Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in cancelleria l'11  luglio  2011  (del  Presidente  del  Consiglio  dei ministri).

 

 

(GU n. 39 del 14.9.2011)

 

    Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato presso i cui uffici  in Roma, via dei Portoghesi n. 12 e' domiciliato;

    Nei confronti della Regione Abruzzo, in  persona  del  Presidente della Giunta regionale pro tempore;

    Per la dichiarazione di illegittimita'  costituzionale  ai  sensi dell'art. 127 Cost.:

        della legge della regione Abruzzo n. 9 del  12  aprile  2011, pubblicata nel B.U.R. n. 30 del 4  maggio  2011,  recante  «Norme  in materia  di  Servizio  Idrico  Integrato  della   Regione   Abruzzo», limitatamente all'art. 1, commi 10, 11, 14 e 16.

        per violazione dei parametri di cui all'art. 117, comma  1  e art. 117, comma 2, lett. e) e lett. s) Cost.

    Nel Bollettino ufficiale della Regione Abruzzo n. 30 del 4 maggio 2011 e' stata pubblicata la legge regionale n. 9 del 12  aprile  2011 («Norme  in  materia  di  Servizio  Idrico  Integrato  della  Regione Abruzzo»).

    Tale legge viene impugnata, giusta  delibera  del  Consiglio  dei Ministri  in  data  in  data  16  giugno  2011,  nelle  sottoindicate disposizioni sulla base dei seguenti;

 

                             M o t i v i

 

    1. - La l.r. Abruzzo n. 9 del 12 aprile 2011 reca  le  «Norme  in materia di Sevizio Idrico  Integrato  della  Regione  Abruzzo»  e  si compone di un unico articolo (art. 1), con rubrica identica a  quella della legge stessa, composto da 33 commi.

    Siamo, dunque, in materia di gestione delle risorse idriche.

    Al  riguardo,  occorre  premettere  che,  nonostante  le  regioni abbiano una competenza legislativa concorrente in materia di «governo del territorio», la peculiare materia della  gestione  delle  risorse idriche rientra  nella  potesta'  esclusiva  statale  per  i  profili attinenti  la  tutela  dell'ambiente  e  dell'ecosistema,  ai   sensi dell'art. 117, comma 2, lettera s), Cost., nonche'  la  tutela  della concorrenza, di cui all'art. 117, comma 2, lettera e), Cost.

    Cio' comporta che sono vincolanti, per i  legislatori  regionali, le  disposizioni  di  cui  al  d.lgs.   n.   152/2006   (cd.   Codice dell'Ambiente), che costituiscono standards  minimi  ed  uniformi  di tutela dell'ambiente validi sull'intero territorio  nazionale,  oltre che tutte le  disposizioni  nazionali  concernenti  le  procedure  di

aggiudicazione del servizio idrico.

    Quanto detto ha trovato conferma in due recentissime pronunce  di codesta ecc.ma Corte, in materia di acque, la sent. 15  giugno  2011, n. 187 e la sent.  11  febbraio  2011,  n.  44,  ove,  ribadendo  che l'ambito materiale cui ascrivere  le  disposizioni  in  esame  (nella specie, la disciplina degli scarichi idrici, come piu' in generale la tutela  delle  acque  dall'inquinamento)  e'  quello   della   tutela ambientale,  come  tale  ascrivibile  alla   competenza   legislativa esclusiva dello Stato, e' stato affermato che: «Nello svolgimento  di siffatta competenza, pertanto, lo Stato e' abilitato ad adottare  una propria disciplina, che costituisce un limite adeguato di tutela  non derogabile dalle regioni (sentenza n. 61 del 2009). Queste ultime,  a loro volta, attesa la  possibilita'  che  la  competenza  in  materia ambientale  sia  intercettata   dalle   competenze,   concorrenti   o residuali, proprie delle regioni, possono, nell'esercizio  di  queste ultime, o adeguarsi al predetto limite ovvero determinare  limiti  di

tutela piu' elevati rispetto a quelli statali  (sentenza  n.  30  del 2009), ma mai dettarne di nuovi piu' blandi».

    Sulla base di tali premesse, nella specie, risultano  censurabili anzitutto le seguenti norme regionali: commi 11, 12 e 14 dell'art. 1.

