Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 4 novembre 2016 (della Provincia autonoma di Trento).
 

(GU n. 49 del 2016-12-07)

 

Ricorso della Provincia autonoma di Trento (codice fiscale n. …), in persona del Presidente della Giunta provinciale pro tempore dott. Ugo Rossi, autorizzato con deliberazione della Giunta provinciale del 18 ottobre 2016, n. 1813 (doc. 1), rappresentata e difesa, come da procura speciale del 20 ottobre 2016 dall'Ufficiale rogante dott. Guido Baldessarelli, n. 44283 di racc., n. 28305 di rep. (doc. 2), dall'avv. prof. Giandomenico Falcon (codice fiscale …) di Padova e dall'avv. Luigi Manzi (codice fiscale …) di Roma, con domicilio eletto presso quest'ultimo in via Confalonieri, n. 5, Roma, contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli articoli 1, comma 1, lettera b); 2, comma 1, lettera c); 3, comma 1, lettera a); 4, comma 1, lettere a) e b), della legge 12 agosto 2016, n. 164, recante «Modifiche alla legge 24 dicembre 2012, n. 243, in materia di equilibrio dei bilanci delle regioni e degli enti locali», pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 29 agosto 2016, n. 201; per violazione:

degli articoli 8; 9; 16; 54, n. 2) e n. 5); 79; 80; 81; 83; 84; 103, 104, 107, del decreto Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Statuto speciale);

del titolo VI del decreto Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670;

degli articoli 117, commi terzo, quinto, e sesto, e 119 della Costituzione, in combinato disposto con l'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3;

degli articoli 3, 81, 97 e 120 della Costituzione, in combinato disposto con l'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3; art. 136 della Costituzione;

dell'art. 5 della legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1;

delle norme di attuazione statutaria di cui al decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266, in particolare degli articoli 2, 3 e 4; al decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268, ed in

particolare degli articoli 16, 17 e 18; al decreto del Presidente della Repubblica 28 marzo 1975, n. 473, in particolare dell'art. 2; al decreto Presidente della Repubblica 19 novembre 1987, n. 526, art. 8;

del principio di leale collaborazione anche in relazione all'art. 120 della Costituzione;

del principio consensualistico (articoli 104 e 107 dello Statuto speciale), anche con riferimento all'accordo con il Governo sottoscritto il 15 ottobre 2014, approvato ai sensi dell'art. 104 dello Statuto speciale;

dell'art. 27 della legge n. 42 del 2009.

 

Fatto

 

Nella Gazzetta Ufficiale del 29 agosto 2016 e' stata pubblicata il 12 agosto 2016, n. 164, recante «Modifiche alla legge 24 dicembre 2012, n. 243, in materia di equilibrio dei bilanci delle regioni e degli enti locali».

Tale legge, approvata nel testo finale a maggioranza assoluta, interviene sulla legge 24 dicembre 2012, n. 243, recante «Disposizioni per l'attuazione del principio del pareggio di bilancio ai sensi dell'art. 81, sesto comma, della Costituzione», cioe' sulla legge rinforzata prevista dall'art. 81, sesto comma, Cost.

La novella incide sugli articoli da 9 a 12 del Capo IV, dedicato allo «Equilibrio dei bilanci delle regioni e degli enti locali e concorso dei medesimi enti alla sostenibilita' del debito pubblico» (solo una disposizione della legge n. 164 del 2016 - l'art. 5 - interviene su norme che non coinvolgono Regioni e Province autonome ed enti locali, andando a modificare l'art. 18 della legge n. 243 del 2012, relativo all'Ufficio parlamentare di bilancio).

Per quanto qui interessa, l'art. 1, comma 1, della legge n. 164 del 2015 modifica l'art. 9 della legge n. 243 del 2012.

Dopo avere alla lett. a) ridefinito il concetto base di «bilancio in equilibrio» - individuandolo come bilancio che presenta un «saldo non negativo, in termini di competenza, tra le entrate finali e le spese finali, come eventualmente modificato ai sensi dell'art. 10 della legge n. 243 del 2012» (e modificando cosi' l'art. 9, comma 1, della legge n. 243) - l'articolo, con la lettera b), introduce un nuovo comma 1-bis nel predetto art. 9. Tale disposizione precisa che ai fini della applicazione della precedente definizione le entrate finali sono quelle «ascrivibili ai titoli 1, 2, 3, 4 e 5 dello schema di bilancio previsto dal decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, e le spese finali sono quelle ascrivibili ai titoli 1, 2 e 3 del medesimo schema di bilancio»; aggiunge poi che «per gli anni 2017-2019, con la legge di bilancio, compatibilmente con gli obiettivi di finanza pubblica e su base triennale, e' prevista l'introduzione del fondo pluriennale vincolato, di entrata e di spesa» e che «a decorrere dall'esercizio 2020, tra le entrate e le spese finali e' incluso il fondo pluriennale vincolato di entrata e di spesa, finanziato dalle entrate finali».

L'art. 2 della legge n. 164 del 2016 modifica l'art. 10 della legge n. 243 del 2012, che regola il ricorso all'indebitamento da parte degli enti territoriali e sostituisce i commi 3, 4, 5 di tale disposizioni.

In particolare, il nuovo comma 5, introdotto dall'art. 2, comma 1, lett. c) della legge n. 164 del 2016, stabilisce che «con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare d'intesa con la Conferenza unificata, sono disciplinati criteri e modalita' di attuazione del presente articolo, ivi incluse le modalita' attuative del potere sostitutivo dello Stato, in caso di inerzia o ritardo da parte delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano. Lo schema del decreto e' trasmesso alle Camere per l'espressione del parere delle commissioni parlamentari competenti per i profili di carattere finanziario. I pareri sono espressi entro quindici giorni dalla trasmissione, decorsi i quali il decreto puo' essere comunque adottato».

L'art. 3 della legge impugnata novella l'art. 11, comma 1, della legge n. 243 del 2012, stabilendo che «fermo restando quanto previsto dall'art. 9, comma 5, e dall'art. 12, comma 1, lo Stato, in ragione dell'andamento del ciclo economico o al verificarsi di eventi eccezionali, concorre al finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni e delle funzioni fondamentali inerenti ai diritti civili e sociali, secondo modalita' definite con leggi dello Stato, nel rispetto dei principi stabiliti dalla presente legge», ed abroga i commi 2 e 3 dello stesso art. 11.

Infine - per quanto qui di interesse - l'art. 4, comma 1, lett. a) e b) sostituisce i primi due commi, ed abroga il terzo comma, dell'art. 12 della legge n. 243 del 2012.

L'art. 12, comma 1, come novellato dispone ora che «le regioni, i comuni, le province, le citta' metropolitane e le province autonome di Trento e di Bolzano concorrono ad assicurare la sostenibilita' del debito del complesso delle amministrazioni pubbliche, secondo modalita' definite con legge dello Stato, nel rispetto dei principi stabiliti dalla presente legge».

Il nuovo comma 2 stabilisce che «fermo restando quanto previsto dall'art. 9, comma 5, gli enti di cui al comma 1, tenuto conto dell'andamento del ciclo economico, concorrono alla riduzione del debito del complesso delle amministrazioni pubbliche attraverso versamenti al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato secondo modalita' definite con legge dello Stato, nel rispetto dei principi stabiliti dalla presente legge».

La Provincia autonoma di Trento ritiene che le disposizioni sopra descritte, contenute negli articoli 1, 2, 3 e 4 della legge n. 164 del 2016 siano costituzionalmente illegittime e lesive dell'autonomia costituzionale della Provincia sotto i seguenti profili e per i seguenti motivi di

 

Diritto

 

I. Illegittimita' costituzionale del comma 1-bis dell'art. 9 della legge n. 243 del 2012, introdotto dall'art. 1, comma 1, lett. b), della legge n. 164 del 2016.

La Provincia autonoma di Trento impugna anzitutto il comma 1-bis dell'art. 9 della legge n. 243 del 2012, introdotto dall'art. 1, comma 1, lett. b), della legge n. 164 del 2016.

