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N. 71 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 3 maggio 2010. |
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Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 3 maggio 2010 (della Provincia autonoma di Trento).
(GU n. 22 del 3-6-2010) |
Ricorso della Provincia autonoma di Trento, in persona del
Presidente Giunta provinciale pro tempore Lorenzo Dellai, autorizzato
con deliberazione della Giunta provinciale 23 aprile 2010, n. 945
(doc. 1), rappresentata e difesa, come da procura speciale n. rep.
27313 del 23 aprile 2010 (doc. 2), rogata dal dott. Tommaso
Sussarellu, Ufficiale rogante della Provincia, dall'avv. prof.
Giandomenico Falcon di Padova, dall'avv. Nicolo' Pedrazzoli
dell'Avvocatura della Provincia di Trento e dall'avv. Luigi Manzi di
Roma, con domicilio eletto in Roma nello studio di questi in via
Confalonieri, n. 5;
Contro il Presidente del Consiglio dei ministri e per la
dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 17; comma 1,
primo e secondo periodo, e comma 2, primo periodo, del decreto-legge
30 dicembre 2009, n. 195 (Disposizioni urgenti per la cessazione
dello stato di emergenza in materia di rifiuti nella regione
Campania, per l'avvio della fase post emergenziale nel territorio
della regione Abruzzo ed altre disposizioni urgenti relative alla
Presidenza del Consiglio dei ministri ed alla protezione civile),
come convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n.
26, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 48 del 27 febbraio 2010,
suppl. ord. n. 39, per violazione:
dello Statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige di
cui al d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, e precisamente dell'art. 8,
comma primo, numeri 1, 5, 6, 13 e 24; dell'art. 9, numeri 9 e 10;
dell'art. 16; dell'art. 14, commi 2 e 3, nonche' del titolo VI;
delle norme di attuazione di cui al d.P.R. 20 gennaio 1973,
n. 115; al d.P.R. 22 marzo 1974, n. 381; al d.P.R. 26 marzo 1977, n.
235; al d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, e al d.lgs. 16 marzo 1992, n.
268;
del principio di leale collaborazione,
nei modi e per i profili di seguito illustrati.
F a t t o
Le Province autonome hanno competenza legislativa primaria in
materia di «opere di prevenzione e di pronto soccorso per calamita'
pubbliche» (art. 8, n. 13, dello Statuto), di «opere idrauliche della
terza, quarta e quinta categoria» (art. 8, n. 24, dello Statuto),
nonche' in materia di «viabilita', acquedotti e lavori pubblici di
interesse provinciale» (art. 8, n. 17, dello Statuto), di
«urbanistica e piani regolatori» (art. 8, n. 5, dello Statuto) e di
«tutela del paesaggio» (art. 8, n. 6, dello Statuto). Inoltre, le
Province sono dotate di competenza legislativa concorrente in materia
di «utilizzazione delle acque pubbliche» (art. 9, n. 9, dello
Statuto) e di «igiene e sanita'» (art. 9, n. 10, dello Statuto).
Ai sensi dell'art. 16 dello Statuto, nelle materie di competenza
legislativa provinciale spettano alle Province autonome le relative
potesta' amministrative.
Il titolo VI dello Statuto speciale e le relative norme di
attuazione (decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268) assicurano
altresi' alle Province autonomia finanziaria nelle materie di propria
competenza.
L'art. 14, comma 2, dello Statuto speciale dispone che e'
«obbligatorio il parere della Provincia per le opere idrauliche di
prima e seconda categoria», e che «lo Stato e la Provincia
predispongono d'intesa un piano annuale di coordinamento delle opere
idrauliche di rispettiva competenza»; inoltre, in base al comma 3,
«l'utilizzazione delle acque pubbliche da parte dello Stato e della
Provincia, nell'ambito della rispettiva competenza, ha luogo in base
a un piano generale stabilito d'intesa tra i rappresentanti dello
Stato e della Provincia in seno a un apposito comitato».
