Ricorso n. 07 del 15 gennaio 2015 (Regione Lombardia)
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 15 gennaio 2015 (della Regione Lombardia).
(GU n. 7 del 2015-02-18)
Ricorso della Regione Lombardia (C.F. …), con sede in
Milano (20124), Piazza Citta' di Lombardia, n. 1, in persona del
Presidente pro tempore, Roberto Maroni, rappresentata e difesa, in
forza di procura a margine del presente atto ed in virtu' della
Deliberazione di Giunta regionale n. 2922 seduta del 19 dicembre 2014
(doc. 1), dal Prof. Avv. Giovanni Guzzetta (C.F. …;
pec: …; fax. …),
presso il cui studio in Roma, via Federico Cesi, 72, ha eletto
domicilio e dall'Avv. Viviana Fidani (C.F. ..; pec:
…) - ricorrente - contro il Governo
della Repubblica, in persona del Presidente del Consiglio dei
Ministri pro-tempore, con sede in Roma (00187), Palazzo Chigi -
Piazza Colonna, 370, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale
dello Stato, con domicilio in Roma (00186), via dei Portoghesi, 12 -
resistente.
Per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale del
decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modifiche,
dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, recante "Misure urgenti per
l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la
digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica,
l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle
attivita' produttive (SBLOCCA ITALIA)", pubblicata sulla Gazzetta
Ufficiale della Repubblica italiana dell'11 novembre 2014, n. 262,
limitatamente all'art. 35, di tale atto normativo.
Fatto
1. Con decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito con
modifiche dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, il Governo ha varato
"Misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle
opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione
burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa
delle attivita' produttive", ritenuta, per quanto qui interessa, "la
straordinaria necessita' e urgenza di emanare disposizioni in materia
ambientale per (...) il superamento di eccezionali situazioni di
crisi connesse alla gestione dei rifiuti".
2. In particolare, l'art. 35, dell'atto normativo in esame, ha
introdotto "Misure urgenti per la realizzazione su scala nazionale di
un sistema adeguato e integrato di gestione dei rifiuti urbani e per
conseguire gli obiettivi di raccolta differenziata e di riciclaggio.
Misure urgenti per la gestione e per la tracciabilita' dei rifiuti
nonche' per il recupero dei beni in polietilene".
3. Il primo comma della norma in commento, affida ad un decreto
del Presidente del Consiglio dei Ministri, da adottare, su proposta
del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare,
entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di
conversione, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo
Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano,
l'individuazione della capacita' complessiva di trattamento di
rifiuti urbani e assimilati degli impianti di incenerimento in
esercizio o autorizzati a livello nazionale, con l'indicazione
espressa della capacita' di ciascun impianto. Inoltre, sempre con lo
stesso decreto, vengono individuati anche gli impianti di
incenerimento con recupero energetico di rifiuti urbani e assimilati
da realizzare per coprire il fabbisogno residuo, determinato con
finalita' di progressivo riequilibrio socio-economico tra le aree del
territorio nazionale e nel rispetto degli obiettivi di raccolta
differenziata e di riciclaggio, tenendo conto della pianificazione
regionale.
Gli impianti in questione vengono qualificati come infrastrutture
e insediamenti strategici di preminente interesse nazionale ai fini
della tutela della salute e dell'ambiente.
4. Il secondo comma dell'art. 35, stabilisce che per i medesimi
fini di cui al comma 1, il Presidente del Consiglio dei Ministri, su
proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e
del mare, entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della
legge di conversione del decreto in questione, effettui una
ricognizione dell'offerta esistente e individui con proprio decreto
il fabbisogno residuo di impianti di recupero della frazione organica
dei rifiuti urbani raccolta in maniera differenziata, articolato per
Regioni. Inoltre, le Regioni e le Province autonome di Trento e
Bolzano, sino alla definitiva realizzazione degli impianti necessari
per l'integrale copertura del fabbisogno residuo determinato dal
decreto, possono autorizzare, se tecnicamente possibile, un
incremento fino al 10% della capacita' degli impianti di trattamento
dei rifiuti.
5. Il terzo comma della disposizione in esame, prevede che gli
impianti di recupero energetico da rifiuti, sia esistenti, sia da
realizzare, siano autorizzati a saturazione del carico termico, come
previsto dall'art. 237-sexies del decreto legislativo 3 aprile 2006,
n. 152, qualora sia stata valutata positivamente la compatibilita'
ambientale dell'impianto in tale assetto operativo, incluso il
rispetto delle disposizioni sullo stato della qualita' dell'aria di
cui al decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 155.
Le autorita' competenti devono, entro 90 giorni dall'entrata in
vigore della legge di conversione del decreto-legge in questione,
adeguare le autorizzazioni integrate ambientali degli impianti
esistenti, qualora la valutazione di impatto ambientale sia stata
autorizzata a saturazione del carico termico, tenendo in
considerazione lo stato della qualita' dell'aria come previsto dal
citato decreto legislativo n. 155 del 2010.
6. Il quarto comma della norma in esame, dedicato agli impianti
di futura realizzazione, stabilisce che i medesimi dovranno essere
realizzati conformemente alla classificazione di impianti di recupero
energetico R1, di cui all'allegato C alla parte IV del Codice
dell'Ambiente.
7. Il quinto comma dell'art. 35, invece, si riferisce agli
impianti gia' esistenti. Le competenti autorita' devono provvedere a
verificare, entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della
legge di conversione, la sussistenza dei requisiti per la
qualificazione degli impianti medesimi come impianti di recupero
energetico R1, adeguando in tal senso e nello stesso termine di 90
giorni le autorizzazioni integrate ambientali, ove ne ricorrano i
presupposti.
8. Ancora, il comma sesto della norma in commento impone che
negli impianti di recupero energetico sia assicurata la priorita' di
accesso ai rifiuti urbani prodotti nel territorio regionale fino al
soddisfacimento del relativo fabbisogno e, solo per la disponibilita'
residua autorizzata, al trattamento di rifiuti urbani prodotti in
altre Regioni.
La disposizione prevede, altresi', che siano ammessi, in via
complementare, rifiuti speciali pericolosi a solo rischio infettivo
nel rispetto del principio di prossimita' sancito dall'art. 182-bis,
comma 1, lettera b), del decreto legislativo n. 152 del 2006 e delle
norme generali in materia, a condizione che l'impianto sia dotato di
sistema di caricamento dedicato a bocca di forno, che escluda
qualsiasi contatto tra il personale addetto e il rifiuto. Le
autorizzazioni integrate ambientali devono essere adeguate ai sensi
del sesto comma.
9. Il settimo comma dell'art. 35, prevede il versamento di un
contributo da parte dei gestori degli impianti, determinato dalla
Regione nella misura massima di 20 euro per tonnellata di rifiuto
urbano indifferenziato, se questa proviene da altre Regioni. Si
ammette, quindi, il caso in cui impianti di recupero energetico di
rifiuti urbani localizzati in una Regione smaltiscano rifiuti urbani
prodotti in altre Regioni. Il contributo deve essere versato in un
fondo regionale, destinato alla prevenzione della produzione dei
rifiuti, all'incentivazione della raccolta differenziata, a
interventi di bonifica ambientale e al contenimento delle tariffe di
gestione dei rifiuti urbani. Il contributo e' corrisposto annualmente
dai gestori degli impianti localizzati nel territorio della Regione
che riceve i rifiuti. Nessun onere derivante dallo smaltimenti dei
rifiuti di provenienza extraregionale puo' essere traslato sulle
tariffe poste a carico dei cittadini.