Esso dispone nei termini che seguono:

«Ai fini dell'applicazione del comma 1 [vale a dire della definizione del bilancio in equilibrio, che si considera tale quando, sia nella fase di previsione che di rendiconto, conseguono un saldo non negativo, in termini di competenza, tra le entrate finali e le spese finali, come eventualmente modificato ai sensi dell'art. 10], le entrate finali sono quelle ascrivibili ai titoli 1, 2, 3, 4 e 5 dello schema di bilancio previsto dal decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, e le spese finali sono quelle ascrivibili ai titoli 1, 2 e 3 del medesimo schema di bilancio. Per gli anni 2017-2019, con la legge di bilancio, compatibilmente con gli obiettivi di finanza pubblica e su base triennale, e' prevista l'introduzione del fondo pluriennale vincolato, di entrata e di spesa. A decorrere dall'esercizio 2020, tra le entrate e le spese finali e' incluso il fondo pluriennale vincolato di entrata e di spesa, finanziato dalle entrate finali».

La Provincia autonoma censura esclusivamente il secondo e terzo periodo della disposizione, nella parte in cui pongono limiti temporali, procedurali e materiali per l'utilizzo del fondo pluriennale di bilancio. Sono queste limitazioni ad essere specificamente oggetto di contestazione.

Giova rammentare che il fondo pluriennale vincolato e' una posta di bilancio che e' stata introdotta in esecuzione dei principi statali di armonizzazione dei bilanci pubblici dettati dal decreto legislativo n. 118 del 2011.

Tale fondo e' costituito da risorse gia' accertate e gia' impegnate in esercizi precedenti, ma destinate al finanziamento di obbligazioni passive dell'ente che diventeranno esigibili in esercizi successivi a quello in cui e' accertata l'entrata. Il fondo pluriennale vincolato rappresenta dunque un saldo finanziario a garanzia della copertura di spese imputate ad esercizi successivi a quello in corso e configura lo strumento tecnico per ricollocare su tali esercizi spese gia' impegnate, relativamente alle quali sussiste un'obbligazione giuridicamente perfezionata (e quindi un vincolo ad effettuare i relativi pagamenti) i quali, tuttavia, giungeranno a scadenza negli esercizi sui quali vengono reimputate le spese. Tale reimputazione risulta obbligatoria ai sensi del decreto legislativo n. 118 del 2011.

Trattandosi di spese gia' impegnate su esercizi precedenti, esse risultano finanziariamente gia' coperte con entrate di tali esercizi, tenuto conto del fatto che il bilancio della Provincia autonoma e' sempre stato approvato in equilibrio. Proprio per questo, le regole dell'armonizzazione prevedono che l'operazione di reimputazione delle spese sia accompagnata dalla reimputazione delle relative entrate sui medesimi esercizi finanziari attraverso il fondo pluriennale, alimentato con le risorse degli anni in cui erano state impegnate le spese.

Con riferimento al fondo pluriennale vincolato, la legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilita' 2016) ne aveva previsto la considerazione limitatamente all'anno 2016 (secondo periodo art. 1, comma 711, secondo periodo), con conseguente esclusione per gli anni successivi.

Tale esclusione era stata contestata dalla Provincia autonoma con il ricorso avanti a codesta Ecc.ma Corte costituzionale iscritto al numero 20/2016 R.G.

La nuova norma consente ora anche per il triennio 2017 - 2019 l'inclusione del fondo pluriennale vincolato ai fini dell'equilibrio di bilancio, subordinando pero' questa eventualita' a successive previsioni della legge di bilancio, e dunque ad una decisione unilaterale dello Stato, e comunque alla sua compatibilita' con gli obiettivi di finanza pubblica. A partire dall'esercizio 2020, la norma impugnata consente l'inclusione di tale fondo tra le entrate e le spese finali a decorrere dall'esercizio 2020, ma solo nella parte in cui il fondo e' finanziato con le entrate finali.

Tali limitazioni si traducono nel condizionamento della possibilita' di utilizzare i fondi gia' destinati negli esercizi precedenti al finanziamento delle spese gia' programmate, e cio' determina la necessita' che per la copertura di tali spese debbano essere utilizzate nuove entrate dell'anno sul quale vengono sostenute le spese, nuove entrate che diversamente avrebbero potuto essere impiegate per nuovi interventi.

Le limitazioni di questo meccanismo a partire dal 2017 - che, si noti bene, e' stato introdotto in esecuzione di norme di armonizzazione statali (decreto legislativo n. 118 del 2011) -determinano un congelamento delle risorse pur disponibili, la cui utilizzazione era gia' stata programmata, al di fuori delle limitazioni imposte dalla regola del saldo non negativo di cui all'art. 9 della legge n. 243 del 2012.

Tale previsione comporta, in primo luogo, una limitazione della autonomia finanziaria della Provincia autonoma sul versante della spesa. Tale principio e' immanente nello statuto di autonomia, dal momento che le risorse di cui agli articoli 70 ss. dello statuto sono assegnate alle Province autonome per far fronte alle funzioni loro assegnate e le limitazioni possibili sono esaustivamente disciplinate all'art. 79. In ogni caso, l'autonomia sul versante della spesa e' espressamente enunciato dall'art. 119, primo comma, Cost., disposizione che e' qui invocata in combinazione con l'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, se piu' favorevole.

La norma non puo' essere giustificata dalle esigenze dell'equilibrio di bilancio.

Infatti, per quanto il medesimo art. 119, primo comma, Cost. faccia salvo «il rispetto dell'equilibrio dei relativi bilanci» e impegni le Regioni a concorrere «ad assicurare l'osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea», trattasi di valori che non sono messi a rischio dall'utilizzo delle proprie risorse programmate per spese pluriennali.

Anzi, e' proprio la previsione di un ostacolo per la Provincia nell'utilizzare un fondo appositamente programmato per spese gia' impegnate e che diventeranno esigibili negli esercizi successivi, a determinare un rischio per l'equilibrio del bilancio, giacche' tale ostacolo comporta la necessita' di trovare aliunde una copertura per tali spese, che corrispondono ad obbligazioni giuridicamente vincolanti gia' assunte.

Sotto tale profilo risulta poi violato il principio di buon andamento dell'amministrazione di cui art. 97, comma secondo, Cost., in quanto risulta cosi' preclusa la realizzazione dei programmi di investimento per la cui realizzazione i fondi sono accantonati nel fondo vincolato di entrata - nella misura in cui non dovesse risultare agevole rinvenire, anno per anno, l'idonea (nuova) copertura per le obbligazioni gia' assunte. Unitamente, risulta violato anche il principio di ragionevolezza, fondato sull'art. 3, comma primo, Cost.: non si intende, infatti, come la Provincia - che pure dispone delle risorse necessarie al finanziamento di un investimento pluriennale - possa avere la certezza di poterlo onorare negli anni successivi, se non puo' contare sulle somme appositamente accantonate. Ne', in tal caso, come si possa sensatamente immaginare che la Provincia possa in definitiva essere indotta ex lege a rendersi inadempiente a fronte di obbligazioni legittimamente assunte e (originariamente) dotate di piena copertura finanziaria.

Palese e' la ridondanza di tale violazione sull'esercizio di competenze costituzionalmente riservate alla Provincia. Si richiamano, a titolo di esempio, le funzioni legislative ed amministrative che normalmente richiedono l'adozione di programmi di spesa, quali: a) tra le competenze primarie (art. 8, nn. 10, 17, 19, 25, 26, 27, 28 e art. 16, o se piu' favorevoli le analoghe competenze residuali ex art. 117, quarto comma, Cost., in combinazione con l'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001), l'edilizia pubblica; la viabilita', acquedotti e lavori pubblici di interesse provinciali; l'assunzione diretta di servizi pubblici e loro gestione a mezzo di aziende speciali; l'assistenza e beneficenza pubblica; la scuola materna e l'assistenza scolastica; l'edilizia scolastica; b) per le competenze legislative concorrenti, l'igiene e sanita' (o, se piu' favorevole, la tutela della salute ex articoli 117, terzo comma, Cost., combinato con l'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001).

