Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 9 ottobre 2018 (del Presidente del Consiglio dei ministri).

(GU n. 46 del 2018-11-21)

 

Ricorso ex art. 127 Costituzione per la Presidenza del Consiglio dei ministri (c.f. …), in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato (c.f. …; pec: …; fax …) ed elettivamente domiciliata presso i suoi Uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12, ricorrente;

Contro Regione Liguria in persona del Presidente pro tempore, dott. Giovanni Toti, con sede in Genova, via Fieschi n. 15 - 16121, resistente;

Per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 23 della legge della Regione Liguria 7 agosto 2018, n. 15, pubblicata nel B.U.R. n. 11 del 10 agosto 2018, recante «Modifiche alla legge regionale 4 settembre 1997, n. 36 (Legge urbanistica regionale) e altre disposizioni di adeguamento in materia di governo del territorio».

La legge della Regione Liguria 7 agosto 2018, n. 15, che detta norme di modifica alla legge regionale 4 settembre 1997, n. 36 (Legge urbanistica regionale) e altre disposizioni di adeguamento in materia di governo del territorio, e' censurabile con riferimento alla disposizione contenuta nell'art. 23 in quanto viola i principi fondamentali in materia di «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia», in contrasto con gli articoli 117, terzo comma e 97 della Costituzione, alla luce dei seguenti

Motivi

1. La norma contenuta nell'art. 23 introduce il comma 10-bis all'art. 28 della legge regionale 6 giugno 2008, n. 16, prevedendo che «Per gli impianti eolici deve essere rispettata per ciascun aerogeneratore una distanza minima non inferiore a 250 metri dalle unita' abitative munite di abitabilita', regolarmente censite e una distanza dalle zone o ambiti nei quali sono presenti insediamenti residenziali previsti dagli strumenti urbanistici vigenti, da determinarsi da parte del comune con deliberazione del Consiglio comunale in funzione delle caratteristiche orografiche del territorio».

La disposizione regionale si pone in contrasto con l'art. 12, comma 10, del decreto legislativo n. 387 del 2003, e con il paragrafo 1.2. delle Linee guida nazionali per l'autorizzazione degli impianti a fonte rinnovabile (decreto ministeriale 10 settembre 2010) che rinvia al paragrafo 17 per le modalita' di individuazione delle aree non idonee.

In particolare la citata disposizione statale (art. 12, comma 10, decreto legislativo n. 387/2003) stabilisce che le linee guida sono volte ad assicurare un corretto inserimento degli impianti nel paesaggio. In attuazione di tali linee guida, le regioni possono procedere alla indicazione di aree e siti non idonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti, ma, come affermato a piu' riprese da codesta Corte costituzionale, esse non possono dettare disposizioni che prevedano un divieto arbitrario, generalizzato e indiscriminato di localizzazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili.

L'art. 23 legge della Regione Liguria 7 agosto 2018, n. 14 non rispetta, pertanto, i principi fondamentali in materia di produzione di energia dettati dalle linee guida per l'autorizzazione degli impianti da fonti rinnovabili di cui al decreto del Ministro dello sviluppo economico 10 settembre 2010, emanato di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro per i beni e le attivita' culturali (Linee guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili), recepite poi dal decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28 (Attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili 23 aprile 2009, n. 1009/28/CE, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE).

Occorre richiamare, in via preliminare, il quadro normativo di riferimento in materia di produzione di energia eolica.

L'art. 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 (Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricita') disciplina il procedimento volto al rilascio dell'autorizzazione unica per la costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili.

L'art. 12 cit., dopo aver previsto ai commi 3 e 4 che la costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, gli interventi di modifica, potenziamento, rifacimento totale o parziale e riattivazione, come definiti dalla normativa vigente, nonche' le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli impianti stessi, sono soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata ai sensi e secondo le modalita' ivi indicate, dispone al successivo comma 10 che le linee guida devono essere approvate in Conferenza unificata, su proposta del Ministro delle attivita' produttive (oggi Ministro per lo sviluppo economico), di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministro per i beni e le attivita' culturali.

L'obiettivo delle linee guida, espressamente indicato, e' quello di assicurare un corretto inserimento degli impianti, specie di quelli eolici, nel paesaggio.

La normativa statale teste' richiamata (art. 12, comma 10, del decreto legislativo n. 387 del 2003) consente alle regioni un limitato margine di intervento, al solo fine di individuare «aree e siti non idonei all'installazione di specifiche tipologie di impianti», in attuazione delle predette linee guida.

