N. 68 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 1 luglio 2005.
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 1° luglio 2005 (del Presidente del Consiglio dei
ministri)
(GU n. 29 del 20-7-2005)


Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, presso la quale ha il proprio
domicilio in via dei Portoghesi n. 12,

Nei confronti della Provincia autonoma di Bolzano, in persona del
suo presidente, per la dichiarazione della illegittimita'
costituzionale della legge provinciale n. 1 dell'11 aprile 2005,
Disposizioni transitorie in materia di concessioni di grandi
derivazioni a scopo idroelettrico (B.U.R. n. 17 del 26 aprile 2005).
Transitorie sono definite quelle disposizioni che disciplinano la
fase di passaggio tra la precedente e la nuova disciplina di una
certa materia.
La legge provinciale non e' destinata a raccordare normative
diverse.
La transitorieta' e' probabilmente stata collegata a quanto
dispone il primo comma dell'art. 1, dove l'intervento legislativo e'
motivato con l'attesa della fissazione delle modalita' definitive per
il rilascio delle concessioni di derivazione a scopo idroelettrico,
modalita' che dovrebbero essere desunte dalle sentenze che
concluderanno le procedure di infrazione n. 1999/4902 e n. 2002/2282,
che sarebbero state promosse dalla Commissione europea ai sensi
dell'art. 226 del trattato di Roma. La nuova disciplina, piuttosto
che transitoria, viene a risultare temporanea, nel senso che, secondo
le intenzioni della Provincia, sarebbe destinata ad operare per un
tempo limitato, senza svolgere nessuna funzione di raccordo tra
discipline successive diverse.
La legge, pertanto, si presenta organica, almeno entro certi
limiti temporali, nel senso che per il periodo interessato viene a
costituire la sola disciplina applicabile nel territorio provinciale.
Se, come sembra, la sua legittimita' costituzionale e' stata fondata
dalla provincia sulla transitorieta', la legge viene ad essere
costituzionalmente illegittima in quanto contraddittoria e, quindi,
irragionevole.
Come noto, ai sensi dell'art. 226 CE, dopo aver contestato
l'infrazione, la Commissione emette un parere motivato. Se lo Stato
non si conforma la Commissione puo' adire la Corte di giustizia.
I numeri riportati nel primo comma dell'art. 1 dovrebbero essere
quelli dei dossiers costituiti presso la Commissione. Non sono stati
individuati i pareri motivati ne' sono stati indicati i numeri dei
procedimenti che sarebbero in corso davanti alla Corte di giustizia.
Come si e' ricordato, l'esistenza di una contestazione di
infrazione non comporta automaticamente la proposizione del ricorso
perche' la Commissione puo', non deve proporlo.
La legge, pertanto, per questa mancanza potrebbe essersi posta un
termine che non si verifichera' mai. Da qui la sua irragionevolezza.
Dalla sua formulazione si ricava che la provincia ha provveduto
senza assumere informazioni sullo stato dei procedimenti.
I due procedimenti risultano unificati ed hanno dato luogo ad un
parere motivato del 7 gennaio 2004.
La Corte di giustizia non risulta ancora investita ne' ci sono
elementi per prevedere se e quando lo sara', cosicche' la legge
provinciale potrebbe operare come legge organica senza termine
temporale. Nel frattempo e' iniziato il procedimento per
l'adeguamento delle norme di attuazione dello Statuto ai sensi
dell'art. 107, d.P.R. n. 670 del 1972.
Il 16 dicembre 2004 la Commissione, di cui all'art. 107, primo
comma, d.P.R. n. 670/1972, ha approvato un testo che ha sostituito i
commi 1, 2 e 3 dell'art. 1-bis del d.P.R. n. 235/1977, abrogando i
commi dal 6 al 12.
Il nuovo testo normativo prevede che per le grandi derivazioni di
acque pubbliche a scopo idroelettrico la provincia provveda con una
legge, che, insieme ad altri aspetti, dovra' disciplinare «la tutela,
la valorizzazione e l'utilizzo del demanio idrico in conformita' alla
previsioni del piano generale di utilizzazione delle acque pubbliche
di cui all'art. 8 del decreto del Presidente della Repubblica 22
marzo 1974, n. 381» (comma 2, lett. a) e dovra' stabilire «le
procedure di evidenza pubblica nel caso di rilascio delle
concessioni, regolando anche la durata» (comma 2, lett. b).
Provvedendo unilateralmente, quando il procedimento di
adeguamento delle norme di attuazione era nella fase finale, la
Provincia non solo ha violato il principio di leale collaborazione,
ma si e' anche svincolata da quei principi che saranno fissati dalle
nuove norme in conformita' all'orientamento comunitario.