Ad avviso della Provincia tali limitazioni alla computabilita' del fondo pluriennale vincolato rimarrebbero incostituzionali anche nell'ipotesi che esse dovessero ritenersi funzionali e strumentali alla sostenibilita' del debito pubblico: cio' sia sulla base dei parametri costituzionali generali, sia in ragione di pertinenti parametri statutari.

Con riferimento al parametro costituzionale, sarebbe violato anzitutto il principio di cui all'art. 5, comma 2, lett. c), della legge costituzionale n. 1 del 2012, che vuole appositamente regolate le modalita' con cui gli enti territoriali concorrono alla sostenibilita' del debito del complesso delle pubbliche amministrazioni.

Si osserva che l'effetto indiretto di una regola contabile - anche se e' voluto - non e' certo un modo in cui il predetto concorso e' regolato.

Inoltre sarebbe lesi il principio di ragionevolezza ed il principio di eguaglianza, considerato che tale contributo verrebbe automaticamente generato dalla applicazione di una regola contabile che e' dettata a tutt'altri fini e non sulla base di una reale «capacita' contributiva» dell'ente; la presenza e la dimensione del fondo pluriennale vincolato e' il risultato della programmazione della spesa e non della presenza di avanzi strutturali di bilancio.

Poiche' l'introduzione del fondo pluriennale vincolato e' imposta dalla legislazione statale di armonizzazione della finanza pubblica, la sua strumentalizzazione ad altri fini e' lesiva anche del principio costituzionale di leale collaborazione. Infatti, la Provincia autonoma, con l'accordo dell'ottobre 2014 con lo Stato, recepito dall'art. 1, comma 407, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, si e' impegnata a recepire con rinvio formale recettizio, la disciplina statale in materia di bilanci (cosi' recita l'art. 79, comma 4-octies: «la regione e le province si obbligano a recepire con propria legge da emanare entro il 31 dicembre 2014, mediante rinvio formale recettizio, le disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle regioni, degli enti locali e dei loro organismi, previste dal decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, nonche' gli eventuali atti successivi e presupposti, in modo da consentire l'operativita' e l'applicazione delle predette disposizioni nei termini indicati dal citato decreto legislativo n. 118 del 2011 per le regioni a statuto ordinario, posticipati di un anno, subordinatamente all'emanazione di un provvedimento statale volto a disciplinare gli accertamenti di entrata relativi a devoluzioni di tributi erariali e la possibilita' di dare copertura agli investimenti con l'utilizzo del saldo positivo di competenza tra le entrate correnti e le spese correnti»). Ma lo Stato, con lo stesso accordo e con la stessa legge che lo ha recepito, ha regolato in modo esaustivo il contributo alla finanza pubblica a carico della Regione Trentino-Alto Adige e delle due Province autonome; ne deriva che la pretesa dello Stato di utilizzare, ora, la regola contabile per ottenere un risultato che gli e' precluso dagli impegni che esso stesso ha assunto e' in violazione della lealta' anche negoziale.

Con cio' si viene al parametro statutario. Va fin da subito osservato - rinviando per ulteriore argomentazione al successivo punto IV del presente ricorso - che il vigente art. 79 dello statuto speciale e' stato novellato dopo l'entrata in vigore della legge costituzionale n. 1 del 2012 e dopo l'entrata in vigore anche della legge n. 243 del 2012, che ne ha attuato i principi, visto che esso e' stato introdotto dalla legge 23 dicembre 2014, n. 190, con la procedura prevista dall'art. 104 dello statuto speciale. Ora, tale parametro tiene specificamente conto della disciplina sull'equilibrio di bilancio ed elenca specificamente i modi in cui il sistema territoriale regionale integrato, «costituito dalla regione, dalle province e dagli enti di cui al comma 3, concorre nel rispetto dell'equilibrio dei relativi bilanci ai sensi della legge 24 dicembre 2012, n. 243, al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, di perequazione e di solidarieta' e all'esercizio dei diritti e dei doveri dagli stessi derivanti, nonche' all'osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea» (comma 1), dichiarando che tali misure «possono essere modificate esclusivamente con la procedura prevista dall'art. 104 e fino alla loro eventuale modificazione costituiscono il concorso agli obiettivi di finanza pubblica di cui al comma 1» (comma 2) e specificando che «nei confronti della regione e delle province e degli enti appartenenti al sistema territoriale regionale integrato non sono applicabili disposizioni statali che prevedono obblighi, oneri, accantonamenti, riserve all'erario o concorsi comunque denominati, ivi inclusi quelli afferenti il patto di stabilita' interno, diversi da quelli previsti dal presente titolo».

E' palese il contrasto della disposizione censurata rispetto a tale parametro.

II. Illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 1, lettera c), della legge n. 164 del 2016 (Modifiche all'art. 10 della legge 24 dicembre 2012, n. 243), nella parte in cui esso, nel nuovo comma 5 dell'art. 10 della legge n. 243 del 2012, demanda ad un decreto del Presidente del Consiglio il compito di dettare «criteri e modalita' attuative» dello stesso articolo, nonche' di dettare le modalita' attuative del potere sostitutivo dello Stato.

L'art. 2 della legge n. 164 del 2016 introduce, come preannuncia il suo titolo, modifiche all'art. 10 della legge 24 dicembre 2012, n. 243, che a sua volta disciplina il ricorso all'indebitamento da parte delle regioni e degli enti locali.

In particolare costituisce qui oggetto specifico di impugnazione la lettera c) del comma 1, che cosi' dispone:

c) il comma 5 e' sostituito dal seguente:

«5. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare d'intesa con la Conferenza unificata, sono disciplinati criteri e modalita' di attuazione del presente articolo, ivi incluse le modalita' attuative del potere sostitutivo dello Stato, in caso di inerzia o ritardo da parte delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano. Lo schema del decreto e' trasmesso alle Camere per l'espressione del parere delle commissioni parlamentari competenti per i profili di carattere finanziario. I pareri sono espressi entro quindici giorni dalla trasmissione, decorsi i quali il decreto puo' essere comunque adottato».

Il precedente comma 5, ora sostituito, era stato anch'esso impugnato dalla ricorrente Provincia ed era stato oggetto di una pronuncia di illegittimita' costituzionale di tipo additivo, con la sentenza di codesta ecc.ma Corte costituzionale n. 88 del 2014.

Per valutare l'oggetto e la fondatezza della presente impugnazione, va premesso che il testo originario del comma 5 prevedeva che «con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato d'intesa con la Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, sono disciplinati criteri e modalita' di attuazione del presente articolo». Di fronte all'impugnazione codesta Corte costituzionale, nella citata sentenza, ha preliminarmente verificato l'oggetto e il carattere del potere conferito al decreto.

Dato che il compito attuativo era esteso (come anche ora) all'individuazione delle modalita' di attuazione dell'intero art. 10, la Corte costituzionale ne ha preso in esame i singoli commi. Alcuni sono risultati autoapplicativi (e quindi non comportanti attuazione), altri riferiti ad ambiti di competenza statale, e dunque tali da consentire il legittimo esercizio della potesta' regolamentare.

Tuttavia, con riferimento all'originario comma 4, relativo alla ripartizione del saldo negativo tra gli enti territoriali inadempienti, prevista per il caso di mancato rispetto dell'equilibrio del bilancio regionale allargato, il potere conferito avrebbe potuto intendersi come esteso anche a specificare discrezionalmente i criteri di riparto, e dunque ad aspetti tecnici non solo tecnici.

In questo complessivo contesto la sentenza n. 88 del 2014 ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale della disposizione del comma 5 nella parte in cui non prevedeva la parola «tecnica», dopo le parole «criteri e modalita' di attuazione» e prima delle parole «del presente articolo». Le disposizioni che la fonte regolamentare statale avrebbe potuto legittimamente emanare - secondo codesta ecc.ma Corte - avrebbero dunque dovuto essere esclusivamente norme tecniche.

