Ricorso n. 73 del 22 ottobre 2008 (Regione Umbria)
RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 22 ottobre 2008 , n. 73
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 22 ottobre 2008 (della Regione Umbria)
(GU n. 51 del 10-12-2008)
Ricorso della Regione Umbria, in persona del Presidente della giunta regionale pro tempore Maria Rita Lorenzetti, autorizzata con le deliberazioni della Giunta regionale n. 1278 del 29 settembre 2008 e n. 1354 del 13 ottobre 2008 (docc. 1 e 2), rappresentata e difesa, come da procura speciale n. rep. 25447 del 14 ottobre 2008, rogata dall'avv. Marco Galletti notaio in Perugia (doc. 3), dall'avv. prof. Giandomenico Falcon di Padova, con domicilio eletto in Roma presso lo studio dell'avv. Luigi Manzi, in via Confalonieri, n. 5; Contro il Presidente del Consiglio dei ministri per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 13, commi 1 e 2, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitivita', la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 195 del 21 agosto 2008; per violazione dell'art. 117, quarto comma, dell'art. 119, comma 1, e dell'art. 136 della Costituzione, nei modi e per i profili di seguito illustrati. F a t t o Con il d.l. n. 112/2008, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, sono state dettate Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitivita', la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria. All'interno dei Titolo II, Sviluppo economico, semplificazione e competitivita' e' collocato il Capo IV, Casa e infrastrutture, che contiene alcune disposizioni in materia di edilizia residenziale pubblica. L'art. 13, in particolare, dispone al comma 1 che, «al fine di valorizzare gli immobili residenziali costituenti il patrimonio degli Istituti autonomi per le case popolari, comunque denominati, e di favorire il soddisfacimento dei fabbisogni abitativi, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ed il Ministro per i rapporti con le regioni promuovono, in sede di Conferenza unificata, ... la conclusione di accordi con regioni ed enti locali aventi ad oggetto la semplificazione delle procedure di alienazione degli immobili di proprieta' dei predetti Istituti». Il comma 2 fissa i criteri di cui «si tiene conto» «ai fini della conclusione degli accordi di cui al comma 1», nei seguenti termini: «a) determinazione del prezzo di vendita delle unita' immobiliari in proporzione al canone di locazione; b) riconoscimento del diritto di opzione all'acquisto, purche' i soggetti interessati non siano proprietari di un'altra abitazione, in favore dell'assegnatario non moroso nel pagamento del canone di locazione o degli oneri accessori unitamente al proprio coniuge, qualora risulti in regime di comunione dei beni, ovvero, in caso di rinunzia da parte dell'assegnatario, in favore del coniuge in regime di separazione dei beni, o, gradatamente, del convivente more uxorio, purche' la convivenza duri da almeno cinque anni, dei figli conviventi, dei figli non conviventi; c) destinazione dei proventi delle alienazioni alla realizzazione di interventi volti ad alleviare il disagio abitativo». Dunque, l'art. 13, commi 1 e 2, regola - sia dal punto di vista procedurale (attraverso il rinvio agli accordi in sede di Conferenza unificata) sia dal punto di vista sostanziale - la materia dell'alienazione degli immobili degli «Iacp», con il fine di valorizzare il patrimonio immobiliare di questi, di favorire l'acquisto in proprieta' da parte degli assegnatari e di acquisire risorse per realizzare nuovi interventi di edilizia residenziale pubblica. Tali norme, pero', risultano lesive delle competenze costituzionali della Regione Umbria per le seguenti ragioni di D i r i t t o 1) Illegittimita' dell'art. 13, commi 1 e 2, per violazione dell'art. 117, quarto comma, della Costituzione. La potesta' legislativa regionale in materia di edilizia residenziale pubblica e' stata riconosciuta sin dagli anni '70 (v. ad es., la sent. n. 140/1976 di codesta Corte), anche se e' con il d.P.R. n. 616/1977 che e' stato attuato un rilevante trasferimento alle regioni delle competenze in materia di edilizia residenziale pubblica (v. gli artt. 87, 88, 93 e 94). In particolare, l'art. 93 di tale decreto trasferisce alle regioni le funzioni concernenti «la programmazione regionale, la localizzazione, le attivita' di costruzione e la gestione di