10. Il comma otto dell'art. 35, stabilisce il dimezzamento dei
termini di espletamento delle procedure di espropriazione per
pubblica utilita'. Per i procedimenti in corso alla data di entrata
in vigore del decreto in commento, i termini residui sono ridotti di
un quarto. Viceversa, i termini previsti dalla legislazione vigente
per le procedure di valutazione di impatto ambientale e di
autorizzazione integrata ambientale degli impianti di cui al comma 1
si considerano perentori.
11. Il nono comma dell'art. 35, prevede l'applicazione del potere
sostitutivo del Governo ex art. 8, legge n. 131/2003, nel caso di
mancato rispetto dei termini di cui al comma 3 (modifica delle AIA
degli impianti esistenti con autorizzazione degli impianti a
saturazione del carico termico, entro 90 giorni), al comma 5
(valutazione della compatibilita' degli impianti esistenti con le
caratteristiche degli impianti di recupero R1, ed eventuale
adeguamento delle relative AIA, entro 90 giorni), e al comma 8
(dimezzamento dei termini dei procedimenti di espropriazione per P.U,
riduzione di un quarto dei termini residui per i procedimenti di
espropriazione per RU in corso alla data di entrata in vigore del
decreto in commento, termini previsti dalla legislazione vigente per
le procedure di VIA e di AIA si considerano perentorio).
12. Il comma 10 dell'art. 35, prevede l'inserimento delle parole
", anche avvalendosi della societa' Consip Spa, per lo svolgimento
delle relative procedure, previa stipula di convenzione per la
disciplina dei relativi rapporti" al comma 9-bis dell'art. 11 del
decreto-legge n. 101/2013, convertito, con modificazioni, dalla legge
n. 125/2013, dopo le parole "il Ministero dell'ambiente e della
tutela del territorio e del mare".
13. Il comma 11 dell'art. 35 del d.-l. 133/2014, convertito con
modifiche dalla l. n. 164/2014, prevede che all'art. 182 del decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152 e successive modificazioni, dopo il
comma 3 sia inserito un comma successivo, il 3-bis, che sancisce che
il divieto di cui al comma 3 non si applica ai rifiuti urbani che il
Presidente della Regione ritiene necessario avviare a smaltimento,
nel rispetto della normativa europea, fuori dal territorio della
Regione dove sono prodotti per fronteggiare situazioni di emergenza
causate da calamita' naturali per le quali e' dichiarato lo stato di
emergenza di protezione civile ai sensi della legge 24 febbraio 1992,
n. 225.
14. Il comma 12 della disposizione in commento modifica l'art.
234 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, abrogandone il
comma 2; aggiungendo al comma 3 l'introduzione di un rappresentante
indicato da ciascuna associazione maggiormente rappresentativa a
livello nazionale delle categorie produttive interessate, nominato
con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio
e del mare, sentito il Ministro dello sviluppo economico, al
consiglio di amministrazione del consorzio; infine aggiungendo al
comma 13 dell'art. 234 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152,
la previsione di un contributo percentuale di riciclaggio, stabilito
in misura variabile, in relazione alla percentuale di polietilene
contenuta nel bene e alla durata temporale del bene stesso.
15. Infine, il comma 13 dell'art. 35, prevede che fmo
all'emanazione del decreto di cui al comma 13 dell'art. 234 del
decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, come modificato
dall'articolo in commento, i contributi previsti dal medesimo art.
234, commi 10 e 13, siano dovuti nella misura del 30% dei relativi
importi.
16. Le norme introdotte dall'art. 35, del d-l. n. 133 del 2014,
sono avvinte da numerosi profili di illegittimita', e meritano di
essere dichiarate incostituzionali da codesta Ecc.ma Corte alla luce
dei seguenti motivi di
Diritto
I. Incostituzionalita' del d-l. 12 settembre 2014, n. 133,
convertito, con modifiche, dalla legge dell'11 novembre 2014, n. 164,
e dell'articolo 35, di tale atto normativo, per violazione
dell'articolo 77, comma 2, della Costituzione, in combinato disposto
con l'articolo 117, secondo e terzo comma.
1. In primo luogo, l'art. 35, del d-1. n. 133 del 2014,
convertito, con modifiche dalla legge dell'11 novembre 2014, n. 164,
deve essere dichiarato incostituzionale per insussistenza dei
presupposti di cui all'art. 77, secondo comma, della Costituzione,
che ammette la decretazione d'urgenza all'esclusivo fine di
fronteggiare casi straordinari di necessita' ed urgenza.
Come ha recentemente chiarito codesta Ecc.ma Corte con la
pronuncia n. 220 del 2013, l'adozione di un decreto-legge trova la
propria legittimazione esclusivamente nella sussistenza di casi
straordinari che necessitino di essere disciplinati immediatamente,
in modo adatto a fronteggiare le sopravvenute e urgenti necessita'.
Per questo motivo, peraltro, il legislatore ordinario, con una
norma di portata generale, ha previsto che il decreto-legge debba
contenere "misure di immediata applicazione" (art. 15, comma 3, della
legge 23 agosto 1988, n. 400). La Consulta ha riconosciuto come la
norma in esame, pur non avendo, sul piano formale, rango
costituzionale, esprima ed espliciti cio' che deve ritenersi
intrinseco alla natura stessa del decreto-legge, che entrerebbe in
contraddizione con le sue stesse premesse, se contenesse disposizioni
destinate ad avere effetti pratici differiti nel tempo, in quanto
recanti, come nel caso di specie, discipline mirate alla costruzione
di un nuovo sistema di gestione dei rifiuti (cfr. sentenza n. 22 del
2012).
Va infine ribadito che, come ripetutamente affermato da codesta
ecc.ma Corte, il vizio che affligge il decreto-legge con riferimento
ai suoi presupposti abilitativi non puo' considerarsi sanato per il
fatto dell'intervenuta conversione (cfr. ex plurimis sentt. 29/1995,
341/2003, 178 2004 e 171/2007).
Per quanto riguarda il caso qui in esame, deve osservarsi che,
sebbene il preambolo del d-l. n. 133/2014 riconosca "la straordinaria
necessita' e urgenza di emanare disposizioni in materia ambientale
per (...) il superamento di eccezionali situazioni di crisi connesse
alla gestione dei rifiuti", in realta', il problema della gestione
dei rifiuti sia tutt'altro che eccezionale e accidentale.
E' fin troppo noto, infatti, che la necessita' di interventi
strutturali sul sistema della gestione dei rifiuti sul territorio
italiano non sia affatto una circostanza accidentale e sopravvenuta,
che puo' essere ricollegata ad un "caso straordinario", passibile, in
quanto tale, di essere disciplinato in via d'urgenza.
Ne sono conferma le varie procedure di infrazione gia' avviate
dall'Unione europea contro l'Italia per mancato adeguamento alle
direttive di settore, nonche' i numerosi interventi del legislatore,
nazionale e regionale, in materia, come pure i tristemente noti fatti
di cronaca anche piu' recente.
Di conseguenza, affidare la risoluzione di una problematica
radicata e strutturale alla decretazione d'urgenza si mostra elusivo
dei principi di cui all'art. 77, secondo comma, della Costituzione.
