Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 9 ottobre 2018 (del Presidente del Consiglio dei ministri).

(GU n. 47 del 2018-11-28)

 

Ricorso ex art. 127 della Costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura generale dello stato codice fiscale …, fax … presso i cui uffici ex lege domicilia in Roma, via dei Portoghesi n. 12, manifestando la volonta' di ricevere le comunicazioni all'indirizzo pec …

Nei confronti della Regione Umbria, in persona del presidente della giunta regionale pro tempore per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 22, comma 1, della legge regionale Umbria n. 6 del 2 agosto 2018, recante «Assestamento del bilancio di previsione 2018-2020 e provvedimenti collegati in materia di entrata e di spesa - Modificazioni ed integrazioni di leggi regionali.», pubblicata nel Bollettino ufficiale della regione n. 38 del 3 agosto 2018 - supplemento straordinario, giusta delibera del Consiglio dei ministri in data 27 settembre 2017.

1. La legge regionale dell'Umbria n. 6/2018, indicata in epigrafe, composta da 23 articoli, come esplicita lo stesso titolo, contiene le disposizioni per l'assestamento del bilancio di previsione 2018-2020 e i provvedimenti collegati in materia di entrata e di spesa, nonche' le modifiche alla legge regionale 21 gennaio 2010, n. 3, recante la «Disciplina regionale dei lavori pubblici e norme in materia di regolarita' contributiva per i lavori pubblici».

E' avviso del Governo che, con la norma denunciata in epigrafe, la Regione Umbria abbia ecceduto dalla propria competenza, come si confida di dimostrare in appresso con l'illustrazione dei seguenti;

Motivi

1. L'art. 22, comma 1, della legge regione Umbria n. 6/2018 viola l'art. 117, comma 2, lettera e) della Costituzione e le norme interposte di cui agli articoli 37 e 38 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 e successive modificazioni.

La norma contenuta all'art. 22, comma 1, della legge regione Umbria n. 6/2018 citata dispone che «Dopo l'art. 31 della legge regionale 21 gennaio 2010, n. 3 (Disciplina regionale dei lavori pubblici e norme in materia di regolarita' contributiva per i lavori pubblici), e' inserito il seguente: «Art. 31-bis (Lavori di competenza regionale in regime di delega amministrativa). - 1. La regione provvede alla progettazione, approvazione e realizzazione di opere e lavori pubblici di propria competenza anche mediante delegazione amministrativa a consorzi di bonifica, nell'ambito delle funzioni di cui alla legge regionale 23 dicembre 2004, n. 30 (Norme in materia di bonifica), ad agenzie regionali e ad enti locali anche in forma associata, individuati dalla giunta regionale.

2. A tal fine la regione, in sede di trasferimento delle risorse ai soggetti individuati al comma 1, riconosce oneri per spese generali nella misura forfettaria del dieci per cento dell'importo della spesa complessiva, i quali compensano ogni onere, dalla fase progettuale al collaudo. La percentuale applicabile e' fissata nella misura forfettaria del dodici per cento nel caso in cui le attivita' di cui al comma 1 necessitano di spese specialistiche.

3. Le spese generali e specialistiche, di cui al comma 2, sono definite con apposito atto della giunta regionale.».

Come risulta anche dalla relazione illustrativa al Codice dei contratti pubblici, il decreto legislativo n. 50/2016 citato, l'art. 37, rubricato «Aggregazioni e centralizzazione delle committenze», in combinato con l'art. 38, rubricato «Qualificazione delle stazioni appaltanti e centrali di committenza», del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, contenente il «Codice dei contratti pubblici», come modificato dal decreto legislativo 19 aprile 2017, n. 56, attua i criteri di delega di cui all'art. 1, comma 1, lettera bb) - che individua gli obiettivi di razionalizzazione delle procedure di spesa attraverso criteri di qualita', efficienza - professionalizzazione delle stazioni appaltanti, prevedendo la riorganizzazione delle funzioni delle stazioni appaltanti, con particolare riferimento alle fasi di programmazione e controllo, nonche' l'introduzione di un apposito sistema, gestito dall'ANAC, di qualificazione delle medesime stazioni appaltanti, teso a valutarne l'effettiva capacita' tecnico-organizzativa sulla base di parametri obiettivi - e lettera dd), che articola ulteriormente i criteri sul contenimento dei tempi e piena verificabilita' dei flussi finanziari, anche attraverso adeguate forme di centralizzazione delle committenze e di riduzione del numero delle stazioni appaltanti, effettuate sulla base del sistema di qualificazione di cui alla lettera bb) - della legge 28 gennaio 2016, n. 11, contenente le «Deleghe al Governo per l'attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull'aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d'appalto degli enti erogatori nei settori dell'acqua, dell'energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonche' per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture del 2016.».

