Ricorso n. 73 del 2 luglio 2015 (Presidente del Consiglio dei ministri)
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 2 luglio 2015 (del Presidente del Consiglio dei
ministri).
(GU n. 38 del 2015-09-23)
Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri in carica,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, C.F.
…, n. fax … ed indirizzo P.E.C. per il ricevimento
degli atti …, presso i cui uffici
domicilia in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12, contro la Regione
Marche, in persona del Presidente della Giunta Regionale in carica,
con sede in Ancona, per la dichiarazione di illegittimita'
costituzionale dell'art. 4, comma 1, lettera a), b), c), d), h), l),
m); dell'art. 6, comma 1, lettera c) e g) e comma 2; dell'art. 8,
comma 3; dell'art. 9, comma 1, 2 e 6; dell'art. 12; dell'art. 13,
comma 1, lettera a) e b), della legge Regione Marche 20 aprile 2015,
n. 17, pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Marche, del
30 aprile 2015, n. 37.
Fatto
La legge regione Marche 20 aprile 2015, n. 17 e' intitolata:
"Riordino e semplificazione della normativa regionale in materia di
edilizia".
In particolare, l'art. 4 di detta legge, intitolato (Attivita'
edilizia libera) dispone:
1. Sono ricompresi tra gli interventi indicati all'articolo
6, comma 1, del d.P.R. 380/2001 e quindi eseguibili senza necessita'
di ottenere alcun titolo abilitativo:
a) i movimenti di terra strettamente necessari alla
rimodellazione di strade di accesso e aree di pertinenza degli
edifici esistenti, sia pubblici che privati, purche' non comportino
realizzazione di opere di contenimento e comunque con riporti o
sterri complessivamente di altezza non superiore a metri 1,00;
b) le opere di pavimentazione e di finitura di spazi
esterni, compresa l'eventuale necessaria rimodellazione del terreno
anche per aree di sosta nei limiti indicati alla lettera a), che
siano contenute entro l'indice di permeabilita' ove stabilito dallo
strumento urbanistico comunale, ivi compresa la realizzazione di
intercapedini interamente interrate;
c) la realizzazione di rampe e pedane per l'abbattimento e
superamento delle barriere architettoniche per dislivelli inferiori a
metri 1,00;
d) le aree ludiche senza fini di lucro e gli elementi di
arredo delle aree pertinenziali degli edifici senza creazione di
volumetria e con esclusione delle piscine;
e) la realizzazione di pertinenze di edifici o di unita'
immobiliari esistenti che non comportino volumetria;
f) i camini e i fumaioli con altezza non superiore a metri
1,50 rispetto al colmo, a esclusione delle canne fumarie esterne;
g) i cartelli di segnaletica e di sicurezza sul lavoro;
h) le opere interne a singole unita' immobiliari, ivi
compresi l'eliminazione, lo spostamento e la realizzazione di
aperture e pareti divisorie interne che non costituiscono elementi
strutturali, sempre che non comportino aumento del numero delle
unita' immobiliari o implichino incremento degli standard
urbanistici;
i) la tinteggiatura esterna dei fabbricati non ricadenti in
zona A di cui al decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444 (Limiti
inderogabili di densita' edilizia, di altezza, di distanza fra i
fabbricati e rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti
residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attivita'
collettive, al verde pubblico o a parcheggi da osservare ai fini
della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di
quelli esistenti, ai sensi dell'art. 17 della L. 6 agosto 1967, n.
765) o in ambiti soggetti a tutela paesaggistica. I Comuni possono
stabilire al riguardo norme di dettaglio anche relativamente ad altre
zone del territorio ovvero stabilire di sottoporre tali interventi a
titoli abilitativi;
l) le opere da realizzare nell'ambito di stabilimenti
industriali, intese ad assicurare la funzionalita' dell'impianto e il
suo adeguamento tecnologico, purche' non modifichino le
caratteristiche complessive in rapporto alle dimensioni dello
stabilimento, siano interne al suo perimetro o area di pertinenza e
non incidano sulle sue strutture. Tali opere riguardano:
1) le costruzioni che non prevedono e non sono idonee alla presenza
di manodopera, realizzate con lo scopo di proteggere determinati
apparecchi o sistemi, quali cabine per trasformatori o per
interruttori elettrici, cabine per valvole di intercettazione fluidi,
site sopra o sotto il livello di campagna, cabine per stazioni di'
trasmissione dati e comandi o per gruppi di riduzione purche' al
servizio dell'impianto;
2) i sistemi per la canalizzazione dei fluidi mediante tubazioni,
fognature e simili, realizzati all'interno dello stabilimento stesso;
3) i serbatoi fino a metri cubi tredici per lo stoccaggio e la
movimentazione dei prodotti e le relative opere;
4) le opere a carattere precario o facilmente amovibili, quali
garitte, chioschi per l'operatore di pese a bilico, per posti
telefonici distaccati, per quadri di comando di apparecchiature non
presidiate;
5) le installazioni di pali porta tubi in metallo e conglomerato
armato, semplici e composti;
6) le passerelle con sostegni in metallo o conglomerato armato per
l'attraversamento delle strade interne con tubazioni di processo e
servizi;
7) le trincee a cielo aperto, destinate a raccogliere tubazioni di
processo e servizi, nonche' le canalizzazioni fognanti aperte e le
relative vasche di trattamento e decantazione;
8) i basamenti, le incastellature di sostegno e le apparecchiature
all'aperto per la modifica e il miglioramento di impianti esistenti;
9) la separazione di aree interne allo stabilimento realizzata
mediante muretti e rete ovvero in muratura;
10) le attrezzature semifisse per il carico e lo scarico da autobotti
e ferro cisterne, come bracci di scarichi e pensiline, ovvero da
navi, come bracci di sostegno delle manichette;
11) le attrezzature per la movimentazione di materie prime e prodotti
alla rinfusa e in confezione, quali nastri trasportatori ed elevatori
a tazze;
12) le coperture estensibili poste in corrispondenza delle entrate
degli stabilimenti a protezione del carico e dello scarico delle
merci;
13) le canne fumarie e altri sistemi di adduzione e di abbattimento;
m) le opere necessarie a consentire lavorazioni eseguite
all'interno di locali chiusi, anche comportanti modifiche
nell'utilizzo dei locali adibiti a esercizio d'impresa.
