N. 69 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 13 luglio 2005.
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 13 luglio 2005 (della Regione Toscana)
(GU n. 31 del 3-8-2005)


Ricorso della Regione Toscana, in persona del suo presidente pro
tempore, autorizzato con deliberazione della giunta regionale n. 664
del 27 giugno 2005, rappresentato e difeso per mandato in calce al
presente atto dagli avvocati Lucia Bora e Fabio Lorenzoni, presso lo
studio di quest'ultimo elettivamente domiciliato in Roma, via del
Viminale n. 43;

Contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, per
la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 5, commi
quinto, settimo e nono; dell'art. 12, commi primo, secondo, terzo,
quarto, quinto, settimo della legge 14 maggio 2005 n. 80, di
conversione, con modificazioni, del decreto legge 14 marzo 2005,
n. 35, recante «Disposizioni urgenti nell'ambito del piano di azione
per lo sviluppo economico, sociale e territoriale».
Sulla Gazzetta Ufficiale del 14 maggio 2005 n. 111, S.O., e'
stata pubblicata la legge n. 80/2005 di conversione, con
modificazioni, del d.l. n. 35/ 2005 gia' oggetto del ricorso promosso
da questa amministrazione (R.G. n. 55/05).
La ricorrente amministrazione regionale non intende contestare le
misure volte a favorire lo sviluppo e l'internazionalizzazione del
sistema produttivo; tuttavia alcune specifiche disposizioni del c.d.
«decreto competitivita», con le modificazioni apportate dalla legge
di conversione, si pongono in contrasto con gli artt. 117 e 118 della
Costituzione e sono pertanto lesivi delle competenze regionali
costituzionalmente garantite, per i seguenti motivi di

Diritto

1. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 5, quinto comma per
violazione degli artt. 117 e 118 Cost.
L'art. 5 disciplina gli interventi per lo sviluppo
infrastrutturale, al fine di favorire un'accelerazione nella
realizzazione delle opere ritenute strategiche ed urgenti.
In tale contesto e' illegittimo il quinto comma, ai sensi del
quale con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su
proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, possono
essere dichiarati interventi infrastrutturali strategici ed urgenti,
ai sensi della legge obiettivo n. 443/2001, le opere ed i lavori
previsti nell'ambito delle concessioni autostradali gia' assentite,
anche se non inclusi nel primo programma delle opere strategiche
approvato dal CIPE, ove ritenute indispensabili per lo sviluppo
economico del Paese. In base a tale previsione, quindi, e' attribuito
il carattere strategico ed urgente ad opere e lavori previsti
nell'ambito di concessioni autostradali, senza alcuna intesa con la
regione e da cio' consegue che la programmazione e la localizzazione
di tali opere e lavori potranno essere decisi unilateralmente dallo
Stato senza coinvolgimento regionale, mentre e' innegabile che la
localizzazione e la realizzazione di tali opere e lavori
interferiscono con materie di competenza regionale, ai sensi
dell'art. 117, terzo e quarto comma, Cost. quali, in particolare, il
governo del territorio, la programmazione delle infrastrutture, la
difesa del suolo, le grandi reti di trasporto, la valorizzazione dei
beni ambientali, l'industria.
Ne' d'altra parte la norma impugnata rispetta i principi
stabiliti dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 303/2003
emessa in relazione alla legge obiettivo.
In tale sentenza la Corte costituzionale ha chiarito che i
principi di sussidiarieta', adeguatezza e differenziazione di cui
all'art. 118 Cost. possono determinare uno spostamento delle
competenze di cui all'art. 117 Cost. dalle Regioni allo Stato; i
suddetti principi, pero', «convivono con il normale riparto di
competenze legislative contenuto nel titolo V e possono giustificarne
una deroga solo se la valutazione dell'interesse pubblico sottostante
all'assunzione di funzioni regionali da parte dello Stato sia
proporzionata, non risulti affetta da irragionevolezza alla stregua
di uno stretto scrutinio di costituzionalita' e sia oggetto di un
accordo stipulato con la regione interessata... Predisporre un
programma di infrastrutture pubbliche e private e di insediamenti
produttivi e' attivita' che non mette capo ad attribuzioni
legislative statali, ma che puo' coinvolgere anche potesta'
legislative concorrenti (governo del territorio, porti ed aeroporti,
grandi reti di trasporto, distribuzione nazionale dell'energia).