    Il comma 10 del citato art. 1 prevede che «in ciascuna  provincia del territorio regionale e' istituita l'assemblea dei  sindaci  -  di seguito denominata ASSI -  per  l'esercizio  delle  competenze  nelle materie assegnate agli  enti  locali  dalla  legislazione  statale  e regionale, in particolare i compiti di organizzazione  del  servizio, di adozione del Piano d'Ambito provinciale, di scelta della forma  di gestione, di determinazione e modulazione delle  tariffe  all'utenza, di affidamento della gestione.

    L'assemblea dei sindaci si riunisce  su  base  provinciale  e  si articola nei sub ambiti territoriali corrispondenti  agli  ambiti  di competenza dei singoli soggetti gestori che operano nella Regione. La partecipazione ai lavori dell'assemblea e' gratuita».

    A far seguito, il comma 11, primo periodo, dispone  che  «l'ASSI, nell'ambito delle competenze materiali e territoriali di cui al comma 10,  esprime  in  via  ordinaria  pareri  obbligatori  e   vincolanti all'ERSI», e il comma 14, che «l'ERSI propone gli  atti  fondamentali di pianificazione e di programmazione del  Servizio  alle  ASSI,  che esprimono  parere  obbligatorio  e  vincolante.  L'ERSI  coordina  ed unifica a livello regionale le deliberazioni delle ASSI  al  fine  di mantenere l'uniformita' di azione sull'intero  territorio  regionale,

sentita la Commissione del Consiglio regionale competente,  che  deve esprimersi in via definitiva  entro  e  non  oltre  i  ventuno giorni successivi alla richiesta da parte dell'ERSI».

    La normativa regionale, cosi' disciplinando, si pone in contrasto con l'art. 117, comma secondo, lett. s) Cost. per  il  tramite  della normativa  statale  di  riferimento   in   materia   ambientale,   da considerarsi quale disciplina interposta ovvero, in  primis,  con  il

d.lgs. n. 152 del  2006  «Norme  in  materia  ambientale»  (o  Codice dell'Ambiente), come di seguito illustrato.

    Come noto, tale decreto,  che  ha  come  obiettivo  primario,  la promozione dei livelli di qualita' della  vita  umana  da  realizzare attraverso la  salvaguardia  ed  il  miglioramento  delle  condizioni dell'ambiente e l'utilizzazione accorta  e  razionale  delle  risorse (art. 2), disciplina, tra l'altro, nella Parte terza, la  difesa  del suolo e  la  lotta  alla  desertificazione,  la  tutela  delle  acque dall'inquinamento e la gestione delle risorse idriche (art. 1,  lett. b).

    I  principi  posti  dalla  Prima  parte  del   Codice,   inoltre, costituiscono principi generali in materia di tutela dell'ambiente in attuazione degli artt. 2, 3, 9, 32, 41, 42 e 44, 117,  commi  1  e  3 della Costituzione e nel rispetto degli obblighi internazionali e  di diritto comunitario.

    I principi contenuti  nel  decreto  legislativo,  in  ogni  caso, costituiscono le condizioni minime ed essenziali  per  assicurare  la tutela  dell'ambiente  su  tutto  il   territorio   nazionale   (art. 3-quinquies, come modificato dal d.lgs. n. 128 del 2010).

    In particolare, le richiamate  previsioni  regionali  contrastano con la disciplina prevista dal d.lgs. n. 152  del  2006  in  tema  di Piano d'ambito, ed in particolare con l'art. 149,  comma  3,  secondo periodo.

    A1 riguardo, e' opportuno ricordare che,  nel  titolo  II  (della Sezione III) dedicato al  «Servizio  Idrico  Integrato»,  l'art.  149 cit., rubricato appunto  «Piano  d'ambito»,  prevede  l'adozione  del piano d'ambito, composto da una serie di atti, tra i quali (lett.  b) figura il  «programma  degli  interventi»;  orbene,  il  comma  3,  a proposito di questo «programma degli interventi», nella seconda parte prescrive che «il programma degli interventi, commisurato  all'intera gestione,  specifica  gli  obiettivi  da  realizzare,  indicando   le infrastrutture a tal fine programmate e i tempi di realizzazione».

    Diversamente,  il  comma  10  della   legge   regionale   prevede l'istituzione  in  ciascuna  provincia   di   questa   ASSI,   ovvero un'assemblea dei sindaci, che si riunisce su base  provinciale  e  si articola nei sub-ambiti territoriali corrispondenti  agli  ambiti  di competenza dei singoli soggetti gestori che operano nella Regione.