Queste ultime, come si e' detto, sono state adottate con il decreto del Ministro dello sviluppo economico 10 settembre 2010, emanato di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro per i beni e le attivita' culturali (Linee guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili).

Nella Parte I (Disposizioni generali) le suddette linee guida stabiliscono che alle regioni e' riconosciuta la possibilita' di porre limitazioni e divieti in atti di tipo programmatori o pianificatori per l'installazione di specifiche tipologie di impianti alimentati a fonti rinnovabili, esclusivamente nell'ambito e con le modalita' di cui al paragrafo 17 (che indica i criteri e i principi che le regioni devono rispettare nella individuazione delle zone nelle quali non e' possibile realizzare gli impianti alimentati da fonti di energia alternativa).

Sempre nelle citate linee guida e', inoltre, specificato che le regioni possono procedere alla individuazione di aree e siti non idonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti secondo le modalita' di cui al suddetto punto e sulla base dei criteri di cui all'allegato 3: tale allegato prevede, che l'individuazione delle aree e dei siti non idonei alla realizzazione degli impianti in questione «deve essere differenziata con specifico riguardo alle diverse fonti rinnovabili e alle diverse taglie di impianto» e che non puo' riguardare (porzioni significative del territorio o zone genericamente soggette a tutela dell'ambiente, del paesaggio e del patrimonio storico-artistico, ne' tradursi nell'identificazione di fasce di rispetto di dimensioni non giustificate da specifiche e motivate esigenze di tutela».

Deve essere tenuto, infine, in considerazione il decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28 (Attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE) che, nel recepire la nuova direttiva 2009/28/CE (sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE), ha in parte modificato il decreto legislativo n. 387 del 2003, senza pero' incidere sugli articoli sopra richiamati e, in particolare, senza apportare alcuna variazione all'art. 12 e alle collegate linee guida, appena esaminate.

Dalla analisi della normativa statale appena richiamata emerge in modo evidente come, in materia di localizzazione di impianti di produzione di energia rinnovabile, alle regioni sia consentita esclusivamente l'individuazione, caso per caso, di «aree e siti non idonei», avendo specifico riguardo alle diverse fonti e alle diverse taglie di impianto, in via di eccezione e solo qualora cio' sia necessario per proteggere interessi costituzionalmente rilevanti.

Cio' premesso, appare opportuno rilevare come codesta Ecc.ma Corte abbia avuto modo di affermare in piu' occasioni come il principio di massima diffusione delle fonti di energia rinnovabile, derivante dalla normativa europea e recepito dal legislatore nazionale, «trova attuazione nella generale utilizzabilita' di tutti i terreni per l'inserimento di tali impianti, con le eccezioni, stabilite dalle regioni, ispirate alla tutela di altri interessi costituzionalmente protetti nell'ambito delle materie di competenza delle regioni stesse. Non appartiene invece alla competenza legislativa della stessa regione la modifica, anzi il rovesciamento, del principio generale contenuto nell'art. 12, comma 10, del decreto legislativo n. 387 del 2003. [...],» (sentenza n. 224 del 2012); e' cio' in conformita' con l'orientamento gia' espresso con la sentenza n. 44 del 2011, nella quale era stato affermato che «non e' consentito alle regioni, [neppure] in assenza di linee guida approvate in Conferenza unificata, porre limiti di edificabilita' degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, su determinate zone del territorio regionale (sentenze n. 119 e n. 344 del 2010; n. 166 e n. 382 del 2009)».

Con la successiva sentenza n. 30 gennaio 2014, n. 13 codesta Ecc.ma Corte, chiamata a pronunciarsi sulla questione di legittimita' costituzionale sollevata dal Tribunale amministrativo regionale Campania in relazione alla legge della Regione Campania n. 11/2011 di disciplina, tra l'altro, delle distanze tra aerogeneratori ha ribadito il principio secondo cui le regioni possono individuare le aree non idonee a condizione che le stesse vengano esattamente specificate, essendo loro vietato introdurre un divieto generalizzato che di fatto si sostanzi in un ribaltamento del principio generale stabilito dal legislatore nazionale e dai principi dell'Unione europea in materia (cfr. direttive 2001/77/CE e 2009/28/CE) che impongono la massima diffusione delle energie rinnovabili.

In altre parole, alle regioni e' consentito soltanto individuare, caso per caso, «aree e siti non idonei» alla installazione di impianti di produzione di energia rinnovabile ai sensi dell'art. 12, comma 10, del decreto legislativo n. 387 del 2003 e del paragrafo 17 delle linee guida, avendo specifico riguardo alle diverse fonti e alle diverse taglie di impianto, in via di eccezione e solo qualora cio' sia necessario per proteggere interessi costituzionalmente rilevanti.