La nuova disciplina della legge n. 164 del 2016, che riscrive il comma 5, prevede anch'essa un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sempre rivolto a disciplinare «criteri e modalita' di attuazione del presente articolo», senza affatto prevederne il carattere tecnico, imposto dalla sentenza di codesta ecc.ma Corte costituzionale. Essa prevede invece il coinvolgimento della Conferenza Unificata per l'espressione dell'intesa, in luogo di quello della Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, e inoltre introduce un nuovo oggetto del decreto, che ora e' rivolto anche a dettare la disciplina delle modalita' attuative del potere sostitutivo statale.

E' dunque di tale nuova regolazione che occorre in primo luogo valutare se, a causa della soppressione del necessario carattere tecnico del contenuto del decreto permanga il vizio precedente rilevato (con in piu' la violazione del giudicato costituzionale).

In secondo luogo si valutera' se l'estensione dell'oggetto alla disciplina del potere sostitutivo costituisca un nuovo vizio di illegittimita' costituzionale.

a. Illegittimita' costituzionale dell'omissione della precisazione del carattere meramente tecnico del potere attuativo conferito.

Quanto al primo punto (permanenza della necessita' di precisare il carattere meramente tecnico del potere conferito al decreto), nel condurre l'esame, va considerato che l'art. 2 della legge n. 164 del 2016 non si e' limitata a riscrivere il comma 5, ma ha riscritto anche i commi 3 e 4: anch'essi vanno quindi esaminati, per verificare, secondo il criterio gia' seguito dalla sentenza n. 88 del 2014, se essi istituiscano un potere di per se' discrezionale, che richiede dunque di essere delimitato per essere legittimamente esercitato da parte del potere esecutivo.

Il comma 3 stabilisce - in modo simile al precedente testo - che «le operazioni di indebitamento di cui al comma 2 e le operazioni di investimento realizzate attraverso l'utilizzo dei risultati di amministrazione degli esercizi precedenti sono effettuate sulla base di apposite intese concluse in ambito regionale che garantiscano, per l'anno di riferimento, il rispetto del saldo di cui all'art. 9, comma 1, del complesso degli enti territoriali della regione interessata, compresa la medesima regione». In questi termini, la norma potrebbe sembrare autoapplicativa e non richiedente attuazione. Tuttavia, va considerato che e' stato soppresso il secondo periodo che prima proseguiva nel seguente modo: «A tal fine, ogni anno i comuni, le province e le citta' metropolitane comunicano alla regione di appartenenza ovvero alla provincia autonoma di appartenenza, secondo modalita' stabilite con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 5 del presente articolo, il saldo di cassa di cui all'art. 9, comma 1, lettera a), che l'ente locale prevede di conseguire, nonche' gli investimenti che intende realizzare attraverso il ricorso all'indebitamento o con i risultati di amministrazione degli esercizi precedenti. Ciascun ente territoriale puo' in ogni caso ricorrere all'indebitamento nel limite delle spese per rimborsi di prestiti risultanti dal proprio bilancio di previsione.»

La sentenza n. 88 del 2014 aveva ritenuto legittimo il potere attuativo collegato alla disposizione dell'originario comma 3 in quanto essa, descrivendo puntualmente la fattispecie, assegnava al decreto «solo il compito di stabilire le modalita' di comunicazione del saldo di cassa e degli investimenti che s'intendono realizzare, con la conseguenza che l'ambito in cui esso e' chiamato a muoversi e' quello del coordinamento informativo e statistico di competenza esclusiva dello Stato (art. 117, comma 2, lettera r, Cost.)». Ora la soppressione del precedente secondo periodo del comma 3 estende l'oggetto del decreto, in relazione alle operazioni di indebitamento e di investimento, ad un compito attuativo ampio e indeterminato, rendendo necessaria, dunque, la precisazione del suo carattere tecnico, che invece appare illegittimamente assente.

A sua volta, il nuovo comma 4 prevede che «le operazioni di indebitamento di cui al comma 2 e le operazioni di investimento realizzate attraverso l'utilizzo dei risultati di amministrazione degli esercizi precedenti, non soddisfatte dalle intese di cui al comma 3, sono effettuate sulla base dei patti di solidarieta' nazionali. Resta fermo il rispetto del saldo di cui all'art. 9, comma 1, del complesso degli enti territoriali». Non e' invece riprodotto quanto previsto nel previgente comma 4, in relazione al quale era stata resa la pronuncia della Corte, a termini del quale «Qualora, in sede di rendiconto, non sia rispettato l'equilibrio di cui al comma 3, primo periodo, il saldo negativo concorre alla determinazione dell'equilibrio della gestione di cassa finale dell'anno successivo del complesso degli enti della regione interessata, compresa la medesima regione, ed e' ripartito tra gli enti che non hanno rispettato il saldo previsto».

Tuttavia, l'ipotesi considerata dal precedente comma 4 in astratto esiste ancora, e quindi potra' essere oggetto del generale potere attuativo attribuito al decreto. Inoltre, dal testo della disposizione ora introdotta non risulta chiaro, in relazione alla Provincia autonoma di Trento, tra quali enti dovrebbero essere stipulati i patti di solidarieta' nazionali, destinati a soddisfare operazioni non definite dalle intese in ambito provinciale, e che cosa dovrebbero contenere.

Ne consegue che, sia in relazione al comma 3 che in relazione al comma 4, la norma attualmente vigente del comma 5 dell'art. 10 della legge n. 243 del 2012, come sostituito dall'art. 2, comma 1, lettera c), della legge n. 164 del 2016, appare ancora viziata, in modo analogo alla precedente gia' dichiarata illegittima, in quanto non limita alla mera attuazione tecnica la portata dispositiva del decreto.

Del resto, il carattere discrezionale e politico del potere conferito e' testimoniato ulteriormente dalla circostanza che ora esso include addirittura la definizione delle «modalita' attuative del potere sostitutivo dello Stato», ad avviso della ricorrente Provincia con ulteriore illegittimita', come precisato di seguito.

Ora, rinviando ad un generale decreto attuativo la disciplina di aspetti non meramente tecnici, ma incidenti nella sostanza della disciplina della «facolta' dei Comuni, delle Province, delle Citta' metropolitane, delle Regioni e delle Province autonome di Trento e di Bolzano di ricorrere all'indebitamento, ai sensi dell'art. 119, sesto comma, secondo periodo, della Costituzione», mediante l'esercizio di un potere «tanto di natura meramente tecnica, quanto di natura discrezionale» (secondo le parole della sentenza n. 88 del 2014, punto 8.1 in diritto), la disposizione impugnata viola in primo luogo art. 5, comma 2, lettera b), della legge costituzionale n. 1 del 2012, che (anche a tutela delle autonomie regionali e delle Province autonome) demanda la regolazione di tale materia ad una legge approvata a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera, escludendo la possibilita' di un intervento normativo statale con fonte secondaria di natura regolamentare, se non per meri contenuti tecnici, cosi' come affermato nella sentenza appena ricordata.

Inoltre, in quanto ripristina sostanzialmente una norma di legge gia' dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale, essa viola anche il giudicato costituzionale, in contraddizione con l'art. 136 della Costituzione.

Si noti che la lamentata violazione non viene meno per il fatto che, a seguito della modifica introdotta, il decreto in questione prevede ora l'intesa con la Conferenza Unificata, e non piu' con la Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica.

Tale modifica costituisce ulteriore conferma della natura di regolazione politica, e non tecnica, del potere cosi' conferito al decreto attuativo, ma non rimuove certo il vizio consistente nella sostituzione della fonte prevista dalla legge costituzionale n. 1 del 2012 con altra fonte, neppure di rango legislativo. Cio' varrebbe anche se l'intesa fosse del tutto necessaria - cosa che apparentemente non e', valendo le consuete regole di sostituibilita' previste dall'art. 3 del decreto legislativo n. 281 del 1997 - e neppure ove l'intesa riguardasse le singole Regioni e Province autonome, non potendo il consenso delle parti interessate sostituire il rispetto delle competenze previste dalla legge costituzionale.

In quanto non coperto ne' autorizzato da alcuna previsione della legge costituzionale n. 1 del 2012, il conferimento di un generale potere attuativo al decreto del Presidente del Consiglio viola anche le ordinarie regole statutarie e costituzionali sul rapporto tra le fonti statali e la specifica autonomia delle Province autonome di Trento e di Bolzano e della Regione Trentino-Alto Adige/Sudtirol.

