Ricorso n. 73 del 18 ottobre 2003 (Regione autonoma Valle d'Aosta)
N. 73 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 18 ottobre 2003.
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 18 ottobre 2003 (della Regione autonoma Valle d'Aosta)
(GU n. 46 del 19-11-2003)
Ricorso della Regione autonoma Valle d'Aosta, in persona del
presidente della giunta regionale e legale rappresentante pro
tempore, sig. Carlo Perrin, rappresentata e difesa, giusta delega a
margine del presente atto ed in virtu' di deliberazione di giunta
regionale n. 3561 del 29 settembre 2003 (all. 1) di autorizzazione a
stare in giudizio, dagli avv. proff. Giuseppe Franco Ferrari e
Massimo Luciani, e con questi elettivamente domiciliata presso lo
studio del secondo in Roma, via Bocca di Leone, n. 78;
Contro il Presidente del Consiglio dei ministri;
Per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale della legge
1° agosto 2003, n. 212, pubblicata in Gazzetta Ufficiale, S.O. serie
generale n. 185, recante «Conversione in legge, con modificazioni,
del decreto-legge 24 giugno 2003, n. 143, recante disposizioni
urgenti in tema di versamento e riscossione tributi, di Fondazioni
bancarie e di gare indette dalla Consip S.p.a.», nella parte in cui
apporta modificazioni all'art. 24 della legge 27 dicembre 2002,
n. 289 (legge finanziaria per ii 2003) (all. 2).
F a t t o
Con ricorso n. 19/2003, depositato in data 7 marzo 2003, la
Regione autonoma Valle d'Aosta, al pari di altre regioni italiane, ha
sollevato in via principale la questione di legittimita'
costituzionale della legge finanziaria per il 2003, n. 289/2002,
ritenendo alcune disposizioni ivi contenute lesive sotto molteplici
profili dell'ordine costituzionale delle competenze legislative delle
Regioni, e segnatamente della Regione autonoma ricorrente.
Nelle more della decisione del predetto ricorso, il legislatore
statale e' nuovamente intervenuto sui medesimi temi gia' oggetto
della contestata legge finanziaria, arrecando ancora una volta una
grave lesione delle prerogative costituzionalmente riconosciute alle
Regioni, ed in particolare alle Regioni a statuto speciale. Con la
legge indicata in epigrafe, infatti, sono state apportate alcune
modificazioni all'originario testo dell'art. 24 della legge
n. 289/2002, introducendo una nuova disciplina di dettaglio in tema
di contratti di appalto pubblici.
Le nuove disposizioni continuano ad essere affette anche dai
medesimi vizi delle precedenti, ma determinano altresi' un nuovo e
ulteriore pregiudizio per le competenze regionali, aggravando la
lesivita' del contenuto precettivo e della portata di quelle gia'
impugnate. Deve essere pertanto proposto il presente ricorso, per la
dichiarazione di illegittimita' costituzionale della legge
n. 212/2003, nella parte in cui modifica l'art. 24, legge
n. 289/2002, e cio' alla luce dei seguenti motivi di
D i r i t t o
Violazione degli artt. 3, 5, 114, 117, 118, 118 e 119 della
Costituzione e dell'art. 10 legge costituzionale 18 ottobre 2001,
n. 3. Violazione degli artt. 2 e 4, legge costituzionale 26 febbraio
1948, n. 4.
1. - In via preliminare, occorre rilevare che, ai sensi
dell'art. 2, comma 1, lett. a), dello statuto della Valle d'Aosta, la
regione e' titolare di competenza esclusiva in materia di
«ordinamento degli uffici e degli enti dipendenti dalla Regione». In
tale materia, ai sensi dell'art. 4, la regione esercita anche le
funzioni amministrative
Ora, e' di piana evidenza che la legge impugnata, disciplinando
l'acquisto di beni e servizi da parte degli uffici
dell'amministrazione regionale per il loro funzionamento (e
regolando, per soprammercato, la responsabilita' dei pubblici
dipendenti che sottoscrivono i relativi contratti) incide appunto
nella materia dell'«ordinamento degli uffici e degli enti dipendenti
dalla Regione». Essa, pertanto, si appalesa radicalmente illegittima,
per violazione dello Statuto di autonomia, per invasione di una
materia di competenza esclusiva della ricorrente.
