Ricorso n. 71 del 19 luglio 2005 (Regione Campania)
N. 71 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 19 luglio 2005.
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 19 luglio 2005 (della Regione Campania)
(GU n. 33 del 17-8-2005)
Ricorso depositato il 19 luglio 2005 della Regione Campania, in
persona del presidente della giunta regionale pro tempore on. Antonio
Bassolino, rappresentato e difeso, giusta mandato a margine ed in
virtu' della deliberazione della giunta regionale n. 881 dell'8
luglio 2005 dal prof. avv. Vincenzo Cocozza e dall'avv. Vincenzo
Baroni dell'Avvocatura regionale, insieme con i quali elettivamente
domicilia in Roma, presso l'Ufficio di rappresentanza della Regione
Campania alla via Poli n. 29;
Contro: il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore; per
la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 12, commi
1, 2, 3, 4, 5 e 7 del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35 recante
«disposizioni urgenti nell'ambito del piano di azione per lo sviluppo
economico, sociale e territoriale», nel testo convertito dalla legge
14 maggio 2005, n. 80, pubblicata nel supplemento ordinario della
Gazzetta Ufficiale n. 111 del 14 maggio 2005,
F a t t o
1. - Nella Gazzetta Ufficiale del 14 maggio 2005, n. 111, e'
stata pubblicata la legge n. 80 del 14 maggio 2005, che ha
convertito, con modifiche, il decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35
recante «disposizioni urgenti nell'ambito del piano di azione per lo
sviluppo economico, sociale e territoriale».
In particolare, l'art. 12 del decreto-legge, come convertito,
reca una disciplina incidente sulla materia del turismo di competenza
regionale, per di piu' attraverso l'attribuzione ad organi dello
Stato di funzioni che incidono fortemente sull'autonomia
costituzionalmente garantita alle regioni nel settore e la
costituzione di strutture controllate dallo Stato alle quali si
riconoscono tanto ampie quanto vaghe competenze nel medesimo settore.
Un siffatto intervento, per la segnalata portata e per i
contenuti della previsione, concreta una serie di vizi di
legittimita' costituzionale che inducono alla proposizione del
presente ricorso per i seguenti
M o t i v i
1. - Violazione degli artt. 114, 117, 118 E 119 della
Costituzione. Lesione della sfera di competenza delle regioni.
Violazione del principio di leale cooperazione. Violazione dell'art.
3 Cost. Irragionevolezza.
Il decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, come modificato dalla
legge di conversione 14 maggio 2005, n. 80, nell'art. 12, come detto,
disciplina un importante intervento dello Stato nell'ambito del
settore turistico.
E' bene dire subito che si tratta di una disciplina che va a
incidere, anche per l'espressa formulazione utilizzata, sulle
politiche del settore turistico, e che persegue questo obiettivo
attraverso strutture di livello statale e discipline normative sempre
imputabili allo Stato che vanno a limitare fortemente, e per certi
versi a vanificare, l'autonomia costituzionale garantita alle regioni
dal novellato Titolo V, Parte II, della Costituzione.
La normativa, quale si sviluppa nei commi impugnati, mostra nel
suo complesso e nel raccordo tra le parti questo insuperabile
contrasto con la disciplina costituzionale. Pertanto, l'impugnativa
della Regione Campania e' da ritenersi proposta sia nei confronti del
complessivo impianto normativo come delineato nei commi impugnati,
sia nei confronti di questi ultimi alla stregua degli specifici vizi
che vengono qui dedotti nei confronti dei singoli comuni dell'
art. 12, cosi' come rappresentati nell' epigrafe della presente
impugnativa.
1.1. - Il I comma dell'articolo 12 prevede la istituzione di un
organismo statale, Comitato Nazionale per il Turismo, che e' chiamato
a svolgere il coordinamento stabile delle politiche di indirizzo e ad
orientare le politiche turistiche regionali, nonche' funzioni di
indirizzo per l'attivita' dell'Agenzia Nazionale del Turismo, di cui
al comma 11.
Lo stesso comma I prevede, poi, che tale Comitato sia istituito
con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.