Sul piano generale, e' violato l'art. 117, sesto comma, della Costituzione (operante per la ricorrente Provincia in forza dell'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3), che limita la potesta' regolamentare dello Stato alla disciplina delle materie di competenza esclusiva di cui all'art. 117, comma secondo.

Risulta poi evidentemente violata l'autonomia finanziaria della ricorrente Provincia autonoma, tutelata dal Titolo VI dello statuto speciale. La violazione rileverebbe sia direttamente in relazione alla disciplina dell'indebitamento della stessa Provincia, sia in relazione a quello dei Comuni e degli enti locali provinciali.

Per quanto riguarda l'indebitamento della Provincia, gli articoli 74 e 79 dello Statuto non prevedono altri limiti che quelli da essi determinati, anche con espresso riferimento a «rispetto dell'equilibrio dei relativi bilanci ai sensi della legge 24 dicembre 2012, n. 243» (art. 79, comma 1). Essi evidentemente ostano ad una disciplina regolamentare statale, che sarebbe in contraddizione con le regole di base sui rapporti tra fonti statali e fonti regionali e provinciali, quali stabiliti dagli articoli 2 e 4 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266, che limitano il dovere di adeguamento della Regione e delle Province autonome alla sola legislazione e non alle fonti secondarie, e che persino per gli atti di indirizzo e di coordinamento impongono un coinvolgimento diretto della Regione e delle Province autonome (art. 3 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266), per quanto attiene alla loro compatibilita' con lo Statuto speciale e le relative norme di attuazione.

Per quanto attiene all'indebitamento degli enti locali del territorio regionale, la disciplina regolamentare statale contraddice altresi', in particolare, la generale titolarita' della responsabilita' finanziaria, posta in capo alle Province autonome dall'art. 79, comma 4, e dagli articoli 80 e 81 dello Statuto speciale, che conferiscono ad esse la potesta' legislativa primaria in materia di finanza locale, in tutti i suoi aspetti.

Puo' dunque concludersi che anche la nuova versione del comma 5 dell'art. 10 della legge n. 243 del 2012, introdotta dalla legge n. 164 del 2016, e' costituzionalmente illegittima nella parte in cui non limita a norme di carattere tecnico il potere attuativo conferito al decreto del Presidente del Consiglio.

b. Ulteriore profilo di illegittimita' costituzionale in relazione all'estensione del potere attuativo alla disciplina delle modalita' del potere sostitutivo.

Va ora considerata la nuova disposizione del comma 5 dell'art. 10 con riferimento alle «modalita' attuative del potere sostitutivo dello Stato, in caso di inerzia o ritardo da parte delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano».

Ad avviso della ricorrente Provincia, tale disposizione e' anch'essa gravemente illegittima.

In primo luogo, va notato che mentre in essa si parla di «modalita' attuative del potere sostitutivo, la stessa fattispecie cui si collega il potere sostitutivo (le cui modalita' attuative dovrebbero essere appunto precisate dal decreto) non ha nelle fonti di rango costituzionale o primario alcuna disciplina specifica.

In particolare, non vi e' alcuna allusione al potere sostitutivo statale nella legge cost. n. 1 del 2012 ne', fino alla presente disposizione della legge n. 164 del 2016, in alcuna disposizione della legge n. 243 del 2012. Ne' se ne parla in alcuna altra parte della stessa legge n. 164 del 2016.

In altre parole, per quanto riguarda la problematica dell'indebitamento, non vi e' alcuna specifica fattispecie alla quale agganciare presunte «modalita' attuative» del potere. Ne' puo' costituire fattispecie il cenno alla «inerzia o ritardo» da parte delle Regioni, trattandosi di mere indicazioni del presupposto di qualunque potere sostitutivo, in relazione a qualunque fattispecie. In questi termini, la disposizione impugnata sembra delegare al decreto attuativo la stessa costruzione della fattispecie, alla quale il potere sostitutivo dovrebbe collegarsi.

In mancanza di qualunque copertura nella legge cost. n. 1 del 2012 (e dunque in violazione anche di essa) - cosi' come in qualsivoglia altra fonte di normazione primaria - risulta evidente la violazione in primo luogo dell'art. 120, secondo comma, Cost., sia in riferimento all'evidente assenza del riferimento ad una fattispecie che ne possa integrare i presupposti, sia con riferimento alla sostituzione delle necessarie procedure legislative con il rinvio ad un mero decreto attuativo del Presidente del Consiglio.

Se pure si volesse fare riferimento all'art. 117, quinto comma, della Costituzione, varrebbero le stesse censure di illegittimita', per la medesima assenza dei presupposti e delle procedure legislative da esso richieste.

Del resto, anche se pure si trattasse «solo» delle modalita' attuative, risulta evidente che e' del tutto illegittimo affidare ad un regolamento del potere esecutivo la disciplina di delicatissimi aspetti dello svolgimento dei rapporti di competenza tra Stato e Regioni, per le stesse ragioni gia' sopra esposte nel punto a.

Inoltre, il conferimento ad un atto normativo del potere esecutivo della definizione di un potere sostitutivo e delle sue modalita' di esercizio viola le predette disposizioni costituzionali e gli stessi principi costituzionali generali in materia, a partire dall'art. 117, comma sesto, per continuare con il principio di legalita' sostanziale, sino ad arrivare alla violazione dello stesso art. 3 della Costituzione, sotto il profilo della ragionevolezza e del divieto di arbitrarieta' e della certezza del diritto.

Sul piano statutario, risultano ancora violati i principi di autonomia legislativa, amministrativa e finanziaria, in relazione alle disposizioni che ne costituiscono il rispettivo fondamento: art. 8 e 9 per le potesta' legislative, art. 16 con riferimento all'autonomia amministrativa, Titolo VI in relazione alle materie dell'organizzazione, del bilancio, dell'esercizio dell'autonomia finanziaria e della finanza locale. Sembra evidente anche la violazione delle norme di attuazione, in particolare degli articoli 2 e 4 del gia' ricordato decreto legislativo n. 266 del 1992, che escludono la soggezione della Provincia autonoma ad atti regolamentari dello Stato nella disciplina delle proprie materie.

Inoltre, anche se la disposizione fosse considerata quale principio di coordinamento della finanza pubblica, risulterebbe violato l'art. 117, terzo comma, della Costituzione, che impone che tali principi siano espressi con norme di legge, nonche' l'art. 117, sesto comma, della Costituzione (in combinato disposto con l'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3), che limita il potere regolamentare alle materie di competenza statale esclusiva e attribuisce corrispondentemente alle Regioni il potere regolamentare nelle materie in cui esse hanno potesta' legislativa.

Si aggiunga soltanto che, non essendo immaginabile che la regolazione del potere sostitutivo avvenga con «norme tecniche», la disposizione appare incostituzionale nella sua interezza, e in questo senso deve dunque essere intesa, per questa parte, la domanda posta con il presente ricorso.

III. Illegittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 1, lett. a), nella parte in cui, introducendo il nuovo comma 1 dell'art. 11 della legge n. 243 del 2012, demanda alla semplice legge ordinaria la disciplina delle modalita' del concorso dello Stato al finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni e delle funzioni fondamentali inerenti ai diritti civili e sociali.

L'art. 3, comma 1, lett. a), della legge n. 164 del 2012, sostituisce l'art. 11, comma 1, della legge n. 243 del 2012.

La disposizione sancisce che:

"All'art. 11 della legge 24 dicembre 2012, n. 243, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 1 e' sostituito dal seguente:

«1. Fermo restando quanto previsto dall'art. 9, comma 5, e dall'art. 12, comma 1, lo Stato, in ragione dell'andamento del ciclo economico o al verificarsi di eventi eccezionali, concorre al finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni e delle funzioni fondamentali inerenti ai diritti civili e sociali, secondo modalita' definite con leggi dello Stato, nel rispetto dei principi stabiliti dalla presente legge»".

La lettera b) del medesimo art. 3, comma 1, abroga i commi 2 e 3 dell'art. 11 della legge n. 243 del 2012, che precedentemente disciplinavano la materia.