2. - Anche a voler prescindere dalla decisiva censura che
precede, l'illegittimita' della legge impugnata non verrebbe meno.
Occorre, infatti, sottolineare l'atteggiamento generale del
legislatore statale, che emerge, cosi' come dalla legge finanziaria
2003, anche dalla legge n. 212/2003 qui impugnata: la tendenza del
legislatore statale e' evidentemente quella di continuare a
legiferare come se la riforma costituzionale dell'ottobre 2001 non
avesse lasciato tracce. Da un lato, si assiste a continue incursioni
della legge statale in materie di esclusiva competenza regionale e,
dall'altro, si incontrano norme di analitico dettaglio anche nei
settori di legislazione concorrente.
Entrambi questi atteggiamenti appaiono in netto contrasto con i
principi enunciati dalla Carta costituzionale e, pertanto, le
disposizioni normative in cui essi trovano espressione sono senza
dubbio gravemente illegittime. Se, infatti, fino alla riforma
costituzionale del 2001 la legge statale era fonte a competenza
generale - sia pure subordinata alla Costituzione -, ora essa deve
fondare la propria competenza non su una presunzione generale in
proprio favore, bensi' su uno dei «titoli» costituiti, da un lato,
dall'art. 117, comma 2 (materie di esclusiva competenza dello Stato)
e comma 3 (materie di competenza legislativa concorrente), e,
dall'altro, dalle altre disposizioni costituzionali dalle quali sia
desumibile una riserva o una preferenza a favore della legge statale.
Spetta invece alle regioni, ai sensi dell'art. 117, comma 4, «la
potesta' legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente
riservata legislazione dello Stato», fermo restando quanto stabilito
per le regioni ad autonomia speciale dai rispettivi statuti, che
riconoscono al legislatore regionale la potesta' esclusiva in alcuni
specifici settori (cfr. art. 2, legge costituzionale n. 4/1948).
Peraltro, anche nei settori di competenza concorrente, il
legislatore statale deve comunque limitarsi a fissare larghe
direttive di principio e non puo', viceversa, spingersi a legiferare
in maniera completa e dettagliata, dovendo lasciando alle Regioni
ambiti di manovra compatibili con la natura regolativa - e non
meramente attuativa - della loro competenza.
Cio' vale anche per le regioni a statuto speciale, per le quali
l'art. 10, legge costituzionale n. 3/2001, precisa che «sino
all'adeguamento dei rispettivi statuti, le disposizioni della
presente legge costituzionale si applicano anche alle regioni a
statuto speciale ed alle province autonome di Trento e Bolzano per le
parti in cui prevedono forme di autonomia piu' ampie rispetto a
quelle gia' attribuite».
Alla luce di quanto sin qui rilevato, non puo' che concludersi
per l'inammissibilita' di un intervento legislativo statale che
consista nell'enunciazione di norme di dettaglio - per quanto
cedevoli possano essere - nelle materie elencate nell'art. 117, comma
3 della Costituzione, a maggior ragione, un siffatto intervento deve
ritenersi inammissibile in tutte le materie non espressamente
indicate nel testo costituzionale, per le quali vale il principio
della esclusivita' delle prerogative regionali, cosi' come in tutte
le materie indicate dallo statuto speciale come ambiti di opotesta'
legislativa esclusiva della Regione.
Cio' premesso, anche ove si ritenesse che la materia incisa dalla
legge impugnata sia quella dei contratti d'appalto pubblici, e anche
prescindendo dalla qualificazione di tale materia come settore di
esclusiva competenza regionale ovvero come ambito di legislazione
concorrente, non puo' che ravvisarsi un grave quanto evidente vizio
di incostituzionalita' nelle disposizioni censurate, dal momento che
esse si configurano quali norme di analitico dettaglio.
3. - Venendo ad un esame puntuale delle disposizioni introdotte
con la legge censurata nell'originario testo della finanziaria 2003,
si segnalano in particolare due rilevanti novita', direttamente
incidenti sull'autonomia regionale.