L'art. 9.9 dello Statuto regionale esclude dalla sfera
legislativa provinciale le grandi derivazioni a scopo idroelettrico.
Alla legge impugnata viene a mancare, pertanto, la base
statutaria.
E' solo sulla utilizzazione delle acque pubbliche che le province
possono intervenire e la ragione di questa loro competenza sembra
evidente. Utilizzare significa trarre beneficio dalle acque che
scorrono restituendole poi al loro corso.
Le grandi derivazioni incidono, invece, sul regime complessivo
dei corsi d'acqua con effetti anche sui territori di altre province e
di altre regioni e per questo sono state tenute distinte dalla
utilizzazione.
La competenza non puo' essere, pertanto, che dello Stato, la cui
visione e capacita' di coordinamento si estende a tutto il
territorio.
E' prevedibile che la provincia richiami l'art. 10 della legge
costituzionale n. 3 del 2001, rivendicando la maggiore autonomia
assegnata alle Regioni a statuto ordinario dall'art. 117, terzo
comma, Cost. in materia di produzione di energia.
Questo eventuale richiamo non sarebbe, peraltro, utile per dare
alla legge un fondamento costituzionale.
Nel caso della Regione Trentino-Alto Adige c'e' da verificare se
l'ampliamento dell'autonomia operi nei confronti della regione o
delle province.
La risposta non puo' essere trovata che nello Statuto.
Come si e' visto, dall'art. 9.9 la potesta' legislativa in
materia di utilizzazione delle acque pubbliche e' attribuita alle
province.
Ma si e' anche visto come le grandi derivazioni a scopo
idroelettrico siano escluse per l'ampiezza territoriale degli effetti
idraulici che possono comportare.
Se si ritenesse che l'art. 10 abbia inciso anche in questo caso
sulla competenza statutaria, la potesta' legislativa andrebbe
attribuita all'ente a competenza territoriale piu' estesa perche' si
tratta di un settore in cui vengono toccati interessi non limitabili
territorialmente in via preventiva.
La potesta' competerebbe, pertanto, alla regione e non alla
provincia il cui ricorso andra' dichiarato inammissibile.
La provincia, anche ad ammetterne la potesta' legislativa, si
sarebbe dovuta attenere ai principi fondamentali fissati dalla legge
statale.
La stessa formulazione della legge conferma che questo principio
e' stato violato.
Nel primo comma e' detto espressamente che si e' inteso
provvedere in via temporanea in attesa che, a seguito della
conclusione delle procedura di infrazione, si arrivi alla definizione
delle procedure stesse.
Si e' provveduto, pertanto, in vista di eventi futuri (le
sentenze della Corte di giustizia) a seguito dei quali dovra'
intervenire prima di tutto lo Stato per fissare i principi
fondamentali della materia.
La provincia non ha tenuto conto che, per evitare future
infrazioni delle quali risponderebbe lo Stato, sara' quest'ultimo che
dovra' quanto meno fissare i principi fondamentali che consentano
alle regioni, anche ad ammetterne la potesta' legislativa, di
mantenersi nei limiti della legittimita' comunitaria.
Ai sensi dell'art. 1.3 della legge n. 131/2003, che ha tradotto
in norma quanto gia' si desumeva dalla giurisprudenza di codesta
Corte, i principi fondamentali possono essere desunti dalle leggi
statali vigenti.
Nel caso in esame, secondo lo stesso legislatore provinciale, i
principi fondamentali, definiti impropriamente modalita' definitive,
andranno desunti dalle sentenze della Corte di giustizia, non ancora
intervenute.
La norma impugnata e', pertanto, illegittima per violazione
dell'art. 117, terzo comma, Cost.
Nei procedimenti per infrazione, promossi ai sensi dell'art. 226
CE, parte responsabile puo' essere solo lo Stato, indipendentemente
dalla articolazioni interne, ed e' lo Stato che, nei confronti della
comunita', ne subisce le conseguenze (in particolare v. art. 228 CE).
Si e', pertanto, nell'ambito dei rapporti dello Stato con
l'Unione europea, che l'art. 117, secondo comma, lett. a) Cost.
assegna alla legislazione esclusiva dello Stato.
Il dovere di attenersi agli obblighi derivanti dal Trattato
incombe allo Stato ed e' lo Stato che, ai sensi dell'art. 228, «e'
tenuto a prendere i provvedimenti per l'esecuzione della sentenza
della Corte di giustizia», incorrendo, in mancanza, in una
responsabilita' anche patrimoniale.
In base al Trattato il rapporto Unione-Stato e', dunque, diretto.