2. Ai sensi dell'articolo 6, comma 1, del d.P.R. 380/2001, gli
interventi indicati al comma 1 sono effettuati nel rispetto delle
prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali, nonche' di tutte
le normative di settore aventi incidenza sulla disciplina
dell'attivita' edilizia.
L'art. 6, intitolato (Interventi soggetti a SCIA), dispone:
1. Sono subordinati alla presentazione della SCIA gli
interventi non riconducibili all'attivita' edilizia libera di cui
all'articolo 4 o alla CIL di cui all'articolo 5 ovvero al permesso di
costruire, e in particolare:
a) gli interventi volti all'eliminazione delle barriere
architettoniche che riguardano le parti' strutturali dell'edificio
ovvero comportano la modifica della sagoma o degli altri parametri
dell'edificio sul quale si interviene;
b) gli interventi di restauro e risanamento conservativo;
c) gli interventi di ristrutturazione edilizia;
d) l'installazione o la revisione di impianti tecnologici
che comportano la realizzazione di volumi tecnici al servizio di
edifici o di attrezzature esistenti;
e) le varianti a permesso di costruire di cui all'articolo
22, comma 2, del d.P.R. 380/2001;
f) l'installazione di cabine elettriche, del gas o similari
su suolo privato;
g) gli interventi di demolizione parziale e integrale di
manufatti edilizi;
h) il recupero e il risanamento di aree libere urbane e gli
interventi di rinaturalizzazione;
i) i movimenti di terra significativi, che alterano in modo
sostanziale e definitivo lo stato originario dei luoghi;
l) la realizzazione di autorimesse pertinenziali ai piani
terra dei fabbricati o interrate, nei casi di cui all'articolo 9,
comma 1, della legge 24 marzo 1989, n. 122 (Disposizioni in materia
di parcheggi, programma triennale per le aree urbane maggiormente
popolate, nonche' modificazioni di alcune norme del testo unico sulla
disciplina della circolazione stradale, approvato con decreto del
Presidente della Repubblica 15 giugno 1959, n. 393);
m) la realizzazione di impianti sportivi che non comportano
la creazione di volumi e superfici edificate;
n) l'installazione di reti e impianti di comunicazione
elettronica in fibra ottica di cui all'articolo 2, comma 1, del
decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo
sviluppo economico, la semplificazione, la competitivita', la
stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria),
convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.
2. Sono altresi' realizzabili mediante SCIA gli interventi di cui
all'articolo 22, comma 3, del d.P.R. 380/2001.
3. E' comunque fatta salva la facolta' dell'interessato di
chiedere il rilascio del permesso di costruire.
L'art. 8, intitolato (Variazioni essenziali) dispone:
Ai sensi dell'articolo 32 del d.P.R. 380/2001 e fermo
restando quanto disposto dall'articolo 31, comma 1, del medesimo
d.P.R., costituiscono variazioni essenziali al progetto assentito e
richiedono quindi un nuovo permesso di costruire o una nuova SCIA o
CIL:
a) il mutamento della destinazione d'uso che implica
variazione degli standard previsti dal d.m. 1444/1968;
b) l'aumento della cubatura di oltre il 15 per cento per
gli edifici sino a metri cubi 500, di oltre il 10 per cento per gli
edifici da metri cubi 501 a 1.000, di oltre il 6 per cento per gli
edifici da metri cubi 1.001 a 5.000 e di oltre il 2,50 per cento per
gli edifici eccedenti i metri cubi 5.000 ovvero l'aumento della
superficie di solaio di oltre il 15 per cento per gli edifici sino a
metri quadrati 150, di oltre il 10 per cento per gli edifici da metri
quadrati 151 a 300, di oltre il 6 per cento per gli edifici da metri
quadrati 301 a 1.500 e di oltre il 2,50 per cento per gli edifici
aventi superfici di solaio maggiori. Agli effetti di questa norma, la
superficie del solaio e' quella risultante dalla somma della
superficie dei solai di interpiano e di quello di copertura se
praticabile;
c) le modifiche superiori al 10 per cento di parametri
urbanistico-edilizi del progetto approvato ovvero della
localizzazione dell'edificio sull'area di pertinenza, qualora
quest'ultima non coincida per almeno la meta' con l'area di sedime di
quello autorizzato;
d) il mutamento delle caratteristiche dell'intervento
edilizio assentito;
e) la violazione delle norme vigenti in materia di edilizia
antisismica, che non attenga a fatti procedurali, tale da determinare
un rischio individuabile mediante calcolo statico effettuato ai sensi
delle norme tecniche vigenti;
f) l'aumento del numero dei piani.
