Ricorso n.69 del 13 giugno 2019 (del Presidente del Consiglio dei Ministri)
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 13 giugno 2019 (del Presidente del Consiglio dei ministri).
(GU n. 31 del 2019-07-31)
Ricorso ex art. 127 della Costituzione del Presidente del
Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura
generale dello Stato, presso i cui uffici e' legalmente domiciliato
in Roma, via dei Portoghesi n. 12,
Contro la Regione Piemonte, in persona del suo Presidente p.t ,
per la declaratoria dell'illegittimita' costituzionale della legge
della Regione Piemonte n. 16 del 9 aprile 2019 recante: «Istituzione
del fattore famiglia», relativamente agli articoli 3, comma 1 lettera
a) e 4, come da delibera del Consiglio dei ministri in data 30 maggio
2019
Fatto
In data 11 aprile 2019, e' stata pubblicata nel Bollettino
Ufficiale della Regione Piemonte n. 15/2019 la legge regionale n. 16
del 9 aprile 2019 recante: «Istituzione del fattore famiglia». La
normativa dettata dagli articoli 3, comma 1 lettera a) e 4 della
suddetta legge collide con svariati precetti costituzionali, per le
seguenti ragioni in
Diritto
1. Violazione dell'art. 117 comma 2 lettera m) e comma 3 Cost.;
1.1. La legge regionale in epigrafe indicata istituisce, all'art.
1, il fattore famiglia, «quale specifico strumento integrativo per la
determinazione dell'accesso alle prestazioni erogate dalla Regione e
dai soggetti aventi titolo negli ambiti di applicazione di cui
all'art. 3». Piu' precisamente, il Fattore Famiglia e' definito, al
successivo art. 2, come un «... indicatore sintetico della situazione
reddituale e patrimoniale che integra ogni altro indicatore,
coefficiente o quoziente, comunque denominato, negli ambiti di
applicazione di cui all'art. 3».
L'art. 3, comma 1, lettera a), a sua volta prevede: «Il Fattore
famiglia trova applicazione, tenendo conto delle diverse modalita' di
erogazione delle prestazioni, nei seguenti ambiti:
a) prestazioni sociali e sanitarie, comprese le
compartecipazioni alla spesa...; ...».
Tale ultima norma, nella misura in cui - con formulazione
generica e non chiara, include tra gli ambiti di applicazione del
Fattore Famiglia le «prestazioni sociali e sanitarie, comprese le
compartecipazioni alla spesa» - si pone in contrasto con i precetti
costituzionali di cui in rubrica.
Innanzi tutto, essa confligge con l'art. 117, comma 2, lettera m)
Cost. per violazione dei livelli essenziali di assistenza, non
consentendo di evincere in quale maniera la Regione intenda
utilizzare l'indicatore Fattore famiglia ai fini della determinazione
dell'accesso e delle compartecipazioni alla spesa relativa alle
prestazioni di carattere sanitario, e ponendosi pertanto in contrasto
con la normativa statale di riferimento che - nello stabilire la
compartecipazione per l'assistenza specialistica ambulatoriale - non
prevede la possibilita' di rimodulazione in base alla situazione
economica dell'assistito.
La norma realizza inoltre, sempre attraverso la previsione di cui
all'art. 3 comma 1 lettera a), la violazione dei principi
fondamentali dettati dallo Stato in materia di coordinamento della
finanza pubblica, in violazione dell'art. 117, comma 3, Cost..
1.2. Premesso che l'accesso alle prestazioni sanitarie deve
essere garantito a tutti gli assistiti, l'art. 8, comma 15, della
legge n. 537/1993 prevede che, per le prestazioni di specialistica
ambulatoriale, l'importo dovuto dall'assistito a titolo di
compartecipazione al costo e' determinato a livello nazionale, ed e'
pari alla tariffa della prestazione, fino al tetto massimo di € 36,15
per ricetta.
Inoltre, l'art. 17, comma 6, del decreto-legge n. 98/2011
(convertito in legge n. 111/2011), specifica, all'ultimo periodo, che
«A decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di
conversione del presente decreto si applicano le disposizioni di cui
all'articolo comma 796, lettere p) e p-bis), della legge 27 dicembre
2006, n. 296»; la norma, cosi' statuendo, ha ribadito quanto previsto
dalle disposizioni richiamate, che a loro volta prevedono, per i non
esenti, il pagamento di un'ulteriore quota fissa sulla ricetta, pari
a € 10 (c.d. super ticket, introdotto dalla richiamata lettera p) del
comma 796 dell'art. 1, della legge n. 296/2006), consentendo pero'
alle Regioni di adottare misure alternative che assicurino lo stesso
gettito (come previsto dalla lettera p-bis, del comma 796 dell'art.
