Ricorso n. 74 del 14 ottobre 2014 (Presidente del Consiglio dei ministri)
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 14 ottobre 2014 (del Presidente del Consiglio dei
ministri).
(GU n. 48 del 2014-11-19)
Ricorso per il Presidente del Consiglio dei ministri, (C.F.
…), rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello
Stato (C.F. …) presso i cui uffici domiciliano in Roma,
alla via dei Portoghesi n. 12 - Fax … pec
…;
Contro Regione Sardegna per la dichiarazione di illegittimita'
costituzionale della legge Regionale Sardegna in data 7 agosto 2014,
n. 16, pubblicata nel BUR n. 39 del 14 agosto 2014, recante norme in
materia di agricoltura e sviluppo rurale: agro biodiversita', marchio
collettivo, distretti, segnatamente gli artt. 11 e da 15 a 24, con
riferimento alla legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 e in
relazione agli artt. 117, comma 1 e comma 2, lett. r) e 120, comma 1
Cost., nonche' agli artt. 34 e 35 TFUE.
F a t t o
Con la legge regionale n. 16 del 7 agosto 2014 la regione
Sardegna ha dettato norme in materia di agricoltura e sviluppo
rurale, agrobiodiversita', marchio collettivo, distretti.
In particolare, per la parte che in questa sede interessa, con le
disposizioni contenute nel Capo II (artt. da 15 a 24) - Istituzione
del marchio collettivo di qualita' agroalimentare garantito dalla
regione per la tracciabilita' e la promozione dei prodotti agricoli e
agro-alimentari di qualita' - nonche' con l'art. 11, che disciplina
il c.d. «Contrassegno», e' stata introdotta una specifica disciplina
in materia di segni distintivi del settore agroalimentare regionale,
definito «stategico» dall'art. 15 della stessa legge.
Le citate disposizioni si pongono in contrasto con la disciplina
costituzionale e comunitaria, indicata nell'epigrafe del presente
atto, per i seguenti motivi in
D i r i t t o
Illegittimita' costituzionale degli artt. 11 e da 15 a 24 della legge
regionale della Sardegna n. 16 del 7 agosto 2014, pubblicata nel BUR
n. 39 del 14 agosto 2014, con riferimento alla legge costituzionale
26 febbraio 1948, n. 3 e in relazione agli artt. 117, comma 1 e comma
2, lett. r) e 120, comma 1 Cost.
1. Si premette che la Regione Sardegna, in base all'art. 3, primo
comma, lettera d) dello Statuto speciale di autonomia, legge
costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3, gode di competenza legislativa
primaria in materia di «agricoltura e foreste; piccole bonifiche e
opere di miglioramento agrario e fondiario». Tale competenza, ai
sensi della medesima norma statutaria, deve essere esercitata «in
armonia con la Costituzione e i principi dell'ordinamento giuridico
della Repubblica e col rispetto degli obblighi internazionali e degli
interessi nazionali, nonche' delle norme fondamentali delle riforme
economico-sociali della Repubblica».
Cio' premesso, si osserva che l'art. 16, comma 1 e della legge
regionale n. 16/2014, prevede che «Per il conseguimento delle
finalita' di cui all'art. 15, la Regione autonoma della Sardegna, ai
sensi del decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30 (Codice della
proprieta' industriale, a norma dell'art. 15 della legge 12 dicembre
2002, n. 273), registra un marchio di qualita' a carattere collettivo
dei prodotti agricoli e agro-alimentari, di seguito denominato
"marchio" e ne e' titolare».
L'istituzione, e la disciplina del citato marchio collettivo di
qualita', da parte della Regione Sardegna, si pone in contrasto con
il diritto dell'Unione europea, ed in particolare con gli artt. 34 e
35 del TFUE (Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea), che
fanno divieto agli Stati membri di porre in essere restrizioni
quantitative all'importazione e all'esportazione, nonche' qualsiasi
misura di effetto equivalente, e, quindi, con l'art. 117, primo
comma, della Costituzione, che richiede, nell'esercizio della
potesta' legislativa anche regionale, il rispetto dei vincoli
derivanti dall'ordinamento comunitario.