2. Non costituiscono comunque variazioni essenziali quelle
che incidono sull'entita' dei volumi tecnici e sul numero e la
distribuzione interna delle unita' abitative dell'edificio, fatto
salvo quanto previsto all'articolo 13.
3. Non costituiscono inoltre variazioni essenziali rispetto
al titolo abilitativo il mancato completamento degli interventi o la
realizzazione di minori superfici o volumetrie o altezze o parziali
riduzioni dell'area di sedime, di maggiori distacchi, purche' gli
interventi non comportino difformita' dalle prescrizioni del titolo
abilitativo medesimo o da nonne o piani urbanistici.
L'art. 9, intitolato (Autorizzazione temporanea) dispone:
1. Il Comune puo' autorizzare a titolo temporaneo interventi
edilizi, ancorche' difformi dalle previsioni degli strumenti
urbanistici comunali adottati o approvati, destinati al
soddisfacimento di documentate esigenze di carattere improrogabile e
transitorio non altrimenti realizzabili. L'autorizzazione temporanea
puo' riguardare esclusivamente le opere pubbliche o di pubblico
interesse e le attivita' produttive. In quest'ultimo caso,
l'autorizzazione e' rilasciata solo qualora l'immobile in cui le
stesse attivita' sono svolte sia interessato da interventi edilizi
che ne precludano o ne limitino l'utilizzo.
2. L'autorizzazione relativa alle opere pubbliche o di
pubblico interesse e' valida per il periodo necessario alla
realizzazione o al recupero delle medesime. L'autorizzazione relativa
alle attivita' produttive indica espressamente il periodo di
validita' che non puo' superare i sei mesi, prorogabili una sola
volta e per comprovati motivi fino a trentasei mesi complessivi dalla
data del rilascio.
3. L'autorizzazione temporanea non sostituisce le altre
autorizzazioni previste dalla legge ed e' rilasciata secondo le
modalita' previste nel regolamento edilizio comunale, previa stipula
da parte dell'interessato di apposita polizza fideiussoria a garanzia
della rimozione dell'intervento entro il termine di validita'
dell'atto.
4. L'autorizzazione temporanea puo' essere motivatamente
revocata per motivi di pubblico interesse, senza indennizzo, prima
della scadenza del termine di validita'.
5. Ferma l'adozione delle misure di cui alla Parte I, Titolo
IV del d.P.R. 380/2001, se alla scadenza dell'autorizzazione ovvero
nel caso di revoca della medesima il titolare non provvede alla
demolizione dell'opera e al ripristino dello stato dei luoghi,
l'opera e' demolita e lo stato dei luoghi e' ripristinato con
ordinanza comunale a spese dei responsabili dell'intervento, previa
escussione della polizza fideiussoria.
6. I Comuni hanno facolta' di disciplinare nei propri
strumenti urbanistici ulteriori attivita' oggetto di autorizzazione
temporanea che possono essere svolte nelle aree private. Tali
attivita' non possono comunque superare i trenta giorni.
L'art. 12, intitolato (Miglioramento sismico degli edifici)
dispone:
1. Al fine di favorire interventi di prevenzione sismica sul
patrimonio edilizio esistente e' consentito l'inserimento di elementi
strutturali finalizzati, nell'ambito di un progetto complessivo, a
ridurre la vulnerabilita' sismica dell'intero edificio, anche qualora
comportino un incremento dell'altezza non superiore a centimetri 50 o
una riduzione, nella stessa misura, delle distanze dal confine di
proprieta', tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti e
dal nastro stradale, nel rispetto delle distanze minime previste dal
codice civile.
2. Gli interventi previsti al comma 1 non sono computati ai
fini del calcolo della volumetria delle superfici, delle altezze e
delle distanze. Il titolo abilitativo e' rilasciato anche in
difformita' a quanto stabilito negli strumenti urbanistici e nei
regolamenti edilizi comunali, fatte salve eventuali limitazioni
imposte da specifici vincoli storici, ambientali, paesaggistici,
igienico-sanitari e di sicurezza.
3. Agli interventi previsti al comma 1 non si applicano le
disposizioni in materia di densita' edilizia e di altezza per le
edificazioni nelle zone di tipo E di cui agli articoli 7 e 8 del d.m.
1444/1968.
L'art. 13, intitolato (Recupero dei sottotetti degli edifici
esistenti al 30 giugno 2014) dispone:
1. Dalla data di entrata in vigore di questa legge sono
consentiti, anche in deroga alle previsioni degli strumenti
urbanistici comunali, il recupero a fini abitativi e l'agibilita',
senza modifica della sagoma dell'edificio, dei sottotetti esistenti
alla data del 30 giugno 2014, legittimamente realizzati o condonati,
purche' siano assicurati:
a) un'altezza media ponderata non inferiore a metri 2,40
per gli spazi ad uso abitativo, riducibile a metri 2,20 per gli spazi
accessori e di servizio, nonche' un'altezza minima pari a metri 1,50
nei casi di copertura a falde inclinate e un'altezza minima non
inferiore a metri 2,40 per gli spazi ad uso abitativo, riducibili a
metri 2,20 per gli spazi accessori e di servizio, nei casi di
coperture piane;
b) un rapporto illuminotecnico non inferiore a 1/12 tra la
superficie netta dei locali e la superficie finestrata apribile.