Come osservato in dottrina in sede di commento dei predetti articoli 37 e 38, il legislatore torna con forza sul concetto di aggregazione e centralizzazione delle committenze, intessendo una relazione a doppio filo con l'altro fondamentale concetto di qualificazione delle stazioni appaltanti.

Il tema della qualificazione delle stazioni appaltanti, nell'ottica del legislatore delegante, e', quindi, collegato a una riforma complessiva del sistema.

Si ritiene, pertanto, che le disposizioni concernenti l'aggregazione e centralizzazione delle committenze di cui all'art. 37 del codice dei contratti citato, nonche' le norme relative alla qualificazione delle stazioni appaltanti di cui all'art. 38 del medesimo codice citato, la cui attuazione e' demandata all'emanando decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (comma 2), si configura quale sistema normativo omogeneo volto a dare attuazione alla riforma voluta dal legislatore delegante, finalizzata alla razionalizzazione delle procedure di spesa attraverso criteri di qualita', efficienza e professionalizzazione delle stazioni appaltanti, finalita' il cui raggiungimento e' condizionato dall'applicazione del suddetto sistema su tutto il territorio nazionale.

Tanto premesso, appare utile, altresi', ricordare le indicazioni e principi fissati, con giurisprudenza costante, dalla Corte costituzionale, principi che, ancorche' contenuti in pronunce intervenute in relazione al previgente codice (decreto legislativo n. 163 del 2006 citato), attesa la loro valenza di carattere generale, possono senz'altro essere riferibili anche alle previsioni contenute nel decreto legislativo n. 50 del 2016 citato e successive modificazioni.

In particolare, nella sentenza n. 411 del 2008 (punto 3 del Considerato in diritto), la Corte costituzionale ha affermato che «... La disciplina degli appalti pubblici, intesa in senso complessivo, include diversi "ambiti di legislazione" che "si qualificano a seconda dell'oggetto al quale afferiscono": in essa, pertanto, si profila una interferenza fra materie di competenza statale e materie di competenza regionale ... ma con la "prevalenza della disciplina statale su ogni altra fonte normativa" (sentenza n. 401/2007) in relazione agli oggetti riconducibili alla competenza esclusiva statale, esercitata con le norme recate dal decreto legislativo n. 163 del 2006» (attualmente dal decreto legislativo n. 50/2016).

Inoltre, la Corte ha precisato che «la disciplina delle procedure di gara, e, in particolare, la regolamentazione della qualificazione e selezione dei concorrenti, delle procedure di affidamento e dei criteri di aggiudicazione, ivi compresi quelli che devono presiedere all'attivita' di progettazione, mirano a garantire che le medesime si svolgano nel rispetto delle regole concorrenziali e dei principi comunitari della libera circolazione delle merci, della libera prestazione dei servizi, della liberta' di stabilimento, nonche' dei principi costituzionali di trasparenza e parita' di trattamento (sentenze n. 431 e n. 401 del 2007). Esse, in quanto volte a consentire la piena apertura del mercato nel settore degli appalti, sono riconducibili all'ambito della tutela della concorrenza, di esclusiva competenza del legislatore statale (sentenze n. 401 del 2007, n. 345 del 2004), che ha titolo pertanto a porre in essere una disciplina integrale e dettagliata delle richiamate procedure (adottata con il citato decreto legislativo n. 163 del 2006), la quale, avendo ad oggetto il mercato di riferimento delle attivita' economiche, puo' influire anche su materie attribuite alla competenza legislativa delle regioni (sentenza n. 430 del 2007).».