2. La "risposta" operata con il decreto-legge in oggetto,
convertito dalla legge n. 164/2014, peraltro, non si presenta nemmeno
in termini di soluzione "emergenziale" in attesa di una ipotetica
revisione complessiva della disciplina, ma si propone - in modo
incompatibile con i presupposti costituzionali richiesti e con la
conseguente natura circostanziata delle soluzioni normative divisate
- di realizzare e attuare un "sistema adeguato e integrato di
gestione dei rifiuti urbani e per conseguire gli obiettivi di
raccolta differenziata e di riciclaggio" qualificando, altresi', gli
impianti interessati come "infrastrutture e insediamenti strategici
di preminente interesse nazionale, (...) garantiscono la sicurezza
nazionale nell'autosufficienza, consentendo di superare e prevenire
ulteriori procedure di infrazione per mancata attuazione delle norme
europee di settore e limitano il conferimento di rifiuti in
discarica".
In questa prospettiva non si puo' non cogliere una finalita' di
riassetto ordinamentale, del tutto estranea alla natura del vettore
normativo utilizzato, con conseguente illegittima compressione delle
competenze legislative e amministrative che alle Regioni spettano in
relazione a tali interventi di carattere "ordinamentale".
Con riserva di ulteriore approfondimento in seguito, non si puo'
negare, infatti, che l'intervento intersechi, anche sulla base di
quanto chiarito da codesta Ecc.ma Corte, profili di competenza
materiale quali la tutela della salute, il governo del territorio (e
in particolare la localizzazione degli impianti) e la produzione
dell'energia (attesa la finalita' del decreto, rivolto "a conseguire
la sicurezza nazionale nell'autosufficienza" - evidentemente anche
energetica - ed a potenziare gli "impianti di recupero energetico di
cui al punto R1 (nota 4), allegato C, del decreto legislativo 3
aprile 2006 n. 152", anche mediante l'imposto utilizzo "a saturazione
del carico termico").
Quella che vorrebbe introdursi attraverso la decretazione
d'urgenza, insomma, costituisce una vera e propria riforma organica e
di sistema, volta a risolvere un problema "strutturale" del nostro
Paese, che come tale non puo' trovare la propria legittimazione in un
decreto-legge.
Sotto ulteriore, ma concorrente profilo, le misure introdotte dal
contestato art. 35, del resto, non possono nemmeno considerarsi di
immediata applicazione, anche in considerazione dei profili e delle
competenze tecnico-amministrative ad esse connesse, le quali
presuppongono tempi ed accertamenti istruttori amministrativi
complessi.
Si chiede, dunque, che venga dichiarata l'incostituzionalita'
dell'art. 35, del d-l. n. 133/2014, sotto il profilo in esame.
3. In secondo luogo, il d-l. n. 133/2014, convertito con
modifiche dalla l. n. 164/2014, come pure, specificamente, il
relativo art. 35, meritano di essere dichiarati incostituzionali per
difetto di omogeneita' e di coerenza delle misure introdotte dal
Governo.
Quanto all'intero atto normativo, l'estrema eterogeneita' degli
interventi adottati e' ravvisabile sin dall'epigrafe del
provvedimento ("Misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la
realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese,
la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto
idrogeologico e per la ripresa delle attivita' produttive"). Essa e'
resa ancora piu' evidente dal relativo, ampio, preambolo, ove si
attesta la straordinaria necessita' ed urgenza di provvedere con
misure volte tanto ad "accelerare e semplificare la realizzazione di
opere infrastrutturali strategiche, indifferibili e urgenti, nonche'
per favorire il potenziamento delle reti autostradali e di
telecomunicazioni e migliorare la funzionalita' aeroportuale", quanto
a disciplinare la "materia ambientale per la mitigazione del rischio
idrogeologico, la salvaguardia degli ecosistemi, l'adeguamento delle
infrastrutture idriche e il superamento di eccezionali situazioni di
crisi connesse alla gestione dei rifiuti, nonche' di introdurre
misure per garantire l'approvvigionamento energetico e favorire la
valorizzazione delle risorse energetiche nazionali", quanto, infine,
a realizzare la "semplificazione burocratica, il rilancio dei settori
dell'edilizia e immobiliare, il sostegno alle produzioni nazionali
attraverso misure di attrazione degli investimenti esteri e di
promozione del Made in Italy, nonche' per il rifinanziamento e la
concessione degli ammortizzatori sociali in deroga alla normativa
vigente al fine di assicurare un'adeguata tutela del reddito dei
lavoratori e sostenere la coesione sociale".
Ad analoghe conclusioni si perviene, ovviamente, in base
all'analisi delle disposizioni introdotte dai capi del decreto-legge
impugnato.
Come noto, codesta Ecc.ma Corte collega il riconoscimento
dell'esistenza dei presupposti fattuali, di cui all'art. 77, secondo
comma, Cost., ad una intrinseca coerenza delle norme contenute in un
decreto-legge, o dal punto di vista oggettivo e materiale, o dal
punto di vista funzionale e finalistico (cfr. sentt. n. 171 del 2007,
n. 121 del 2008).
Recentemente codesta Corte ha ulteriormente evidenziato, sul
punto, che l'art. 15, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400
(Disciplina dell'attivita' di Governo e ordinamento della Presidenza
del Consiglio dei Ministri) - la' dove prescrive che il contenuto del
decreto-legge «deve essere specifico, omogeneo e corrispondente al
titolo» - pur non avendo, in se' e per se', rango costituzionale,
costituisce esplicitazione della ratio implicita nel secondo comma
dell'art. 77 Cost., il quale impone il collegamento dell'intero
decreto-legge al caso straordinario di necessita' e urgenza, che ha
indotto il Governo ad avvalersi dell'eccezionale potere di esercitare
la funzione legislativa senza previa delegazione da parte del
Parlamento (Corte cost., sent. n. 22 del 2012).
4. Deve evidenziarsi, da ultimo, quanto all'ammissibilita' della
presente eccezione, che i vizi sopra denunciati ridondano, come
anticipato, nella menomazione delle attribuzioni costituzionali della
Regione Lombardia e nel vulnus della sua autonomia finanziaria,
costituzionalmente tutelati dall'art. 117, terzo comma della
Costituzione.
In particolare, la disciplina introdotta dal Governo incide sulle
competenze regionali in materia di governo del territorio, di
pianificazione territoriale ed urbanistica, di tutela della salute,
di produzione dell'energia, di coordinamento della finanza regionale
e del sistema tributario, di servizi pubblici locali.
Piu' precisamente, le norme contestate recano significative
ripercussioni sulla programmazione regionale lombarda di recente
approvazione, in particolare sull'autosufficienza riguardante lo
smaltimento mediante recupero energetico dei rifiuti indifferenziati.
Peraltro, nel quadro degli obiettivi della nuova pianificazione, la
Regione ha attivato dei tavoli di lavoro con operatori e
amministratori locali per la gestione delle istruttorie di rispettiva
competenza, anche al fine di sperimentare la decommissioning di
alcuni impianti.