interventi di edilizia residenziale e abitativa pubblica, di edilizia convenzionata, di edilizia agevolata, di edilizia sociale nonche' le funzioni connesse alle relative procedure di finanziamento». Inoltre, l'art. 93 trasferisce «le funzioni statali relative agli I.A.C.P. fermo restando il potere alle regioni di cui all'art. 13 di stabilire soluzioni organizzative diverse». Di particolare interesse, per la presente controversia, e' l'art. 94 che trasferisce «alle regioni le funzioni amministrative esercitate dall'amministrazione centrale e periferica dei lavori pubblici, in base al regio decreto 28 aprile 1938, n. 1165», e, inoltre, «la funzione relativa alla determinazione dei requisiti e dei prezzi massimi delle abitazioni, ai sensi dell'art. 8 del decreto-legge 6 settembre 1965, n. 1022, convertito nella legge 1 novembre 1965, n. 1179». Infatti, il r.d. n. 1165/1938 (ora abrogato proprio dall'art. 24 del d.l. n. 112/2008) concerneva - agli artt. 31, 34 e 35 - proprio la procedura di vendita delle case popolari, attribuendo al Ministro per i lavori pubblici il potere di autorizzare gli IACP a vendere gli immobili agli inquilini e regolando il relativo prezzo di vendita. Quanto al d.l. n. 1022/1965, l'art. 8, comma 3, di esso stabilisce che «il Ministro dei lavori pubblici stabilira' con proprio decreto, con riferimento alle situazioni locali, il prezzo massimo, per metro quadrato o per metro cubo, degli alloggi da costruire con i benefici del presente decreto, nonche' l'incidenza massima del costo delle aree» (i commi 4 e 5 regolano poi la vendita). Dunque, sin dal 1977 alle regioni sono attribuite le competenze relative all'alienazione degli immobili degli IACP, sia sotto il profilo procedurale sia sotto quello del prezzo di vendita. A seguito del d.P.R. n. 616/1977, codesta Corte ha specificato, a proposito dell'edilizia residenziale pubblica, che «si verte in una materia attribuita in via generale alla competenza legislativa regionale» (sentenza n. 217 del 1988). Sempre con riferimento al quadro costituzionale anteriore alla riforma del Titolo V, la Corte ha statuito (sentenza n. 727 del 1988) che «al di fuori della formulazione dei ''criteri generali'' da Osservare nelle assegnazioni, e' attribuita alle regioni la piu' ampia potesta' legislativa nella materia, e quindi la disciplina attinente alle assegnazioni e alle successive vicende dei relativi rapporti» (fra le quali, la trasformazione della locazione in proprieta'). La competenza legislativa regionale in materia di edilizia residenziale pubblica era pertanto «riconducibile all'art. 117, comma primo, Costituzione» e gli Istituti autonomi delle case popolari dovevano essere «considerati come enti regionali» (sentenza n. 1115 del 1988). Gli artt. 59 ss. del d. lgs. n. 112/1998 hanno confermato l'ampiezza delle competenze regionali in materia di edilizia residenziale pubblica. La riforma del Titolo V ha introdotto due importanti elementi di novita': la «creazione» di una potesta' legislativa regionale piena e l'attribuzione allo Stato della competenza esclusiva di cui all'art. 117, secondo comma, lett. m). A seguito di cio', la Corte - come noto - ha puntualizzato in questo modo l'attuale assetto delle competenze in materia di edilizia residenziale pubblica: «la materia dell'edilizia residenziale pubblica si estende su tre livelli normativi», il primo dei quali «riguarda la determinazione dell'offerta minima di alloggi destinati a soddisfare le esigenze dei ceti meno abbienti» («in tale determinazione - che, qualora esercitata, rientra nella competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera m), Costituzione - si inserisce la fissazione di principi che valgano a garantire l'uniformita' dei criteri di assegnazione su tutto il territorio nazionale»); il secondo livello normativo «riguarda la programmazione degli insediamenti di edilizia residenziale pubblica, che ricade nella materia ''governo del territorio'', ai sensi del terzo comma dell'art. 117 Costituzione»; il terzo livello normativo, «rientrante nel quarto comma dell'art. 117 Costituzione, riguarda la gestione del patrimonio immobiliare di edilizia residenziale pubblica di proprieta' degli Istituti autonomi per le case popolari o degli altri enti che a questi sono stati sostituiti ad opera della legislazione regionale» (cosi' la sent. n. 94/2007). La sentenza 94 del 2007, appena