In primo luogo, la legge n. 212/2003 circoscrive l'obbligo di
ricorrere alle convenzioni quadro definite dalla CONSIP da parte di
alcune pubbliche amministrazioni, limitandolo alle sole ipotesi in
cui si debbano acquistare beni o servizi caratterizzati «dall'alta
qualita' dei servizi stessi e dalla bassa intensita' di lavoro», e
demandando poi al Ministero dell'economia e delle finanze il compito
di indicare con decreto quali servizi possano considerarsi rientranti
nella predetta nozione (nuovi commi 3 e 3-bis dell'art. 24). Nel
testo originario dell'art. 24, legge n. 289/2002, invece, invece, non
si poneva alcun limite.
In secondo luogo, viene contestualmente introdotta una nuova
disposizione (comma 4-bis dell'art. 24) che consente la stipulazione
di ogni tipo di contratto senza utilizzare le convenzioni quadro
definite dalla CONSIP solo quando il valore dei costi e delle
prestazioni dedotte in contratto sia uguale o inferiore a quello
previsto dalle stesse convenzioni CONSIP.
Resta invariato, invece, ii comma 9 dell'art. 24, che qualifica
le disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 5 come «norme di principio e
coordinamento» per le Regioni, lasciando cosi' intendere che le altre
statuizioni contenute nell'art. 24 debbano viceversa ritenersi norme
di dettaglio vincolanti per le amministrazioni regionali.
La palese illegittimita' della legge n. 212/2003 in parte qua e'
rilevabile ove solo si consideri che la materia degli appalti
pubblici di servizi e forniture, su cui essa interviene con
disposizioni di dettaglio, a ben vedere, non e contemplata fra quelle
di competenza esclusiva statale elencate dall'art. 117, comma
secondo, della Costituzione, ne' tra quelle in cui vi e' una potesta'
concorrente Stato-Regioni ai sensi dell'art. 117, comma terzo della
Costituzione.
Ne deriva che la disciplina delle acquisizioni di servizi e
forniture, per la parte che non concerne le acquisizioni da parte
delle amministrazioni statali, e' da ascriversi (sempre ove si neghi
l'evidenza, e cioe' che la materia d'interesse e' quella
dell'organizzazione degli uffici regionali) alla potesta' normativa
generale, residuale ed esclusiva delle Regioni, ai sensi
dell'art. 117, comma quarto della Costituzione.
Con specifico riferimento alla Regione autonoma Valle d'Aosta,
peraltro, ogni considerazione rimane assorbita dall'esame dell'art. 2
dello statuto speciale, che attribuisce al legislatore regionale la
potesta' primaria in una serie di settori nell'ambito dei quali
l'acquisizione di beni, servizi e forniture non puo' che sottrarsi
all'applicazione della disciplina statale, fatta eccezione per le
sole norme fondamentali di riforma economico-sociale.
Non basta il richiamo, contenuto nel primo comma dell'art. 24,
legge n. 289/2002, a presunte ragioni di «trasparenza e di tutela
della concorrenza» per consentire di ravvisare la sussistenza nella
fattispecie dei presupposti legittimanti l'esercizio della potesta'
legislativa esclusiva da parte dello Stato: al di la' della generale
irrilevanza della autoqualificazione di una norma, le invocate
esigenze di tutela della concorrenza, nella accezione comune di
correzione degli effetti distorsivi e di abuso di posizione
dominante, infatti, non paiono seriamente perseguite nel caso di
specie, in cui al contrario il sistema dell'acquisizione di beni e
servizi attraverso le convenzioni CONSIP o alle condizioni ed ai
prezzi ivi stabiliti non facilita la concorrenza nel mercato, bensi'
produce semmai un consistente orientamento del medesimo.
Quand'anche si aderisse ad un'interpretazione piu' restrittiva,
che riconosca alle regioni una competenza meramente concorrente nella
materia de qua (sebbene essa non paia riconducibile ad alcuno dei
settori enumerati nell'art. 117, comma terzo, della Costituzione), le
disposizioni censurate risulterebbero comunque illegittime: la loro
analiticita', infatti, che trova persino una implicita conferma nella
circostanza che solo le disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 5
dell'art. 24, legge n. 289/2002, siano state qualificate come «norme
di principio e di coordinamenti», e' clamorosamente evidente.