    All'assemblea dei sindaci e' espressamente  attribuita  anche  la competenza all'adozione del Piano d'Ambito provinciale e, al  di  la' della non piena linearita' del disegno complessivo di  riparto  delle attribuzioni, detto organismo appare  in  concreto  egemone  rispetto all'ERSI (l'ERSI - Ente regionale per il servizio  idrico  integrato,

e' l'ente pubblico costituito dal comma 6  dello  stesso  art.  1  in esame, quale soggetto d'ambito, competente  per  l'ATUR,  ovvero  per l'Ambito  territoriale  unico  regionale,  coincidente  con  l'intero territorio regionale, individuato dal precedente comma  5):  infatti, l'ERSI  deve  limitarsi  a  proporre   gli   atti   fondamentali   di pianificazione e di programmazione del Servizio alle ASSI,  le  quali esprimono parere obbligatorio e vincolante.

    La previsione di un  parere,  non  solo  obbligatorio,  ma  anche vincolante da parte delle ASSI all'ERSI non consente  di  comprendere in che  modo  l'ERSI  potrebbe  coordinare  ed  unificare  a  livello regionale  le  deliberazioni  delle  ASSI,  al  fine   di   mantenere quell'uniformita' di azione sull'intero territorio regionale, sottesa alla previsione di cui al gia'  citato  comma  5  dell'art.  1  della stessa l.r. in esame, secondo il  quale  «al  fine  di  garantire  il Servizio Idrico Integrato e' delimitato un Ambito Territoriale  Unico Regionale - di seguito denominato ATUR  -  coincidente  con  l'intero territorio regionale».

    In ogni  caso,  le  norme  suesposte  attribuiscono  all'ERSI  la competenza  a  coordinare  una  somma  di  distinti  Piani   d'Ambito provinciali, piuttosto che a comporre la  sintesi  degli  stessi,  in modo pienamente coerente con quanto stabilito dal  citato  art.  149, comma 3,  secondo  periodo:  a  tal  fine  sarebbe  stato  necessario prevedere di demandare all'ERSI la funzione di redigere  un  autonomo (e unitario) Piano d'ambito (su scala regionale) e di procedere  alla sua adozione.

    Invece, la  difforme  previsione  regionale  nega  la  necessaria prospettiva d'insieme  che  solo  un  Piano  d'ambito  unitario  puo' assicurare, a tutela delle comunita' locali e degli utenti.

    Pertanto, mentre  la  disciplina  statale  prevede  un  programma unitario di interventi ed obiettivi, ponendo in capo all'AATO (e  ora ai soggetti individuati dalle regioni ai  sensi  dell'art.  2,  comma 186-bis della  legge  n.  191/2009)  le  funzioni  dell'attivita'  di pianificazione, la norma regionale prevede espressamente  che  l'ERSI «coordina  e  unifica»   le   deliberazioni   delle   ASSI:   dunque, l'impostazione  delle  attivita'  di  pianificazione  appare  opposta rispetto a quella statale, dal momento che, nelle  citate  previsioni regionali, le esigenze di unitarieta' sarebbero assicurate solo dalla funzione di «coordinamento» e non dalla pianificazione stessa.

    2. - Sotto diverso profilo, il comma 16 dello stesso art. 1  l.r. in esame prevede che  «in  conformita'  alla  normativa  vigente,  il controllo analogo  sui  gestori  in  house  del  Servizio  e'  svolto dall'ERSI ovvero dal Commissario di cui al successivo  comma  19.  Il controllo  analogo  e'  esercitato,   nel   rispetto   dell'autonomia

gestionale del soggetto gestore, attraverso parere obbligatorio sugli atti fondamentali del soggetto gestore in house».

    Dunque, la gestione del Servizio Idrico Integrato e'  affidata  a soggetti «in  house»  e  l'ERSI,  che  abbiamo  visto  essere  l'ente pubblico costituito dal comma 6 dello stesso art.  1  quale  soggetto d'ambito, competente per l'ATUR,  ovvero  per  l'Ambito  Territoriale Unico  Regionale,  coincidente  con  l'intero  territorio   regionale (individuato dal precedente comma 5) esercita un «controllo  analogo» sui gestori in house del Servizio  Idrico  Integrato,  solo  mediante pareri obbligatori - ma non vincolanti - ed in piu' con l'obbligo  di rispettare l'«autonomia gestionale» dei soggetti gestori.