citata, risulta importante non solo per la precisazione generale sul riparto delle competenze nella materia dell'edilizia residenziale pubblica ma anche perche' ha annullato due disposizioni del tutto simili a quelle qui impugnate. Infatti il comma 597 legge n. 266/2005, cioe' della legge finanziaria per il 2006, prevedeva che, «ai fini della valorizzazione degli immobili costituenti il patrimonio degli Istituti autonomi per le case popolari, comunque denominati», un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri - da emanare previo accordo tra Governo e regioni - semplificasse le norme in materia di alienazione degli immobili di proprieta' degli Istituti medesimi. Dunque, rispetto all'art. 13, comma 1, d.l. n. 112/2008, l'accordo intercorreva solo con le regioni (e non anche con gli enti locali) e veniva recepito in un d.P.C.m. Il comma 598 fissava i principi-guida per l'accordo tra Governo e regioni, praticamente uguali a quelli di cui all'art. 13, comma 2, d.l. n. 112/2008; anzi, quest'ultima disposizione risulta peggiorativa perche' - a proposito della determinazione del prezzo di vendita - non fa riferimento alle «vigenti leggi regionali» (come faceva, invece, l'art. 1, comma 598, legge n. 266/2005). La Corte costituzionale ha annullato il comma 597 perche' «il fine della disposizione in esame non e' quello di dettare una disciplina generale in tema di assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica, di competenza dello Stato, ... bensi' quello di regolare le procedure amministrative e organizzative per arrivare ad una piu' rapida e conveniente cessione degli immobili»: «si tratta quindi - continuava la Corte - di un intervento normativo dello Stato nella gestione degli alloggi di proprieta' degli I.A.C.P. (o di altri enti o strutture sostitutivi di questi), che esplicitamente viene motivato dalla legge statale con finalita' di valorizzazione di un patrimonio immobiliare non appartenente allo Stato, ma ad enti strumentali delle regioni». La conclusione della Corte e' che «si profila, pertanto, una ingerenza nel terzo livello di formazione riguardante l'edilizia residenziale pubblica, sicuramente ricompreso nella potesta' legislativa residuale delle regioni, ai sensi del quarto comma dell'art. 117 Costituzione». Quanto al comma 598 (corrispondente, come detto, all'art. 13, comma 2), la Corte lo ha dichiarato illegittimo perche' esso «e' una logica conseguenza del comma precedente, giacche' fissa alcuni obiettivi al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri da emanarsi successivamente»; esso non pone «criteri uniformi di assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica in relazione alla soddisfazione del diritto sociale all'abitazione, ma. indirizzi e limiti» in un «ambito materiale riservato esclusivamente alle regioni: non vengono in rilevo, infatti, profili programmatori o progettuali idonei ad avere un qualsiasi impatto con il territorio». La Corte esclude anche che la materia possa essere ricondotta all'«ordinamento civile», «poiche' si tratta di criteri destinati ad incidere sulle procedure amministrative inerenti all'alienazione degli immobili di proprieta' di enti regionali e non gia' a regolare rapporti giuridici di natura privatistica». La sentenza n. 94/2007 conclude ricordando che «la competenza regionale in materia e' stata gia' riconosciuta dalla giurisprudenza di questa Corte (si veda, ad esempio, la sentenza n. 486 del 1995) e non v'e' spazio, pertanto, per una normativa statale che si sostituisca o si sovrapponga a quella delle regioni, tuttora in vigore». L'alienazione degli alloggi deve essere considerata «indissolubilmente connessa con l'assegnazione degli stessi»: dunque, «se la ''disciplina organica dell'assegnazione e cessione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica [...] costituisce, in linea di principio, espressione della competenza spettante alla regione in questa materia'' (ordinanza n. 104 del 2004), la disciplina delle procedure amministrative tendenti all'alienazione non rientra nell'ordinamento civile, ma deve essere ricondotta al potere di gestione dei propri beni e del proprio patrimonio, appartenente in via esclusiva alle regioni ed ai loro enti strumentali». I passi appena citati possono essere agevolmente addotti al fine di argomentare l'illegittimita' dei commi 1 e 2 dell'art. 13 d.l. n. 112/2008. La