A tale decreto la legge affida anche la individuazione dei
componenti statali (Ministri e Viceministri) in aggiunta a quelli
stabiliti dalla legge medesima, senza peraltro neanche precisarne il
numero.
La normativa contenuta nel comma I, cosi' descritta, e' in chiaro
contrasto con la disciplina costituzionale individuata come parametro
nel momento in cui la legge statale pretende, in una materia che non
e' di competenza esclusiva statale e neanche concorrente, di
governare le politiche attraverso un organismo centrale.
L'illegittimita' si amplifica considerando che la disciplina
dell'organo statale istituito (Comitato Nazionale per il Turismo) e'
sostanzialmente affidata ad un decreto del Presidente del Consiglio
dei ministri, ossia un atto dello Stato da escludersi in base al
riparto delle competenze contenute nell'art. 117 Cost.
Si tratta di una rilevante attrazione nell'ambito della
competenza statale, sol che si consideri che il d.P.C.m. potra'
modulare le competenze dell'organismo incidendo in maniera
significativa anche sul piano della composizione.
Le competenze disegnate dalla legge, peraltro in maniera
illegittima, per le quali e' consentito un successivo intervento
integrativo-specificativo, cosi' come l'affidamento al d.P.C.m. della
scelta del numero attraverso la individuazione dei componenti, non
offrono alcuna garanzia sul piano della composizione, anche a voler
ammettere, per assurdo, che un tale organo di livello statale sia
ammissibile.
Il comma I impugnato, pertanto, per il tipo di intervento, per la
disciplina contenuta nel disegnare le funzioni, per il rinvio ad atto
governativo, si pone in irrimediabile contrasto con l'art. 117 della
Costituzione e con il riparto del potere normativo che tale norma
costituzionale contempla.
Non meno grave la violazione del principio di leale cooperazione,
dal momento che la unilaterale determinazione dello Stato di
disciplinare un settore nel quale non e' stabilita alcuna sua
competenza, evidenzia un contrasto con il principio costituzionale
che deve governare i rapporti Stato-Regione. Principio inciso in modo
forte e non contemperato dalla composizione dell'organismo in quanto
la rappresentanza regionale e', comunque, inidonea ad ottenere la
garanzia dell'autonomia dell'Ente ed e' esposta, per di piu', alla
variabile individuazione numerica dei rappresentanti statali
(Ministri e Vice-Ministri) che la legge, come si e' detto, rinvia al
d.P.C.m.
Il contrasto e', pervero, anche con i principi di sussidiarieta'
e adeguatezza di cui all'art. 118 della Costituzione. Come ha gia'
piu' volte chiarito codesta ecc.ma Corte, l'eventuale deroga al
rigido riparto di competenze stabilito dall'art. 117 e' possibile,
oltre che nell'ambito di uno stretto scrutinio di ragionevolezza,
solo «in base a un accordo stipulato con la regione interessata»
(cfr. Corte cost., sent. 303/2003).
Infatti, «per giudicare se una legge statale che occupi uno
spazio sia invasiva delle attribuzioni regionali o non costituisca
invece applicazione dei principi di sussidiarieta' e adeguatezza
diviene elemento valutativo essenziale la previsione di una intesa
fra lo Stato e le regioni interessate alla quale sia subordinata
l'operativita' della disciplina» (cfr Corte cost. sent. n. 303/2003,
punto 4.1. del considerato in diritto). Diversamente, si perverrebbe
ad ammettere una assoluta e totale discrezionalita' del legislatore
nazionale, cui corrisponderebbe l'assenza di qualunque garanzia per
le regioni in ordine alle proprie potesta' legislative e
amministrative, nonche' la vanificazione della stessa rigidita' della
Costituzione.
1.2. - Il II comma dell'art. 12 procede alla trasformazione
dell'Ente Nazionale Italiano per il Turismo (ENIT) in Agenzia
Nazionale del Turismo e prevede che quest'ultimo organismo promuova
l'immagine unitaria dell'offerta turistica nazionale e ne favorisca
la commercializzazione.