Il legislatore statale ha inteso vincolare le Regioni
all'applicazione di disposizioni articolate e di dettaglio, in tal
modo scavalcando completamente la legge regionale; cio' in un settore
in cui deve essere riconosciuta alle Regioni una potesta' normativa
residuale ed esclusiva, ovvero - in subordine - in cui deve
riconoscersi quanto meno una ripartizione di competenze tra stato e
regioni, in forza della quale la legge regionale resta comunque
l'unica fonte competente all'adozione di previsioni normative
analitiche e puntuali.
In conclusione, sia che si versi in materia di competenza
esclusiva regionale, sia che si versi in materia di competenza
concorrente, si riscontra nella fattispecie una palese invasione da
parte del legislatore statale delle prerogative riconosciute dalla
Costituzione e dallo statuto speciale alla Regione autonoma Valle
d'Aosta, invasione perpetrata tramite l'adozione di una disciplina di
dettaglio, peraltro nient'affatto cedevole, parzialmente modificativa
della normativa precedente (gia' impugnata) in tema di appalti
pubblici.
Accanto ad una grave violazione dell'art. 117 della Costituzione
e dell'art. 2, legge cost. n. 4/1948, e' altresi' riscontrabile nella
fattispecie una altrettanto grave violazione deIl'art. 118 della
Costituzione e dell'art. 4, legge cost. n. 4/1948, nella parte in cui
riconoscono alla regione Valle d'Aosta la titolarita' di funzioni
amministrative proprie. E' evidente, del resto, che, oltre ad
invadere un ambito di normazione regionale, la legge impugnata
finisce per incidere anche sull'autonomia amministrativa della
regione, che si trova fortemente limitata nelle proprie scelte
discrezionali in tema di acquisizione di beni e servizi dai vincoli
imposti dal legislatore statale.
P. Q. M.
Voglia codesta ecc.ma Corte, in accoglimento del presente
ricorso, dichiarare l'illegittimita' costituzionale della legge 10
agosto 2003, n. 212, pubblicata nel Supplemento ordinario alla
Gazzetta Ufficiale - Serie generale - n. 185 dell'11 agosto 2003,
nella parte in cui apporta modificazioni all'articolo 24 della legge
27 dicembre 2002, n. 289.
Milano-Roma, addi' 8 ottobre 2003
Avv. prof. Giuseppe Franco Ferrari - Avv. prof. Massimo Luciani
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 18 ottobre 2003 (della Regione autonoma Valle d'Aosta)
(GU n. 46 del 19-11-2003)
Ricorso della Regione autonoma Valle d'Aosta, in persona del
presidente della giunta regionale e legale rappresentante pro
tempore, sig. Carlo Perrin, rappresentata e difesa, giusta delega a
margine del presente atto ed in virtu' di deliberazione di giunta
regionale n. 3561 del 29 settembre 2003 (all. 1) di autorizzazione a
stare in giudizio, dagli avv. proff. Giuseppe Franco Ferrari e
Massimo Luciani, e con questi elettivamente domiciliata presso lo
studio del secondo in Roma, via Bocca di Leone, n. 78;
Contro il Presidente del Consiglio dei ministri;
Per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale della legge
1° agosto 2003, n. 212, pubblicata in Gazzetta Ufficiale, S.O. serie
generale n. 185, recante «Conversione in legge, con modificazioni,
del decreto-legge 24 giugno 2003, n. 143, recante disposizioni
urgenti in tema di versamento e riscossione tributi, di Fondazioni
bancarie e di gare indette dalla Consip S.p.a.», nella parte in cui
apporta modificazioni all'art. 24 della legge 27 dicembre 2002,
n. 289 (legge finanziaria per ii 2003) (all. 2).
F a t t o
Con ricorso n. 19/2003, depositato in data 7 marzo 2003, la
Regione autonoma Valle d'Aosta, al pari di altre regioni italiane, ha
sollevato in via principale la questione di legittimita'
costituzionale della legge finanziaria per il 2003, n. 289/2002,
ritenendo alcune disposizioni ivi contenute lesive sotto molteplici
profili dell'ordine costituzionale delle competenze legislative delle
Regioni, e segnatamente della Regione autonoma ricorrente.
