei suoi componenti, di presa d'atto
della sentenza della Corte costituzionale, si sono totalmente ed
inspiegabilmente disattese le indicazioni, circa il modus procedendi
nella specie, fornite dal Consiglio di Stato nel parere reso su
richiesta della regione medesima.
In particolare il Consiglio di Stato (Sez. I, parere 12 gennaio
2005 n. 12036/04), sulla base delle precise prescrizioni
dell'art. 123 Cost., aveva testualmente affermato che:
«la consultazione referendaria, per generale principio, non
puo' svolgersi su un testo anche solo parzialmente diverso da quello
di cui si chiede l'approvazione»;
«la dichiarazione di illegittimita' costituzionale di parte
del testo approvato dal consiglio regionale ne' compromette
irreparabilmente la identita', interrompe la linearita' e la
intrinseca coerenza del procedimento e ne determina la definitiva
interruzione, in quanto il testo normativo residuo non corrisponde a
quello espresso dall'organo rappresentativo con le modalita'
prescritte dall'art. 123 della Costituzione. E, sotto tale profilo
sono irrilevanti la portata della norma rimossa e le ragioni
giustificative della pronunzia di illegittimita' costituzionale»;
la «esplicita espunzione di una norma statutaria, in se' non
riducibile a mera valenza formale e, nella complessiva struttura
organica e funzionale del testo, elemento spesso significativo ben al
di la' di contingenti valutazioni soggettive»;
in ogni caso sono richieste valutazioni rimesse «alla
speciale considerazione e votazione di cui all'art. 1 della legge
regionale (29/2000)» cioe' alla doppia delibera conforme, a distanza
di almeno due mesi, a maggioranza assoluta dei componenti del
consiglio regionale;
«l'approvazione di un testo privo della norma dichiarata non
conforme a Costituzione richiede un procedimento integralmente
nuovo».
La violazione del quadro costituzionale relativo al procedimento
formativo dello statuto regionale e l'illegittimita' del modo di
procedere della regione sono state quindi riconosciute anche dal
Consiglio di Stato nell'esercizio del suo ministero di consulenza
neutrale ed oggettiva a tutela dell'ordinamento giuridico generale.
P. Q. M.
Si conclude, perche' sia dichiarata l'illegittimita'
costituzionale della legge regionale 13/2005, «Statuto della Regione
Emilia-Romagna», per le ragioni e come sopra precisato.
Si producono:
delibera statutaria in BUR 16 settembre 2004;
estratto verbale delibera 20 maggio 2005 Consiglio dei
ministri e richiamata relazione;
parere Cons. Stato Sez. I/12036/2004.
Roma, addi' 25 maggio 2005
L'Avvocato dello Stato: Giorgio D'Amato