1, della legge n. 296/2006).
Ed infatti, il principio generale ricavabile dalla richiamata
normativa e' che le Regioni, seppure possono individuare misure di
partecipazione al costo delle prestazioni alternative alla quota
fissa per ricetta (introdotta, come detto, dalla legge n. 296/2006 -
legge finanziaria del 2007, e reintrodotta dal decreto-legge n.
98/2011, convertito in legge n. 111/2011), debbono pero' comunque
garantire il medesimo gettito quantificato a livello nazionale.
La norma regionale che con il presente atto si impugna - in
quanto non chiarisce come si intenda utilizzare l'indicatore fattore
famiglia ai fini della determinazione dell'accesso e delle
compartecipazioni alla spesa relativa alle prestazioni di carattere
sanitario - si pone in contrasto con la normativa nazionale
richiamata, che, come sopra ricordato, stabilisce la
compartecipazione per l'assistenza specialistica ambulatoriale e non
prevede la possibilita' di rimodulazione in base alla situazione
economica dell'assistito.
La generica formulazione della norma non consente neppure di
intenderla nel senso che l'utilizzo del fattore famiglia sia
destinato ad operare limitatamente all'ulteriore quota fissa di € 10
sulla ricetta ed alle eventuali quote di compartecipazione introdotte
a livello regionale, che possono essere eventualmente rimodulate alle
condizioni sopra descritte, a seconda della diversa situazione
reddituale dell'assistito.
Al contrario, la norma regionale in esame non definisce
adeguatamente gli ambiti di utilizzo dell'indicatore Fattore famiglia
per determinare l'accesso e le compartecipazioni alla spesa relativa
alle prestazioni di carattere sanitario, dal che consegue
inevitabilmente che l'applicazione dell'indicatore in questione puo'
incidere sul diritto all'esenzione garantito a livello nazionale per
alcune categorie di assistiti, e che potrebbe costituire, piu' in
generale, un ostacolo all'accesso alle prestazioni sanitarie e
sociosanitarie incluse nei livelli essenziali di assistenza; di qui
la dedotta violazione dell'art. 117, comma 2, lettera m), nonche' dei
principi fondamentali dettati dallo Stato in materia di coordinamento
della finanza pubblica, che la legislazione regionale e' tenuta a
rispettare, ai sensi dell'art. 117, comma 3, della Costituzione.
Giova, al riguardo, richiamare la sentenza della Corte
costituzionale n. 187 del 2012 (in particolare, al «considerando» in
diritto 3.3.2.), «la disciplina in materia di ticket, determinando il
costo per gli assistiti dei relativi servizi sanitari, non
costituisce solo un principio di coordinamento della finanza pubblica
diretto al contenimento della spesa sanitaria, ma incide anche sulla
quantita' e sulla qualita' delle prestazioni garantite, e, quindi,
sui livelli essenziali di assistenza».
La misura della compartecipazione deve essere omogenea su tutto
il territorio nazionale, «giacche' non sarebbe ammissibile che
l'offerta concreta di una prestazione sanitaria rientrante nei L.E.A.
si presenti in modo diverso nelle varie Regioni, considerato che
dell'offerta concreta fanno parte non solo la qualita' e quantita'
delle prestazioni che devono essere assicurate sul territorio, ma
anche le soglie di accesso, dal punto di vista economico, dei
cittadini alla loro fruizione» (sentenza n. 203 del 2008).
Cio' vale anche rispetto alle Regioni a statuto speciale, che
sostengono il costo dell'assistenza sanitaria nei rispettivi
territori, in quanto «la natura stessa dei cosiddetti LEA, che
riflettono tutele necessariamente uniformi del bene della salute,
impone di riferirne la disciplina normativa anche ai soggetti ad
autonomia speciale» (sentenza n. 134 del 2006).
1.2. Anche l'art. 4 della legge regionale in epigrafe viola
l'art. 117 comma 2 lettera M) Cost.. Esso prevede, testualmente,
quanto segue: «1. I criteri e le modalita' attuative del Fattore
famiglia sono determinati con apposito provvedimento della giunta
regionale, previo parere dell'Osservatorio di cui all'art. 5 e delle
commissioni consiliari competenti e sono aggiornati ogni tre anni con
le medesime modalita'.