Inoltre, l'autorizzazione generalizzata degli impianti con
saturazione del carico termico, con le conseguenti ripercussioni in
termini di emissioni, puo' risultare penalizzante rispetto alle
specifiche condizioni sanitarie delle aree interessate dalla presenza
di questi impianti, specie nel territorio del bacino padano,
caratterizzato da condizioni climatiche favorevoli all'accumulo degli
inquinanti. La misura, dunque, incide sulla competenza regionale in
materia di tutela della salute, vanificando gli accertamenti
istruttori gia' compiuti dalle competenti autorita' all'atto di
concessione dell'autorizzazione integrata degli impianti.
Da ultimo, deve rilevarsi che il sistema di smaltimento dei
rifiuti in Regione Lombardia e' stato gestito in modo tale da creare
delle condizioni concorrenziali, che hanno ottimizzato la tariffa di
smaltimento per il servizio al cittadino; la disciplina introdotta
dalle norme impugnate, con il conseguente ingresso nel mercato di
ulteriori rifiuti a costi nuovamente negoziabili, potrebbe comportare
anche l'aggravio della tariffa per i cittadini lombardi, con
conseguente compressione dell'autonomia finanziaria di entrata della
Regione.
Da quanto detto discende l'ammissibilita' della presente
questione di legittimita' costituzionale. Codesta Corte, infatti, con
giurisprudenza costante, ritiene che le Regioni possano impugnare un
decreto-legge per motivi attinenti alla pretesa violazione dell'art.
77 Cost., "ove adducano che da tale violazione derivi una
compressione delle loro competenze costituzionali" (sentenza n. 6 del
2004; cfr. anche sentt. nn. 128 del 2011, 326 del 2010, 116 del 2006,
280 del 2004). Alla luce delle considerazioni che precedono, si
insiste per la declaratoria di illegittimita' costituzionale
dell'art. 35, del d-l. 12 settembre 2014, n. 133, convertito con
modifiche dalla legge n. 164/2014, per violazione dell'art. 77,
secondo comma, della Costituzione, in combinato disposto con l'art.
117, commi secondo e terzo, Cost..
II. Incostituzionalita' dell'art. 35, del d-l. 12 settembre 2014, n.
133, convertito con modifiche dalla legge dell'11 novembre 2014, n.
164, per violazione degli articoli 11 e 117, comma 1, della
Costituzione, in relazione alla direttiva 2001/42/CE (c.d. direttiva
VAS), in combinato disposto con l'art. 117, secondo e terzo comma,
Cost.
1. Come si e' anticipato in fatto, l'art. 35, del d-l. n. 133 del
2014, convertito con modifiche dalla 1. 164 del 2014, contempla un
vero e proprio programma integrato nazionale per la gestione dei
rifiuti urbani e speciali mediante impianti di recupero energetico.
La norma stabilisce, infatti, che gli impianti di recupero inseriti
nel D.P.C.M. di cui al comma 1, sono qualificati come infrastrutture
di preminente interesse nazionale, che attuano un sistema integrato e
moderno di gestione di rifiuti urbani e assimilati, che i medesimi
devono essere autorizzati ad operare a saturazione del carico termico
e che dovranno rispondere alle caratteristiche degli impianti R1.
Insomma, quello individuato dalla norma impugnata costituisce un
vero e proprio atto di pianificazione in materia di gestione dei
rifiuti.
Come tale, allora, alla luce della Direttiva 2001/42/CE, recepita
nell'ordinamento italiano dal d.lgs. n. 152/2006, detto piano avrebbe
dovuto essere assoggettato alla valutazione ambientale strategica, la
quale deve precedere, ex art. 3, par. 2, lett. a), della citata
Direttiva, "tutti i piani e i programmi che sono elaborati (...) per
la valutazione della gestione dei rifiuti" (negli stessi termini
dispone l'art. 6, comma 2, lett. a), dell'attuativo d.lgs. n.
152/2006).
Ancora, l'art. 4 della Direttiva, rubricato "Obblighi generali",
stabilisce che "la valutazione ambientale di cui all'art. 3 deve
essere effettuata durante la fase preparatoria del piano o del
programma ed anteriormente alla sua adozione o all'avvio della
relativa procedura legislativa".
Ai sensi degli articoli da 5 a 12 della menzionata direttiva,
poi, la procedura di VAS deve comprendere lo svolgimento di una
verifica di assoggettabilita', l'elaborazione del rapporto
ambientale, lo svolgimento di consultazioni, la valutazione del piano
o del programma, del rapporto e degli esiti delle consultazioni,
l'espressione di un parere motivato, l'informazione sulla decisione e
il monitoraggio.
Alla luce di quanto precede, l'art. 35, del d-l. n. 133 del 2014,
convertito con modifiche dalla l. n. 164/2014 si mostra
incostituzionale, per violazione dell'art. 117, comma 1, della
Costituzione, in relazione ai suddetti obblighi stabiliti dalla
Direttiva VAS, in quanto adotta un vero e proprio programma nazionale
in materia di gestione integrata dei rifiuti, senza aver dato luogo
alla necessaria procedura di VAS, con cio' violando gli scopi
perseguiti dal legislatore europeo.
2. Ne' si dica che le suddette norme europee in materia di
valutazione ambientale strategica non riguarderebbero l'attivita'
legislativa degli Stati membri.
In senso contrario depongono, in primo luogo, gli articoli 2 e 4
della Direttiva. Il primo stabilisce che per "piani e programmi"
devono intendersi anche quelli "che sono previsti da disposizioni
legislative" (art. 2, lett. a)); il secondo, come accennato, prevede
che la procedura di VAS debba essere avviata "anteriormente all'avvio
della procedura legislativa" di adozione del piano o programma. Alle
considerazioni di ordine testuale si aggiunga anche che, ad accedere
a siffatta interpretazione, gli obblighi imposti a livello europeo
sarebbero facilmente eludibili dallo Stato, che potrebbe occultare
sotto il nomen juris dell'atto normativo un provvedimento che reca in
se' i connotati essenziali di un atto di programmazione generale, il
quale deve essere obbligatoriamente sottoposto alla prescritta
valutazione di impatto.
E' appena il caso di dire che una diversa interpretazione della
direttiva in contrasto con il suo significato letterale,
richiederebbe a codesta Corte di investire mediante rinvio
pregiudiziale ex art. 267 TFUE la Corte di Giustizia dell'Unione
europea, onde verificare se l'interpretazione del diritto europeo
offerta dal giudice sovranazionale consenta di considerare la
normativa qui impugnata con essa compatibile.
In secondo luogo, anche a voler ritenere che il legislatore
statale sia sottratto, nell'esercizio della funzione legislativa,
all'osservanza delle procedure in materia di VAS, nell'ipotesi in cui
queste ultime possano essere esperite al momento dell'attuazione
della legge, la norma impugnata sarebbe comunque illegittima.
L'art. 35, del d-l. n. 133/2014, convertito con l. n. 164/2014,
infatti, non contempla in assoluto l'esperimento di siffatte
procedure, nemmeno nel momento attuativo, e specificamente per
l'adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri
chiamato ad individuare gli impianti di recupero esistenti o da
realizzare sul territorio nazionale, per il raggiungimento degli
obiettivi perseguiti dalla norma. E' evidente, infatti, che la scelta
degli impianti da considerare quali infrastrutture di preminente
interesse nazionale ("con proprio decreto, individua a livello
nazionale la capacita' complessiva di trattamento di rifiuti urbani e
assimilati degli impianti di incenerimento in esercizio o autorizzati
a livello nazionale, con l'indicazione espressa della capacita' di
ciascun impianto, e gli impianti di incenerimento con recupero
energetico di rifiuti urbani e assimilati da realizzare per coprire
il fabbisogno residuo, determinato con finalita' di progressivo
riequilibrio socio-economico fra le aree del territorio nazionale e
nel rispetto degli obiettivi di raccolta differenziata e di
riciclaggio", art. 35, comma 1, del d-l. convertito con la l.