2. Ai fini di questo articolo, per sottotetto si intende il
piano compreso tra il solaio piano di copertura dell'ultimo piano e
le falde del tetto. L'altezza del sottotetto e' calcolata al netto
dell'intera struttura costituente la falda di copertura.
3. Gli interventi sono consentiti purche' prevedano e
garantiscano il rispetto degli standard urbanistici di cui
all'articolo 3 del d.m. 1444/1968. Qualora sia accertata dal Comune
l'impossibilita' di reperire la quantita' minima di aree da destinare
ai suddetti standard e non sia possibile soddisfare altrimenti i
relativi fabbisogni, i soggetti interessati si obbligano a
corrispondere al Comune medesimo, nei tempi e secondo i criteri e le
garanzie fideiussorie stabiliti dallo stesso ente locale, una somma
pari al valore di mercato di aree con caratteristiche simili a quelle
che avrebbero dovuto cedere e comunque non inferiore ai relativi
oneri di urbanizzazione. I proventi derivanti dalla monetizzazione
sono utilizzati dal Comune per l'acquisizione di aree da destinare a
standard urbanistici o per aumentare gli standard esistenti.
4. Gli interventi sono consentiti anche su immobili aventi
destinazione d'uso turistico-ricettiva, ubicati nelle zone omogenee A
di cui al d.m. 1444/1968.
5. Gli interventi sono effettuati previa acquisizione del
permesso di' costruire nei casi previsti ovvero previa presentazione
della SCIA negli altri casi e comportano la corresponsione del
contributo di costruzione, se dovuto. Gli stessi sono finalizzati
esclusivamente a elevare la qualita' abitativa negli edifici
esistenti, nel rispetto delle norme vigenti.
6. I sottotetti recuperati per effetto di questo articolo non
possono essere oggetto di successivi frazionamenti, fatto salvo
l'eventuale accorpamento ad altre unita' immobiliari abitative
esistenti alla data del 30 giugno 2014.
I suddetti articoli 4, 6, 8, 9, 12 e 13 della legge Regione
Marche n. 17 del 20 aprile 2015 presentano profili di illegittimita'
costituzionale perche' violano l'art. 117, comma 2, della
Costituzione, lett. l), in materia di ordinamento civile, l'art. 117,
comma 3, della Costituzione perche' contrastano con i principi
fondamentali in materia di "governo del territorio" contenuti nel
testo unico dell'edilizia di cui al d.P.R. n. 380/2001, e con i
principi in materia di "protezione civile" per i seguenti
Motivi
Violazione dell'art. 117, comma 3, della Costituzione e dei principi
fondamentali in materia di governo del territorio - Violazione delle
disposizioni statali di principio in materia di governo del
territorio di cui al d.P.R. n. 380 del 2001 con particolare
riferimento all'art. 3, comma 1, lett. e), 6, commi 1, 2, 4, 5, 6 e
7.
L'articolo 4 summenzionato della legge Regione Marche impugnata,
rubricato "Attivita' edilizia libera", individua una serie di
interventi edilizi che si considerano "ricompresi tra gli interventi
indicati all'articolo 6, comma 1, del d.P.R. n. 380/2001, e quindi
eseguibili senza necessita' di ottenere alcun titolo abilitativo".
Tramite l'inclusione nell'ambito dell'attivita' edilizia di
alcuni degli interventi elencati in tale disposizione, la Regione ha
travalicato lo spazio attribuito al legislatore regionale
dall'articolo 6, comma 6, lettera a) del d.P.R. n. 380/2001, nei
limiti e per le ragioni di seguito specificate.
La Corte Costituzionale, con la pronuncia n. 139/2013, ha
chiarito che l'art. 6, comma 6, del testo unico dell'edilizia,
consente al legislatore regionale di estendere l'attivita' edilizia
libera ad ipotesi «non integralmente nuove, ma "ulteriori", ovvero
coerenti e logicamente assimilabili agli interventi di cui ai commi 1
e 2 del medesimo articolo 6».
Nel caso di specie, gli interventi individuati dalla regione
Marche si allontanano dalla ratio sottesa alla normativa statale, che
include negli interventi liberi quelli che non hanno rilevanza
esterna, (se non minima e comunque giustificata da altre esigenze:
come nel caso dell'istallazione di pompe di calore aria-aria di
potenza termica inferiore a 12 kw, dei pannelli solari fotovoltaici a
servizio degli edifici da realizzare fuori dalla zona a); dei
movimenti di terra strettamente pertinenti all'esercizio della
pratica agricola; degli elementi di arredo delle aree pertinenziali
degli edifici), se non temporanea.
Tale intenzione del legislatore si evince, tra l'altro, dal fatto
che in piu' casi sono espressamente escluse dall'attivita' libera le
opere esterne e quelle che alterano la sagoma dell'edificio.
Inoltre, per talune categorie di interventi liberi, la
disposizione regionale non prevede l'obbligatorieta' dell'invio della
comunicazione telematica di inizio lavori (d'ora in avanti, CIL);
posto che tale adempimento, disciplinato dai commi 2, 4, 5 e 7
dell'art. 6 del d.P.R. n. 380/2001, e' finalizzato a consentire un
controllo da parte della amministrazione sullo svolgimento
dell'attivita' edilizia, come contrappeso alla liberalizzazione degli
interventi "minori" individuati dalla norma, si ritiene che la
Regione, eliminandolo, abbia violato un principio fondamentale in
materia di governo del territorio.
