Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 3 ottobre 2018 (del Presidente del Consiglio dei ministri).

(GU n. 45 del 2018-11-14)

 

Ricorso ex art. 127 Costituzione per il Presidente del Consiglio dei ministri (c.f. …), rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato (c.f. …; pec: … - fax …) ed elettivamente domiciliata presso i suoi uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

Contro la Regione Campania, in persona del Presidente della Giunta regionale pro tempore; per l'annullamento della l.r. Campania 2 agosto 2018 n. 26, pubblicata nel Bollettino Ufficiale regionale n. 54 del 3 agosto 2018, recante «Misure di semplificazione in materia di governo del territorio e per la competitivita' e lo sviluppo regionale. Legge annuale di semplificazione 2018».

Premesso che

La legge della Regione Campania 2 agosto 2018 n. 26, recante «Misure di semplificazione in materia di governo del territorio e per la competitivita' e lo sviluppo regionale. Legge annuale di semplificazione 2018», detta disposizione per la semplificazione e la razionalizzazione dei procedimenti normativi e amministrativi in materia di governo del territorio e di lavori pubblici.

L'impugnato testo normativo presenta profili di illegittimita' costituzionale con riferimento alle disposizioni contenute negli articoli 6 e 12, che violano gli articoli 3, 5, 114, 117, secondo comma lettera l) e 118 della Costituzione, alla luce dei seguenti

Motivi

1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 6 della l.r. Campania 2 agosto 2018 n. 26

La norma contenuta nel censurato art. 6 rubricato «Semplificazioni in materia di lavori pubblici di interesse regionale e di opere pubbliche di interesse regionale» inserisce, all'interno della legge regionale della Campania 22 dicembre 2004 n. 16 (recante «Norme sul governo del territorio»), un aggiuntivo art. 12-bis che definisce le opere e i lavori pubblici di interesse strategico, individuandoli negli interventi «[...] che siano:

a) finanziati, anche solo parzialmente, con fondi europei e/o fondi strutturali;

b) volti a superare procedure di infrazione e/o procedure esecutive di condanne da parte della Corte di giustizia dell'Unione europea per violazione della normativa europea;

c) definiti strategici dal Documento di economia e finanza regionale (DEFR);

d) inclusi nella programmazione di cui all'art. 63 della legge regionale 27 febbraio 2007, n. 3 (Disciplina dei lavori pubblici, dei servizi e delle forniture in Campania) in quanto ritenuti strategici per lo sviluppo della regione;

e) finalizzati a migliorare le condizioni di accessibilita' attiva e passiva della zona rossa per emergenza vulcanica del Vesuvio e dei Campi Flegrei (realizzazione e/o adeguamento di infrastrutture funzionali al miglioramento delle vie di fuga e delle strutture per la logistica previste dal Piano di allontanamento della popolazione residente in zona rossa)».

Per i suddetti interventi e' previsto che, ove la realizzazione dell'opera richieda «l'azione integrata» di piu' soggetti istituzionali, la regione e' chiamata a promuovere la procedura per l'accordo di programma di cui all'art. 12 della legge regionale n. 16/2004, mediante la convocazione di una conferenza di servizi.

Nel suddetto ambito procedimentale, per i progetti e le opere che risultino non conformi al Piano urbanistico comunale (PUC), il comune interessato e' chiamato ad esprimere il proprio parere motivato.

In caso di parere non favorevole, l'art. 12-bis cit. prevede che l'amministrazione procedente conceda all'ente comunale un termine di trenta giorni per esprimere proposte di modifica al progetto. Dette proposte dovranno essere esaminate in un'aggiornata conferenza di servizi (da tenersi entro trenta giorni), all'esito della quale, ove non si pervenga all'accordo tra tutte le amministrazioni, la Giunta regionale, sentita la Commissione consiliare, potra' approvare ugualmente il progetto al fine della realizzazione dell'interesse strategico regionale.

Ebbene, la formulazione del censurato art. 6 della legge regionale n. 26/2018 risulta del tutto illegittima in quanto suscettibile di consentire la realizzazione di opere che non rispondono all'interesse dei cittadini residenti nel territorio interessato, superando eventuali legittime e motivate determinazioni degli enti locali.

La suddetta facolta' di aggiramento delle istanze comunali e' consentita dal legislatore regionale, senza significative limitazioni, essendo prevista (in maniera del tutto generica) per gli interventi «finanziati, anche solo parzialmente, con fondi europei e/o fondi strutturali [...]» o per quelli «definiti strategici dal Documento di economia e finanza regionale (DEFR) [...]».