164/2014,), con le conseguenze delineate dal legislatore in termini
di operativita' al massimo del carico termico e di trattamento dei
rifiuti al fine di garantire l'autosufficienza, costituisca
un'operazione di rilevantissimo impatto ambientale.
Il Governo, dunque, avrebbe dovuto necessariamente prevedere che
la stessa venisse assoggettata a VAS, anche alla luce della
necessita' di definire criteri univoci per la distribuzione
territoriale degli impianti, e per la valutazione degli impatti
discendenti dalle scelte localizzative da assumere. La disciplina
censurata, insomma, elude le finalita' perseguite dalla citata
Direttiva, quali quella di garantire un elevato livello di protezione
dell'ambiente e di contribuire all'integrazione delle considerazioni
ambientali all'atto dell'elaborazione, dell'adozione e
dell'approvazione dei piani e programmi, assicurando che i medesimi
siano coerenti e contribuiscano alle condizioni per uno sviluppo
sostenibile.
3. Anche in questo caso, da ultimo, e' bene evidenziare che le
dedotte violazioni arrecano un vulnus alle competenze attribuite alla
Regione Lombardia. In particolare, come si e' gia' ampiamente
argomentato nel precedente motivo, la disciplina introdotta dal
Governo incide sulle competenze regionali in materia di governo del
territorio, di pianificazione territoriale ed urbanistica, di
produzione dell'energia, di servizi pubblici locali, nonche' in
materia di tutela della salute, appartenenti alla competenza
legislativa concorrente e residuale delle Regioni. Per onere di
brevita', si rimanda dunque a tutte le considerazioni gia' esposte
nel I motivo di ricorso, le quali confermano l'ammissibilita' della
presente eccezione, in quanto la normativa censurata determina, anche
a fronte delle censure qui dedotte, una lesione delle competenze
regionali stabilite dalla Costituzione.
4. Ne' potrebbe in senso contrario sostenersi che, a fronte della
finalita' anche di tutela ambientale dell'intervento, la quale
costituisce, secondo l'interpretazione di codesta Corte, un c.d.
"materia trasversale", le attribuzioni regionali dovrebbero subire
una indiscriminata compressione, sino alla totale pretermissione
rispetto all'interesse ambientale.
Tale premessa infatti non potrebbe essere condivisa per distinte
e concorrenti ragioni.
Innanzitutto, perche' la finalita' ambientale non e' l'unica
perseguita dall'intervento normativo statale. Il primo comma
dell'art. 35, infatti, non menziona nemmeno, esplicitamente, la
finalita' ambientale, ma si sofferma sulla finalita' di assicurare
"la sicurezza nazionale nell'autosufficienza e superare e prevenire
ulteriori procedure di infrazione per mancata attuazione delle norme
europee di settore e limitano il conferimento di rifiuti in
discarica", soggiungendo, a proposito dell'individuazione degli
impianti, che la finalita' e' quella del "progressivo riequilibrio
socio-economico fra le aree del territorio nazionale".
Infine, com'e' noto, codesta Corte, nel riconoscere la
particolare rilevanza costituzionale della tutela dell'ambiente nelle
politiche legislative, e la sua idoneita' a giustificare alterazioni
del riparto costituzionale (su cui si tornera' infra al punto
successivo), ha costantemente e contestualmente riconosciuto che tali
alterazioni non debbano essere necessariamente assolute (cfr. C.
cost., 58/2013; 93/2013), ma che vadano accompagnate da adeguate
giustificazioni in termini di ragionevolezza, adeguatezza e
proporzionalita', nonche' da garanzie, innanzitutto procedimentali,
di tipo collaborativo. Sotto il primo profilo, ad esempio, la Corte,
pur quando ha riconosciuto la prevalenza della specifica disciplina
statale in presenza di esigenze ambientali incomprimibili, ha
comunque ammesso la residua potesta' delle Regioni di assicurare, ad
esempio, livelli di tutela maggiori di quelli previsti dallo Stato
(cfr. ad es. sent. 58/2013).
La questione e' vieppiu' complessa se si considera che, dal
complessivo intervento - finalizzato, come si e' detto, anche a
consentire (o comunque a non escludere) una redistribuzione dei
carichi di smaltimento tra le varie Regioni italiane - la tutela
ambientale non si presenta in termini di un'operazione "win-win"; il
suo esito comporta infatti un "trade-off" tra l'ipotetico
miglioramento ambientale complessivo sul territorio nazionale e la
possibilita' di un concreto peggioramento relativo delle condizioni
ambientali delle singole Regioni, sulle quali l'impatto della nuova
disciplina produrra' con certezza i propri effetti in conseguenza del
riequilibrio imposto tra le aree e le condizioni di smaltimento. Se
si considera che lo stesso decreto-legge dichiara che tale
riequilibrio non viene operato solo per ragioni ambientali, ma anche
per finalita' "di progressivo riequilibrio socio-economico fra le
aree del territorio nazionale" (art. 35, primo comma, d-l.), ben si
comprende come si debba escludere che l'intervento possa risolversi
in una pura e semplice espropriazione delle competenze legislative ed
amministrative regionali, senza peraltro una adeguata "compensazione
collaborativa" (si veda infra il motivo III).
Stante quanto precede, la disciplina introdotta dall'art. 35, del
d-l. n. 133 del 2014, convertito con modifiche dalla l. n. 164 del
2014 deve essere dichiarata incostituzionale per violazione dell'art.
117, primo comma della Costituzione, in relazione agli obblighi in
materia di VAS imposti dalla Direttiva 2001/42/CE, in combinato
disposto con l'art. 117, commi 2 e 3, Cost..
In via subordinata si chiede che sia effettuato un rinvio
pregiudiziale, ai sensi dell'art. 267 del Trattato sul Funzionamento
dell'Unione Europea alla Corte di Giustizia dell'Unione europea per
la seguente questione di interpretazione della direttiva 2001/42/CE
(CD. Direttiva VAS): "se gli artt. 1, 3, 4, 8 e 9 Dir. 2001/42/CE,
anche in combinato disposto ostino all'applicazione di una norma,
quale quella prevista dall'art. 35 comma 1 del d-l. convertito con
modifiche dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, recante "Misure
urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere
pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione
burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa
delle attivita' produttive (SBLOCCA ITALIA)", pubblicata sulla
Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana dell'11 novembre 2014,
n. 262, la quale prevede che "il Presidente del Consiglio dei
Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare, (...) con proprio decreto individua (...) gli
impianti di incenerimento con recupero energetico di rifiuti urbani e
assimilati da realizzare per coprire il fabbisogno residuo,
determinato con finalita' di progressivo riequilibrio socio-economico
fra le aree del territorio nazionale e nel rispetto degli obiettivi
di raccolta differenziata e di riciclaggio" senza prevedere che,
all'atto della predisposizione di tale piano, si applichi la
disciplina di valutazione ambientale strategica cosi' come prevista
dalla menzionata direttiva.
III. Incostituzionalita' dell'art. 35, del d-l. 12 settembre 2014, n.
133, convertito con modifiche dalla legge dell'11 novembre 2014, n.