Il margine di intervento riconosciuto al legislatore regionale non permette invece che le regioni prescrivano limiti generali, specie nella forma di distanze minime, perche' cio' contrasterebbe con il principio fondamentale di massima diffusione delle fonti di energia rinnovabili, stabilito dal legislatore statale in conformita' alla normativa dell'Unione europea. (cfr. Corte Cost. sent. n. 69/2018).

Con la citata sentenza n. 69/2018, codesta Corte ha richiamato la sentenza n. 308 del 2011, con la quale aveva sancito l'illegittimita' costituzionali di disposizioni che prevedevano un divieto arbitrario, generalizzato e indiscriminato di localizzazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabile, ed ha conseguentemente osservato che i principi ivi indicati vanno ribaditi, nel senso che: «Il principio di derivazione comunitaria della massima diffusione degli impianti di energia a fonte rinnovabile puo' trovare eccezione in presenza di esigenze di tutela della salute, paesaggistico-ambientale e dell'assetto urbanistico del territorio (sentenze n. 13 del 2014 e 224 del 2012), ma la compresenza dei diversi interessi coinvolti, tutti costituzionalmente rilevanti, ha come luogo elettivo di composizione il procedimento amministrativo, come previsto al paragrafo 17.1. dalle Linee guida, secondo cui «[....] l'individuazione della non idoneita' dell'area e' operata dalle regioni attraverso un'apposita istruttoria avente ad oggetto la ricognizione delle disposizioni volte alla tutela dell'ambiente, del paesaggio, del patrimonio storico e artistico, delle tradizioni agroalimentari locali, della biodiversita' e del paesaggio rurale che identificano obiettivi di protezione non compatibili con l'insediamento, in determinate aree, di specifiche tipologie e/o dimensioni di impianti, i quali determinerebbero, pertanto, una elevata probabilita' di esito negativo delle valutazioni, in sede di autorizzazione [...]».

E' nella sede procedimentale, dunque, che puo' e deve avvenire la valutazione sincronica degli interessi pubblici coinvolti e meritevoli di tutela, a confronto sia con l'interesse del soggetto privato operatore economico, sia ancora (e non da ultimo) con ulteriori interessi di cui sono titolari singoli cittadini e comunita', e che trovano nei principi costituzionali la loro previsione e tutela. La struttura del procedimento amministrativo, infatti, rende possibili l'emersione di tali interessi, la loro adeguata prospettazione, nonche' la pubblicita' e la trasparenza della loro valutazione, in attuazione dei principi di cui all'art. 1 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi): efficacia, imparzialita', pubblicita' e trasparenza. Viene in tal modo garantita, in primo luogo, l'imparzialita' della scelta, alla stregua dell'art. 97 Cost., ma poi anche il perseguimento, nel modo piu' adeguato ed efficace, dell'interesse primario, in attuazione del principio del buon andamento dell'amministrazione, di cui allo stesso art. 97 Cost.

In definitiva viene in tal modo garantito il rispetto del principio di legalita' - anch'esso desumibile dall'art. 97 Cost. - in senso non solo formale, come attribuzione normativa del potere, ma anche sostanziale, come esercizio del potere in modo coerente con la fonte normativa di attribuzione. Difatti, a chiusura del sistema, vi e' la possibilita' di sottoporre le scelte compiute e le relative modalita' di adozione al vaglio giurisdizionale».