Tali norme statutarie sono state attuate ed integrate dalle norme
di attuazione e, in particolare:
dal d.P.R. 20 gennaio 1973, n. 115, in materia di
trasferimento alle Province autonome dei beni demaniali e
patrimoniali dello Stato e della Regione, tra i quali rientrano anche
i beni appartenenti al demanio idrico e le opere di sistemazione
idraulico forestale dei bacini montani;
dal d.P.R. 22 marzo 1974, n. 381, in materia di urbanistica
ed opere pubbliche, nonche' in materia di protezione civile (v. in
particolare gli articoli 5, 7 e 8);
dal d.P.R. 26 marzo 1977, n. 235, in materia di energia,
compreso l'esercizio delle funzioni in materia di grandi derivazioni
a scopo idroelettrico.
Fra le norme di attuazione viene in rilievo soprattutto il d.P.R.
n. 381/1974, il cui art. 1 trasferisce alle Province autonome «le
attribuzioni dell'amministrazione dello Stato in materia di
urbanistica, di edilizia comunque sovvenzionata, di utilizzazione
delle acque pubbliche, di opere idrauliche, di opere di prevenzione e
pronto soccorso per calamita' pubbliche, di espropriazione per
pubblica utilita', di viabilita', acquedotti e lavori pubblici di
interesse provinciale, esercitate sia direttamente dagli organi
centrali e periferici dello Stato sia per il tramite di enti e di
istituti pubblici a carattere nazionale o sovra provinciali».
L'art. 5, comma 1, del medesimo decreto dispone poi che, «in
relazione al trasferimento alle province autonome di Trento e di
Bolzano del demanio idrico..., le province stesse esercitano tutte le
attribuzioni inerenti alla titolarita' di tale demanio ed in
particolare quelle concernenti la polizia idraulica e la difesa delle
acque dall'inquinamento», ed il comma 4 aggiunge che «il piano
generale per l'utilizzazione delle acque pubbliche previsto dall'art.
14 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n.
670, vale anche, per il rispettivo territorio, quale piano di bacino
di rilievo nazionale».
L'art. 7, d.P.R. n. 381/1974 delega alle Province autonome
«l'esercizio delle funzioni statali in materia di opere idrauliche di
prima e seconda categoria». L'art. 8, comma 1, statuisce che «il
piano generale per l'utilizzazione delle acque pubbliche... deve
programmare l'utilizzazione delle acque per i diversi usi e contenere
le linee fondamentali per una sistematica regolazione dei corsi
d'acqua con particolare riguardo alle esigenze di difesa del suolo,
nel reciproco rispetto delle competenze dello Stato e della provincia
interessata».
Con d.P.R. 15 febbraio 2006 e' stato reso esecutivo il Piano
generale di utilizzazione delle acque pubbliche relativo alla
provincia di Trento (PGUAP), ai sensi e per gli effetti degli
articoli 14 St. e 5 e 8 del d.P.R. n. 381 del 1974.
L'art. 1 (Piano generale per l'utilizzazione delle acque
pubbliche), comma 2, delle norme di attuazione P.G.U.A.P. ribadisce
che il medesimo piano «e' diretto a programmare l'utilizzazione delle
acque per i diversi usi e contiene le linee fondamentali per una
sistematica regolazione dei corsi d'acqua, con particolare riguardo
alle esigenze di difesa del suolo, e per la tutela delle risorse
idriche»; il comma 3 dispone che il Piano «concorre a garantire il
governo funzionalmente unitario dei bacini idrografici di rilievo
nazionale nei quali ricade il territorio provinciale», e «tiene luogo
dei piani di bacino di rilievo nazionale e di qualsiasi altro piano
stralcio degli stessi, ivi compresi quelli prescritti da leggi
speciali dello Stato». A questo proposito, e' opportuno ricordare che
i «piani stralcio per la tutela dal rischio idrogeologico», di cui
all'art. 67, comma 1, d.lgs. n. 152/2006, sono appunto piani stralcio
dei piani di bacino («Nelle more dell'approvazione dei piani di
bacino, le Autorita' di bacino adottano, ai sensi dell'art. 65, comma
8, piani stralcio di distretto per l'assetto idrogeologico (PAI), che
contengano in particolare l'individuazione delle aree a rischio
idrogeologico, la perimetrazione delle aree da sottoporre a misure di
salvaguardia e la determinazione delle misure medesime»).