Stabilisce, inoltre, che l'Agenzia sia sottoposta all'attivita'
di indirizzo e vigilanza del Ministro delle attivita' produttive.
Anche tale comma conferma la forte caratterizzazione di
accentramento statale delle competenze nella materia.
Si confermano, pertanto, i vizi dedotti, soprattutto considerando
che l'Agenzia Nazionale del Turismo, ai sensi del II comma, e'
sottoposta all'attivita' di indirizzo e vigilanza ministeriale.
Sotto questo profilo, alla illegittimita' del controllo operato
attraverso gli organi ministeriali, si somma un vizio di
contraddittorieta' ed incoerenza della disciplina legislativa statale
che si riflette sulla garanzia dell'autonomia costituzionale della
regione.
La lettura del I e II comma consente, infatti, di notare che
l'Agenzia e' sottoposta ad una duplice attivita' di indirizzo: quella
del Comitato Nazionale per il Turismo e quella del Ministro delle
attivita' produttive. Al di la' delle facilmente ipotizzabili
divergenze fra le linee provenienti da organi differenti, e' da porre
in evidenza che, seppure le regioni riuscissero ad ottenere una
qualche significativa presenza nel Comitato Nazionale per poter
orientare l'attivita' dell'Agenzia, cio' sarebbe completamente
vanificato dalla previsione di un controllo ministeriale.
1.3. - Il III e IV comma dell'art. 12 impugnato prevedono, poi,
la struttura e le funzioni dell'Agenzia (comma III) e la successione
nelle funzioni dell'EMT (comma IV).
Se ne conferma la denunciata caratterizzazione di organismo
centrale non mitigata, come si dira', da cio' che prevede il
successivo comma VII.
Gli organi dell'Agenzia sono stati indicati dalla legge statale,
stabilendosi che essi siano il Presidente, il Consiglio di
Amministrazione, il Collegio dei Revisori dei Conti. Nulla viene
aggiunto dalla legge e vi e' soltanto un improprio ed illegittimo
rinvio ad un atto regolamentare da adottarsi ai sensi del comma II,
dell'art. 17, legge n. 400/1988, che non offre alcuna garanzia per
cio' che riguarda la partecipazione del livello regionale.
Per di piu' il comma III, ancora una volta, seppur con formule
vaghe, prevede un'autonomia statutaria, regolamentare, organizzativa,
patrimoniale, contabile e di gestione dell'Agenzia. Si tratta di
funzioni ampie, per le quali va denunciata l'illegittimita' della
disciplina legale; soprattutto colpisce la previsione dell'autonomia
regolamentate, contabile e di gestione.
Una potesta' regolamentate di tal tipo e' funzionale
all'approvazione di atti idonei ad incidere sulla pienezza delle
competenze regionali.
Una autonomia contabile e patrimoniale collide con le competenze
regionali, laddove si consideri che, ai sensi del successivo comma V,
la legge contempla contributi delle regioni e delle amministrazioni
regionali e locali.
La normativa statale opera in tal modo una sottrazione delle
risorse regionali affidandone il governo ad un organo dello Stato.
1.4. - Il comma V prevede che le spese necessarie per il
funzionamento dell'Agenzia siano sostenute utilizzando quali entrate
anche i contributi delle regioni e delle amministrazioni regionali e
locali.
Attraverso tale illegittima determinazione, la legge impone alla
regione un onere non previsto e non deciso dall'ente, aggiungendo
d'imperio al bilancio regionale una voce di spesa frutto non di una
autonoma volonta' regolarmente formatasi in seno al consiglio e alla
giunta regionale, organi titolari esclusivi delle competenze in
relazione all'atto di indirizzo politico regionale, ma della
manifestazione di volonta' di un ente soggettivamente distinto, al
quale e' inibito, dal sistema costituzionale, di interferire in
scelte di politica regionale laddove tali scelte riguardino materie
costituzionalmente riservate.
Cio', dunque, viola l'art. 119 della Carta costituzionale,
determinando una compressione della autonomia regionale in quanto
impone di stornare risorse (regionali) finanziarie a favore di spese
non previste, piuttosto che in altra direzione.