Percio' «per giudicare se una legge statale che occupi questo spazio
sia invasiva delle attribuzioni regionali o non costituisca invece
applicazione dei principi di sussidiarieta' ed adeguatezza, diviene
elemento valutativo essenziale la previsione di un'intesa fra lo
Stato e le Regioni, alla quale sia subordinata l'operativita' della
disciplina.
Nel caso in esame tale intesa non e' prevista e quindi si
consentono la localizzazione e la realizzazione di lavori ed opere
sul territorio regionale senza alcun coinvolgimento della Regione e
degli enti locali interessati, con conseguente violazione degli
artt. 117 e 118 Cost.
2. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 5, settimo comma,
per violazione degli artt. 117 e 118 Cost.
Nel precedente ricorso n. 55/2005 proposto avverso il decreto
legge n. 35 la Regione Toscana ha impugnato anche l'art. 5, settimo
comma: qui si prevedeva che per le opere di cui al precedente comma
quinto fosse nominato un commissario straordinario, al quale venivano
attribuiti le funzioni, i compiti ed i poteri gia' previsti dalla
legge n. 135/1997; il commissario agiva con il precipuo compito di
evitare o rimuovere gli ostacoli o i ritardi per la realizzazione
delle opere.
Tale disposizione e' stata contestata nella parte in cui
stabiliva che la proposta di nomina o di sostituzione dei commissari
straordinari fosse formulata:
sentito, previamente il presidente della regione o della
provincia autonoma; nel caso di opera di interesse regionale,
sentito il presidente della regione o della provincia
autonoma interessata, ovvero il sindaco della citta' metropolitana
interessata, nel caso di opera di interesse interregionale o
internazionale.
La legge di conversione n. 80/2005 ha modificato la formulazione
della disposizione, prevedendo che il Commissario sia sempre nominato
sentito il presidente della regione interessata.
Dunque viene meno, per le opere sovraregionali, l'originaria
prevista alternativita' tra il presidente della regione, il
presidente della provincia ed il sindaco della citta' metropolitana
interessata nell'espressione del parere finalizzato alla nomina del
commissario, alternativita' che faceva supporre che lo Stato potesse
unilateralmente decidere se acquisire il parere del presidente
regionale o provinciale o del sindaco prima di procedere alla nomina
del commissario, con la conseguenza che la regione avrebbe potuto
essere del tutto emarginata ed esclusa.
Nonostante tale miglioramento della norma, il settimo comma in
oggetto resta incostituzionale perche' la nomina commissariale e'
disposta, in ogni ipotesi, sentito il presidente della regione. La
disposizione non rispetta le competenze regionali; infatti i
commissari, dovendo garantire la celere realizzazione delle opere,
interferiscono con la loro attivita' nelle molteplici materie
regionali coinvolte nella realizzazione delle opere strategiche
medesime.
Pertanto il rispetto delle attribuzioni regionali imporrebbe un
rafforzamento del ruolo della regione, con la previsione dell'intesa
con la regione medesima, in caso di nomina commissariale per un opera
regionale, e del parere preventivo della regione a fronte della
nomina commissariale per un'opera sovraregionale.
Il comma qui contestato, invece, contempla una mera «audizione»
del presidente della regione, neppure rafforzata dal fatto che la
stessa debba avvenire prima della nomina; e' evidente che questa
previsione ben puo' risolversi in un adempimento solo formale che non
assicura, come invece avviene con l'intesa o con piu' incisive forme
di leale cooperazione, la reale partecipazione della regione al
procedimento, a garanzia del rispetto delle attribuzioni regionali
coinvolte. In sostanza il parere e' sempre superabile, anche se
negativo, mentre l'intesa richiede che siano poste in essere fattive
trattative al fine di addivenire ad un accordo: il che e' necessario,
per lo meno in relazione alle opere ed interventi di interesse
regionale.