La contestazione riguarda il rinvio di ogni vera regola alle «modalita' definite con leggi dello Stato», violando cosi' la competenza della legge rinforzata.

Occorre ricordare che l'art. 5, comma 1, lett. g) della legge costituzionale n. 1 del 2012, stabilisce che «la legge di cui all'art. 81, sesto comma, della Costituzione, come sostituito dall'art. 1 della presente legge costituzionale, disciplina, per il complesso delle pubbliche amministrazioni, in particolare: ...g) le modalita' attraverso le quali lo Stato, nelle fasi avverse del ciclo economico o al verificarsi degli eventi eccezionali di cui alla lettera d) del presente comma, anche in deroga all'art. 119 della Costituzione, concorre ad assicurare il finanziamento, da parte degli altri livelli di governo, dei livelli essenziali delle prestazioni e delle funzioni fondamentali inerenti ai diritti civili e sociali».

La disposizione impugnata si pone in diretto conflitto con quanto previsto dalla legge costituzionale, perche' sposta dalla legge rinforzata alla legge ordinaria la competenza a disciplinare il concorso dello Stato al finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni e delle funzioni fondamentali inerenti ai diritti civili e sociale in ragione dell'andamento del ciclo economico o al verificarsi di eventi eccezionali.

Tale modifica e' ancor piu' illegittima se si considera poi che il rinvio alla legge ordinaria e' un rinvio in bianco, visto che i commi 1, 2 e 3 dell'art. 11, nei quali era originariamente contenuta una compiuta disciplina che regolava sia sostanzialmente sia nel procedimento il concorso dello Stato al finanziamento dei livelli essenziali e delle funzioni fondamentali nelle fasi avverse del ciclo o in presenza di eventi eccezionali, sono contestualmente abrogati dallo stesso art. 3, comma 1, lett. a) e b) [l'impugnata lett. a), come si e' detto, sostituisce il comma 1, mentre la lett. b) abroga seccamente i commi 2 e 3]. La menzione del «rispetto dei principi stabiliti dalla presente legge» diventa dunque una vuota formula verbale, visto che la legge rinforzata non detta alcun principio in ordine al concorso statale al finanziamento dei livelli essenziali nelle fasi avverse o in presenza di eventi eccezioni, essendo stati abrogate tutte le norme sul punto in essa contenute.

E' evidente che la violazione ha carattere sostanziale, dal momento che la legge costituzionale ha voluto affidare la disciplina di questo delicatissimo aspetto ad una fonte che, attraverso il rinforzo delle regole di approvazione, esprimesse una piu' ampia condivisione della scelta e una maggiore stabilita' delle regole.

Inoltre, la violazione denunciata ridonda sulla autonomia costituzionalmente garantita alla Provincia autonoma ricorrente sotto piu' profili.

Anzitutto, la piu' ampia condivisione della scelta e la maggiore stabilita' delle regole, frutto dell'aggravamento, sono poste anche nell'interesse degli enti destinatari delle regole in questione e dunque anche della Provincia autonoma.

Palese e' poi l'interferenza con le competenze costituzionalmente attribuite alla ricorrente e quindi la ridondanza del vizio sulla autonomia finanziaria, legislativa ed amministrativa della Provincia autonoma di Trento.

Si consideri che la disposizione riguarda il finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali e le funzioni fondamentali degli enti territoriali relative a tali diritti, e dunque incide su molteplici competenze della ricorrente Provincia. A titolo di esempio si ricordano le competenze primarie in materia di assistenza e beneficenza pubblica; scuola materna; assistenza scolastica per i settori di istruzione in cui le province hanno competenza legislativa; edilizia scolastica (art. 8, nn. 25, 26, 27, 28 dello statuto o se piu' favorevole art. 117, quarto comma, Cost., combinato con l'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001) e quelle concorrenti in materia di igiene e sanita' (art. 9, n. 10 o se piu' favorevole la tutela della salute ex art. 117, terzo comma, Cost., unito all'art. 10 legge cost. n. 3 del 2001) e le corrispondenti funzioni amministrative intestate alla Provincia dall'art. 15 dello statuto.

Si aggiunge che a norma dell'art. 79, comma 1, lett. a), dello statuto speciale, tra le forme di concorso delle Province autonome agli obiettivi di finanza pubblica vi e' la «soppressione... delle assegnazioni a valere su leggi statali di settore», cui ha corrisposto l'abrogazione dell'art. 5 della legge 30 novembre 1989, n. 386 (art. 2, comma 109, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, approvato ai sensi dell'art. 104 St., come risulta dall'art. 2, comma 106, della legge 191 del 2009), norma che prevedeva la partecipazione delle Province autonome alla ripartizione di fondi speciali istituiti per garantire livelli minimi di prestazioni in modo uniforme su tutto il territorio.

Anche sotto tale profilo la norma impugnata - che autorizza la legge ordinaria a prevedere una sorta di finanziamento vincolato - interferisce con la regolazione dei rapporti finanziari tra la Provincia autonoma e lo Stato, ed e' censurata anche per violazione dell'art. 79, comma 1, lett. a), nonche' dell'art. 104, primo comma, dello statuto che prevede una procedura negoziata per la modifica delle norme del Titolo VI dello statuto e in generale per la lesione del principio dell'accordo in materia di rapporti finanziaria, ricavabile dalla norma da ultimo citata, dall'art. 107 dello statuto (sulle norme di attuazione negoziate) e dell'art. 27 della legge n. 42 del 2009.

IV Illegittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 1, lett. a), della legge n. 164 del 2016, nella parte in cui, sostituendo il comma e 1 dell'art. 12 della legge n. 243 del 2012, demanda alla semplice legge ordinaria la disciplina delle modalita' con cui le Regioni, i Comuni, le Province, le Citta' metropolitane e le Province autonome di Trento e di Bolzano concorrono ad assicurare la sostenibilita' del debito del complesso delle amministrazioni pubbliche.

L'art. 4, comma 1, lett. a), della legge n. 164 del 2016 stabilisce quanto segue:

"All'art. 12 della legge 24 dicembre 2012, n. 243 sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 1 e' sostituito dal seguente:

«1. Le regioni, i comuni, le province, le citta' metropolitane e le province autonome di Trento e di Bolzano concorrono ad assicurare la sostenibilita' del debito del complesso delle amministrazioni pubbliche, secondo modalita' definite con legge dello Stato, nel rispetto dei principi stabiliti dalla presente legge»".

La norma riportata riguarda testualmente anche le Province autonome insieme con le Regioni.

Come e' evidente, la disposizione cosi' introdotta rinvia dunque ad una normale legge ordinaria, sia pure da emanare «nel rispetto dei principi» stabiliti dalla legge n. 243 del 2012 (principi che pero', anche in questo caso, mancano completamente), la disciplina delle modalita' con cui le Regioni, i Comuni, le Province, le Citta' metropolitane e le Province autonome di Trento e di Bolzano concorrono ad assicurare la sostenibilita' del debito complessivo delle amministrazioni pubbliche e dunque viola l'art. 5, comma 2, lett. c), della legge costituzionale n. 1 del 2012, che riserva tale oggetto alla legge rinforzata ex art. 81, ultimo comma, Cost.

Oltre che per tale vizio, la norma appare costituzionalmente illegittima per violazione dell'art. 79 e dell'art. 104 dello statuto speciale, visto che affida ad una comune legge ordinaria la regolazione di un oggetto - il concorso della Provincia autonoma alla sostenibilita' del debito pubblico, gia' specificamente regolamentato (e in modo esaustivo), dal citato art. 79.

Quanto all'art. 5, comma 2, lett. c), della legge cost. n. 1 del 2012, tale disposizione di rango costituzionale riserva la disciplina delle «modalita' attraverso le quali i Comuni, le Province, le Citta' metropolitane, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano concorrono alla sostenibilita' del debito del complesso delle pubbliche amministrazioni» alla legge rinforzata approvata ai sensi dell'art. 81, sesto comma, Cost., come modificato dalla stessa legge costituzionale n. 1 del 2012, e dunque alla legge «approvata a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera».