164, per violazione dell'art. 117, commi 2 e 3, in combinato disposto
con gli articoli 118 e 120 della Costituzione. Violazione del
principio di leale collaborazione.
1. Come noto, per costante giurisprudenza di codesta Corte, la
disciplina dei rifiuti si colloca nell'ambito della tutela
dell'ambiente e dell'ecosistema, di competenza esclusiva statale ex
art. 117, comma 2, lett. s), della Costituzione. Tuttavia
quest'ultima interferisce, per la sua natura, con altri interessi e
competenze, di talche', mentre deve intendersi riservato allo Stato
il potere di fissare livelli di tutela uniforme sull'intero
territorio nazionale, resta comunque ferma la competenza delle
Regioni alla cura di interessi funzionalmente collegati con quelli
propriamente ambientali (cfr. sent. n. 62 del 2008).
Alla luce della pervasivita' della materia in esame, codesta
Consulta ha sottolineato come, qualora si tratti di verificare la
compatibilita' costituzionale di norme statali che abbiano
disciplinato il fenomeno della gestione dei rifiuti, "e' necessario
valutare se l'incidenza della normativa sulle materie regionali
immediatamente contigue sia tale da compromettere il riparto
costituzionale di cui al titolo V della Parte II della Costituzione,
oltre il limite della adeguatezza, rispetto alla citata finalita' di
fissazione dei livelli di tutela uniformi" (in termini, sent. n. 249
del 2009; cfr. anche sent. 378 del 2007).
2. Cio' posto, l'art. 35, del d-l. n. 133/2014, convertito con
modifiche dalla l. n. 164/2014, introduce misure in materia di
gestione dei rifiuti, che coinvolgono le competenze di diversi
livelli di Governo. Vengono in rilievo, in primo luogo, le competenze
regionali e locali in materia di governo del territorio, di
pianificazione urbanistica ed edilizia, di produzione di energia, di
gestione dei servizi pubblici locali, nonche' di tutela della salute.
L'intervento normativo in esame, tuttavia, nel perseguire un
livello uniforme di tutela a livello nazionale nella materia
ambientale, compromette senz'altro, oltre il limite dell'adeguatezza,
le suddette sfere di competenza regionale.
Per quanto riguarda gli impatti sulla pianificazione regionale,
si osservi come le misure introdotte dal contestato art. 35, hanno
significative ripercussioni sulla programmazione regionale di recente
approvazione. Piu' precisamente, la Giunta regionale lombarda, su
indirizzo del Consiglio, ha adottato specifiche disposizioni (DGR n.
497/2013 doc. 2 e LR n. 9/2013, doc. 3), per evitare un
sovradimensionamento di impianti di trattamento dei rifiuti urbani
indifferenziati, eccedenza gia' evidente nelle analisi a supporto del
processo di nuova pianificazione regionale e di cui allo scenario di
Piano al 2020 (doc. 4).
In tale scenario, e nell'ambito degli obiettivi della nuova
pianificazione per la gestione dei rifiuti, la Regione inoltre ha
attivato dei tavoli di lavoro con operatori e amministratori locali
per la valutazione tecnica di un'ipotesi di decommissioning di alcuni
impianti.
Le misure introdotte dall'art. 35, dunque, incidono e vanificano
gli sforzi e gli obiettivi di pianificazione e attuazione delle
politiche regionali di questi anni, che hanno portato ad una tendenza
alla diminuzione della produzione di rifiuti urbani pro-capite
stimabile intorno al -2% (doc. 4), e alla definizione di nuovi
obiettivi inerenti l'incremento della raccolta differenziata e di
prevenzione nella produzione del rifiuto, obiettivi previsti nel
Piano di prossima approvazione.
Si consideri, sempre sotto il profilo in esame, come l'intervento
normativo contestato riguardi in particolare la Regione Lombardia, la
quale conta ben 11 impianti di incenerimento di Piano/per rifiuti
urbani (che costituiscono la piu' ampia dotazione regionale nella
gestione dei rifiuti urbani indifferenziati presente nel Paese).
3. Quanto, ancora, agli impatti sulla tutela della salute, va
osservato come gli impianti della Regione Lombardia abbiano
ottimizzato il processo, l'adozione di sistemi di presidio ambientale
(abbattimento fumi e recupero scorie), e il recupero del calore
mediante reti di teleriscaldamento, in relazione alle tipologie di
rifiuti raccolti e alle caratteristiche di questi ultimi. La
variazione della qualita' del rifiuto alimentato all'impianto,
conseguente alla normativa introdotta dal Governo, ridurra'
l'efficienza dei processi ottimizzati e aggravera' i relativi impatti
ambientali e sanitari.
Analogamente, va ancora una volta ribadito, la saturazione del
carico termico sugli impianti che, ad oggi, presentano limitazioni,
imposta dall'art. 35, non tiene in alcun conto le motivazioni
ambientali, territoriali e di tutela della salute che hanno indotto
l'Autorita' competenze all'apposizione di specifici vincoli. In
particolare, l'autorizzazione ad operare con saturazione del carico
termico potrebbe risultare penalizzante per le condizioni sanitarie
delle aree interessate dalla presenza di questi impianti, specie nel
bacino padano, territorio caratterizzato da forti pressioni
antropiche e condizioni orografiche e meteoclimatiche favorevoli
all'accumulo degli inquinanti, che in caso di massima saturazione
renderebbero difficile il conseguimento del rispetto dei valori
limite di qualita' dell'aria.
Stante quanto precede, e' evidente come il Governo,
nell'introdurre la contestata disciplina uniforme, abbia travalicato
i limiti di adeguatezza al medesimo imposti a fronte
dell'interferenza nelle sfere di attribuzione regionale, vanificando
altresi' il lavoro pluriennale svolto in Regione Lombardia per
ottenere l'autosufficienza in materia di gestione dei rifiuti, e per
contenere, anche attraverso il rispetto dei principi europei di
prossimita', le conseguenze a livello di impatto ambientale e
sanitario derivanti dai processi di trattamento dei rifiuti.
4. Le considerazioni che precedono impongono la declaratoria di
illegittimita' costituzionale dell'art. 35, del d-l. n. 133 del 2014,
convertito con l. n. 164/2014, per violazione dei principi
costituzionali in materia di riparto delle competenze sanciti
dall'art. 117, commi secondo e terzo, della Costituzione.
Concorrono con la predetta violazione anche ulteriori, gravi,
profili di illegittimita' delle disposizioni impugnate. Ci si
riferisce al fatto che la disciplina contestata, la quale, come
detto, incide su diverse materie di competenza regionale, quali la
tutela della salute e il governo del territorio, o prevede una forma
collaborativa con le Regioni e con gli altri enti territoriali,
interessati dal sistema di gestione dei rifiuti pianificato dal
legislatore, del tutto insufficiente (comma 1) ovvero non ne prevede
alcuna (in particolare al comma 2 e al comma 9).
4.1. In particolare, sotto il primo profilo, la forma di
collaborazione sancita dal comma 1 non puo' ritenersi adeguata.