Essendo la responsabilita' comunitaria solo dello Stato, la
materia non poteva che essere assegnata alla legislazione esclusiva
statale per consentire allo Stato stesso di emettere tempestivamente
le norme necessarie.
La produzione dell'energia e' stata liberalizzata e per le
violazioni a questo principio si va incontro a responsabilita'
comunitaria.
E' questo un principio che la provincia dimostra di aver tenuto
presente quando ha richiamato i due procedimenti.
La liberalizzazione comporta che le normative che la regolano
assicurino la concorrenzialita' del mercato.
La tutela della concorrenza e' materia di legislazione esclusiva
dello Stato.
Le esigenze della concorrenza debbono comunque essere tenute
presenti nella disciplina di settore.
Da qui la illegittimita' costituzionale della norma impugnata da
ulteriori due punti di vista: per violazione dell'art. 117, secondo
comma, lett. e) Cost. ed in ogni caso per non aver atteso la
fissazione da parte dello Stato dei principi fondamentali nei quali
dovranno trovare tutela le esigenze concorrenziali del mercato
comunitario, in conformita' ai principi che saranno enunciati dalla
Corte di giustizia.
L'art. 12.6 d.lgs. n. 387 del 2003, che ha dato attuazione alla
direttiva 2001/77/CE in materia di energia elettrica prodotta da
fonti rinnovabili, non consente che l'autorizzazione, di cui al terzo
comma dello stesso art. 12, sia subordinata ne' preveda misure di
compensazione a favore delle regioni e delle province.
E', questo, un principio il cui carattere fondamentale non puo'
essere messo in discussione, perche' enunciato in sede di attuazione
di una direttiva rivolta alla promozione dell'energia elettrica
prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato comunitario.
Nella direttiva (considerando (12)) e' enunciata la necessita' di
un sostegno da parte delle pubbliche autorita' alle fonti energetiche
rinnovabili, che possono consistere ( considerando (14)) in esenzioni
o sgravi fiscali ed in regimi di sostegno diretto dei prezzi.
L'art. 12.6 ha attuato la direttiva a questo proposito e la
misura disposta e' stata oggetto di valutazione da parte della
Commissione ai sensi dell'art. 4 della direttiva quando ha verificato
se gli ostacoli normativi e di altro tipo all'aumento della
produzione di elettricita' rinnovabili siano stati ridotti e se le
norme siano oggettive e trasparenti (art. 6.1).
In quanto attuativo di una normativa comunitaria il carattere di
principio fondamentale di quanto dispone l'art. 12.6 del d.lgs.
n. 387/2003 dovrebbe essere fuori discussione.
Questo principio e' violato dall'art. 1 della legge provinciale
sotto un duplice profilo.
E' richiesta una concessione (art. 1.1), invece della
autorizzazione unica prevista dall'art. 12.3, attribuendo in questo
modo al concedente potere piu' incisivi di quelli che la norma
statale prevede in coerenza con la normativa comunitaria, che
richiede un aumento della produzione da fonti rinnovabili.
Il rilascio e' comunque condizionato all'adozione di specifiche
misure di miglioramento e razionalmente ambientale e paesaggistico
(art. 1.4).
Per quanto si e' detto, in materia di energia elettrica prodotta
da fonti rinnovabili e' ancora piu' radicato il principio, che
codesta Corte ha gia' enunciato, che «la valutazione complessiva del
fabbisogno nazionale di energia elettrica e l'autonoma capacita' di
assicurare il soddisfacimento di tale fabbisogno» sfugge alle
regioni, poiche' la visione unitaria e' possibile solo allo Stato.
Questo principio vale a maggior ragione quando si tratta di
energia prodotta da fonte rinnovabili quanto per il cui aumento lo
Stato incontra un obbligo comunitario.
Dalla legge impugnata traspare con tratti evidenti l'intendimento
della provincia, ricca di energia prodotta sul posto, di tutelare i
suoi interessi non energetici in misura massima, senza tenere conto
degli interessi energetici delle altre regioni, comprese quelle
attraversate dai corsi d'acqua nei quali andrebbero realizzate le
opere.
Per il fatto che la provincia ha provveduto unilateralmente e'
mancata qualsiasi valutazione comparativa di tutti gli interessi
coinvolti, a tutela dei quali la Provincia non ha nemmeno inteso
prevedere forme di collaborazione con lo Stato attraverso le quali
dare ingresso agli interessi generali la cui tutela non puo' che
competere allo Stato stesso.

P. Q. M.
Si conclude perche' la legge della Provincia autonoma di Bolzano
n. 1 del 2005 sia dichiarata costituzionalmente illegittima.
Roma, addi' 14 giugno 2005
Il Vice Avvocato generale dello Stato: Glauco Nori

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