Come noto, le competenze dei comuni in materia di pianificazione del territorio e di urbanistica possono essere ridotte o compresse dalla legge regionale, ma non possono essere integralmente pretermesse (in tal senso Corte Costituzionale n. 378/2000); diversamente, risulterebbe lesa la sfera di autonomia amministrativa costituzionalmente garantita in base al combinato disposto di cui agli articoli 5, 114 e 118 della Costituzione.

In particolare, l'interesse di rilievo sovra-comunale idoneo a giustificare una limitazione o compressione delle prerogative di autonomia riconosciute ai comuni in base ai principi costituzionali di sussidiarieta', differenziazione e adeguatezza di cui all'art. 118 Costituzione, deve essere sempre puntualmente individuato e contenuto entro limiti, anche temporali, giustificati da specifiche esigenze di carattere sovra-comunale.

Sotto tale profilo, la disposizione regionale oggetto dell'odierna censura presenta aspetti di dubbia legittimita' costituzionale, ed in particolare:

A) per la genericita' e indeterminatezza della formulazione, che individua l'interesse strategico regionale e giustifica la deroga ai piani urbanistici comunali (anche in disaccordo con il comune titolare della funzione di programmazione territoriale), risulta potenzialmente idonea a coinvolgere la maggior parte delle opere da realizzare in ambito regionale. Il che si pone in aperto contrasto con i criteri che presiedono al riparto costituzionale di funzioni amministrative tra amministrazioni decentrate, secondo i principi di sussidiarieta' e leale collaborazione. L'impugnata disposizione risulta confliggente, altresi', con la stessa disciplina regionale in materia di governo del territorio ed in particolare con l'art. 4 della legge regionale n. 16/2004 (Cooperazione istituzionale nei processi di pianificazione), ai sensi del quale: «Tutti i soggetti istituzionali titolari di funzioni di pianificazione territoriale e urbanistica informano la propria attivita' ai metodi della cooperazione e dell'intesa».

La norma oggetto di censura, poi, oltre a sacrificare in modo non adeguatamente circoscritto le prerogative istituzionali delle amministrazioni comunali, si presta altresi' ad esporre la regione ad innumerevoli contenziosi con le realta' locali, interessate a tutelare la propria attivita' di programmazione territoriale in coerenza con i principi di riparto sanciti dall'art. 118 Costituzione;

B) la disposizione gravata si pone in parziale contrasto, poi, con la normativa nazionale di cui alla legge n. 241/1990 in materia di conferenza di' servizi, come da ultimo novellata dal decreto legislativo n. 127/2016.

B.1) come noto, la disciplina statale in punto di conferenza di servizi, secondo quanto previsto dall'art. 29, comma 2-quater della legge n. 241/1990, coinvolge i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali di cui all'art. 117, comma 2 lettera m) Costituzione, prevedendo in particolare che: «Le regioni e gli enti locali, nel disciplinare i procedimenti amministrativi di loro competenza, non possono stabilire garanzie inferiori a quelle assicurate ai privati dalle disposizioni attinenti ai livelli essenziali delle prestazioni di cui ai commi 2-bis e 2-ter. ma possono prevedere livelli ulteriori di tutela».

La legge fa salva la possibilita' di individuare, con intese raggiunte in sede di Conferenza unificata ex art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, casi ulteriori in cui gli istituti procedimentali richiamati dall'art. 29 comma 2-ter non si applicano.

Nel novero delle amministrazioni in grado di esprimere un dissenso qualificato in sede di conferenza di servizi sono senz'altro incluse quelle preposte alla tutela della salute e della pubblica incolumita', cui compete la tutela della sicurezza dei beni e delle persone, e piu' genericamente del corpo sociale nel suo complesso. Fra di esse figura senza dubbio l'amministrazione comunale, rappresentata dal sindaco in funzione di massima autorita' sanitaria sul proprio territorio.

B.2) Ebbene, la legge 7 agosto 1990, n. 241, prevede che nell'ambito della conferenza di servizi, in ipotesi di dissenso espresso da un'amministrazione che rappresenti interessi sensibili, si applichi l'art. 14-quinquies, disciplinante il rimedio dell'opposizione al Presidente del Consiglio dei ministri, da attivarsi laddove in sede di conferenza sorgano contrasti di particolare complessita'.

La disposizione regionale censurata, al contrario, disattendendo il livello minimo di garanzia sancito dall'art. 14-quinquies cit., prevede che il progetto su cui l'ente comunale abbia sollevato il proprio motivato dissenso possa essere comunque approvato dalla Giunta regionale senza in alcun modo interessare la Presidenza del Consiglio dei ministri, con evidente sacrificio del principio collaborativo che, in base al dettato costituzionale, deve orientare le amministrazioni nell'esercizio delle rispettive funzioni amministrative.