Nelle more della decisione del predetto ricorso, il legislatore
statale e' nuovamente intervenuto sui medesimi temi gia' oggetto
della contestata legge finanziaria, arrecando ancora una volta una
grave lesione delle prerogative costituzionalmente riconosciute alle
Regioni, ed in particolare alle Regioni a statuto speciale. Con la
legge indicata in epigrafe, infatti, sono state apportate alcune
modificazioni all'originario testo dell'art. 24 della legge
n. 289/2002, introducendo una nuova disciplina di dettaglio in tema
di contratti di appalto pubblici.
Le nuove disposizioni continuano ad essere affette anche dai
medesimi vizi delle precedenti, ma determinano altresi' un nuovo e
ulteriore pregiudizio per le competenze regionali, aggravando la
lesivita' del contenuto precettivo e della portata di quelle gia'
impugnate. Deve essere pertanto proposto il presente ricorso, per la
dichiarazione di illegittimita' costituzionale della legge
n. 212/2003, nella parte in cui modifica l'art. 24, legge
n. 289/2002, e cio' alla luce dei seguenti motivi di
D i r i t t o
Violazione degli artt. 3, 5, 114, 117, 118, 118 e 119 della
Costituzione e dell'art. 10 legge costituzionale 18 ottobre 2001,
n. 3. Violazione degli artt. 2 e 4, legge costituzionale 26 febbraio
1948, n. 4.
1. - In via preliminare, occorre rilevare che, ai sensi
dell'art. 2, comma 1, lett. a), dello statuto della Valle d'Aosta, la
regione e' titolare di competenza esclusiva in materia di
«ordinamento degli uffici e degli enti dipendenti dalla Regione». In
tale materia, ai sensi dell'art. 4, la regione esercita anche le
funzioni amministrative
Ora, e' di piana evidenza che la legge impugnata, disciplinando
l'acquisto di beni e servizi da parte degli uffici
dell'amministrazione regionale per il loro funzionamento (e
regolando, per soprammercato, la responsabilita' dei pubblici
dipendenti che sottoscrivono i relativi contratti) incide appunto
nella materia dell'«ordinamento degli uffici e degli enti dipendenti
dalla Regione». Essa, pertanto, si appalesa radicalmente illegittima,
per violazione dello Statuto di autonomia, per invasione di una
materia di competenza esclusiva della ricorrente.
2. - Anche a voler prescindere dalla decisiva censura che
precede, l'illegittimita' della legge impugnata non verrebbe meno.
Occorre, infatti, sottolineare l'atteggiamento generale del
legislatore statale, che emerge, cosi' come dalla legge finanziaria
2003, anche dalla legge n. 212/2003 qui impugnata: la tendenza del
legislatore statale e' evidentemente quella di continuare a
legiferare come se la riforma costituzionale dell'ottobre 2001 non
avesse lasciato tracce. Da un lato, si assiste a continue incursioni
della legge statale in materie di esclusiva competenza regionale e,
dall'altro, si incontrano norme di analitico dettaglio anche nei
settori di legislazione concorrente.
Entrambi questi atteggiamenti appaiono in netto contrasto con i
principi enunciati dalla Carta costituzionale e, pertanto, le
disposizioni normative in cui essi trovano espressione sono senza
dubbio gravemente illegittime. Se, infatti, fino alla riforma
costituzionale del 2001 la legge statale era fonte a competenza
generale - sia pure subordinata alla Costituzione -, ora essa deve
fondare la propria competenza non su una presunzione generale in
proprio favore, bensi' su uno dei «titoli» costituiti, da un lato,
dall'art. 117, comma 2 (materie di esclusiva competenza dello Stato)
e comma 3 (materie di competenza legislativa concorrente), e,
dall'altro, dalle altre disposizioni costituzionali dalle quali sia
desumibile una riserva o una preferenza a favore della legge statale.
Spetta invece alle regioni, ai sensi dell'art. 117, comma 4, «la
potesta' legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente
riservata legislazione dello Stato», fermo restando quanto stabilito
per le regioni ad autonomia speciale dai rispettivi statuti, che
riconoscono al legislatore regionale la potesta' esclusiva in alcuni
specifici settori (cfr. art. 2, legge costituzionale n. 4/1948).
Peraltro, anche nei settori di competenza concorrente, il
legislatore statale deve comunque limitarsi a fissare larghe
direttive di principio e non puo', viceversa, spingersi a legiferare
in maniera completa e dettagliata, dovendo lasciando alle Regioni
ambiti di manovra compatibili con la natura regolativa - e non
meramente attuativa - della loro competenza.