Sul punto vi e' un costante insegnamento della Corte
costituzionale, anche precedente alla riforma del 2001, che ha
sottolineato come la garanzia dell'autonomia finanziaria regionale
«comporta che non possano essere addossati al bilancio regionale gli
oneri derivanti da decisioni non imputabili alla regione stessa»
(Corte cost. 19/27 luglio 1989, n. 452). Ed ancora che la norma che
impone alla regione di farsi carico delle spese conseguenti a scelte
legislative dello Stato «viola l'autonomia finanziaria, di bilancio e
di spesa delle regioni, operando un condizionamento della medesima
finanza regionale ed urta contro il principio del parallelismo fra
responsabilita' di disciplina e di controllo e responsabilita'
finanziaria» (Corte cost. n. 416/1995 e n. 355/1993).
1.5. - Il comma VII prevede l'intervento di un atto regolamentate
in sede di delegificazione, con il quale si deve procedere alla
organizzazione e alla disciplina della Agenzia.
In questo comma e' contemplata, peraltro, l'istituzione di un
Comitato tecnico-consultivo e di un Osservatorio nazionale del
turismo, nonche' la partecipazione negli organi dei rappresentanti
della regioni, dello Stato, delle Associazioni di categoria e delle
Camere di commercio, industria e artigianato.
Il comma, poi, procede a integrare i compiti della Agenzia
attraverso la previsione che la stessa si occupi dello «sviluppo e la
cura del turismo culturale e del turismo congressuale, in raccordo
con le iniziative di valorizzazione del patrimonio culturale».
Il comma impugnato, in una materia che non afferisce alla
competenza dello Stato, prevede l'intervento di un regolamento in
sede di delegificazione, che e' inammissibile ai sensi dell'art. 117
Cost.
Il vizio eccepito travolge l'intero comma, nei confronti del
quale, peraltro, valgono e si rafforzano le osservazioni in
precedenza compiute in ordine alla illegittimita' della disciplina.
La legge si limita in maniera assolutamente indeterminata a
prevedere la partecipazione di rappresentanti della regione.
Non e' dato intendere il tipo di rappresentanza, la
qualificazione degli organi in cui essa e' necessaria, la idoneita'
ad assicurare una effettiva presenza. Il tutto e', nella
effettivita', affidato all'atto regolamentare.
Per di piu' tale atto regolamentate deve provvedere, come si e'
anticipato, alla organizzazione e alla disciplina dell'Agenzia. Sotto
questo profilo, per un verso, si manifesta la contradditorita' nel
testo legislativo, che prevede una autonomia organizzativa di questo
organismo nel comma III, ed affida, poi, a un atto regolamentare, nel
comma VII, lo stesso ambito di disciplina. Contraddittorieta', in
ogni caso, che conferma anche per questo aspetto i vizi dedotti, dal
momento che si origina un circuito di disciplina che esclude,
comunque, le regioni e quindi incide sulla loro autonomia.
Nel comma VII, vi e' poi una ulteriore accentuazione dei vizi
dedotti e dell'incidenza sull'autonomia regionale, laddove, tra i
compiti dell'Agenzia si prevede l'attrazione in capo a tale organismo
di funzioni (sviluppo e cura del turismo culturale e del turismo
congressuale, in raccordo con le iniziative di valorizzazione del
patrimonio culturale) che si segnalano come specificazioni della
competenza regionale, puntualmente fissata nell'art. 117 Cost.
P. Q. M.
Si conclude affinche' l'ecc.ma Corte costituzionale voglia, in
accoglimento del presente ricorso, dichiarare l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 12, commi 1, 2, 3, 4, 5 e 7 del
decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, nel testo convertito dalla legge
14 maggio 2005, n. 80, nei termini indicati, per violazione degli
artt. 3, 114, 117, 118 e 119 cost. dei principi di ragionevolezza e
di leale cooperazione fra Stato e regione e per lesione della sfera
di competenza della regione.