Invero, la legge regionale in esame, con le disposizioni di cui
in questa sede si discute, istituisce un marchio di qualita'
regionale, recante un'indicazione di origine che fa riferimento alla
Regione Sardegna, al fine di identificare come prodotti di qualita'
quelli agroalimentari del territorio. Cio' in quanto, pur non essendo
indicata l'esatta definizione del marchio, tuttavia il segno
distintivo viene disciplinato con direttiva della Giunta regionale
(art. 17).
L'intenzione del legislatore di promuovere i prodotti locali e'
chiaramente enunciata nell'art. 15 («La Regione considera strategico
il settore agroalimentare regionale...») e il marchio e' rilasciato
alle sole imprese con sede legale in Sardegna (art. 18, comma 2).
In caso di produzioni primarie prodotte in Sardegna o di prodotti
trasformati in Sardegna con materie prime sarde, si prevede
l'indicazione in etichetta della dicitura «Prodotto in Sardegna»
(art. 22), in aperto contrasto con quanto stabilito dalla direttiva
98/34/CE, che obbliga gli Stati membri a notificare i progetti delle
regolamentazioni tecniche relative ai prodotti alla Commissione e
agli Stati membri, prima della loro adozione, pena l'inapplicabilita'
delle disposizioni adottate.
L'art. 11 citato, come si e' detto, istituisce un contrassegno
regionale da apporre sui prodotti costituiti, contenenti o derivati
da materiale iscritto nei repertori regionali, al fine di favorire la
piu' ampia conoscenza in ordine ai prodotti ottenuti da risorse
genetiche (del territorio regionale).
Si prevedono, poi, sanzioni amministrative per l'uso non
autorizzato del marchio (art. 24).
2. Sul punto la Corte di Giustizia ha sottolineato che una
legislazione nazionale che regoli o applichi misure di marcatura di
origine - sia che si tratti di marchi obbligatori sia che si tratti
di marchi volontari - e' contraria agli obiettivi del mercato
interno, perche' puo' rendere piu' difficile la vendita, in uno Stato
membro, della merce prodotta in un altro Stato membro, ostacolando
gli scambi intracomunitari e facendo cosi' venir meno i benefici del
mercato interno.
Nella sentenza del 5 novembre 2002 (C-325/00), la Corte ha
ritenuto che un sistema di marcatura, seppure facoltativo, nel
momento in cui viene avocato all'autorita' pubblica, ha effetti,
almeno potenzialmente, restrittivi sulla libera circolazione delle
merci tra Stati membri, in quanto l'uso del marchio «favorisce, o e'
atto a favorire, lo smercio dei prodotti in questione rispetto ai
prodotti che non possono fregiarsene».
E' incompatibile con il mercato unico la presunzione di qualita'
legata alla localizzazione nel territorio nazionale di tutto o parte
del processo produttivo «la quale di per cio' stesso limita o
svantaggia un processo produttivo le cui fasi si svolgono in tutto o
in parte in altri Stati Membri» (Corte di Giustizia sentenza del 12
ottobre 1978, causa 13/78).
Peraltro, la stessa Corte costituzionale ha dichiarato
l'illegittimita' costituzionale di leggi regionali istitutive di
marchi di qualita' (si veda Corte Cost., sentenza n. 86 del 2 aprile
2012, relativa alla legge della Regione Marche n. 7/2011; Corte
Cost., sentenza n. 66 dell'8 aprile 2013, relativa alla legge della
Regione Lazio n. 1/2012).
Alla luce delle considerazioni che precedono la legge regionale
della Sardegna, per la parte considerata, e', pertanto,
costituzionalmente illegittima per violazione dell'art. 117, comma 1
Cost.
3. Le norme in esame contrastano, inoltre, con l'art. 120, comma
1, Cost., in quanto le misure adottate dalla Regione Sardegna
ostacolano, nella sostanza, la libera circolazione delle merci, anche
all'interno del mercato nazionale, inducendo i consumatori a
preferire i prodotti sardi rispetto a quelli provenienti da altre
Regioni.