somiglianza di tali norme con i commi 597 e 598 e' gia' stata illustrata, ma e' opportuno sottolineare che la presenza nel precedente testo di un regolamento governativo (cosi' la Corte ha qualificato il d.P.C.m. di cui al comma 597) non vale a differenziare il comma 597 dall'art. 13, comma 1: quel regolamento infatti presupponeva necessariamente l'accordo tra Governo e regioni, tanto e' vero che il comma 598 fissava i criteri che dovevano essere rispettati dall'accordo stesso. Dunque, era questo il vero atto regolatore della materia, mentre il d.P.C.m. aveva solo la funzione di recepire il contenuto dell'accordo e di formalizzarlo in un atto normativo tipico. Pertanto, l'unica differenza fra il comma 597 e l'art. 13, comma 1 (a parte il coinvolgimento degli enti locali), sta nel fatto che nel presente giudizio non ha ragione di essere invocato come parametro l'art. 117, comma 6, Costituzione, mancando un atto regolamentare statale in materia regionale. Quanto sopra argomentato non potrebbe essere contraddetto dalla circostanza che la disciplina di recepimento dei criteri fissati dall'art. 13, comma, 2, avviene (ai sensi del comma 1) mediante «accordi», da stipulare «in sede di Conferenza unificata», con «regioni ed enti locali». Tali accordi, infatti, si porrebbero poi di necessita' come improprio condizionamento della potesta' legislativa regionale, da parte di un organismo e di un atto non legittimati a produrre tale condizionamento. Si noti che il lesivo condizionamento si verificherebbe, persino se si supponesse che gli «accordi» in questione, benche' da stipulare in sede di Conferenza, intercorressero non con la Conferenza ma con la singola regione: dato che la potesta' legislativa spetta per Costituzione ad un organo diverso da quello che concluderebbe l'accordo, e non puo' essere vincolata (come vorrebbe la legge statale) a previ accordi intercorsi tra soggetti privi di tale potesta'. Ancora piu' lesiva sarebbe poi l'ipotesi - anch'essa non impensabile sulla base dell'ambiguo testo dell'art. 13, comma 1, di un accordo stipulato direttamente tra uno o piu' Ministri e singoli comuni: dai quali risulterebbe direttamente lesa la potesta' legislativa spettante alla regione. In definitiva, l'art. 13, commi 1 e 2, d.l. n. 112/2008, risulta lesivo della competenza legislativa regionale in quanto regola la materia della gestione del patrimonio immobiliare degli IACP, rientrante nella potesta' regionale piena (art. 117, quarto comma, Costituzione). 2) Illegittimita' dell'art. 13, commi 1 e 2, per violazione dell'art. 136 Costituzione. Inoltre, il fatto che lo Stato abbia reiterato - in termini pressoche' identici - una disciplina annullata a distanza di soli tre anni fa si' che le norme impugnate siano illegittime, oltre che per violazione dell'art. 117, comma 4, anche per violazione dell'art. 136 Costituizione, cioe' del giudicato costituzionale, in quanto l'art. 13, commi 1 e 2, rida' efficacia a norme gia' dichiarate illegittime dalla Corte costituzionale. 3) Specifica ed autonoma illegittimita' dell'art. 13, comma 2, lett. c) per violazione dell'autonomia finanziaria regionale. L'art. 13, comma 2, lett. c) prevede la «destinazione dei proventi delle alienazioni alla realizzazione di interventi volti ad alleviare il disagio abitativo». In questo modo, il legislatore statale pone un vincolo di destinazione all'uso delle risorse spettanti agli IACP, cioe' a enti para-regionali, limitando l'autonomia finanziaria di spesa garantita alle regioni dall'art. 119, comma 1, Costituzione. Di qui un'ulteriore ragione di illegittimita' dell'art. 13, comma 2, lett. c), che si aggiunge a quelle derivanti dalla violazione degli artt. 117, quarto comma, e 136 Costituzione.
P. Q. M. La regione Umbria, come sopra rappresentata e difesa, chiede voglia codesta ecc.ma Corte costituzionale accogliere il ricorso, dichiarando l'illegittimita' costituzionale dell'art. 13, commi 1 e 2, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133. Padova, addi' 16 ottobre 2008 Prof. avv. Giandomenico Falcon Allegati 1) Deliberazione della Giunta regionale n. 1278 del 29 settembre 2008, concernente l'instaurazione del presente giudizo. 2) Deliberazione della Giunta regionale n. 1354 del 13 ottobre 2008, modificativa della precedente. 3) Procura speciale n. rep. 25447 del 14 ottobre 2008, rogata dall'avv. Marco Galletti notaio in Perugia.