Un ultimo richiamo, infine, va effettuato con riferimento alla recentissima sentenza di codesta Ecc.ma Corte del 26 luglio 2018, n. 177 con la quale e' stata dichiarata l'illegittimita' dell'art. 15, comma 3, della legge della Regione Campania 5 aprile 2016, n. 6 (c.d. moratoria sull'eolico); in tale sede codesta Corte costituzionale ha confermato il proprio costante orientamento in materia, affermando che: «La scelta della norma censurata di sospendere il rilascio dell'autorizzazione unica non solo trascura completamente le istanze recate dalle normative europea e nazionale precedentemente richiamate, ma paralizza - seppur momentaneamente - la stessa sede in cui tutti gli interessi coinvolti debbono confluire per trovare adeguato contemperamento onde garantire il buon andamento dell'azione amministrativa. In altre parole, l'esigenza della regione di assicurarsi gli spazi deliberativi di cui all'art. 15, commi 1 e 2 della legge reg. Campania n. 6 del 2016, e' stata fatta valere al di fuori degli schemi procedimentali tipizzati dal legislatore competente e sostanzialmente si e' tradotta, per il periodo della moratoria, in una sottrazione dell'intero territorio regionale alla costruzione e all'esercizio di impianti eolici. Cio' e' in contrasto con quanto affermato da questa Corte proprio nei confronti della Regione Campania con riguardo a uno degli spazi rimessi all'iniziativa regionale in rilievo, vale a dire che «il margine di intervento riconosciuto al legislatore regionale per individuare "le aree e i siti non idonei» alla installazione di impianti di produzione di energia rinnovabile ai sensi dell'art. 12, comma 10, del decreto legislativo n. 387 del 2003 e del paragrafo 17 delle linee guida, non permette in alcun modo che le regioni prescrivano limiti generali, valevoli sull'intero territorio regionale [...] perche' cio' contrasterebbe con il principio fondamentale di massima diffusione delle fonti di energia rinnovabili, stabilito dal legislatore statale in conformita' alla normativa dell'Unione europea" (sentenza n. 13 del 2014)».

Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, si ritiene che la soluzione legislativa adottata dalla Regione Liguria, nello stabilire in via generale, senza istruttoria e valutazione in concreto nella sede procedimentale dei siti di localizzazione, distanze minime per la collocazione degli impianti non previste dalla disciplina statale, non garantisce il rispetto di questi principi fondamentali e non permette un'adeguata tutela dei molteplici e rilevanti interessi coinvolti.

Pertanto, l'art. 23 della legge regionale in oggetto contrasta, per il tramite dell'art. 12, comma 10, del decreto legislativo n. 387 del 2003 e delle richiamate Linee guida (paragrafi 1.2. e 17.1.) con il parametro costituzionale sopra indicato.

Le richiamate norme statali di riferimento costituiscono, infatti, principi fondamentali in materia di «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia», che, ai sensi dell'art. 117, terzo comma, Cost. e' oggetto di potesta' legislativa concorrente, in base alla quale le regioni sono tenute al rispetto dei principi fondamentali espressi dallo Stato.

2. L'art. 23 della legge regionale n. 15/2018 viola, inoltre, l'art. 97, primo comma della Costituzione.

Infatti secondo l'insegnamento di codesta Corte costituzionale (sentenza n. 69 del 2018 gia' sopra richiamata) «[e] nella sede procedimentale [...] che puo' e deve avvenire la valutazione sincronica degli interessi pubblici coinvolti e meritevoli di tutela, a confronto sia con l'interesse del soggetto privato operatore economico, sia ancora (e non da ultimo) con ulteriori interessi di cui sono titolari singoli cittadini e comunita', e che trovano nei principi costituzionali la loro previsione e tutela. La struttura del procedimento amministrativo, infatti, rende possibili l'emersione di tali interessi, la loro adeguata prospettazione, nonche' la pubblicita' e la trasparenza della loro valutazione, in attuazione dei principi di cui all'art. 1 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi): efficacia, imparzialita', pubblicita' e trasparenza. Viene in tal modo garantita, in primo luogo, l'imparzialita' della scelta, alla stregua dell'art. 97 Cost., ma poi anche il perseguimento, nel modo piu' adeguato ed efficace, dell'interesse primario, in attuazione del principio del buon andamento dell'amministrazione, di cui allo stesso art. 97 Cost.».

Pertanto, la previsione generalizzata di una distanza minima tra aerogeneratori viola il suddetto principio di buon andamento della Pubblica Amministrazione di cui al citato art. 97 Cost. in quanto limita la possibilita' di valutare, in concreto, gli interessi pubblici e privati di volta in volta coinvolti al fine di perseguire al meglio l'interesse primario, cosi' minando l'imparzialita' e trasparenza della scelta dell'Amministrazione.

Tanto premesso, la Presidenza del Consiglio dei ministri, come in epigrafe rappresentata, difesa e domiciliata, chiede l'accoglimento delle seguenti conclusioni.

P.Q.M.

Voglia l'Ecc.ma Corte costituzionale adita accogliere il presente ricorso e per l'effetto dichiarare l'illegittimita' costituzionale della disposizione oggetto di censura, articoli 23 della legge Regione Liguria n. 15 del 2018.

Si deposita la determinazione della Presidenza del Consiglio dei ministri del 4 ottobre 2018.

 

Roma, 8 ottobre 2018

L'Avvocato dello Stato: Nunziata

 

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