L'art. 2 (Effetti del P.G.U.A.P.) delle norme di attuazione
P.G.U.A.P. dispone che, «ferme restando le competenze riservate alla
Provincia autonoma di Trento dallo Statuto speciale e dalle relative
norme di attuazione, il P.G.U.A.P. determina le direttive, gli
indirizzi e i vincoli ai quali devono conformarsi i piani e i
programmi provinciali, con riferimento... alla tutela dal rischio
idrogeologico e alle misure di prevenzione per le aree a rischio».
L'art. 2, comma 2, aggiunge che «i vincoli e le misure espressamente
indicati dal piano generale hanno in ogni caso effetto immediato,
qualora siano piu' restrittivi rispetto ai corrispondenti vincoli e
misure previsti dai vigenti piani o programmi provinciali ovvero
qualora si configurino come vincoli e misure non previsti dai
predetti piani o programmi». In base al comma 3, «le disposizioni di
cui ai commi 1 e 2 si applicano anche in relazione al piano
urbanistico provinciale ed ai piani urbanistici ad esso subordinati,
nonche' con riferimento ai piani e ai programmi degli enti locali».
Inoltre, il P.G.U.A.P. «sostituisce ogni altra disposizione e
indicazione, anche cartografica, contenuta nei piani e nei
provvedimenti adottati o approvati dalle Autorita' di bacino di
interesse nazionale» (compresi, dunque, e' da ritenere, i «piani
straordinari diretti a rimuovere le situazioni a piu' elevato rischio
idrogeologico», richiamati dall'art. 17, comma 1, d.l. n. 195/2009 e
previsti dall'art. 67, comma 2, d.lgs. n. 152/2006).
Il capo IV del d.P.R. 15 febbraio 2006 e' dedicato alle «aree a
rischio idrogeologico». In base all'art. 15, «il presente capo si
applica, se non e' diversamente disposto, alle aree a rischio
idrogeologico indicate nella cartografia informatizzata e
georeferenziata (GIS) descritta nella parte IV dell'elaborato di
piano con riferimento al rischio idraulico, di frana e di valanga».
Il comma 2 dispone che «costituiscono aree a rischio idrogeologico le
porzioni di territorio nelle quali sono presenti persone e/o beni
esposti agli effetti dannosi o distruttivi di esondazioni, frane o
valanghe»; le «aree a rischio sono suddivise in quattro classi di
gravosita' crescente (R1, R2, R3 ed R4) in funzione del livello di
pericolosita' dell'evento, della possibilita' di perdita di vite
umane e del valore dei beni presenti».
In base al comma 3, «l'individuazione, la perimetrazione e la
classificazione delle aree a rischio idrogeologico sono effettuate
dal presente piano in attuazione dell'art. 1, comma 1, del
decreto-legge 11 giugno 1998, n. 180, convertito, con modificazioni,
dalla legge 3 agosto 1998, n. 267, e in conformita' all'atto di
indirizzo e coordinamento emanato con decreto del Presidente del
Consiglio dei ministri 29 settembre 1998»; l'art. 1, comma 1, d.l. n.
180/1998 e' stato poi abrogato dal d.lgs. n. 152/2006.
Infine, il comma 4 statuisce che «la provincia assicura, nel
rispetto dei principi generali fissati dal presente piano,
l'aggiornamento delle metodologie per la classificazione della
pericolosita' idrogeologica ed il conseguente adeguamento della
cartografia del rischio».
L'art. 16 regola gli «interventi consentiti nelle aree R4»,
l'art. 17 gli «interventi consentiti nelle aree R3» e l'art. 18 gli
interventi nelle «aree a rischio medio e moderato».