Napoli-Roma, addi' 11 luglio 2005
Prof. avv. Vincenzo Cocozza - Avv. Vincenzo Baroni
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 19 luglio 2005 (della Regione Campania)
(GU n. 33 del 17-8-2005)
Ricorso depositato il 19 luglio 2005 della Regione Campania, in
persona del presidente della giunta regionale pro tempore on. Antonio
Bassolino, rappresentato e difeso, giusta mandato a margine ed in
virtu' della deliberazione della giunta regionale n. 881 dell'8
luglio 2005 dal prof. avv. Vincenzo Cocozza e dall'avv. Vincenzo
Baroni dell'Avvocatura regionale, insieme con i quali elettivamente
domicilia in Roma, presso l'Ufficio di rappresentanza della Regione
Campania alla via Poli n. 29;
Contro: il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore; per
la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 12, commi
1, 2, 3, 4, 5 e 7 del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35 recante
«disposizioni urgenti nell'ambito del piano di azione per lo sviluppo
economico, sociale e territoriale», nel testo convertito dalla legge
14 maggio 2005, n. 80, pubblicata nel supplemento ordinario della
Gazzetta Ufficiale n. 111 del 14 maggio 2005,
F a t t o
1. - Nella Gazzetta Ufficiale del 14 maggio 2005, n. 111, e'
stata pubblicata la legge n. 80 del 14 maggio 2005, che ha
convertito, con modifiche, il decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35
recante «disposizioni urgenti nell'ambito del piano di azione per lo
sviluppo economico, sociale e territoriale».
In particolare, l'art. 12 del decreto-legge, come convertito,
reca una disciplina incidente sulla materia del turismo di competenza
regionale, per di piu' attraverso l'attribuzione ad organi dello
Stato di funzioni che incidono fortemente sull'autonomia
costituzionalmente garantita alle regioni nel settore e la
costituzione di strutture controllate dallo Stato alle quali si
riconoscono tanto ampie quanto vaghe competenze nel medesimo settore.
Un siffatto intervento, per la segnalata portata e per i
contenuti della previsione, concreta una serie di vizi di
legittimita' costituzionale che inducono alla proposizione del
presente ricorso per i seguenti
M o t i v i
1. - Violazione degli artt. 114, 117, 118 E 119 della
Costituzione. Lesione della sfera di competenza delle regioni.
Violazione del principio di leale cooperazione. Violazione dell'art.
3 Cost. Irragionevolezza.
Il decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, come modificato dalla
legge di conversione 14 maggio 2005, n. 80, nell'art. 12, come detto,
disciplina un importante intervento dello Stato nell'ambito del
settore turistico.
E' bene dire subito che si tratta di una disciplina che va a
incidere, anche per l'espressa formulazione utilizzata, sulle
politiche del settore turistico, e che persegue questo obiettivo
attraverso strutture di livello statale e discipline normative sempre
imputabili allo Stato che vanno a limitare fortemente, e per certi
versi a vanificare, l'autonomia costituzionale garantita alle regioni
dal novellato Titolo V, Parte II, della Costituzione.
La normativa, quale si sviluppa nei commi impugnati, mostra nel
suo complesso e nel raccordo tra le parti questo insuperabile
contrasto con la disciplina costituzionale. Pertanto, l'impugnativa
della Regione Campania e' da ritenersi proposta sia nei confronti del
complessivo impianto normativo come delineato nei commi impugnati,
sia nei confronti di questi ultimi alla stregua degli specifici vizi
che vengono qui dedotti nei confronti dei singoli comuni dell'
art. 12, cosi' come rappresentati nell' epigrafe della presente
impugnativa.
1.1. - Il I comma dell'articolo 12 prevede la istituzione di un
organismo statale, Comitato Nazionale per il Turismo, che e' chiamato
a svolgere il coordinamento stabile delle politiche di indirizzo e ad
orientare le politiche turistiche regionali, nonche' funzioni di
indirizzo per l'attivita' dell'Agenzia Nazionale del Turismo, di cui
al comma 11.
Lo stesso comma I prevede, poi, che tale Comitato sia istituito
con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.