La norma impugnata, invece, stabilendo che la disciplina delle modalita' con cui i Comuni, le Province, le Citta' metropolitane, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano «concorrono ad assicurare la sostenibilita' del debito del complesso delle amministrazioni pubbliche» sia posta «con legge dello Stato», sposta invece nella competenza del legislatore ordinario esattamente quell'oggetto - descritto con le medesime parole utilizzate dall'art. 5, comma 2, lett. c), della legge cost. n. 1 del 2012 - che la norma di rango costituzionale ha voluto coprire da una riserva di legge rinforzata. Ne' tale violazione e' evitata dalla previsione, di mero stile, che la legge ordinaria debba conformarsi ai «principi stabiliti dalla presente legge» e cioe' dettati dalla legge rinforzata, dal momento che la legge n. 243 del 2012, dopo le modifiche introdotte dalla legge n. 164 del 2016 (e segnatamente dopo le abrogazioni operate dallo stesso art. 4, alle lettere b e c), non contiene alcun principio in ordine al concorso degli enti territoriali alla sostenibilita' del debito pubblico.

Oltre alle ragioni gia' sopra esposte in relazione all'impugnazione dell'art. 3, comma 1, lett. a), nel senso che la disposizione di rango costituzionale violata, prescrivendo una maggioranza qualificata per l'approvazione della legge chiamata a regolare questo oggetto, garantisce anche e in particolare le autonomie territoriali, si osserva che la violazione denunciata ridonda sulla autonomia costituzionalmente garantita alla Provincia ricorrente sotto altri profili.

In particolare, vi e' interferenza con la potesta' legislativa esclusiva in materia di finanza locale attribuita alle Province e con il correlativi poteri di controllo (art. 80 statuto, come da ultimo modificato dal comma 518 dell'art. 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147, approvato ai sensi dell'art. 104 dello statuto speciale, a norma del comma 520 della stessa legge; artt. 81 e 16 dello statuto; articoli 17 e 18 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268; art. 79 St., in particolare commi 3 e 4; art. 54, n. 5) dello statuto e art. 2 decreto del Presidente della Repubblica 28 marzo 1975, n. 473), nonche' i poteri di coordinamento finanziario attribuito alle Province dall'art. 79 comma 3 dello statuto («le province provvedono al coordinamento della finanza pubblica provinciale, nei confronti degli enti locali ... Al fine di conseguire gli obiettivi in termini di saldo netto da finanziare previsti in capo alla regione e alle province ai sensi del presente articolo, spetta alle province definire i concorsi e gli obblighi nei confronti degli enti del sistema territoriale integrato di rispettiva competenza. Le province vigilano sul raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica da parte degli enti di cui al presente comma e, ai fini del monitoraggio dei saldi di finanza pubblica, comunicano al Ministero dell'economia e delle finanze gli obiettivi fissati e i risultati conseguiti»). Vi e' poi interferenza - anzi violazione, come si e' detto - dell'art. 79 dello statuto speciale.

Si rammenta che la Regione autonoma Trentino-Alto Adige e le Province autonome, per assicurare il concorso alla sostenibilita' del debito pubblico, hanno provveduto a concordare con lo Stato un contributo finanziario di carattere esaustivo, anche per quanto riguarda gli oneri del debito pubblico (art. 1, commi da 406 a 413, della legge n. 190 del 2014, approvata sulla base di intesa raggiunta ai sensi dell'art. 104 dello Statuto speciale, e specialmente il comma 410).

Come si e' gia' ricordato sopra, la legge 23 dicembre 2014, n. 190, con la procedura prevista dall'art. 104 dello statuto speciale, ha novellato anche l'art. 79 dello statuto, e cio' successivamente alla entrata in vigore sia della legge costituzionale n. 1 del 2012, sia della legge n. 243 del 2012.

Tale parametro tiene dunque conto della disciplina sull'equilibrio di bilancio ed elenca espressamente e specificamente i modi in cui il sistema territoriale regionale integrato, «costituito dalla regione, dalle province e dagli enti di cui al comma 3, concorre, nel rispetto dell'equilibrio dei relativi bilanci ai sensi della legge 24 dicembre 2012, n. 243, al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, di perequazione e di solidarieta' e all'esercizio dei diritti e dei doveri dagli stessi derivanti, nonche' all'osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea» (comma 1). La stessa disposizione dichiara poi che tali misure «possono essere modificate esclusivamente con la procedura prevista dall'art. 104 e fino alla loro eventuale modificazione costituiscono il concorso agli obiettivi di finanza pubblica di cui al comma 1» (comma 2) e garantisce che «nei confronti della regione e delle province e degli enti appartenenti al sistema territoriale regionale integrato non sono applicabili disposizioni statali che prevedono obblighi, oneri, accantonamenti, riserve all'erario o concorsi comunque denominati, ivi inclusi quelli afferenti il patto di stabilita' interno, diversi da quelli previsti dal presente titolo».

Pertanto, la Provincia ricorrente ritiene che l'art. 79 dello statuto possa essere utilmente invocato a difesa delle proprie attribuzioni, tanto piu' a fronte di una norma che non regola essa stessa le modalita' di contribuzioni, bensi' delega tale disciplina ad una fonte (la comune legge ordinaria) che e' incompetente sia in riferimento a quanto dispone l'art. 5, comma 1, lett. c), della legge cost. n. 1 del 2012, sia in relazione appunto, a quanto prevede l'art. 104, comma primo, dello statuto speciale, sia, infine, in relazione al principio dell'accordo in materia finanziaria, valevole per gli enti ad autonomia differenziata.

E' evidente, ad avviso della ricorrente, che il compito di armonizzare i normali principi costituzionali che regolano i rapporti finanziari tra lo Stato e la Provincia autonoma (e dunque in primo luogo il principio pattizio, implicito negli articoli 103 e 107 dello statuto speciale e confermato - per la generalita' delle regioni a statuto speciali - dall'art. 27 della legge n. 42 del 2009: principio che codesta Corte costituzionale ha piu' volte ribadito e valorizzato: v., tra le molte, le sentenze nn. 19 del 2015, 155 del 2015 e 188 del 2016) con la peculiare competenza prevista dalla legge costituzionale n. 1 del 2012 non puo' essere assegnato in alcuna parte alla semplice legge ordinaria, pena la vanificazione di ogni specifica garanzia.

In altri termini, qualora la legge rinforzata ex art. 81, sesto comma, Cost., cui fa rinvio la legge cost. n. 1 del 2012, avesse una qualche capacita' derogatoria rispetto alla disciplina statutaria sulla finanza regionale, essa non potrebbe comunque trasferire tale capacita' ad una comune legge ordinaria, tanto piu' quando le norme statutarie gia' danno attuazione ai principi dettati dalla legge cost. n. 1 del 2012.

Diversamente, risultano violati in primo luogo lo stesso art. 5 della legge cost. n. 1 del 2012, nonche', per le ragioni ora esposte, gli articoli 79, 103 e 104 dello statuto nonche' il principio costituzionale dell'accordo e le richiamate norme costituzionali ed ordinarie in cui tale principio e' sancito.

Proprio la connessione tra i due sistemi di garanzia - quella rinforzata e quella negoziata - dimostra comunque il pieno e specifico interesse della Provincia ricorrente a far valere il vizio di violazione dell'art. 5 legge cost. n. 1 del 2012 denunciato nel presente motivo di ricorso.

Per prevenire possibili - ma infondate - eccezioni, si osserva che la lesione recata dalla norma impugnata e' gia' attuale, perche' la garanzia costituzionale in parola (e cioe' la riserva di legge rinforzata) e' gia' adesso violata.

Analogamente, del resto, norme legislative che autorizzano poteri regolamentari statali nelle materie regionali sono sempre state ritenute pacificamente impugnabili innanzi a codesta Corte costituzionale anche prima della emanazione dei regolamenti e indipendentemente dall'avvenuto esercizio di quei poteri di normazione secondaria. La lesione, infatti, si consuma gia' nel momento in cui la legge statale pretende di condizionare l'autonoma regionale a vincoli diversi, anche sul piano delle fonti, da quelli costituzionalmente previsti.