Considerazioni pressoche' identiche, sono state espresse anche in sentenze successive (ex plurimis, n. 259 del 2013; n. 28 del 2013; n. 339 del 2011; n. 186 del 2010; n. 283 del 2009).

Nella sentenza n. 28/2013 (punto 3 del Considerato in diritto), ha affermato che «Questa Corte ha ripetutamente chiarito - ex multis, sentenze n. 411 del 2008 e n. 401 del 2007 - che la fase di aggiudicazione degli appalti attiene alla "tutela della concorrenza" e, pertanto, spetta al legislatore statale, in via esclusiva, disciplinare tanto le procedure di affidamento, quanto i criteri di valutazione dell'offerta, confermando in questo senso quanto espressamente stabilito dall'art. 4, comma 3, del decreto legislativo n. 163 del 2006, ove si afferma che le regioni «non possono prevedere una disciplina diversa da quella del presente codice in relazione [tra l'altro] ai criteri di aggiudicazione».

La necessita' di assicurare «l'adozione di uniformi procedure di evidenza pubblica nella scelta del contraente, idonee a garantire, in particolare, il rispetto dei principi di parita' di trattamento, di non discriminazione, di proporzionalita' e di trasparenza» (sentenza n. 401 del 2007) esige che la disciplina delle procedure di gara, la regolamentazione della qualificazione e della selezione dei concorrenti, le procedure di affidamento e i criteri di aggiudicazione siano disciplinati dal legislatore statale, essendo. riconducibili alla tutela della concorrenza (ex multis sentenze n. 186 del 2010 e 283 del 2009).

Successivamente, con la sentenza n. 259 del 2013 (punto 3 del Considerato in diritto), ha affermato che «questa Corte, con giurisprudenza costante, ha chiarito che l'intera disciplina delle procedure ad evidenza pubblica e' riconducibile alla tutela della concorrenza, con la conseguente titolarita' della potesta' legislativa, in via esclusiva, in capo allo Stato. In particolare, la disciplina delle procedure di gara, la regolamentazione della qualificazione e selezione dei concorrenti, delle procedure di affidamento e dei criteri di aggiudicazione mirano a garantire che le medesime si svolgano nel rispetto delle regole concorrenziali e dei principi comunitari della libera circolazione delle merci, della libera prestazione dei servizi, della liberta' di stabilimento, nonche' dei principi costituzionali di trasparenza, di parita' di trattamento, di non discriminazione (ex plurimis: sentenze n. 28 del 2013; n. 339 del 2011; n. 186 del 2010; n. 283 del 2009 e n. 401 del 2007).

La disciplina della materia dei contratti pubblici, quindi, come ormai costantemente affermato dalla giurisprudenza costituzionale, spetta alla competenza esclusiva dallo Stato perche' riconducibile all'ambito della legislazione della tutela della concorrenza (per tutte quelle attivita' che concernono la disciplina delle procedure di gara).

L'art. 22, comma 1, citato, che inserisce l'art. 31-bis all'interno della legge regionale 21 gennaio 2010, n. 3, citata viola, pertanto, la sfera di competenza esclusiva dello Stato in materia di «tutela della concorrenza» di cui all'art. 117, comma 2, lettera e), della Costituzione, per contrasto con i parametri interposti di cui agli articoli 37 e 38, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 e successive modificazioni.

P.Q.M.

Si conclude perche' l'art. 22, comma 1 della legge regionale Umbria n. 6 del 2 agosto 2018, recante «Assestamento del bilancio di previsione 2018-2020 e provvedimenti collegati in materia di entrata e di spesa - Modificazioni ed integrazioni di leggi regionali.», indicato in epigrafe, sia dichiarato costituzionalmente illegittimo.

Si produce l'attestazione della deliberazione del Consiglio dei ministri del 27 settembre 2018.

 

Roma, 2 ottobre 2018

Il vice avvocato generale dello Stato: Palmieri

e per L'avvocato dello Stato: Morici

 

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