E' inoltre evidente che - a parte le competenze specifiche ora
ricordate nel settore della difesa del suolo e delle acque - i lavori
connessi alla difesa del suolo si traducono tutti in lavori pubblici
di interesse provinciale, di competenza piena della Provincia.
Risulta dunque evidente che, in virtu' delle disposizione
statutarie, delle norme di attuazione dello Statuto nonche' delle
determinazioni assunte dalla Provincia e dallo Stato in attuazione di
esse, la ricorrente Provincia autonoma di Trento e' dotata di
competenza legislativa ed amministrativa nella materia della difesa
del suolo dal rischio idrogeologico.
Sono poi rilevanti, come si vedra', il decreto legislativo n.
266/1992, n. 266, concernente il rapporto tra atti legislativi
statali e leggi regionali e provinciali, ed il d.lgs. n. 268/1992, in
materia di finanza regionale e provinciale.
Ricordate le competenze costituzionali della Provincia autonoma,
occorre ora illustrare le norme statali che costituiscono - in quanto
riferite alla ricorrente Provincia - oggetto della presente
impugnazione.
L'art. 17 (Interventi urgenti nelle situazioni a piu' elevato
rischio idrogeologico e al fine di salvaguardare la sicurezza delle
infrastrutture e il patrimonio ambientale e culturale), comma 1, del
d.l. n. 195 del 2009, dispone quanto segue.
«In considerazione delle particolari ragioni di urgenza connesse
alla necessita' di intervenire nelle situazioni a piu' elevato
rischio idrogeologico e al fine di salvaguardare la sicurezza delle
infrastrutture e il patrimonio ambientale e culturale, in sede di
prima applicazione dei piani straordinari diretti a rimuovere le
situazioni a piu' elevato rischio idrogeologico e comunque non oltre
i tre anni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, con
decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare,
sentiti il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e il
Dipartimento della protezione civile per i profili di competenza, ed
i presidenti delle regioni o delle province autonome interessate,
possono essere nominati commissari straordinari delegati, ai sensi
dell'art. 20 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito,
con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, e successive
modificazioni, con riferimento agli interventi da effettuare nelle
aree settentrionale, centrale e meridionale del territorio nazionale»
(cosi' il primo periodo).
Esso aggiunge poi (secondo periodo) che «i commissari attuano gli
interventi, provvedono alle opportune azioni di indirizzo e di
supporto promuovendo le occorrenti intese tra i soggetti pubblici e
privati interessati e, se del caso, emanano gli atti e i
provvedimenti e curano tutte le attivita' di competenza delle
amministrazioni pubbliche necessarie alla realizzazione degli
interventi, nel rispetto delle disposizioni comunitarie, avvalendosi,
ove necessario, dei poteri di sostituzione e di deroga di cui al
citato art. 20, comma 4, del citato decreto-legge n. 185 del 2008».
A chiarimento della nuova normativa, va ricordato che i piani
straordinari diretti a rimuovere le situazioni a piu' elevato rischio
idrogeologico ai quali essa si riferisce, gia' previsti dall'art. 1,
comma 1-bis, d.l. n. 180/1998, sono ora disciplinati dall'art. 67,
comma 2, d.lgs. n. 152/2006, in base al quale «le Autorita' di
bacino, anche in deroga alle procedure di cui all'art. 66, approvano
altresi' piani straordinari diretti a rimuovere le situazioni a piu'
elevato rischio idrogeologico, redatti anche sulla base delle
proposte delle regioni e degli enti locali».
Lo stesso testo dispone che tali piani straordinari «devono
ricomprendere prioritariamente le aree a rischio idrogeologico per le
quali e' stato dichiarato lo stato di emergenza, ai sensi dell'art. 5
della legge 24 febbraio 1992, n. 225», e che essi «contengono in
particolare l'individuazione e la perimetrazione delle aree a rischio
idrogeologico molto elevato per l'incolumita' delle persone e per la
sicurezza delle infrastrutture e del patrimonio ambientale e
culturale».