Qui la norma impugnata assoggetta la autonomia finanziaria della Provincia ad un limite diverso - e meno garantistico - di quello specificamente previsto dalle norme di rango costituzionale e dunque la lesione e' fin da subito pienamente attuale.

Diversamente opinando, le norme lesive della autonoma regionale ma non autoapplicative non sarebbero mai impugnabili in via d'azione e questo contrasterebbe con la natura stessa del giudizio in via principale, che e' diretto a salvaguardare le competenze costituzionale delle Regioni e delle Province autonome (e, per quanto riguarda i ricorsi statali, il principio di costituzionalita' della legislazione), a prescindere dalla gia' avvenuta applicazione delle norme.

V. Illegittimita' costituzionale dell'art. dell'art. 4, comma 1, lett. b), della legge n. 164 del 2016, nella parte in cui rinvia alla comune legge ordinaria la disciplina delle modalita' di concorso degli enti territoriali di cui al comma 1 alla riduzione del debito del complesso delle amministrazioni pubbliche attraverso versamenti al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato.

La Provincia impugna anche l'art. 4, comma 1, lett. b) della legge n. 164 del 2016, che novella l'art. 12, comma 2, della legge n. 243 del 2012.

La disposizione censurata e' cosi' formulata:

"All'art. 12 della legge 24 dicembre 2012, n. 243 sono apportate le seguenti modificazioni:

b) il comma 2 e' sostituito dal seguente:

«2. Fermo restando quanto previsto dall'art. 9, comma 5, gli enti di cui al comma 1, tenuto conto dell'andamento del ciclo economico, concorrono alla riduzione del debito del complesso delle amministrazioni pubbliche attraverso versamenti al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato secondo modalita' definite con legge dello Stato, nel rispetto dei principi stabiliti dalla presente legge»".

L'impugnata lettera b), dunque, rinvia alla legge ordinaria la regolazione delle modalita' di concorso alla riduzione del debito del complesso delle amministrazioni pubbliche che si attua mediante i versamenti, effettuati dai medesimi enti territoriali, al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato.

 Tale disposizione e' applicabile anche alla Provincia autonoma, visto che essa richiama «gli enti di cui al comma 1» dell'art. 12, dove sono menzionate, accanto alle Regioni, anche le due Province autonome.

Questa previsione e' contestata sia per violazione della riserva di legge rinforzata dettata dall'art. 5, comma 2, lett. c), della legge cost. n. 1 del 2012, sia per violazione dell'art. 79 dello statuto speciale, nonche' del principio dell'accordo (art. 104 e 107 dello statuto speciale; art. 27 legge n. 42 del 2009), dal momento che, al pari della lett. a) dello stesso art. 4, comma 1, impone alla Provincia autonoma di contribuire alla riduzione del debito del complesso delle pubbliche amministrazioni con modalita' diverse - e comunque non consensuali - da quelle previste in modo specifico ed esaustivo dell'art. 79 dello statuto, novellato nel 2014 (per questa parte della censura si rinvia integralmente a quanto esposto al punto precedente).

Con riferimento alla censura che lamenta la violazione della riserva di legge rinforzata, giova invece rammentare che, precedentemente alle modifiche operate dalla legge n. 164 del 2016, l'art. 12, commi 2 e 3, della legge n. 243 del 2012 regolava compiutamente - nel rispetto di quanto sancito dall'art. 5, comma 2, lett. c) della legge cost. n. 1 del 2012 - le modalita' di tale concorso, stabilendo che «nelle fasi favorevoli del ciclo economico, i documenti di programmazione finanziaria e di bilancio, tenendo conto della quota di entrate proprie degli enti di cui al comma 1 influenzata dall'andamento del ciclo economico, determinano la misura del contributo del complesso dei medesimi enti al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato» ed aggiungendo che «tale contributo e' incluso tra le spese di cui all'art. 9, comma 1, lettera a». Il successivo comma 3 dell'art. 12 prevedeva inoltre che tale contributo fosse ripartito tra gli enti di cui al comma 1 con d.P.C.m., sentita la Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica.

Come e' noto, la Corte costituzionale aveva poi dichiarato l'illegittimita' costituzionale di tale comma, nella parte in cui stabiliva che il riparto del contributo avvenisse con d.P.C.M., sentita la Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, anziche', d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni (sentenza n. 88 del 2014).

Ora i commi 2 e 3 dell'art. 12, che contenevano l'organica disciplina di carattere sostanziale e procedimentale gia' oggetto dell'intervento correttivo di codesta Ecc.ma Corte, sono abrogati e sostituiti dalla disposizione qui censurata con un mero rinvio in bianco alla legge ordinaria, in diretta violazione della riserva di legge rinforzata di cui all'art. 5, comma 2, lett. c), che invece commette alla legge approvata a maggioranza assoluta, ai sensi dell'art. 81, sesto comma, Cost., la disciplina delle «modalita' attraverso le quali i Comuni, le Province, le Citta' metropolitane, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano concorrono alla sostenibilita' del debito del complesso delle pubbliche amministrazioni».

Anche in relazione alla lett. b) e' palese la ridondanza della violazione denunciata sulla autonomia finanziaria della Provincia ricorrente, per i motivi gia' analiticamente esposti al punto precedente, ai quali qui si fa rinvio (rammentando ancora la competenza provinciale ex art. 79, comma 3, dello statuto).

Si aggiunge inoltre che, con riferimento alla disciplina previgente del contributo delle Regioni e delle Province autonome alla riduzione del debito pubblico, codesta Corte costituzionale aveva osservato che «se e' innegabile che il concorso alla sostenibilita' del debito nazionale e' un aspetto fondamentale della riforma, e' anche vero che esso ha una rilevante incidenza sull'autonomia finanziaria delle ricorrenti», ed aveva ritenuto mandatoria "l'esigenza di «contemperare le ragioni dell'esercizio unitario di date competenze e la garanzia delle funzioni costituzionalmente attribuite» alle autonomie (sentenze n. 139 del 2012 e n. 165 del 2011; nello stesso senso, sentenza n. 27 del 2010)", giudicando quindi «indispensabile garantire il loro pieno coinvolgimento» (sentenza n. 88 del 2014, punto 10.3). La sentenza citata aveva prevista che era «anche necessario che tale collaborazione assuma la forma dell'intesa, considerate l'entita' del sacrificio imposto e la delicatezza del compito cui la Conferenza e' chiamata».

Nella parte in cui sostituisce una disciplina contenuta nella legge rinforzata e dunque nella fonte competente (e materialmente conforme a Costituzione) con un rinvio alla legge ordinaria (e dunque a fonte priva di competenza sull'oggetto), la norma impugnata lede anche il principio di leale collaborazione, visto che questo non e' opponibile alla funzione legislativa, secondo quanto piu' volte affermato da codesta Corte costituzionale. In altri termini, mentre prima il contributo al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato era ripartito, nel rispetto dalla legge, mediante un atto amministrativo adottato d'intesa con la Conferenza unificata, l'attribuzione di questa funzione alla legge ordinaria priva gli enti territoriali di ogni possibilita' di coinvolgimento nella relativa decisione.

 

P. Q. M.

 

La Provincia autonoma di Trento, come sopra rappresentata e difesa, chiede, che codesta Ecc.ma Corte costituzionale voglia dichiarare l'illegittimita' costituzionale degli articoli 1, comma 1, lettera b); 2, comma 1, lettera c); 3, comma 1, lettera a); 4, comma 1, lettere a) e b), della legge 12 agosto 2016, n. 164, recante, «Modifiche alla legge 24 dicembre 2012, n. 243, in materia di equilibrio dei bilanci delle regioni e degli enti locali», pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 29 agosto 2016, n. 201, nelle parti nei termini e sotto i profili esposti nel presente ricorso.

 

Allegati:

1) Delibera di Giunta provinciale del 18 ottobre 2016, n. 1813;

2) Procura speciale n. rep. 28305 del 20 ottobre 2016.

 

Roma - Padova, 27 ottobre 2016

 

prof. avv. Falcon

avv. Manzi

 

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