2. Nella determinazione dei criteri e delle modalita' attuative
di cui al comma 1, la giunta regionale tenuto conto della rilevanza
del numero dei componenti del nucleo familiare, compresi i minori in
affido, provvede:
a) alla definizione di specifiche agevolazioni integrative di
quelle previste dalla normativa statale che tengano conto, a parita'
di altri fattori:
1) della presenza nel nucleo familiare di persone con
disabilita' e di non autosufficienti, cosi' come individuate ai sensi
dell'allegato 3 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri
n. 159/2013;
2) della composizione del nucleo familiare, dell'eta' del
figli e dello stato di famiglia monogenitoriale, nonche', nel caso di
genitori separati, del contributo per il mantenimento dei figli
stabilito a seguito di provvedimento dall'autorita' giudiziaria;
b) all'introduzione di elementi di priorita' per le famiglie
che hanno in essere un mutuo per l'acquisto dell'abitazione
principale, per la presenza di persone anziane, non autosufficienti
ovvero diversamente abili, nonche' per le madri in accertato stato di
gravidanza, in coerenza con gli ambiti e i servizi ai quali il
Fattore famiglia viene applicato.
3. Possono accedere ai benefici previsti dalla presente legge i
componenti dei nuclei familiari che abbiano adempiuto al pagamento
delle imposte regionali.»
I criteri e le modalita' attuative del Fattore famiglia stabiliti
dall'art. 4 qui censurato si sovrappongono a quelli previsti dalla
normativa statale ai fini della determinazione dell'indicatore della
situazione economica, incidendo in tal modo, anche sotto tale
aspetto, sulla definizione dei livelli essenziali delle prestazioni
assistenziali, riservata alla legislazione statale, ai sensi
dell'art. 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione.
Piu' precisamente, ai sensi dell'art. 2 del d.P.C.M n. 159 del
2013 (Regolamento concernente la revisione delle modalita' di
determinazione e i campi di applicazione dell'Indicatore della
situazione economica equivalente (ISEE), adottato in attuazione
dell'art. 5 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 2, la
determinazione e l'applicazione dell'indicatore ai fini dell'accesso
alle prestazioni sociali agevolate costituisce livello essenziale
delle prestazioni oggetto di riserva di legislazione statale, ai
sensi dell'art. 117 comma 2, lettera m), della Costituzione.
La normativa ISEE prevede altresi', all'art. 2 comma 1 cit., che
gli enti erogatori possano prevedere, «accanto all'ISEE, criteri
ulteriori di selezione volti ad identificare specifiche platee di
beneficiari, tenuto conto delle disposizioni regionali in materia e
delle attribuzioni regionali in tema di servizi sociali» e che tali
ulteriori criteri possano essere fissati «in relazione a tipologie di
prestazioni che per la loro natura lo rendano necessario e ove non
diversamente disciplinato in sede di definizione dei livelli
essenziali relativi alle medesime tipologie di prestazioni». Infine,
e' comunque «fatta salva la valutazione della condizione economica
complessiva attraverso l'ISEE».
Cio' premesso, da un confronto fra l'art. 4 L.R. 16/2019 e il
menzionato d.P.C.M., emerge che i criteri di selezione stabiliti
dall'art. 4 per l'accesso alle prestazioni sociali agevolate
individuate dall'art. 3 si sovrappongono esattamente a quelli
previsti nel menzionato d.PCM, che gia' tiene conto, ai fini della
determinazione dell'indicatore della situazione economica, dei
fattori indicati dall'art. 4 della legge regionale in esame.
La norma regionale, pertanto, non prevedendo criteri ulteriori di
selezione (rispetto a quelli individuati a livello statale) che
identifichino specifiche platee di beneficiari, destinatari di
prestazioni che per la loro natura lo rendano necessario e che non
siano state diversamente disciplinate in sede di definizione dei
livelli essenziali, invade la materia riservata alla legislazione
statale dall'art. 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione.
Per tutte le suesposte ragioni gli articoli 3, comma 1 lettera a)
e 4 della L.R. Piemonte n. 16/2019 devono essere dichiarati
incostituzionali.
P.Q.M.
Si chiede che codesta ecc.ma Corte costituzionale voglia
dichiarare costituzionalmente illegittimi, e conseguentemente
annullare, per i motivi sopra specificati, gli articoli 3, comma 1
lettera a) e 4 della L.R. Piemonte n. 16/2019
Con l'originale notificato del ricorso si depositeranno:
1. estratto della delibera del Consiglio dei ministri in data
30 maggio 2019
2. rapporto del Dipartimento degli affari regionali.
3. copia della legge regionale impugnata;
Con ogni salvezza.
Roma, 7 giugno 2019
L'Avvocato dello Stato: Russo