Alla luce di quanto osservato, si ritengono affette da profili di
illegittimita' costituzionale le seguenti lettere dell'art. 4, comma
1:
lettera a) che consente i movimenti di terra strettamente
necessari alla rimodellazione di strade di accesso e aree di
pertinenza degli edifici esistenti, sia pubblici che privati con
riporti o sterri fino ad un metro di altezza. Tale norma contrasta
con l'art. 6, comma 1, lettera d), d.P.R. n. 380/2001, che
espressamente limita l'attivita' libera ai movimenti di terra
"strettamente pertinenti all'esercizio dell'attivita' agricola";
lettera b) nella parte in cui consente, negli stessi limiti
previsti dalla lettera a) la rimodellazione del terreno a fini di
pavimentazione e la finitura di spazi esterni, anche per aree di
sosta, e che consente la realizzazione di intercapedini interamente
interrate senza riprodurre il limite della non accessibilita' delle
medesime e senza prevedere l'obbligo di presentare la CIL, in
contrasto con quanto previsto dall'art. 6, comma 2, lett. c), d.P.R.
n. 380/2001;
lettera c) che consente la realizzazione di rampe e pedane
per l'abbattimento e superamento delle barriere architettoniche per
dislivelli inferiori a metri 1,00, in contrasto con l'art. 6, comma
1, lettera b), d.P.R. n. 380/2001, che esclude espressamente
dall'attivita' libera gli interventi di rimozione delle barriere
architettoniche che "comportino la realizzazione di rampe o ascensori
esterni";
lettera d) che non prevede l'obbligo di presentare la CIL per
gli interventi consistenti nella realizzazione di aree ludiche senza
fini di lucro e di elementi di arredo delle aree pertinenziali degli
edifici o di unita' immobiliari esistenti che non comportino
volumetria, in contrasto con l'art. 6, comma 2, lett. e), d.P.R. n.
380/2001;
lettera h) che, nel combinato disposto con l'articolo 5,
commi l e 2, esclude dall'obbligo di presentare la comunicazione di
inizio lavori asseverata "le opere interne a singole unita'
immobiliari, ivi compresi l'eliminazione, lo spostamento e la
realizzazione di aperture e pareti divisorie interne che non
costituiscono elementi strutturali, sempre che non comportino aumento
del numero delle unita' immobiliari o implichino incremento degli
standard urbanistici", in contrasto con l'art. 6, comma 2, lettera a)
e comma 4 del TUE che subordina gli interventi di manutenzione
straordinaria a tale adempimento. La previsione dell'obbligo di
presentare la CIL "asseverata" e' funzionale a rendere noto alla
pubblica amministrazione l'avvio di interventi edilizi che, pur
essendo inclusi nell'attivita' edilizia libera, hanno un maggiore
impatto sul territorio e per i quali, quindi, deve essere possibile
esercitare un controllo, secondo le modalita' che - in base al
disposto dell'articolo 6, comma 6, lettera b) d.P.R. n. 380/2001 -
spetta alla regione definire;
lettera l) che riconduce all'attivita' edilizia libera
fattispecie che la normativa statale subordina a permesso di
costruire (art. 3, comma 1, lettera e), d.P.R. n. 380/2001) o a SCIA
(cfr., ad esempio, il numero 13) le canne fumarie e altri sistemi di
adduzione e di abbattimento), in quanto comportanti una
trasformazione permanente del territorio, non priva di rilevanza
esterna, si pone del tutto al di fuori della ratio sottesa
all'articolo 6 del TUE.
La previsione contrasta, in particolare, con l'art. 6, comma 2,
lettera b), del TUE, che include nell'attivita' libera, previa CIL,
le opere dirette a soddisfare obiettive esigenze contingenti e
temporanee destinate ad essere immediatamente rimosse al cessare
dell'esigenza, e comunque non oltre 90 giorni; nonche' con l'art. 6,
comma 2, lettera e-bis), che fa riferimento alle modifiche interne di
carattere edilizio sulla superficie coperta dei fabbricati adibiti ad
esercizio di impresa. Infatti, sono ricondotte all'attivita' libera
anche 1) le costruzioni che non prevedono e non sono idonee alla
presenza di manodopera, realizzate con lo scopo di proteggere
determinati apparecchi o sistemi, quali cabine per trasformatori o
per interruttori elettrici, cabine per valvole di intercettazione
fluidi, site sopra o sotto il livello di campagna, cabine per
stazioni di trasmissione dati e comandi o per gruppi di riduzione
purche' al servizio dell'impianto; 2) i sistemi per la canalizzazione
dei fluidi mediante tubazioni, fognature e simili, realizzati
all'interno dello stabilimento stesso; 3) i serbatoi fino a metri
cubi tredici per lo stoccaggio e la movimentazione dei prodotti e le
relative opere; 4) le opere a carattere precario o facilmente
amovibili, quali garitte, chioschi per l'operatore di pese a bilico,
per posti telefonici distaccati, per quadri di comando di
apparecchiature non presidiate; 5) le installazioni di pali porta
tubi in metallo e conglomerato armato, semplici e composti; 6) le
passerelle con sostegni in metallo o conglomerato armato per
l'attraversamento delle strade interne con tubazioni di processo e
servizi; 7) le trincee a cielo aperto, destinate a raccogliere
tubazioni di processo e servizi, nonche' le canalizzazioni fognanti
aperte e le relative vasche di trattamento e decantazione; 8) i
basamenti, le incastellature di sostegno e le apparecchiature
all'aperto per la modifica e il miglioramento di impianti esistenti;
12) le coperture estensibili poste in corrispondenza delle entrate
degli stabilimenti a protezione del carico e dello scarico delle
merci). Si rileva, inoltre, che la previsione contenuta al numero 9,
che consente "la separazione di aree interne allo stabilimento
realizzata mediante muretti e rete ovvero in muratura", presenta i
medesimi profili di incostituzionalita' rilevati in riferimento alla
lettera h), posto che, per tali interventi, l'articolo 6, comma 2
lett. e-bis), del d.P.R. n. 380/2001, in combinato disposto con
l'art. 6, comma 4, richiede la CIL asseverata;
lettera m) nella parte in cui consente "le opere necessarie a
consentire lavorazioni eseguite all'interno di locali chiusi, anche
comportanti modifiche nell'utilizzo dei locali adibiti a esercizio
d'impresa", senza escludere gli interventi che riguardino parti
strutturali dell'edificio, contrasta con l'articolo 6, comma 2, lett.