    Questa disposizione regionale non appare in linea con il  diritto comunitario, come applicato  dai  Giudici  di  Lussemburgo  (cfr.  ex multis,  Corte  di  Giustizia,  sent.  13  novembre  2008,  in  causa C-324-07, sulla vicenda «Coditel  Brabant  SA»),  e  quindi  risulta, anzitutto,  in  contrasto  con  l'articolo   117,   comma   1   della Costituzione,  norma  che  impone  alle  regioni  il  rispetto  degli obblighi derivanti dall'ordinamento comunitario; ugualmente,  risulta in contrasto con il parametro di tutela  della  concorrenza,  di  cui all'art. 117, comma secondo, lett. e).

    In particolare,  sotto  il  primo  profilo,  non  appare  affatto sufficiente quanto stabilito dalla norma regionale in esame,  ostando alla possibilita' stessa di configurazione di una forma lecita di «in house providing» e del relativo effettivo controllo  analogo  sia  il carattere obbligatorio, ma non anche vincolante del parere (dell'ERSI

o del Commissario ex comma 19) sugli atti fondamentali  del  soggetto gestore in house, sia la clausola legale di (indiscriminato) rispetto dell'autonomia gestionale del soggetto gestore.

    Invero,  e'  noto  che  la  figura  dell'in  house  providing  si configura, a legislazione vigente, come un modello eccezionale, i cui requisiti vanno interpretati con  rigore  poiche',  ad  avviso  della giurisprudenza, costituiscono una deroga  alle  regole  generali  del diritto comunitario imperniate sul modello della competizione  aperta (cfr. Cons. Stato, sez. II,  parere  18  aprile  2008,  n.  456/2007; C.G.A.R.S.,  4  luglio  2007,  n.  719;  Cons.  Stato,  sez.  VI,  n. 1514/2007).

    Le condizioni legittimanti l'affidamento in house, cosi' come  in origine elaborate dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia nella sentenza Teckal, C-107/98, hanno subito un forte  processo  evolutivo da parte della giurisprudenza  europea  e  nazionale,  attraverso  un percorso volto  a  rendere  sempre  piu'  stringente  e  rigoroso  il contenuto  dei  presupposti,  con  particolare  attenzione   al   cd. «controllo analogo» (cfr. Corte Cost. sent. n. 326/2008, Consiglio di Stato n. 2932/2007, Corte di Giustizia, 13 novembre 2008, C-324/07).

    Affinche' si eserciti controllo analogo infatti,  «e'  necessario che si realizzi quello che e definito  un  controllo  strutturale,  e questo non puo' limitarsi  agli  aspetti  formali»,  ma  deve  essere effettivo e svincolato da qualsiasi condizione futura  ed  eventuale;

il controllo deve essere analogo a quello sui propri servizi  e  deve essere effettivo e reale (Consiglio di giustizia  amministrativa  per la Regione siciliana n. 719/2007; Consiglio  di  Stato,  V,  8  marzo 2011, n. 1447).

    I giudici della Corte di giustizia hanno interpretato in  maniera restrittiva  l'affidamento  dei  servizi  in  tema   di   «in   house providing»;  in  particolare,  la  Corte  riconduce  il  concetto  di controllo da parte dell'amministrazione affidante  alla  possibilita' di quest'ultima di esercitare un'influenza  determinante,  sia  sugli obiettivi strategici che sulle decisioni importanti, non considerando un  elemento  sufficiente  la  sola  detenzione  in   mano   pubblica dell'intero capitale sociale  della  societa'  (Corte  di  giustizia, C410/04, del 6 aprile 2006).

    In definitiva, il requisito del «controllo  analogo»  postula  un rapporto che lega gli organi societari della societa' affidataria con l'ente pubblico affidante, in modo che quest'ultimo sia in grado, con strumenti  pubblicistici  o  con  mezzi  societari   di   derivazione privatistica, di indirizzare «tutta» l'attivita'  sociale  attraverso gli strumenti previsti dall'ordinamento.