E' poi da segnalare che la legge 23 dicembre 2009, n. 191, legge
finanziaria per l'anno 2010, dispone che «le risorse assegnate per
interventi di risanamento ambientale con delibera del CIPE del 6
novembre 2009, pari a 1.000 milioni di euro,.... sono destinate ai
piani straordinari diretti a rimuovere le situazioni a piu' elevato
rischio idrogeologico individuate dalla direzione generale competente
del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare,
sentiti le autorita' di bacino.... e il Dipartimento della protezione
civile della Presidenza del Consiglio dei ministri» (art. 2, comma
240).
Quanto ai commissari straordinari l'art. 17, comma 1, del
decreto-legge impugnato n. 195/2009 richiama l'art. 20 d.l. n.
185/1998, che, «in considerazione delle particolari ragioni di
urgenza connesse con la contingente situazione economico-finanziaria
del Paese», prevede l'individuazione con dPCm (o con decreto del
Presidente della Regione, per «gli interventi di competenza
regionale») degli «investimenti pubblici di competenza
statale,....ritenuti prioritari per lo sviluppo economico del
territorio», aggiungendo che sui «tempi di tutte le fasi di
realizzazione dell'investimento.... vigilano commissari straordinari
delegati, nominati con i medesimi provvedimenti». L'art. 20, comma 3,
regola i compiti del commissario ed il comma 4, pure richiamato
dall'art. 17, comma 1, d.l. n. 195/2009, dispone che, «per
l'espletamento dei compiti stabiliti al comma 3, il commissario ha,
sin dal momento della nomina, con riferimento ad ogni fase
dell'investimento e ad ogni atto necessario per la sua esecuzione, i
poteri, anche sostitutivi, degli organi ordinari o straordinari», e
che «il commissario provvede in deroga ad ogni disposizione vigente e
nel rispetto comunque della normativa comunitaria sull'affidamento di
contratti relativi a lavori, servizi e forniture, nonche' dei
principi generali dell'ordinamento giuridico».
Infine, l'art. 17, comma 2, del decreto-legge n. 195/2009
stabilisce che «l'attivita' di coordinamento delle fasi relative alla
programmazione e alla realizzazione degli interventi di cui al comma
1, nonche' quella di verifica, fatte salve le competenze attribuite
dalla legge alla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento
della protezione civile, sono curate dal Ministero dell'ambiente e
della tutela del territorio e del mare, che vi provvede sentiti il
Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e il Dipartimento
della protezione civile per i profili di competenza, con le proprie
strutture anche vigilate, ivi incluso un ispettorato generale» (primo
periodo).
Naturalmente la Provincia autonoma di Trento non avrebbe ragione
di dolersi delle disposizioni sopra illustrate dell'art. 17 del
decreto-legge n. 195 del 2010, ove esse non fossero destinate a
trovare applicazione nel proprio territorio, in considerazione delle
competenze statutarie e delle particolari condizioni della sua
autonomia finanziaria.
Tuttavia, tali disposizioni statali appaiono invece suscettibili
di applicazione nel territorio provinciale, come risulta dal
riferimento ai «presidenti.... delle Province autonome» di cui
all'art. 17, comma 1, e mediante tale riferimento si pongono dunque
in contrasto con le norme ed i principi citati in epigrafe,
risultando lesive delle prerogative costituzionali della Provincia di
Trento per le seguenti ragioni di
D i r i t t o
1) Violazione delle competenze legislative ed amministrative della
Provincia autonoma di Trento.
Nella parte narrativa, da intendersi qui integralmente
richiamata, si sono illustrate le disposizioni che conferiscono alla
Provincia autonoma di Trento competenza in materia di opere
idrauliche e di «opere di prevenzione e pronto soccorso per calamita'
pubbliche», e che attribuiscono al P.G.U.A.P. lo scopo di difesa del
suolo e lo equiparano al piano di bacino di rilievo nazionale,
compreso qualsiasi altro piano stralcio dello stesso. Da tale
esposizione risulta chiaramente la specifica competenza delle
Province autonome nella materia della difesa dal rischio
idrogeologico.