A tale decreto la legge affida anche la individuazione dei
componenti statali (Ministri e Viceministri) in aggiunta a quelli
stabiliti dalla legge medesima, senza peraltro neanche precisarne il
numero.
La normativa contenuta nel comma I, cosi' descritta, e' in chiaro
contrasto con la disciplina costituzionale individuata come parametro
nel momento in cui la legge statale pretende, in una materia che non
e' di competenza esclusiva statale e neanche concorrente, di
governare le politiche attraverso un organismo centrale.
L'illegittimita' si amplifica considerando che la disciplina
dell'organo statale istituito (Comitato Nazionale per il Turismo) e'
sostanzialmente affidata ad un decreto del Presidente del Consiglio
dei ministri, ossia un atto dello Stato da escludersi in base al
riparto delle competenze contenute nell'art. 117 Cost.
Si tratta di una rilevante attrazione nell'ambito della
competenza statale, sol che si consideri che il d.P.C.m. potra'
modulare le competenze dell'organismo incidendo in maniera
significativa anche sul piano della composizione.
Le competenze disegnate dalla legge, peraltro in maniera
illegittima, per le quali e' consentito un successivo intervento
integrativo-specificativo, cosi' come l'affidamento al d.P.C.m. della
scelta del numero attraverso la individuazione dei componenti, non
offrono alcuna garanzia sul piano della composizione, anche a voler
ammettere, per assurdo, che un tale organo di livello statale sia
ammissibile.
Il comma I impugnato, pertanto, per il tipo di intervento, per la
disciplina contenuta nel disegnare le funzioni, per il rinvio ad atto
governativo, si pone in irrimediabile contrasto con l'art. 117 della
Costituzione e con il riparto del potere normativo che tale norma
costituzionale contempla.
Non meno grave la violazione del principio di leale cooperazione,
dal momento che la unilaterale determinazione dello Stato di
disciplinare un settore nel quale non e' stabilita alcuna sua
competenza, evidenzia un contrasto con il principio costituzionale
che deve governare i rapporti Stato-Regione. Principio inciso in modo
forte e non contemperato dalla composizione dell'organismo in quanto
la rappresentanza regionale e', comunque, inidonea ad ottenere la
garanzia dell'autonomia dell'Ente ed e' esposta, per di piu', alla
variabile individuazione numerica dei rappresentanti statali
(Ministri e Vice-Ministri) che la legge, come si e' detto, rinvia al
d.P.C.m.
Il contrasto e', pervero, anche con i principi di sussidiarieta'
e adeguatezza di cui all'art. 118 della Costituzione. Come ha gia'
piu' volte chiarito codesta ecc.ma Corte, l'eventuale deroga al
rigido riparto di competenze stabilito dall'art. 117 e' possibile,
oltre che nell'ambito di uno stretto scrutinio di ragionevolezza,
solo «in base a un accordo stipulato con la regione interessata»
(cfr. Corte cost., sent. 303/2003).
Infatti, «per giudicare se una legge statale che occupi uno
spazio sia invasiva delle attribuzioni regionali o non costituisca
invece applicazione dei principi di sussidiarieta' e adeguatezza
diviene elemento valutativo essenziale la previsione di una intesa
fra lo Stato e le regioni interessate alla quale sia subordinata
l'operativita' della disciplina» (cfr Corte cost. sent. n. 303/2003,
punto 4.1. del considerato in diritto). Diversamente, si perverrebbe
ad ammettere una assoluta e totale discrezionalita' del legislatore
nazionale, cui corrisponderebbe l'assenza di qualunque garanzia per
le regioni in ordine alle proprie potesta' legislative e
amministrative, nonche' la vanificazione della stessa rigidita' della
Costituzione.
1.2. - Il II comma dell'art. 12 procede alla trasformazione
dell'Ente Nazionale Italiano per il Turismo (ENIT) in Agenzia
Nazionale del Turismo e prevede che quest'ultimo organismo promuova
l'immagine unitaria dell'offerta turistica nazionale e ne favorisca
la commercializzazione.