    La  giurisprudenza  amministrativa,  anche  con  la  recentissima sentenza C.d.S., V, n. 2151 del 7 aprile 2011, ha ribadito  che:  «la normativa europea in tema di  appalti  pubblici,  in  particolare  di servizi, non trova applicazione  (e  pertanto  l'affidamento  diretto della gestione del servizio e' consentito anche senza ricorrere  alle procedure di evidenza pubblica prescritte  dalle  norme  comunitarie) solo quando manchi un vero e proprio rapporto  giuridico  tra  l'ente pubblico  e  il  soggetto  gestore,  come  nel   caso,   secondo   la terminologia della Corte di Giustizia, di delegazione interorganica o

di servizio affidato, in via eccezionale, «in house» (cfr.  Corte  di Giustizia, sentenza del 18 novembre 1999, causa C107/98, Teckal).

    In altri termini, quando un contratto sia stipulato tra  un  ente locale  ed  una  persona  giuridica  distinta,  l'applicazione  delle direttive comunitarie puo' essere esclusa  nel  caso  in  cui  l'ente locale eserciti sulla persona di cui trattasi un controllo analogo  a quello esercitato sui propri servizi  e  questa  persona  (giuridica) realizzi la parte piu' importante della propria attivita' con  l'ente o con gli enti locali che la  controllano.  Segnatamente,  ad  avviso delle istituzioni comunitarie  per  controllo  analogo  s'intende  un rapporto equivalente, ai fini degli effetti pratici, ad una relazione

di subordinazione gerarchica;  tale  situazione  si  verifica  quando sussiste un controllo gestionale e finanziario  stringente  dell'ente pubblico  sull'ente  societario.  In   detta   evenienza,   pertanto, l'affidamento diretto della gestione del servizio e' consentito senza ricorrere  alle  procedure  di  evidenza  pubblica  prescritte  dalle disposizioni comunitarie innanzi citate».

    La giurisprudenza del Consiglio di Stato ha,  altresi',  reputato necessario che il consiglio di amministrazione  della  societa'  p.a. affidataria «in house» non abbia rilevanti poteri  gestionali  e  che l'ente  pubblico  affidante  (nella  specie,  la  totalita'  di  soci pubblici), eserciti, pur se con moduli societari su base  statutaria, poteri di ingerenza e di condizionamento superiori  a  quelli  tipici del diritto societario, caratterizzati da  un  margine  di  rilevante autonomia della governance rispetto alla maggioranza azionaria (Cons.

Stato, sez. VI, 3 aprile 2007, n. 1514). Ne deriva un modello in  cui le decisioni piu' importanti  debbano  essere  sempre  sottoposte  al vaglio preventivo  dell'ente  affidante  o,  in  caso  di  «in  house frazionato», della totalita' degli enti pubblici soci.

    Orbene, appare evidente  come  l'impugnata  previsione  regionale prevedendo solo un parere obbligatorio ma  non  vincolante  da  parte dell'ente pubblico affidante sul gestore  in  house  del  servizio  e dovendo l'ente pubblico affidante addirittura rispettare  l'autonomia gestionale del soggetto affidatario, delinea un sistema che svuota di contenuto il cd. controllo analogo e, quindi, aggira  il  divieto  di affidamento del servizio «in house» solo in via eccezionale  e,  piu' in generale, i principi generali del diritto comunitario, tra cui  la non discriminazione, la parita' di trattamento,  la  trasparenza:  in modo, risulta chiara la violazione del parametro di cui all'art. 117, comma 1, Cost.

    D'altra parte, nel momento stesso in cui  il  controllo  previsto non sia effettivo e strutturale,  e  quindi  il  Sistema  Idrico  sia gestito mediante affidamento a soggetti «in house» svincolati  da  un controllo  stringente  dell'ente  pubblico  locale,  e'  evidente  la violazione della regola della concorrenza,  e  quindi  del  parametro

costituzionale di cui all'art. 117, comma 2, lett. e), posto  che  la gestione del Servizio Idrico costituisce un'occasione di guadagno per soggetti operanti sul  mercato,  tale  da  richiedere  una  procedura competitiva ispirata ai  ricordati  principi  di  trasparenza  e  non

discriminazione.

 

                              P. Q. M.

 

    Si   conclude   affinche'   sia    dichiarata    l'illegittimita' costituzionale, in parte qua, della legge della Regione Abruzzo n.  9 del 2011 per i motivi sopra illustrati.

    Unitamente all'originale  del  ricorso  notificato  si  produrra' copia autentica della delibera di impugnativa in data 16 giugno  2011 ed allegata relazione del Ministro proponente.

 

      Roma, addi' 30 giugno 2011

 

                  L'avvocato dello Stato: Noviello

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