Per i suddetti motivi si ravvisa una lesione delle attribuzioni
regionali, costituzionalmente garantite ex artt. 117 e 118 Cost.,
incise dall'attivita' del commissario (quali il governo del
territorio, le grandi reti di trasporto, la valorizzazione dei beni
culturali, l'industria).
3. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 5, comma nono, per
violazione degli artt. 117 e 118 Cost.
Il comma ottavo dell'art. 5 prevede che il commissario
straordinario intervenga quando la realizzazione delle opere
strategiche di cui all'articolo in esame presenti rallentamenti,
ritardi o impedimenti; la norma non indica i poteri del commissario,
ma rinvia a tal fine a quelli previsti dall'art. 13, della legge
n. 135/1997. Si tratta in sostanza di poteri di sostituzione rispetto
agli enti ordinariamente competenti per assicurare che l'opera
strategica proceda senza indugio.
Il comma nono qui contestato fa salva l'applicazione del comma
4-bis del citato art. 13, della legge n. 135/1997, (cioe' i poteri
commissariali di deroga mentre non richiama l'applicabilita' anche
del comma 4 del medesimo art. 13.
Tale comma quarto dispone che, in caso di opere di competenza
regionale, provinciale e comunale, i provvedimenti necessari per
assicurare la tempestiva esecuzione dei lavori sono comunicati dal
commissario al presidente della regione o della provincia e al
sindaco del comune territorialmente interessati, i quali - entro
quindici giorni dalla ricezione - possono disporre la sospensione dei
provvedimenti commissariali anche provvedendo diversamente.
L'applicabilita' di tale previsione della pregressa normativa non
e' richiamata dalla nuova disposizione, e percio' sorge il dubbio che
per le nuove opere il commissario possa agire senza che la regione e
gli enti locali abbiano lo strumento per intervenire sui
provvedimenti rientranti nelle rispettive competenze, con grave
lesione delle attribuzioni regionali costituzionalmente garantite ed
incise dall'attivita' commissariale; percio' si chiede che
l'impugnata disposizione sia dichiarata incostituzionale nella parte
in cui non fa salva l'applicabilita' dell'art. 13, comma 4, del
decreto legge n. 67 del 1997, convertito dalla legge n. 135/1997.
3. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 12, commi primo,
secondo, terzo, quarto, quinto e settimo per violazione degli
artt. 117 e 118 Cost.
3.1. - L'art. 12 prevede un rilevante intervento statale nel
settore del turismo per il coordinamento stabile delle politiche di
indirizzo del settore turistico in sede nazionale.
In particolare il primo comma istituisce il Comitato nazionale
per il turismo; il secondo comma prevede la trasformazione dell'Ente
nazionale per il turismo (ENIT) in Agenzia nazionale del turismo
italiana, sottoposta all'attivita' di indirizzo e vigilanza del
Ministero delle attivita' produttive, la quale succede in tutti i
rapporti dell'ENIT (quarto comma); il terzo comma qualifica detta
Agenzia ente giuridico di diritto pubblico, dotato di autonomia
statutaria, regolamentare, organizzativa, patrimoniale, contabile e
di gestione. Il quinto comma elenca le entrate dell'Agenzia per le
proprie spese di funzionamento, prevedendo a tal fine anche
contributi delle regioni.
Il comma settimo, poi, dispone che con decreto ministeriale,
adottato d'intesa con la Conferenza Stato-Regioni, saranno stabilite
l'organizzazione e la disciplina dell'Agenzia suddetta.
3.2. - Le suddette disposizioni appaiono incostituzionali: la
materia del turismo infatti non e' ricompresa nell'elenco delle
materie riservate allo Stato, ai sensi dell'art. 117, secondo comma,
Cost., ne' in quello delle materie soggette alla potesta' legislativa
concorrente.
Non sussiste dunque il titolo legittimante l'intervento statale,
in quanto il turismo attiene ad un ambito materiale di competenza
esclusiva regionale, ai sensi dell'art. 117, quarto comma Cost.