Stabilisce, inoltre, che l'Agenzia sia sottoposta all'attivita'
di indirizzo e vigilanza del Ministro delle attivita' produttive.
Anche tale comma conferma la forte caratterizzazione di
accentramento statale delle competenze nella materia.
Si confermano, pertanto, i vizi dedotti, soprattutto considerando
che l'Agenzia Nazionale del Turismo, ai sensi del II comma, e'
sottoposta all'attivita' di indirizzo e vigilanza ministeriale.
Sotto questo profilo, alla illegittimita' del controllo operato
attraverso gli organi ministeriali, si somma un vizio di
contraddittorieta' ed incoerenza della disciplina legislativa statale
che si riflette sulla garanzia dell'autonomia costituzionale della
regione.
La lettura del I e II comma consente, infatti, di notare che
l'Agenzia e' sottoposta ad una duplice attivita' di indirizzo: quella
del Comitato Nazionale per il Turismo e quella del Ministro delle
attivita' produttive. Al di la' delle facilmente ipotizzabili
divergenze fra le linee provenienti da organi differenti, e' da porre
in evidenza che, seppure le regioni riuscissero ad ottenere una
qualche significativa presenza nel Comitato Nazionale per poter
orientare l'attivita' dell'Agenzia, cio' sarebbe completamente
vanificato dalla previsione di un controllo ministeriale.
1.3. - Il III e IV comma dell'art. 12 impugnato prevedono, poi,
la struttura e le funzioni dell'Agenzia (comma III) e la successione
nelle funzioni dell'EMT (comma IV).
Se ne conferma la denunciata caratterizzazione di organismo
centrale non mitigata, come si dira', da cio' che prevede il
successivo comma VII.
Gli organi dell'Agenzia sono stati indicati dalla legge statale,
stabilendosi che essi siano il Presidente, il Consiglio di
Amministrazione, il Collegio dei Revisori dei Conti. Nulla viene
aggiunto dalla legge e vi e' soltanto un improprio ed illegittimo
rinvio ad un atto regolamentare da adottarsi ai sensi del comma II,
dell'art. 17, legge n. 400/1988, che non offre alcuna garanzia per
cio' che riguarda la partecipazione del livello regionale.
Per di piu' il comma III, ancora una volta, seppur con formule
vaghe, prevede un'autonomia statutaria, regolamentare, organizzativa,
patrimoniale, contabile e di gestione dell'Agenzia. Si tratta di
funzioni ampie, per le quali va denunciata l'illegittimita' della
disciplina legale; soprattutto colpisce la previsione dell'autonomia
regolamentate, contabile e di gestione.
Una potesta' regolamentate di tal tipo e' funzionale
all'approvazione di atti idonei ad incidere sulla pienezza delle
competenze regionali.
Una autonomia contabile e patrimoniale collide con le competenze
regionali, laddove si consideri che, ai sensi del successivo comma V,
la legge contempla contributi delle regioni e delle amministrazioni
regionali e locali.
La normativa statale opera in tal modo una sottrazione delle
risorse regionali affidandone il governo ad un organo dello Stato.
1.4. - Il comma V prevede che le spese necessarie per il
funzionamento dell'Agenzia siano sostenute utilizzando quali entrate
anche i contributi delle regioni e delle amministrazioni regionali e
locali.
Attraverso tale illegittima determinazione, la legge impone alla
regione un onere non previsto e non deciso dall'ente, aggiungendo
d'imperio al bilancio regionale una voce di spesa frutto non di una
autonoma volonta' regolarmente formatasi in seno al consiglio e alla
giunta regionale, organi titolari esclusivi delle competenze in
relazione all'atto di indirizzo politico regionale, ma della
manifestazione di volonta' di un ente soggettivamente distinto, al
quale e' inibito, dal sistema costituzionale, di interferire in
scelte di politica regionale laddove tali scelte riguardino materie
costituzionalmente riservate.
Cio', dunque, viola l'art. 119 della Carta costituzionale,
determinando una compressione della autonomia regionale in quanto
impone di stornare risorse (regionali) finanziarie a favore di spese
non previste, piuttosto che in altra direzione.
