N. 68 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 12 settembre 2003.
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 12 settembre 2003 (del Presidente del Consiglio dei
ministri)
(GU n. 40 del 8-10-2003)

Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato
e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso la quale ha il
proprio domicilio in via dei Portoghesi 12, Roma, nei confronti della
Regione Calabria, in persona del presidente della giunta regionale,
per la dichiarazione della illegittimita' costituzionale dello
statuto della Regione Calabria approvato dal consiglio regionale in
prima deliberazione il 13 maggio 2003, in seconda deliberazione il 31
luglio 2003 e pubblicato nel supplemento straordinario del B.U.R.
n. 4 del 6 agosto 2003, giusta delibera del Consiglio dei ministri 28
agosto 2003, con riguardo agli articoli 33, 38 comma 1 lettere (a) ed
(e); 34 e 43 comma 2; 50 comma 5 e 51.

La Costituzione italiana, nel suo testo novellato dalle riforme
del 1999 e del 2001, ha disegnato con sistematica precisione la
potesta' statutaria delle regioni, assoggettandola, da un lato, ad un
procedimento di formazione «aggravato» dalla doppia deliberazione del
Consiglio a maggioranza qualificata e dalla eventuale consultazione
referendaria (sul modello delle leggi di revisione costituzionale);
attribuendogli, dall'altro - insieme con l'affrancamento
dell'approvazione parlamentare - una collocazione privilegiata nella
gerarchia delle fonti regionali.
Il sistema cosi' delineato dal Costituente se soddisfa appieno
l'istanza autonomistica non trascura pero', certo, il principio di
legalita' costituzionale, che riceve adeguata protezione attraverso
una rigorosa delimitazione della potesta' statutaria ed una specifica
disciplina del sindacato di costituzionalita' del suo esercizio.
Sindacato che, con il presente ricorso, il Governo della Repubblica
chiede a codesta Corte.
E' avviso del Governo, infatti, che, con le norme denunciate in
epigrafe, la Regione Calabria abbia ecceduto dalla propria potesta'
statutaria in violazione della normativa costituzionale, come si
confida di dimostrare in appresso.
1. - L'art. 33 dello statuto viola gli artt. 122 e 126
Costituzione.
La normativa costituzionale richiamata, segnatamente l'art. 122,
ultimo comma e 126, terzo comma, sanciscono un vincolo di
interdipendenza fra giunta (e suo presidente eletto a suffragio
universale e diretto) e consiglio. Vincolo espresso dal principio
simul stabunt, simul cadet e che e' evidentemente posto a garanzia
della stabilita' dell'esecutivo regionale.
Il richiamato terzo comma dell'art. 126 dispone infatti che
«l'approvazione della mozione di sfiducia nei confronti del
presidente della giunta eletto a suffragio universale e diretto,
nonche' la rimozione, l'impedimento permanente, la morte o le
dimissioni volontarie dello stesso comportano le dimissioni della
giunta e lo scioglimento del consiglio.
Tale norma va letta in correlazione con l'ultimo comma
dell'art. 122, il quale dispone che il presidente della giunta
regionale e' eletto a suffragio universale e diretto salvo che lo
statuto regionale disponga diversamente.
Da tale combinato disposto si evince il principio che in tanto lo
statuto regionale puo' discostarsi dal principio del simul stabunt
simul cadent in quanto contestualmente preveda un sistema di elezione
del presidente della giunta regionale diverso dal suffragio diretto
(Corte cost. sent. 20 giugno 2002 n. 304).
La norma statutaria in epigrafe ha violato le regole ed il
principio di cui sopra, in quanto l'art. 33 richiamato prevede che il
presidente e il vice presidente della giunta regionale, indicati
sulla scheda elettorale, siano votati contestualmente agli altri
componenti del consiglio regionale e siano poi nominati dal consiglio
nella seduta di insediamento, nella quale si approva la mozione sul
programma di governo (commi 1 e 2) e che la mancata nomina del
presidente e del vice presidente, indicati dal corpo elettorale,
comporta lo scioglimento del consiglio regionale (comma 3).
Peraltro, viene previsto che nei casi di dimissioni volontarie,
incompatibilita' sopravvenuta, rimozione, impedimento permanente o
morte del presidente della giunta regionale, subentri il vice
presidente (comma 4).
La norma statutaria, quindi, dopo aver disciplinato una forma di
elezione sostanzialmente diretta a suffragio universale (tanto vero
che specificamente prevede lo scioglimento del consiglio regionale in
caso di mancata nomina del presidente e del vice presidente indicati
dall'elettorato) viola pero' l'art. 126, terzo comma, della
Costituzione nella parte in cui non prevede le dimissioni della
giunta e lo scioglimento del consiglio regionale, nei casi
espressamente indicati nello stesso art. 126, sostituendo a tale
conseguenza il subentro del vice presidente al presidente.
La medesima norma, statutaria, inoltre, si pone in contrasto con
l'art. 122 della Costituzione andando ad incidere in materia
elettorale, che e' materia coperta da riserva di legge regionale.
2. - L'art. 38 dello statuto, comma 1, lettere (a) ed (e) viola
gli artt. 122, primo comma e 123, primo comma della Costituzione.
La norma statutaria richiamata prevede la disciplina del sistema
elettorale, in particolare nella parte in cui (comma 1, lettera a)