B.3) Si osserva, sotto altro profilo, che il termine di trenta giorni assegnato dalla legge regionale all'ente comunale per esprimere il proprio dissenso motivato non risulta rispettoso delle minime garanzie procedimentali sancite dalla legge nazionale tenuto conto che, in ambito comunale, il sindaco rappresenta la massima autorita' in materia sanitaria.

A tal proposito, l'art. 14-bis della legge n. 241/1990 prevede che «le amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali, o alla tutela della salute dei cittadini o della pubblica incolumita', ove disposizioni di legge o provvedimenti di cui all'art. 2 non prevedano un termine diverso, il suddetto termine e' fissato in novanta giorni».

Ebbene, l'individuazione tassativa del suddetto termine e' stata prevista, a livello di legislazione nazionale, proprio per accordare maggior tutela agli interessi sensibili espressamente indicati dalla norma dianzi citata.

La fissazione di un termine piu' breve all'interno della disposizione oggi censurata, pertanto, sembra porsi in contrasto con le minime esigenze di tutela procedimentale sancite dall'art. 14-bis cit., esponendo peraltro l'amministrazione regionale ad un significativo contenzioso con le altre amministrazioni preposte alla tutela dei suddetti interessi sensibili.

Per i motivi sopra specificati, dunque, la norma regionale contenuta nell'art. 6 della legge regionale n. 26/2018 viola i seguenti parametri costituzionali:

il principio di proporzionalita' (ricavabile dal dettato dell'art 3 della Costituzione) che risulta violato dalla previsione del termine di 30 giorni concesso al comune per l'eventuale manifestazione del dissenso. In presenza di opere e/o lavori di particolare complessita' e di notevole impatto sugli interessi appartenenti alla sfera comunale, infatti, tale termine risulta palesemente insufficiente e inadeguato, non consentendo che alcuna valutazione possa essere compiuta con piena cognizione di causa.

l'art 114, commi 1 e 2 della Costituzione, che, nel testo novellato dalla riforma costituzionale del 2001, ha attribuito agli enti locali pari dignita' istituzionale rispetto agli enti territoriali maggiori (Stato e Regione), affermando il principio del «pluralismo istituzionale paritario», caratterizzato da un sistema di attribuzione delle funzioni amministrative incentrato piu' sulla divisione delle materie per aree di competenza che su relazioni di natura propriamente gerarchica.

l'art. 118, 1 comma, della Costituzione, secondo cui «le funzioni amministrative sono attribuite ai comuni» e solo nel caso in cui sussistano esigenze di esercizio unitario operano i principi di sussidiarieta' ed adeguatezza per cui e' previsto l'intervento sostitutivo del livello di governo superiore. Detto altrimenti, la norma costituzionale prevede un'attribuzione preferenziale delle funzioni amministrative ai comuni, di talche' l'intervento sussidiario della regione ha modo di esprimersi solo laddove il comune sia impossibilitato ad assolvere efficientemente ad una data funzione.

La norma regionale oggi impugnata, al contrario, consente un'indiscriminata inversione del criterio di riparto sancito dall'art. 118 Costituzione, ponendo la Giunta regionale nella posizione di poter disattendere, senza significativi ostacoli procedimentali, le istanze di tutela palesate in sede di conferenza di servizi da parte degli enti locali coinvolti.

Peraltro, la genericita' e molteplicita' delle categorie di opere e lavori pubblici menzionati dalla proposta di legge regionale (senza adeguate specificazioni) estende a dismisura i presupposti in presenza dei quali puo' esplicarsi l'anzidetto potere della Regione che finisce per diventare un potere di avocazione generale. 2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 12 della l.r. Campania 2 agosto 2018 n. 26.

L'art. 12 della l.r. Campania 2 agosto 2018 n. 26 reca disposizioni di semplificazione in materia di Sportello unico regionale per le attivita' produttive. In particolare il comma 1, punto 3, della norma sostituisce il comma 1-bis dell'art. 20 della legge regionale n. 11/2015, istitutiva dello Sportello regionale, SURAP, al quale sono demandati i compiti espressamente indicati dall'art. 20 cit.

La norma oggetto di censura prevede che: «nel caso di iniziative di interesse regionale inerenti attivita' economiche e produttive, anche che comportino varianti urbanistiche, il provvedimento abilitativo per l'avvio di nuove imprese che intendano localizzarsi sul territorio campano e' rilasciato dal SURAP, in qualita' di amministrazione procedente su istanza delle imprese e previo accordo, ai sensi dell'art. 15 della legge n. 241/1990 [...], con i comuni territorialmente competenti anche ai fini dell'istruttoria in forma telematica e dell'indizione , convocazione e conclusione della Conferenza dei servizi di cui all'art. 7 del decreto del Presidente della Repubblica 7 settembre 2010 n. 160».