e-bis) del TUE, che espressamente esclude dall'ambito dell'attivita'
edilizia libera detti interventi. Al riguardo, si sottolinea che
l'esclusione risponde a finalita' di tutela dell'incolumita'
pubblica, in quanto si ritiene che modifiche che interessano parti
strutturali degli edifici debbano essere effettuate sotto la
supervisione di un tecnico abilitato.
Violazione dell'art. 117, comma 3, della Costituzione e dei principi
fondamentali in materia di governo del territorio - Violazione delle
disposizioni statali di principio in materia di governo del
territorio di cui al d.P.R. n. 380 del 2001 con particolare
riferimento all'art. 10, comma 1, lett. c) e con l'art. 22 , comma 3,
lett. a).
L'articolo 6, commi 1, lettera c) e g) e comma 2, che consente di
realizzare mediante SCIA (invece che tramite permesso di costruire, o
DIA alternativa al permesso di costruire), gli interventi di
ristrutturazione edilizia, gli interventi di demolizione parziale e
integrale di manufatti edilizi, nonche' gli interventi di cui
all'articolo 22, comma 3, del d.P.R. n. 380/2001, contrasta con
l'art. 10, comma 1, lettera c) e con l'articolo 22, comma 3, lett. a)
del d.P.R. n. 380/2001. Occorre precisare che, ai sensi delle
disposizioni di principio contenute nel TUE, gli "interventi di
ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in
tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino modifiche
della volumetria complessiva degli edifici o dei prospetti, ovvero
che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A,
comportino mutamenti della destinazione d'uso" nonche' "gli
interventi che comportino modificazioni della sagoma di immobili
sottoposti a vincoli ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio
2004, n. 42" costituiscono interventi di trasformazione urbanistica
ed edilizia del territorio e sono subordinati a permesso di costruire
(art. 10, co. 1, lett. c).
L'articolo 22, comma 3, lettera a) prevede che tali interventi
possano essere assoggettati a DIA alternativa al permesso di
costruire.
Al riguardo, si sottolinea che in base all'art. 5, co. 2, lett.
c), D.L. n. 70/2011, le disposizioni sulla SCIA si applicano alle
denunce di inizio attivita' in materia edilizia disciplinate dal TUE,
con esclusione dei casi in cui le denunce stesse, in base alla
normativa statale o regionale, siano alternative o sostitutive del
permesso di costruire. La finalita' di questa esclusione e'
consentire, su questi interventi edilizi - che hanno un maggiore
impatto sul territorio e sugli interessi a questo connessi, in primis
di tipo ambientale e paesaggistico -, il controllo preventivo, invece
che successivo, dell'amministrazione, con evidenti finalita' di
tutela del territorio.
Le disposizioni statali richiamate, con le quali la disposizione
censurata contrasta, devono ritenersi principi fondamentali in
materia di governo del territorio, afferenti al regime dei titoli
abilitativi, pertanto risulta violato l'articolo 117, comma 3, della
Costituzione.
Violazione dell'art. 117, comma 3, della Costituzione e dei principi
fondamentali in materia di governo del territorio - Violazione delle
disposizioni statali di principio in materia di governo del
territorio di cui al d.P.R. n. 380 del 2001 con particolare
riferimento all'art. 34 "Interventi eseguiti in parziale difformita'
dal permesso di costruire" comma 2-ter.
L'articolo 8, rubricato "Variazioni essenziali", prevede, al
comma 3, che "Non costituiscono inoltre variazioni essenziali
rispetto al titolo abilitativo il mancato completamento degli
interventi o la realizzazione di minori superfici o volumetrie o
altezze o parziali riduzioni dell'area di sedime, di maggiori
distacchi, purche' gli interventi non comportino difformita' dalle
prescrizioni del titolo abilitativo medesimo o da norme o piani
urbanistici". Tale previsione contrasta con la disposizione di
principio di cui all'articolo 34 "Interventi eseguiti in parziale
difformita' dal permesso di costruire" comma 2-ter del d.P.R. n.