Sulla base di tale competenza, la Provincia si e' dotata -
d'intesa con lo Stato - di uno strumento completo di tutela dal
rischio idrogeologico, che e' appunto il P.G.U.A.P. reso esecutivo
col d.P.R. 15 febbraio 2006, che sostituisce «ogni altra
disposizione... contenuta nei piani e nei provvedimenti adottati o
approvati dalle Autorita' di bacino di interesse nazionale».
La difesa del suolo dal rischio idrogeologico ha dunque in
relazione alla Provincia di Trento una disciplina speciale, di
derivazione statutaria, concordata con lo Stato, che pienamente
riconosce la competenza della stessa Provincia.
Invece, le norme impugnate regolano gli interventi diretti a
rimuovere situazioni di rischio idrogeologico, prevedendo la
possibilita' di attribuire la competenza operativa ad un organo
straordinario statale, dotato di ampi poteri sostitutivi e di deroga
ad ogni disposizione vigente. L'ampiezza dei poteri del commissario
deriva, oltre che dal rinvio all'art. 20 d.l. n. 185/2008, dalla
genericita' dell'art. 17, comma 1 («attuano gli interventi»; «se del
caso, emanano gli atti e i provvedimenti e curano tutte le attivita'
di competenza delle amministrazioni pubbliche necessarie alla
realizzazione degli interventi»).
Nel caso in cui si nomini il commissario, in base al comma 2,
«l'attivita' di coordinamento delle fasi relative alla programmazione
e alla realizzazione degli interventi di cui al comma 1, nonche'
quella di verifica, fatte salve le competenze attribuite dalla legge
alla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della
protezione civile, sono curate dal Ministero dell'ambiente».
Tali norme risultano direttamente applicabili nella provincia di
Trento e interferiscono con il sistema trentino di tutela,
contraddicendolo e sovrapponendosi in particolare al P.G.U.A.P.
Di qui la violazione delle norme statutarie e di attuazione sopra
citate, che attribuiscono alla Provincia la competenza legislativa ed
amministrativa in materia di difesa del suolo, e, inoltre, dell'art.
2, d.lgs. n. 266/1992, che esclude la diretta applicabilita' delle
leggi statali nelle materie di competenza provinciale.
Si noti che la competenza provinciale non puo' essere negata
riconducendo la «difesa del suolo» alla materia ambientale, e traendo
da cio' la conclusione della competenza statale in forza dell'art.
117, comma 2, lettera s), Cost.
Come espressamente ribadito da codesta ecc.ma Corte
costituzionale nella ancora recente sentenza n. 45 del 2010 in
relazione alla parallela competenza provinciale in materia di lavori
pubblici, la «maggiore autonomia» conferita alla Provincia dallo
Statuto impedisce che ad essa possano essere applicate come tali le
clausole di competenza statale, fermi restando invece i meccanismi
che nel quadro statutario prevedono il coordinamento delle competenze
provinciali con quelle statali.
Ed anche in un ulteriore caso, analogo al presente, la Corte ha
chiarito che «la competenza statale esclusiva di cui all'art. 117,
secondo comma, Cost., lettera s), Cost. non puo' operare nei
confronti della Provincia autonoma di Trento in materia di tutela del
paesaggio, giacche' essa e' espressamente riservata alla sua
competenza legislativa primaria» (sent. n. 226/2009).
Inoltre, le opere in cui si dovrebbe tradurre l'attivita' dei
commissari statali rientrano tutte nella categoria dei lavori
pubblici di interesse provinciale, di competenza provinciale piena
sia legislativa che amministrativa.
Anche sotto questo profilo appare evidente che la normativa
impugnata, in quanto affida tali opere alla competenza statale, viola
lo Statuto di autonomia.
Una volta riconosciuta la competenza provinciale, risulta che le
impugnate disposizioni violano anche l'art. 4, d.lgs. n. 266/1992, in
base al quale «nelle materie di competenza propria della regione o
delle province autonome la legge non puo' attribuire agli organi
statali funzioni amministrative, comprese quelle di vigilanza, di
polizia amministrativa e di accertamento di violazioni
amministrative, diverse da quelle spettanti allo Stato secondo lo
statuto speciale e le relative norme di attuazione» (comma 1).