Non appare risolutiva, al riguardo, la disposizione di
salvaguardia contenuta nel comma 3 del citato art. 16, nella parte in
cui prevede che «I prodotti per i quali puo' essere concesso
l'utilizzo del marchio sono realizzati nell'ambito di un sistema di
qualita' trasparente, aperto a tutti i produttori, che assicuri la
completa tracciabilita' dei prodotti e risponda alle esigenze del
mercato e dei consumatori, agli standard di qualita' socioeconomica e
ambientale adottati nei disciplinari di cui al comma 2, nel rispetto
delle norme comunitarie sulla libera circolazione delle merci di cui
agli articoli 34, 35 e 36 del Trattato sul funzionamento dell'Unione
europea». Infatti, e' la stessa istituzione del marchio che viola i
richiamati principi comunitari e nazionali.
Sul punto si e' recentemente espressa la Corte Costituzionale,
con la sentenza 8 aprile 2013, n. 66, la quale ha ribadito
l'orientamento giurisprudenziale secondo cui l'istituzione di un
marchio regionale (nella specie collettivo, di qualita', dei prodotti
agricoli ed agroalimentari) e' incostituzionale, poiche' induce i
consumatori a preferire i prodotti contraddistinti con il marchio in
questione rispetto ad altri similari e, dunque, viola il divieto di
misure di effetto equivalente a restrizioni quantitative
all'importazione e all'esportazione, previsto dal Trattato sul
Funzionamento dell'Unione Europea, oltre a comportare una sostanziale
frammentazione del mercato interno nazionale.
4. Infine, con riferimento alla disposizione contenuta nell'art.
24, concernente le sanzioni amministrative previste in caso di uso
non autorizzato del marchio, si rileva un contrasto con l'art. 117,
comma 2, lett. r) Cost., ai sensi del quale lo Stato ha legislazione
esclusiva, fra le altre, in materia delle opere dell'ingegno e,
quindi, in materia di proprieta' intellettuale, sia sotto il profilo
del diritto d'autore, sia sotto il profilo del diritto industriale
(cfr. Corte Cost., sentenza n. 368 del 14 novembre 2008). In
particolare, i diritti di proprieta' industriale, segnatamente i
marchi e gli altri segni distintivi, titolati e non, sono
disciplinati a livello nazionale (Cfr. codice della proprieta'
industriale decreto legislativo 10 Febbraio 2005. n. 30 - CPI, codice
civile), comunitario ed internazionale, e si acquistano mediante
registrazione o negli altri modi stabiliti dal codice (art. 2 CPI) o
dalla legge, che prevede le diverse forme di tutela, anche penale,
dalla contraffazione, alterazione o uso non autorizzato (cfr. artt.
473 e ss. del codice penale).
La previsione di sanzioni amministrative pecuniarie a carattere
regionale, nel caso di uso non autorizzato del marchio collettivo
regionale, oltre a rischiare di essere scarsamente applicabile in
relazione alla portata assorbente della norma penale nazionale sopra
richiamata, e' chiaramente invasiva della potesta' legislativa
esclusiva dello Stato in materia di proprieta' industriale. Pertanto,
la norma regionale indicata, oltre alle violazioni in precedenza
prospettate, viola anche l'art. 117, comma 2, lett. r) Cost., in
quanto interferisce con la normativa nazionale e comunitaria sui
marchi d'impresa ed altri segni distintivi, riservata alla competenza
esclusiva dello Stato.
Per le esposte ragioni il Presidente del Consiglio dei ministri,
come in epigrafe rappresentato e difeso.
Chiede
Che la Corte Costituzionale dichiari l'illegittimita'
costituzionale degli artt. 11 e da 15 a 24 della legge Regionale
Sardegna del 7 agosto 2014, n. 16, pubblicata nel BUR n. 39 del 14
agosto 2014, recante norme in materia di agricoltura e sviluppo
rurale: agro biodiversita', marchio collettivo, distretti, con
riferimento alla legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 e in
relazione agli artt. 117, comma 1 e comma 2, lett. r) e 120, comma 1
Cost., nonche' agli artt. 34 e 35 TFUE.
Roma, 2 ottobre 2014
L'Avvocato dello Stato: Daniela Giacobbe