380/2001 che prevede "Ai fini dell'applicazione del presente
articolo, non si ha parziale difformita' del titolo abilitativo in
presenza di violazioni di altezza, distacchi, cubatura o superficie
coperta che non eccedano per singola unita' immobiliare il 2 per
cento delle misure progettuali". Si ritiene, pertanto, che la
disposizione regionale di cui trattasi, contrastando con il principio
fondamentale di cui al menzionato articolo del TUE, sia stata
adottata in violazione della competenza concorrente di cui
all'articolo 117, terzo comma Cost. "governo del territorio".
Violazione dell'art. 117, comma 3, della Costituzione e dei principi
fondamentali in materia di governo del territorio - Violazione delle
disposizioni statali di principio in materia di governo del
territorio di cui al d.P.R. n. 380 del 2001 con particolare
riferimento agli artt. 7 e 14.
L'articolo 9, rubricato "Autorizzazione temporanea", prevede che
il Comune possa autorizzare a titolo temporaneo interventi edilizi,
ancorche' difformi dalle previsioni degli strumenti urbanistici
comunali adottati o approvati, destinati al soddisfacimento di
documentate esigenze di carattere improrogabile e transitorio non
altrimenti realizzabili. L'autorizzazione temporanea puo' riguardare
esclusivamente le opere pubbliche o di pubblico interesse e le
attivita' produttive. In quest'ultimo caso, l'autorizzazione e'
rilasciata solo qualora l'immobile in cui le stesse attivita' sono
svolte sia interessato da interventi edilizi che ne precludano o ne
limitino l'utilizzo. La norma limita la validita' dell'autorizzazione
relativa alle opere pubbliche o di pubblico interesse "per il periodo
necessario alla realizzazione o al recupero delle medesime".
L'autorizzazione relativa alle attivita' produttive indica
espressamente il periodo di validita' che non puo' superare i sei
mesi, prorogabili una sola volta e per comprovati motivi fino a
trentasei mesi complessivi dalla data del rilascio. Il comma 6,
inoltre, attribuisce ai comuni la facolta' di "disciplinare nei
propri strumenti urbanistici ulteriori attivita' oggetto di
autorizzazione temporanea che possono essere svolte nelle aree
private. Tali attivita' non possono comunque superare i trenta
giorni".
La previsione si pone in contrasto con gli articoli 7 e 14,
d.P.R. n. 380/2001.
L'art. 7 TUE, infatti, esenta le opere pubbliche da eseguirsi da
amministrazioni statali o comunque insistenti su aree del demanio
statale e opere pubbliche di interesse statale dal rispetto delle
norme del titolo del d.P.R. n. 380/2001 a condizione che sia
accertata la "conformita' con le prescrizioni urbanistiche ed
edilizie", secondo il procedimento dettagliatamente disciplinato dal
d.P.R. 18 aprile 1994, n. 383. L'art. 14, comma 1, d.P.R. n.
380/2001, invece, prevede che "Il permesso di costruire in deroga
agli strumenti urbanistici generali e' rilasciato esclusivamente per
edifici ed impianti pubblici o di interesse pubblico, previa
deliberazione del consiglio comunale, nel rispetto comunque delle
disposizioni contenute nel decreto legislativo 29 ottobre 1999, n.
490, e delle altre normative di settore aventi incidenza sulla
disciplina dell'attivita' edilizia".
Permessi in deroga, dunque, non sono mai possibili per le
attivita' produttive.
Sotto un altro profilo, si osserva che il permesso di costruire
temporaneo non e' contemplato nel testo unico dell'edilizia e che
pertanto, con la disposizione in esame, la legge regionale censurata
sta introducendo un nuovo titolo abilitativo, non previsto dalla
legislazione statale, invadendo la competenza legislativa statale in
materia di "governo del territorio" di cui all'articolo 117, comma 3,
della Costituzione.
Violazione dell'art. 117, comma 3, della Costituzione e dei principi
fondamentali in materia di governo del territorio e in materia di
protezione civile.
Violazione delle disposizioni statali di principio in materia di
governo del territorio di cui al d.P.R. n. 380 del 2001 artt. 84 e
88.
L'articolo 12, rubricato "Miglioramento sismico degli edifici",
prevede che "1. Al fine di favorire interventi di prevenzione sismica
sul patrimonio edilizio esistente e' consentito l'inserimento di
elementi strutturali finalizzati, nell'ambito di un progetto
complessivo, a ridurre la vulnerabilita' sismica dell'intero"
edificio, anche qualora comportino un incremento dell'altezza non
superiore a centimetri 50 o una riduzione, nella stessa misura, delle
distanze dal confine di proprieta', tra pareti finestrate e pareti di
edifici antistanti e dal nastro stradale, nel rispetto delle distanze
minime previste dal codice civile.
2. Gli interventi previsti al comma 1 non sono computati ai fini
del calcolo della volumetria delle superfici, delle altezze e delle
distanze. Il titolo abilitativo e' rilasciato anche in difformita' a
quanto stabilito negli strumenti urbanistici e nei regolamenti
edilizi comunali, fatte salve eventuali limitazioni imposte da
specifici vincoli storici, ambientali, paesaggistici,
igienico-sanitari e di sicurezza.
3. Agli interventi previsti al comma 1 non si applicano le
disposizioni in materia di densita' edilizia e di altezza per le
edificazioni nelle zone di tipo E di cui agli articoli 7 e 8 del D.M.
n. 1444/1968".