Il primo comma qui contestato vorrebbe individuare il titolo
legittimante la competenza statale nella finalita' di assicurare il
coordinamento stabile delle politiche del settore turistico in sede
nazionale e la sua promozione all'estero; tuttavia tali finalita' non
rendono legittime le disposizioni contestate, secondo i parametri di
cui agli artt. 117 e 118 Cost.
Come piu' volte e' stato rilevato dalla giurisprudenza
costituzionale, a seguito della riforma del Titolo V, la dimensione
dell'interesse non e' piu' di per se' un criterio per ancorare la
competenza legislativa dello Stato ovvero della Regione (tra le
tante, in tal senso, sentenze n. 303/2003; 370/2003; 16/2004); dunque
l'interesse nazionale non e' piu' oggi un limite autonomo della
legislazione regionale, ne' puo' costituire autonomo fondamento di un
intervento legislativo statale in materie di competenza regionale,
quale e' quella del turismo.
Nello stesso senso, neppure la promozione all'estero del turismo
e' contemplata nell'art. 117 Cost. come materia di competenza
statale.
3.3. - Ne' le impugnate disposizioni possono ritenersi
costituzionali in base all'art. 118 Cost.
Infatti, secondo l'insegnamento della giurisprudenza
costituzionale, la suddetta norma legittima lo Stato a disciplinare
l'esercizio di funzioni che, per esigenze di unitarieta', devono
essere allocate in capo allo Stato.
Ma le disposizioni censurate non provvedono a porre in capo allo
Stato specifiche funzioni nella materia, disciplinando le medesime,
ma attribuiscono all'amministrazione statale un esteso e generale
ruolo di coordinamento delle politiche di indirizzo nel settore del
turismo che, per la sua indeterminatezza, puo' legittimare ogni
intervento statale, creando - per tali fini - appositi organismi
statali (il Comitato e l'Agenzia).
Si prevede altresi' che le regioni diano propri contributi per
far fronte alle spese dell'Agenzia e cio' lede le attribuzioni
regionali perche', nelle materie di competenza, le regioni devono
poter utilizzare le proprie risorse per le finalita' da esse
determinate e non gia' per finanziare le spese di funzionamento di un
organismo statale, e spetta alle regioni disciplinare gli interventi
di sostegno da compiere.
A tale proposito la Corte costituzionale ha rilevato:
«dopo la riforma costituzionale del 2001 ed in attesa della
sua completa attuazione in tema di autonomia finanziaria delle
regioni - l'art. 119 della Costituzione pone, sin d'ora, al
legislatore statale precisi limiti in tema di finanziamenti in
materie di competenza legislativa regionale, residuale o concorrente.
In primo luogo, la legge statale non puo' - in tali materie -
prevedere nuovi finanziamenti a destinazione vincolata, che possono
divenire strumenti indiretti, ma pervasivi, di ingerenza dello Stato
nell'esercizio delle funzioni delle regioni e degli enti locali,
nonche' di sovrapposizione di politiche e di indirizzi governati
centralmente a quelli legittimamente decisi dalle regioni negli
ambiti materiali di propria competenza.
In secondo luogo - poiche' le funzioni attribuite alle regioni
comprendono la possibilita' di erogazione di contributi finanziari a
soggetti privati, dal momento che in numerose materie di competenza
regionale le politiche pubbliche consistono appunto nella
determinazione di incentivi economici ai soggetti in esse operanti e
nella disciplina delle modalita' per loro erogazione - il tipo di
ripartizione delle materie fra Stato e Regioni di cui all'art. 117
Cost. vieta comunque che in una materia di competenza legislativa
regionale, in linea generale, si prevedano interventi finanziari
statali seppur destinati a soggetti privati, poiche' cio'
equivarrebbe a riconoscere allo Stato potesta' legislative e
amministrative sganciate dal sistema costituzionale di riparto delle
rispettive competenze.» (sentenza n. 77/2005 e nello stesso senso
n. 51/2005; 423 e 424/2004.