La norma poi precisa che: «Restano ferme le potesta' degli enti locali in materia di governo del territorio e di rilascio dei titoli abilitativi a costruire nonche' le normative in materia di autorizzazioni ambientali, quelle attuative di obblighi comunitari e i procedimenti unici di competenza regionale. La qualificazione dell'interesse regionale e l'individuazione delle iniziative avviene con delibera di Giunta regionale, sentita la Commissione consiliare competente in materia».

La normativa di settore in materia di funzioni ed organizzazione dello sportello unico delle attivita' produttive, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 160/2010, (Regolamento per la semplificazione ed il riordino della disciplina sullo sportello unico per le attivita' produttive, ai sensi dell'art. 38, comma 3, del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008) individua, all'art. 2, comma 1, il SUAP comunale «quale unico soggetto pubblico di riferimento territoriale per tutti i procedimenti che abbiano ad oggetto l'esercizio di attivita' produttive e di prestazione di servizi, e quelli relativi alle azioni di localizzazione, realizzazione, trasformazione, ristrutturazione o riconversione, ampliamento o trasferimento, nonche' cessazione o riattivazione delle suddette attivita' [...]».

Ai sensi della suddetta norma statale e' il SUAP che assicura al richiedente una risposta telematica unica e tempestiva in luogo degli altri uffici comunali e di tutte le amministrazioni pubbliche comunque coinvolte nel procedimento, ivi comprese quelle preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumita' (art. 4, comma 1).

Peraltro la stessa normativa (art. 4, comma 2) specifica ancora che «Le comunicazioni al richiedente sono trasmesse esclusivamente dal SUAP; gli altri uffici comunali e le amministrazioni pubbliche diverse dal comune, che sono interessati al procedimento, non possono trasmettere al richiedente atti autorizzatori, nulla osta, pareri o atti di consenso, anche a contenuto negativo, comunque denominati e sono tenute a trasmettere immediatamente al SUAP tutte le denunce, le domande, gli atti e la documentazione ad esse eventualmente presentati, dandone comunicazione al richiedente».

La norma regionale in esame, al contrario, prevede che sia il SURAP regionale a rilasciare il provvedimento abilitativo per l'avvio di nuove imprese che intendano localizzarsi sul territorio regionale, cosi' ponendosi in contrasto con le sopra citate norme del decreto del Presidente della Repubblica n. 160/2010.

Peraltro la disposizione di cui all'art. 12 cit. appare illegittima anche in considerazione del fatto che l'art. 4, comma 5 del piu' volte citato decreto del Presidente della Repubblica n. 160/2010 prevede che «I comuni possono esercitare le funzioni inerenti al SUAP in forma singola o associata tra loro, o in convenzione con le camere di commercio».

Il principio in base al quale sia il Comune (attraverso il SUAP) l'ente deputato a rilasciare il titolo abilitativo, ove normativamente richiesto, per l'avvio e l'esercizio di un'attivita' d'impresa e' ribadito inoltre dall'art. 6 della direttiva n. 2006/123/CE (c.d. «Direttiva servizi») come attuato dall'art. 25 del decreto legislativo n. 59/2010, nonche' dagli articoli 23 e 24 del decreto legislativo n. 112/1998, 8 e 9 del decreto legislativo n. 114/1998 e 38 del decreto-legge n. 112/2008.

Inoltre, il rinvio contenuto nella norma censurata agli accordi di cui all'art. 15, comma 1, della legge n. 241 del 1990, secondo cui: «le amministrazioni pubbliche possono sempre concludere tra loro accordi per disciplinare lo svolgimento in collaborazione di attivita' di interesse comune», non puo' giustificare la deroga alla normativa statale citata, che attribuisce ai comuni: «le funzioni amministrative concernenti la realizzazione, l'ampliamento, la cessazione, la riattivazione, la localizzazione e la rilocalizzazione di impianti produttivi, ivi incluso il rilascio delle concessioni o autorizzazioni edilizie» (art. 23, comma 1, del decreto legislativo n. 112 del 1998): trattasi, come e' evidente, di questione attinente all'ordinamento civile che costituisce senza dubbio oggetto di legislazione statale esclusiva ai sensi dell'art. 117, comma 2, lettera l) della Costituzione.

Per questi motivi la norma in esame risulta in contrasto con l'art. 117, comma 2, lettera l), Costituzione e con gli articoli 5, 114 e 118, comma 1, della Costituzione.

P.Q.M.

Voglia l'Ecc.ma Corte costituzionale adita accogliere il presente ricorso e per l'effetto dichiarare l'illegittimita' costituzionale delle disposizioni oggetto di censura, articoli 6 e 12 della legge Regione Campania n. 26 del 2018.

Si deposita la determinazione della Presidenza del Consiglio dei ministri del 27 settembre 2018.

 

Roma, 1° ottobre 2018

L'Avvocato dello Stato: Nunziata

 

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