Tale disposizione si pone in contrasto con i principi
fondamentali contenuti all'articolo 84 del TUE (secondo cui "1. Le
norme tecniche per le costruzioni in zone sismiche di cui
all'articolo 83, da adottare sulla base dei criteri generali indicati
dagli articoli successivi e in funzione dei diversi gradi di
sismicita', definiscono:
a) l'altezza massima degli edifici in relazione al sistema
costruttivo, al grado di sismicita' della zona ed alle larghezze
stradali;
b) le distanze minime consentite tra gli edifici e giunzioni
tra edifici contigui;
c) le azioni sismiche orizzontali e verticali da tenere in
conto del dimensionamento degli elementi delle costruzioni e delle
loro giunzioni;
d) il dimensionamento e la verifica delle diverse parti delle
costruzioni;
e) le tipologie costruttive per le fondazioni e le parti in
elevazione"), nonche' con l'articolo 88 TUE, che riconosce soltanto
al Ministro per le infrastrutture e i trasporti la possibilita' di
concedere deroghe all'osservanza delle norme tecniche di costruzione
nelle zone considerate sismiche.
Al riguardo la Corte Costituzionale nella sentenza n. 201 del
2012 ha avuto modo di affermare che "La disposizione dell'art. 88 del
d.P.R. n. 380 del 2001, ... riconosce soltanto al Ministro per le
infrastrutture e i trasporti, ... la possibilita' di concedere
deroghe all'osservanza delle norme tecniche di costruzione nelle zone
considerate sismiche; e questa Corte, nella sentenza n. 254 del 2010,
ha gia' precisato che simile previsione - dettata allo scopo di
garantire «una disciplina unitaria a tutela dell'incolumita'
pubblica, mirando a garantire, per ragioni di sussidiarieta' e di
adeguatezza, una normativa unica, valida per tutto il territorio
nazionale» - costituisce la chiara espressione di un principio
fondamentale, come tale vincolante anche per le Regioni. Ne consegue
che le previsioni dettate dalle norme tecniche contenute nel d.m. 14
gennaio 2008 non sono derogabili da parte delle Regioni.".
La disposizione in esame, pertanto, e' stata adottata in
violazione dell'articolo 117, terzo comma, che attribuisce allo Stato
una potesta' normativa concorrente in materia di "protezione civile"
e "governo del territorio".
Violazione dell'art. 117, comma 2, della Costituzione lett. l) in
materia di ordinamento civile.
Violazione dell'art. 117, comma 3, della Costituzione e dei principi
fondamentali in materia di governo del territorio - Violazione delle
disposizioni statali di principio in materia di governo del
territorio di cui al d.P.R. n. 380 del 2001 con particolare
riferimento agli artt. 2-bis, 24 e 25.
L'articolo 13, rubricato "Recupero dei sottotetti degli edifici
esistenti al 30 giugno 2014", prevede, al comma 1, che "Dalla data di
entrata in vigore di questa legge sono consentiti, anche in deroga
alle previsioni degli strumenti urbanistici comunali, il recupero a
fini abitativi e l'agibilita', senza modifica della sagoma
dell'edificio, dei sottotetti esistenti alla data del 30 giugno 2014,
legittimamente realizzati o condonati, purche' siano assicurati:
a) un'altezza media ponderata non inferiore a metri 2,40 per
gli spazi ad uso abitativo, riducibile a metri 2,20 per gli spazi
accessori e di servizio, nonche' un'altezza minima pari a metri 1,50
nei casi di copertura a falde inclinate e un'altezza minima non
inferiore a metri 2,40 per gli spazi ad uso abitativo, riducibili a
metri 2,20 per gli spazi accessori e di servizio, nei casi di
coperture piane;
b) un rapporto illuminotecnico non inferiore a 1/12 tra la
superficie netta dei locali e la superficie finestrata apribile".
Al riguardo, si rileva che, non essendo previsto il rispetto
delle distanze minime di cui al d.m. n. 1444/1968, la disposizione si
pone in contrasto con l'articolo 2-bis del TUE. Inoltre, ove si
prevede di consentire l'agibilita', la disposizione risulta in
contrasto con gli articoli 24 e 25 del TUE in tema di certificato di
agibilita'. Pertanto, la disposizione regionale risulta adottata in
violazione della competenza legislativa esclusiva dello Stato in
materia di "ordinamento civile" (art. 117, secondo comma, lettera l),
Cost.), nonche' di quella concorrente in materia di "governo del
territorio" (art. 117, terzo comma, Cost.).
P.Q.M.
Per le considerazioni esposte, il Presidente del Consiglio dei
ministri, come sopra rappresentato e difeso, chiede che codesta
Ecc.ma Corte Costituzionale voglia dichiarare la illegittimita'
costituzionale degli artt. 4, comma 1, lettera a), b), c), d), h),
l), m); dell'art. 6, comma 1, lettera c) e g) e comma 2; dell'art. 8,
comma 3; dell'art. 9, comma 1, 2 e 6; dell'art. 12; dell'art. 13,
comma 1, lettera a) e b), della legge Regione Marche 20 aprile 2015,
n. 17, pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Marche, del
30 aprile 2015, n. 37.
Con l'originale notificato del presente ricorso si deposita:
1. Estratto della determinazione del Consiglio dei ministri,
assunta nella riunione del 23 giugno 2015 e della relazione allegata
al verbale;
2. Copia della impugnata legge della Regione Marche n.
17/2015.
Roma, 26 giugno 2015
L'Avvocato dello Stato: Mangia