Cio' vale anche per le regioni a statuto speciale, per le quali
l'art. 10, legge costituzionale n. 3/2001, precisa che «sino
all'adeguamento dei rispettivi statuti, le disposizioni della
presente legge costituzionale si applicano anche alle regioni a
statuto speciale ed alle province autonome di Trento e Bolzano per le
parti in cui prevedono forme di autonomia piu' ampie rispetto a
quelle gia' attribuite».
Alla luce di quanto sin qui rilevato, non puo' che concludersi
per l'inammissibilita' di un intervento legislativo statale che
consista nell'enunciazione di norme di dettaglio - per quanto
cedevoli possano essere - nelle materie elencate nell'art. 117, comma
3 della Costituzione, a maggior ragione, un siffatto intervento deve
ritenersi inammissibile in tutte le materie non espressamente
indicate nel testo costituzionale, per le quali vale il principio
della esclusivita' delle prerogative regionali, cosi' come in tutte
le materie indicate dallo statuto speciale come ambiti di opotesta'
legislativa esclusiva della Regione.
Cio' premesso, anche ove si ritenesse che la materia incisa dalla
legge impugnata sia quella dei contratti d'appalto pubblici, e anche
prescindendo dalla qualificazione di tale materia come settore di
esclusiva competenza regionale ovvero come ambito di legislazione
concorrente, non puo' che ravvisarsi un grave quanto evidente vizio
di incostituzionalita' nelle disposizioni censurate, dal momento che
esse si configurano quali norme di analitico dettaglio.
3. - Venendo ad un esame puntuale delle disposizioni introdotte
con la legge censurata nell'originario testo della finanziaria 2003,
si segnalano in particolare due rilevanti novita', direttamente
incidenti sull'autonomia regionale.
In primo luogo, la legge n. 212/2003 circoscrive l'obbligo di
ricorrere alle convenzioni quadro definite dalla CONSIP da parte di
alcune pubbliche amministrazioni, limitandolo alle sole ipotesi in
cui si debbano acquistare beni o servizi caratterizzati «dall'alta
qualita' dei servizi stessi e dalla bassa intensita' di lavoro», e
demandando poi al Ministero dell'economia e delle finanze il compito
di indicare con decreto quali servizi possano considerarsi rientranti
nella predetta nozione (nuovi commi 3 e 3-bis dell'art. 24). Nel
testo originario dell'art. 24, legge n. 289/2002, invece, invece, non
si poneva alcun limite.
In secondo luogo, viene contestualmente introdotta una nuova
disposizione (comma 4-bis dell'art. 24) che consente la stipulazione
di ogni tipo di contratto senza utilizzare le convenzioni quadro
definite dalla CONSIP solo quando il valore dei costi e delle
prestazioni dedotte in contratto sia uguale o inferiore a quello
previsto dalle stesse convenzioni CONSIP.
Resta invariato, invece, ii comma 9 dell'art. 24, che qualifica
le disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 5 come «norme di principio e
coordinamento» per le Regioni, lasciando cosi' intendere che le altre
statuizioni contenute nell'art. 24 debbano viceversa ritenersi norme
di dettaglio vincolanti per le amministrazioni regionali.
La palese illegittimita' della legge n. 212/2003 in parte qua e'
rilevabile ove solo si consideri che la materia degli appalti
pubblici di servizi e forniture, su cui essa interviene con
disposizioni di dettaglio, a ben vedere, non e contemplata fra quelle
di competenza esclusiva statale elencate dall'art. 117, comma
secondo, della Costituzione, ne' tra quelle in cui vi e' una potesta'
concorrente Stato-Regioni ai sensi dell'art. 117, comma terzo della
Costituzione.
Ne deriva che la disciplina delle acquisizioni di servizi e
forniture, per la parte che non concerne le acquisizioni da parte
delle amministrazioni statali, e' da ascriversi (sempre ove si neghi
l'evidenza, e cioe' che la materia d'interesse e' quella
dell'organizzazione degli uffici regionali) alla potesta' normativa
generale, residuale ed esclusiva delle Regioni, ai sensi
dell'art. 117, comma quarto della Costituzione.