Infatti, sia il comma 1 che il comma 2 conferiscono ad organi statali
(il commissario ed il Ministero dell'ambiente) funzioni
amministrative in una materia che, come sopra illustrato, spetta alla
competenza delle Province autonome.
Ne' la competenza statale potrebbe giustificarsi sulla base del
riferimento alle «particolari ragioni di urgenza connesse alla
necessita' di intervenire nelle situazioni a piu' elevato rischio
idrogeologico». Tali circostanze non basterebbero a giustificare una
competenza statale non prevista dalle norme statutarie e di
attuazione sopra citate. L'urgenza non e' un presupposto sufficiente
per superare il riparto di competenza fissato dalle norme di
attuazione: le situazioni di emergenza vanno affrontate con gli
strumenti previsti dalle norme di attuazione, cioe' con i poteri di
ordinanza fatti salvi dall'art. 2, comma 5, d.lgs. n. 266/1992
(«Restano fermi i poteri di ordinanza amministrativa diretti a
provvedere a situazioni eccezionali di necessita' ed urgenza, nei
casi, nei modi e nei limiti previsti dall'ordinamento») e con i
poteri sostitutivi statali, nei limiti in cui essi siano consentiti.
Con la propria contestazione la Provincia di Trento non intende
affatto, ovviamente, negare le competenze che - nell'evidente
interesse della popolazione provinciale - le stesse norme di
attuazione assegnano allo Stato nella materia della protezione
civile, quali sono previste dal d.P.R. n. 381 del 1974.
Al contrario, la struttura stessa di tali competenze, ed i
rapporti che ne risultano tra lo Stato e la Provincia autonoma,
ulteriormente dimostrano la fondatezza delle censure di cui al
presente ricorso.
In effetti, le citate norme di attuazione dispone che «nel
territorio della regione Trentino-Alto Adige le norme di cui alla
legge 8 dicembre 1970, n. 996, trovano applicazione all'insorgere di
situazioni di danno o di pericolo che per la loro natura ed
estensione non possono essere fronteggiate con l'esercizio delle
competenze proprie o delegate delle province e con l'impiego delle
organizzazioni di uomini e di mezzi di cui dispongono» (art. 33).
Ma le stesse norme dispongono altresi' che «alla dichiarazione di
cui all'art. 5 della legge 8 dicembre 1970, n. 996, ed alla nomina
del commissario previsto dal medesimo articolo si provvedera'
d'intesa con i presidenti delle giunte provinciali ove la calamita'
riguardi i territori di entrambe le province, ovvero con il
presidente della giunta della provincia interessata ove solo una
delle due sia stata colpita (art. 34, enfasi aggiunta).
E l'art. 35 precisa che «gli interventi dello Stato hanno
carattere aggiuntivo rispetto a quelli regionali e provinciali e
l'applicazione delle norme di cui alla legge 8 dicembre 1970, n. 998,
non incide sulle competenze della regione e delle province ne'
implica sostituzione di organismi regionali e provinciali che
continuano ad operare alla stregua dei propri ordinamenti», e che «ai
fini dell'applicazione del quarto comma dell'art. 5 della legge 8
dicembre 1970, n. 996, il commissario provvede in particolare al
coordinamento degli interventi dello Stato con quelli effettuati
dagli organismi della regione e delle province, nel rispetto del
disposto di cui al comma precedente».
Altre disposizioni disciplinano poi piu' in generale la
collaborazione tra Stato e Provincia nel settore.
E' dunque evidente che persino nel quadro della protezione civile
e' esclusa qualunque competenza dello Stato in casi diversi da quelli
specificamente indicati, e che il pur necessario intervento statale
in situazioni che superino le possibilita' di intervento della
Provincia e' previsto in un quadro di intesa e di condivisione.