Prevedendo che, con proprio decreto, il Presidente del Consiglio dei
Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare, "sentita" la Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e
Bolzano, individua a livello nazionale la capacita' complessiva di
trattamento di rifiuti urbani e assimilati degli impianti di
incenerimento in esercizio o autorizzati a livello nazionale, con
l'identificazione espressa della capacita' di ciascun impianto, e gli
impianti di incenerimento con recupero energetico di rifiuti urbani e
assimilati da realizzare per coprire il fabbisogno residuo, tale
disposizione - richiedendo che la Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e
Bolzano sia chiamata ed esprimere un mero parere - disattende la
forma di intesa "forte" richiesta secondo la giurisprudenza costante
di codesta Ecc.ma Corte.
4.2. A cio' si aggiunga che, il comma 2 dell'art. 35, il quale,
per i medesimi fini di cui al comma 1, prevede che il Presidente del
Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e
della tutela del territorio e del mare, con proprio decreto,
individui il fabbisogno residuo di impianti di recupero della
frazione organica dei rifiuti urbani raccolta in maniera
differenziata, articolato per Regioni, esclude ogni forma di
collaborazione con la Regione interessata, ledendo il principio di
leale collaborazione.
5. Inoltre, il comma 9, nel disciplinare l'applicazione del
potere sostitutivo da parte dello Stato sulla Regione nel caso di
mancato rispetto dei termini per adeguare le autorizzazione integrate
ambientali degli impianti esistenti (comma 3, art. 35), di quelli per
la verifica della sussistenza dei requisiti per la qualifica di
impianti di recupero energetico R1 degli impianti esistenti (comma 5)
e infine, dei termini per le procedure di espropriazione per pubblica
utilita' degli impianti, sia in corso che successive all'entrata in
vigore del decreto in commento, di quelle per la VIA e per la AIA,
viola l'art. 120 della Costituzione disciplinando una sostituzione
che non e' legittimata dai requisiti costituzionalmente previsti,
quali il mancato rispetto di norme di trattati internazionali o della
normativa comunitaria, ovvero la tutela dell'unita' giuridica o
economica e la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni
concernenti i diritti civili e sociali. In assenza di uno o piu' dei
requisiti essenziali la norma che prevede la sostituzione deve essere
dichiarata illegittima.
Si ritiene, inoltre, che l'art. 35, comma 9, debba essere
dichiarato incostituzionale in violazione dell'art. 120, comma 2,
della Costituzione, il quale nell'attribuire i poteri sostitutivi al
Governo, impone alla legislazione attuativa di assicurare il rispetto
del principio di leale collaborazione unitamente a quello di
sussidiarieta'. Il primo, com'e' noto, richiede il coinvolgimento dei
destinatari del provvedimento sostitutivo, cioe' la Regione, durante
il processo di sostituzione, previsione che il comma 9 dell'art. 35
disattende; il principio di sussidiarieta' invece, ammette che la
sostituzione avvenga nei limiti in cui risulti strettamente
necessaria a garantire le esigenze in ragione delle quali e'
costituzionalmente ammessa.
Alla disciplina sui poteri sostitutivi del Governo sono, infatti,
ispirate le regole procedimentali adottate dal legislatore ordinario
nell'art. 8 della legge n. 131 del 2003, che prevedono oltre alla
fissazione di un congruo termine per provvedere, l'audizione
dell'organo inadempiente in attuazione del principio di leale
collaborazione. A cio' si aggiunga che la legge n. 131/2003 prevede
anche la riunione del Consiglio dei Ministri con il Presidente della
Giunta regionale interessata in caso sia inutilmente decorso il
termine fissato, previsione che avvalora ulteriormente la tesi della
necessita' di un procedimento di cooperazione tra Stato e Regione
interessata che, nell'art. 35, comma 9, viene completamente
disatteso.
6. Infine, il comma 11, nel prevedere che il divieto di smaltire
rifiuti urbani non pericolosi in regioni diverse da quelle dove gli
stessi sono prodotti, fatti salvi eventuali accordi regionali o
internazionali, qualora gli aspetti territoriali e l'opportunita'
tecnico-economica di raggiungere livelli ottimali di utenza servita
lo richiedano, di cui al comma 5 dell'art. 182 del d.lgs. n.
152/2006, non si applica ai rifiuti urbani che il Presidente della
Regione ritiene necessario avviare a smaltimento fuori dal territorio
della regione dove essi sono prodotti per fronteggiare situazioni di
emergenza causate da calamita' naturali per le quali e' dichiarato lo
stato di emergenza di protezione civile, appare anch'esso in
contrasto con il principio di leale collaborazione tra stato e
regioni e tra regioni. La regione destinataria dei rifiuti da
smaltire, infatti, non e' in alcun modo messa in grado di
interloquire sul destino dei rifiuti medesimi.
7. Come noto, in materia di tutela dell'ambiente questa Corte ha
riconosciuto che "non si puo' discutere di materia in senso tecnico,
perche' la tutela ambientale e' da intendere come valore
costituzionalmente protetto, che in quanto tale delinea una sorta di
«materia trasversale», in ordine alla quale si manifestano competenze
diverse, anche regionali, fermo restando che allo Stato spettano le
determinazioni rispondenti ad esigenze meritevoli di disciplina
uniforme sull'intero territorio nazionale" (ex multis: sentenza n.
171/2012, n. 235/2011, n. 225/2009, n. 12/2009). Ne consegue che il
legislatore statale e' tenuto a garantire il principio di leale
collaborazione, "che per la sua elasticita' consente di aver riguardo
alle peculiarita' delle singole situazioni" ed impone alla legge
statale di predisporre adeguati strumenti di coinvolgimento delle
regioni, a salvaguardia delle loro competenze (ex plurimis, sentenze
n. 50/2005, n. 231/2005,213/2006, n. 133/2006).
Nulla di tutto cio' e' stato previsto nel caso di specie.
7. Le considerazioni che precedono acquistano ancor piu'
rilevanza se si considera, come detto, che la policy messa in atto
dal Governo e' destinata a creare una tensione "interna" alla
finalita' di tutela dell'ambiente, in quanto finisce per mettere in
contrapposizione l'esigenza di tutela "nazionale" con quella di
livello regionale. Cio' rende evidente l'importanza di una
collaborazione tra gli enti interessati, volta a consentire - tramite
l'apporto di ognuno - il raggiungimento di un punto di equilibrio -
tra i tanti astrattamente possibili - quanto piu' prossimo ad un
"ottimo paretiano", con esclusione di soluzioni che sacrifichino
eccessivamente un interesse, senza assicurare una soddisfazione
relativamente ottimale dell'altro.
8. Inoltre, sempre con riferimento all'uso del potere
sostitutivo, di cui al comma 9 dell'art. 35, va rilevato che codesta
Corte ha chiarito in diverse occasioni che, da quanto previsto
dall'art. 118 Cost. deve desumersi anche la previsione di
"eccezionali sostituzioni di un livello ad un altro di governo per il
compimento di specifici atti o attivita', considerati dalla legge
necessari per il perseguimento degli interessi unitari coinvolti, e
non compiuti tempestivamente dall'ente competente" (sentenza n. 43
del 2004). In questa prospettiva, si e' tuttavia precisato che non
puo' farsi discendere dall'art. 120, secondo comma, Cost. una riserva
a favore della legge statale di ogni disciplina del potere
sostitutivo, dovendosi viceversa riconoscere che "la legge regionale,
intervenendo in materie di propria competenza e nel disciplinare, ai
sensi dell'art. 117, terzo e quarto comma, e dell'art. 118, primo e
secondo comma, Cost., l'esercizio di funzioni amministrative di
competenza dei Comuni, preveda anche poteri sostitutivi in capo ad
organi regionali, per il compimento di atti o attivita' obbligatorie,
nel caso di inerzia o di inadempimento da parte dell'ente competente,
al fine di salvaguardare interessi unitari che sarebbero compromessi
dall'inerzia o dall'inadempimento medesimi" (sentenza n. 43 del
2004).