Inoltre la giurisprudenza costituzionale ha chiarito che
l'attrazione di competenze regionali in capo allo Stato per esigenze
di sussidiarieta', stante la rilevanza dei valori coinvolti, puo'
essere giustificata «solo se la valutazione dell'interesse pubblico
sottostante all'assunzione di funzioni regionali da parte dello Stato
sia proporzionata, non risulti affetta da irragionevolezza alla
stregua di uno scrutinio stretto di costituzionalita' e sia oggetto
di un accordo stipulato con la Regione interessata». (sentenza
n. 303/2003).
Sono dunque necessarie la ragionevolezza e la proporzionalita'
dell'intervento, nonche' l'evidenziazione delle esigenze di esercizio
unitario delle funzioni: percio' occorre che la normativa risulti
limitata a quanto strettamente indispensabile per tali fini.
Inoltre la normativa «deve risultare adottata a seguito di
procedure che assicurino la partecipazione dei livelli di governo
coinvolti attraverso strumenti di leale collaborazione o, comunque,
deve prevedere adeguati meccanismi di cooperazione per l'esercizio
concreto delle funzioni amministrative allocate in capo agli organi
centrali» (sentenza n. 6/2004).
Se si applicano i menzionati criteri alla norma in esame, si
rileva anzitutto che non vi sono esigenze di sussidiarieta' che
rendano necessario istituire, in una materia regionale, organismi
statali; inoltre non vi sono meccanismi di leale cooperazione idonei
a salvaguardare le attribuzioni regionali.
Infatti sono previsti alcuni rappresentanti regionali in seno
all'istituito Comitato nazionale per il turismo: si tratta di un
organismo in cui le Regioni sono scarsamente rappresentate, insieme
ed alla stessa stregua delle associazioni di categoria, pur essendo
titolari di competenze costituzionalmente garantite in materia di
turismo.
L'intesa richiesta dalla surrichiamata giurisprudenza
costituzionale quale forma idonea di leale collaborazione tra Stato e
Regioni non puo' essere dunque surrogata con la marginale presenza
delle regioni in seno al Comitato.
Ne' e' sufficiente, per i fini in esame, l'intesa prevista nel
comma in esame per l'adozione del decreto che determinera' i compiti
e l'organizzazione dell'Agenzia, perche' questa previsione non
garantisce la cooperazione con le regioni nell'esercizio dei compiti
che all'Agenzia stessa saranno attribuiti.
3.4. - Il settimo comma e' inoltre incostituzionale per
violazione dell'art. 117, sesto comma, Cost., in quanto attribuisce
ad un atto di natura regolamentare il compito di definire non solo
l'organizzazione, ma anche la disciplina dell'Agenzia. Quindi il
futuro decreto dovra' stabilire anche le competenze di tale organismo
statale, competenze che la legge non definisce, limitandosi a
disporre che «tra i compiti dell'Agenzia (concretamente enucleati
nell'emanando decreto) sono in particolare previsti lo sviluppo e la
cura del turismo culturale e del turismo congressuale, in raccordo
con le iniziative di valorizzazione del patrimonio culturale» (ultima
parte del settimo comma in esame).
Visti quindi i contenuti di tale atto ministeriale, il medesimo
viene ad avere una natura regolamentare incidente in una materia non
riservata allo Stato ai sensi dell'art. 117, secondo comma, Cost. e
cio' costituisce un ulteriore motivo di incostituzionalita' della
disposizione censurata.

P. Q. M.
Si chiede che l'ecc.ma Corte costituzionale dichiari
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 5, commi quinto, settimo e
nono; dell'art. 12, commi primo, secondo, terzo, quarto, quinto,
settimo della legge 14 maggio 2005, n. 80 di conversione del decreto
legge 14 marzo 2005, n. 35 recante «Disposizioni urgenti nell'ambito
del piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e
territoriale», perche' in contrasto con gli artt. 117 e 118 della
Costituzione.
Si deposita la deliberazione n. 664 del 27 giugno 2005 di
autorizzazione a proporre il ricorso.
Firenze-Roma, addi' 11 luglio 2005
Avv. Lucia Bora - Avv. Fabio Lorenzoni

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