prevede un sistema di elezione su base proporzionale con voto di
preferenza e premio elettorale di maggioranza. Essa si pone, quindi,
in contrasto con l'art. 122, primo comma della Costituzione, che
demanda la definizione del sistema di elezione alla legge regionale
nel quadro unitario dato dai principi fondamentali stabiliti dalla
legge della Repubblica.
L'introduzione nello statuto di disposizioni in materia
elettorale viola, pertanto, la riserva di legge regionale e
costituisce una forte limitazione dei poteri del consiglio. Si
tratta, all'evidenza, di una illegittimita' che trascende il dato
meramente formale, determinando un «rafforzamento» della fonte
normativa lesivo del principio di democrazia diretta. A tacer
d'altro, infatti, la norma avrebbe l'effetto di rendere indisponibili
all'iniziativa popolare referendaria le norme elettorali, in quanto,
a norma dell'art. 11 dello stesso statuto, non e' ammesso referendum
per l'abrogazione di norme statutarie.
La stessa disposizione risulta, altresi', eccedere la competenza
regionale, in relazione all'art. 123, comma primo della Costituzione
che fissa rigidamente i contenuti ed i limiti dello statuto stesso.
3. - L'art. 34 dello statuto, comma 1 lettera (i) e l'art. 43,
comma 2, violano l'art. 121 della Costituzione ed il principio di
separazione dei poteri.
Il combinato disposto statutario in epigrafe attribuisce al
consiglio regionale l'esercizio di una potesta' regolamentare nella
forma di regolamenti di attuazione e di integrazione in materia di
legislazione esclusiva delegata dallo Stato in presenza di una
normativa costituzionale che non riconosce (et pour cause!) alcuna
potesta' regolamentare al consiglio (cosi' come nessuna potesta'
regolamentare e' riconosciuta al Parlamento nazionale).
Non pare, infatti, potersi sostenere che quanto non e' consentito
al Parlamento nazionale in virtu' del principio di separazione dei
poteri degli organi dello Stato, possa ritenersi ammesso per quello
regionale.
Tanto cio' e' vero che prima dell'entrata in vigore della riforma
del titolo V della Costituzione, in base alle considerazioni
suesposte, il Governo ha rinviato a nuovo esame dei consiglio
regionali numerose leggi regionali, che avevano attribuito potesta'
regolamentare al consiglio regionale.
4. - L'art. 50 dello statuto, comma quinto, viola l'art. 117,
comma secondo, lettera 1, della Costituzione.
La norma statutaria in epigrafe sancisce una serie di principi
riguardanti i dirigenti regionali e, piu' in generale, gli incarichi
e il rapporto di lavoro dirigenziali.
Recita il testo statutario nei suoi commi 4, 5 e 6 dell'art. 50:
«4. Ai dirigenti sono attribuiti i compiti di attuazione
degli obiettivi e dei programmi definiti con gli atti di indirizzo
adottati dal presidente e dalla giunta e, limitatamente al consiglio,
dal presidente e dall'ufficio di presidenza.
5. Nell'esercizio della potesta' statutaria, legislativa e
regolamentare, la Regione provvede a disciplinare il regime
contrattuale dei dirigenti, l'attribuzione e la revoca degli
incarichi, l'accertamento delle responsabilita' e la comminazione
delle sanzioni, nonche' ad istituire il ruolo dei dirigenti della
regione e il ruolo dei dirigenti del consiglio regionale.
6. Tutti gli incarichi dirigenziali devono essere formalmente
conferiti entro 60 giorni dall'insediamento dei nuovi organi
regionali».
Orbene, la norma afferente al regime contrattuale dei dirigenti
attribuisce alla Regione competenze riservate allo Stato ai sensi
dell'art. 117, comma secondo, lettera l), della Costituzione (materia
«ordinamento civile»), atteso che «gli aspetti fondamentali del
rapporto privato e quindi del rapporto di lavoro pubblico, oltre che
la disciplina del diritto sindacale» rientrano pacificamente nella
nozione di ordinamento civile, per comune intesa di Stato e Regioni.
Non a caso nel documento approvato dalla Conferenza dei
presidenti delle regioni e delle province autonome il 21 marzo 2002
si precisa che «poiche' il rapporto di lavoro pubblico e' stato fatto
rientrare nella disciplina privatistica, possiamo quindi concludere
che, parimenti ai lavoratori privati, anche per quelli alle
dipendenze delle pubbliche amministrazioni, il legislatore regionale
trova un limite invalicabile nella contrattazione nazionale, che puo'
a sua volta ricevere una regolamentazione di sostegno da parte del
legislatore nazionale».
5. - L'art. 51 dello statuto viola l'art. 123, primo comma della
Costituzione.
La norma statutaria in epigrafe, disciplinando la potesta'
normativa tributaria della Regione, statuisce su materie che non
rientrano tra quelle che l'art. 123 della Costituzione attribuisce
agli statuti regionali, e che consistono nella forma di governo e nei
principi fondamentali di organizzazione e funzionamento.
Tale disposizione contrasta pertanto con il citato art. 123,
primo comma della Costituzione.


P. Q. M.
Si chiede a codesta Corte costituzionale di dichiarare la
illegittimita' costituzionale della deliberazione legislativa
statutaria impugnata nei termini sopra precisati e di inibirne la
promulgazione.
Si esibiranno la predetta deliberazione ed estratto della
deliberazione del Consiglio dei ministri 28 agosto 2003.
Roma, addi' 3 settembre 2003
Vice avvocato generale dello Stato: Ignazio Francesco Caramazza

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