Le norme impugnate, prevedendo l'intervento sostitutivo dello
Stato nel caso in cui le autorita' competenti (Comuni, Province) non
realizzino gli interventi contemplati dalla norma, realizza dunque
una ipotesi di sostituzione statale che si attiva direttamente in
caso di inerzia degli enti locali in riferimento ad ambiti di
competenza regionale, senza che sia consentito alle Regioni di
esercitare il proprio potere sostitutivo, ne' prevedendo alcuna forma
cooperativa con le Regioni medesime, con conseguente lesione delle
relative attribuzioni (cfr. sentenza n. 249 del 2009).
Si insiste, dunque, per la declaratoria di illegittimita'
costituzionale dell'art. 35, del d-l. n. 133 del 2014, convertito con
legge n. 164 del 2014, sotto tutti i profili innanzi esposti.
IV. Incostituzionalita' dell'art. 35, del d-l. 12 settembre 2014, n.
133, convertito con modifiche dalla legge dell'11 novembre 2014, n.
164, per violazione dell'art. 117, commi 2 e 3, in combinato disposto
con l'art. 3 della Costituzione. Violazione del principio di
ragionevolezza.
1. Come si e' ampiamente argomentato nei precedenti motivi di
ricorso, le norme introdotte dall'art. 35, del d-l. n. 133/2014,
incidono su sfere di competenza della Regione, e coinvolgono, a vario
titolo, le competenze amministrative delle autorita' competenti al
rilascio delle Autorizzazioni integrate ambientali, alla conduzione
delle procedure di VIA e delle operazioni di espropriazione per P.U.
Tali sfere e ambiti di competenza, oltre ad essere lesi sotto
tutti i profili sopra evidenziati, si mostrano altresi' menomati per
manifesta irragionevolezza con riferimento a quanto previsto dal
comma 8 dell'art. 35, il quale prevede la riduzione di un quarto dei
termini residui per i procedimenti di espropriazione per pubblica
utilita' degli impianti di cui al comma 1 in corso alla data di
entrata in vigore del decreto-legge, ponendosi cosi' in violazione
del principio del legittimo affidamento dei destinatari dei
provvedimenti.
Stante quanto precede, si insiste per la declaratoria di
illegittimita' costituzionale dell'art. 35, del d-l. n. 133 del 2014,
convertito con modifiche dalla legge n. 164/2014 anche sotto i
profili appena esposti.
V. Incostituzionalita' dell'art. 35, del d-l. 12 settembre 2014, n.
133, convertito con modifiche dalla legge dell'11 novembre 2014, n.
164, per violazione dell'art. 117, commi 2 e 3, in combinato disposto
con gli articoli 81 e 119, comma 1, della Costituzione.
Da ultimo, l'art. 35, del d.l. n. 133 del 2014, convertito con
modifiche dalla l. n. 164/2014, merita di essere dichiarato
incostituzionale per lesione dell'autonomia finanziaria di entrata e
di spesa della Regione Lombardia, nonche' dei vincoli inerenti il
bilancio regionale, rispettivamente previsti dagli articoli 119 e 81
della Costituzione.
Come si e' gia' avuto modo di argomentare, ad altri fini, nei
precedenti motivi di ricorso, le misure introdotte dalla disposizione
impugnata hanno significative ripercussioni sulla programmazione
regionale di recente approvazione.
In particolare, si ribadisce che gli sforzi di pianificazione e
attuazione delle politiche regionali di questi anni (cfr. DGR n. 497
del 2013doc. 2 e Lr. n. 9 del 2013, doc. 3) hanno portato ad una
tendenza della diminuzione della produzione di rifiuti urbani
pro-capite stimabile intorno al -2% (doc. 4) e alla definizione di
nuovi obiettivi inerenti l'incremento della raccolta differenziata e
la prevenzione o nella produzione del rifiuto. La l.r. n. 9 del 2013,
inoltre, ha sancito il principio di autosufficienza regionale nella
gestione dei rifiuti.
Ora, le misure introdotte dal Governo incideranno
significativamente sugli equilibri economici raggiunti, sotto diversi
profili.
In primo luogo, la disciplina determina gravi impatti sulla
pianificazione regionale poiche' il sistema di smaltimento presente
nella Regione Lombardia e' gestito in modo tale da creare condizioni
concorrenziali al fine di ottimizzare la tariffa di smaltimenti per
il servizio al cittadino.
Con l'ammissione di rifiuti speciali pericolosi a solo rischio
infettivo, prevista dal comma 6 dell'art. 35, nel rispetto del
principio di prossimita' sancito dall'art. 182-bis, comma 1, lettera
b) del decreto legislativo n. 152 del 2006, si alterano tali
equilibri.
Infatti, poiche' - come detto - il sistema di smaltimento in
Regione Lombardia e' attualmente gestito in modo tale da creare delle
condizioni concorrenziali che hanno ottimizzato la tariffa di
smaltimento per il servizio al cittadino, le misure introdotte dal
Governo, ed il conseguente ingresso nel mercato di ulteriore rifiuto,
a costi nuovamente negoziabili, alterera' l'equilibrio economico
stabilito, con potenziale aggravio della tariffa per i cittadini
lombardi.
E' bensi' vero che il comma 7 prevede la possibilita' di utilizzo
del fondo per ridurre le tariffe di gestione dei rifiuti urbani, ma
non si hanno certezze circa la possibilita' che gli eventuali
squilibri possano essere compensati in tal modo e, comunque, cio'
dovrebbe avvenire pregiudicando le finalita' di bonifica a cui lo
stesso fondo e' ugualmente destinato e alle quali la Regione, nella
propria autonomia politico-finanziaria, intende dare priorita'.
Alla luce di quanto precede, si chiede che venga dichiarata
l'incostituzionalita' dell'art. 35, del d-l. n. 133 del 2014,
convertito con modifiche dalla l. n. 164 del 2014, anche sotto i
profili appena esposti.
P.Q.M.
Voglia l'Ecc.ma Corte costituzionale adita, ogni contraria
istanza, eccezione e deduzione disattesa, previo eventuale rinvio
pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea, ex. art.
267 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea, accogliere il
presente ricorso e per l'effetto dichiarare l'incostituzionalita'
dell'art. 35, nel suo complesso dispositivo e in particolare con
riferimento ai commi 1, 2, 6, 7, 8, 9 e 11 del decreto-legge 12
settembre 2014, n. 133, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della
Repubblica italiana del 12 settembre 2014, n. 212, per violazione
degli articoli 3, 77, 81, 117, commi 1, 2, e 3, 119 e 120, della
Costituzione.
Si depositeranno, unitamente al presente ricorso notificato, i
seguenti documenti:
1) Delibera di Giunta regionale n. 2922 del 19 dicembre 2014;
2) DGR n. 497/2013;
3) LR n. 9/2013;
4) DGR n. 1990 del 20 giugno 2014 e allegato 01.
Roma, 7 gennaio 2015
Prof. avv. Giovanni Guzzetta - Avv. Viviana Fidani