Con specifico riferimento alla Regione autonoma Valle d'Aosta,
peraltro, ogni considerazione rimane assorbita dall'esame dell'art. 2
dello statuto speciale, che attribuisce al legislatore regionale la
potesta' primaria in una serie di settori nell'ambito dei quali
l'acquisizione di beni, servizi e forniture non puo' che sottrarsi
all'applicazione della disciplina statale, fatta eccezione per le
sole norme fondamentali di riforma economico-sociale.
Non basta il richiamo, contenuto nel primo comma dell'art. 24,
legge n. 289/2002, a presunte ragioni di «trasparenza e di tutela
della concorrenza» per consentire di ravvisare la sussistenza nella
fattispecie dei presupposti legittimanti l'esercizio della potesta'
legislativa esclusiva da parte dello Stato: al di la' della generale
irrilevanza della autoqualificazione di una norma, le invocate
esigenze di tutela della concorrenza, nella accezione comune di
correzione degli effetti distorsivi e di abuso di posizione
dominante, infatti, non paiono seriamente perseguite nel caso di
specie, in cui al contrario il sistema dell'acquisizione di beni e
servizi attraverso le convenzioni CONSIP o alle condizioni ed ai
prezzi ivi stabiliti non facilita la concorrenza nel mercato, bensi'
produce semmai un consistente orientamento del medesimo.
Quand'anche si aderisse ad un'interpretazione piu' restrittiva,
che riconosca alle regioni una competenza meramente concorrente nella
materia de qua (sebbene essa non paia riconducibile ad alcuno dei
settori enumerati nell'art. 117, comma terzo, della Costituzione), le
disposizioni censurate risulterebbero comunque illegittime: la loro
analiticita', infatti, che trova persino una implicita conferma nella
circostanza che solo le disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 5
dell'art. 24, legge n. 289/2002, siano state qualificate come «norme
di principio e di coordinamenti», e' clamorosamente evidente.
Il legislatore statale ha inteso vincolare le Regioni
all'applicazione di disposizioni articolate e di dettaglio, in tal
modo scavalcando completamente la legge regionale; cio' in un settore
in cui deve essere riconosciuta alle Regioni una potesta' normativa
residuale ed esclusiva, ovvero - in subordine - in cui deve
riconoscersi quanto meno una ripartizione di competenze tra stato e
regioni, in forza della quale la legge regionale resta comunque
l'unica fonte competente all'adozione di previsioni normative
analitiche e puntuali.
In conclusione, sia che si versi in materia di competenza
esclusiva regionale, sia che si versi in materia di competenza
concorrente, si riscontra nella fattispecie una palese invasione da
parte del legislatore statale delle prerogative riconosciute dalla
Costituzione e dallo statuto speciale alla Regione autonoma Valle
d'Aosta, invasione perpetrata tramite l'adozione di una disciplina di
dettaglio, peraltro nient'affatto cedevole, parzialmente modificativa
della normativa precedente (gia' impugnata) in tema di appalti
pubblici.
Accanto ad una grave violazione dell'art. 117 della Costituzione
e dell'art. 2, legge cost. n. 4/1948, e' altresi' riscontrabile nella
fattispecie una altrettanto grave violazione deIl'art. 118 della
Costituzione e dell'art. 4, legge cost. n. 4/1948, nella parte in cui
riconoscono alla regione Valle d'Aosta la titolarita' di funzioni
amministrative proprie. E' evidente, del resto, che, oltre ad
invadere un ambito di normazione regionale, la legge impugnata
finisce per incidere anche sull'autonomia amministrativa della
regione, che si trova fortemente limitata nelle proprie scelte
discrezionali in tema di acquisizione di beni e servizi dai vincoli
imposti dal legislatore statale.
P. Q. M.
Voglia codesta ecc.ma Corte, in accoglimento del presente
ricorso, dichiarare l'illegittimita' costituzionale della legge 10
agosto 2003, n. 212, pubblicata nel Supplemento ordinario alla
Gazzetta Ufficiale - Serie generale - n. 185 dell'11 agosto 2003,
nella parte in cui apporta modificazioni all'articolo 24 della legge
27 dicembre 2002, n. 289.
Milano-Roma, addi' 8 ottobre 2003
Avv. prof. Giuseppe Franco Ferrari - Avv. prof. Massimo Luciani