Resta invece fermo che, ove gli interventi di cui alle
disposizioni qui impugnate potessero intendersi come riferiti alle
situazioni di emergenza, come definite nel quadro della normativa ora
ricordata, la Provincia non negherebbe certo - in tali limiti - la
competenza statale, a condizione ovviamente che si intendano
richiamati anche i meccanismi di intesa e di coordinamento di cui
alle disposizioni ora ricordate.
Risulta dunque chiara - ad avviso della ricorrente Provincia -
l'illegittimita' costituzionale delle norme impugnate, in quanto
queste si riferiscono ad essa, al di fuori dei limiti indicati, per
violazione delle competenze legislative ed amministrative della
Provincia.
2) Violazione del principio di leale collaborazione.
In subordine, ove in denegata ipotesi codesta Corte
costituzionale dovesse ritenere non fondata la censura sopra
illustrata, l'art. 17, comma 1, primo e secondo periodo, sarebbe
comunque illegittimo per violazione del principio di leale
collaborazione.
Infatti, tale comma 1, pur prevedendo un blando - e dunque
anch'esso illegittimo - coinvolgimento delle regioni interessate nel
momento della nomina dei commissari nella forma della mera
consultazione dei Presidenti delle regioni, non prevede alcun
coinvolgimento delle Regioni interessate nella fase di attuazione
dell'intervento. Invece, dato l'evidente intreccio (in realta', ad
avviso della Provincia, la sovrapposizione) tra gli interventi
regolati dalle norme impugnate e le competenze provinciali sopra
elencate, risulterebbe comunque ed evidentemente - anche ove la
sovrapposizione dovesse ritenersi legittima - necessaria l'intesa con
la Provincia, sia nel momento della nomina dei commissari sia nella
fase di attuazione dell'intervento, qualora il commissario, invece di
limitarsi alle «opportune azioni di indirizzo e di supporto», dovesse
pretendere di adottare direttamente gli atti necessari alla
realizzazione degli interventi.
D'altronde, anche in relazione alle regioni ordinarie, la sent.
n. 232/2009 di codesta Corte ha riconosciuto che le funzioni di
difesa del suolo, pur rientrando (per esse) nella materia della
«tutela dell'ambiente», incidono sulle materie di competenza
regionale e, percio', ha introdotto in diversi casi meccanismi di
raccordo fra lo Stato e le regioni. A maggior ragione, dunque, va
rispettato il principio di leale collaborazione in relazione alla
Provincia di Trento, che ha competenza autonoma nella materia della
difesa del suolo. Del resto, le stesse modalita' di deliberazione del
P.G.U.A.P. dimostrano l'importanza della concertazione
Stato-Provincia nella materia in questione.
Infine, anche l'art. 17, comma 2, si pone in contrasto con il
principio di leale collaborazione, per le ragioni appena indicate,
perche' non prevede l'intesa con le regioni interessate nel momento
in cui il Ministero svolge l'attivita' di coordinamento e verifica
degli interventi.
P. Q. M.
Voglia codesta ecc.ma Corte costituzionale accogliere il ricorso,
dichiarando l'illegittimita' costituzionale dell'art. 17, comma 1,
primo e secondo periodo, e comma 2, primo periodo, del decreto-legge
30 dicembre 2009, n. 195 (Disposizioni urgenti per la cessazione
dello stato di emergenza in materia di rifiuti nella regione
Campania, per l'avvio della fase post emergenziale nel territorio
della regione Abruzzo ed altre disposizioni urgenti relative alla
Presidenza del Consiglio dei ministri ed alla protezione civile),
come convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n.
26, nelle parti, nei termini e sotto i profili esposti nel presente
ricorso, ed in particolare nella parte in cui rende applicabile tale
disposizione alla Provincia autonoma di Trento.
Trento-Padova-Roma, addi' 27 aprile 2010
Prof. avv. Giandomenico Falcon
Avv. Nicolo' Pedrazzoli
Avv. Luigi Manzi
Allegati
1) Deliberazione della Giunta provinciale 23 aprile 2010, n. 945.
2) Procura speciale n. rep. 27313 del 23 aprile 2010.
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