Sul punto vi e' un costante insegnamento della Corte
costituzionale, anche precedente alla riforma del 2001, che ha
sottolineato come la garanzia dell'autonomia finanziaria regionale
«comporta che non possano essere addossati al bilancio regionale gli
oneri derivanti da decisioni non imputabili alla regione stessa»
(Corte cost. 19/27 luglio 1989, n. 452). Ed ancora che la norma che
impone alla regione di farsi carico delle spese conseguenti a scelte
legislative dello Stato «viola l'autonomia finanziaria, di bilancio e
di spesa delle regioni, operando un condizionamento della medesima
finanza regionale ed urta contro il principio del parallelismo fra
responsabilita' di disciplina e di controllo e responsabilita'
finanziaria» (Corte cost. n. 416/1995 e n. 355/1993).
1.5. - Il comma VII prevede l'intervento di un atto regolamentate
in sede di delegificazione, con il quale si deve procedere alla
organizzazione e alla disciplina della Agenzia.
In questo comma e' contemplata, peraltro, l'istituzione di un
Comitato tecnico-consultivo e di un Osservatorio nazionale del
turismo, nonche' la partecipazione negli organi dei rappresentanti
della regioni, dello Stato, delle Associazioni di categoria e delle
Camere di commercio, industria e artigianato.
Il comma, poi, procede a integrare i compiti della Agenzia
attraverso la previsione che la stessa si occupi dello «sviluppo e la
cura del turismo culturale e del turismo congressuale, in raccordo
con le iniziative di valorizzazione del patrimonio culturale».
Il comma impugnato, in una materia che non afferisce alla
competenza dello Stato, prevede l'intervento di un regolamento in
sede di delegificazione, che e' inammissibile ai sensi dell'art. 117
Cost.
Il vizio eccepito travolge l'intero comma, nei confronti del
quale, peraltro, valgono e si rafforzano le osservazioni in
precedenza compiute in ordine alla illegittimita' della disciplina.
La legge si limita in maniera assolutamente indeterminata a
prevedere la partecipazione di rappresentanti della regione.
Non e' dato intendere il tipo di rappresentanza, la
qualificazione degli organi in cui essa e' necessaria, la idoneita'
ad assicurare una effettiva presenza. Il tutto e', nella
effettivita', affidato all'atto regolamentare.
Per di piu' tale atto regolamentate deve provvedere, come si e'
anticipato, alla organizzazione e alla disciplina dell'Agenzia. Sotto
questo profilo, per un verso, si manifesta la contradditorita' nel
testo legislativo, che prevede una autonomia organizzativa di questo
organismo nel comma III, ed affida, poi, a un atto regolamentare, nel
comma VII, lo stesso ambito di disciplina. Contraddittorieta', in
ogni caso, che conferma anche per questo aspetto i vizi dedotti, dal
momento che si origina un circuito di disciplina che esclude,
comunque, le regioni e quindi incide sulla loro autonomia.
Nel comma VII, vi e' poi una ulteriore accentuazione dei vizi
dedotti e dell'incidenza sull'autonomia regionale, laddove, tra i
compiti dell'Agenzia si prevede l'attrazione in capo a tale organismo
di funzioni (sviluppo e cura del turismo culturale e del turismo
congressuale, in raccordo con le iniziative di valorizzazione del
patrimonio culturale) che si segnalano come specificazioni della
competenza regionale, puntualmente fissata nell'art. 117 Cost.
P. Q. M.
Si conclude affinche' l'ecc.ma Corte costituzionale voglia, in
accoglimento del presente ricorso, dichiarare l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 12, commi 1, 2, 3, 4, 5 e 7 del
decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, nel testo convertito dalla legge
14 maggio 2005, n. 80, nei termini indicati, per violazione degli
artt. 3, 114, 117, 118 e 119 cost. dei principi di ragionevolezza e
di leale cooperazione fra Stato e regione e per lesione della sfera
di competenza della regione.
Napoli-Roma, addi' 11 luglio 2005
Prof. avv. Vincenzo Cocozza - Avv. Vincenzo Baroni