Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in cancelleria il 28 giugno  2019  (del  Presidente  del  Consiglio  dei ministri).

(GU n. 34 del 2019-08-21)

 

Ricorso per  la  Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri  (C.F.

97163520584),  in  persona  del  Presidente  pro  tempore,  ex   lege

rappresentata e difesa dall'Avvocatura  generale  dello  Stato  (C.F.

80224030587) presso i cui uffici domicilia ex lege in Roma - via  dei

Portoghesi      n.      12      -      fax      06-96514000,      pec

ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it  nei   confronti   della   Regione

Liguria,  in  persona  del  Presidente  della  Giunta  regionale  pro

tempore, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale  della

legge n. 5 del 19 aprile 2019 pubblicata nel BUR n. 5 del  26  aprile

2019 recante: «Norma di interpretazione autentica».

    La  legge  della  Regione  Liguria  n.  5  del  19  aprile  2019,

pubblicata nel B.U.R n. 5 del  26  aprile  2019  recante:  «Norma  di

interpretazione   autentica»,   presenta   profili   d'illegittimita'

costituzionale,  in  relazione  ai  quali  si  formula  la   presente

impugnativa ex art. 127 Costituzione, deliberata  dal  Consiglio  dei

ministri in data 20 maggio 2019, rilevando quanto segue.

    La legge regionale in oggetto reca una norma  di  interpretazione

autentica della lettera d) del  comma  2  dell'art.  29  della  legge

regionale 17 agosto 2006,  n.  25  (Disposizioni  sull'autonomia  del

Consiglio  regionale  assemblea  legislativa  della   Liguria),   che

presenta profili di incostituzionalita' in relazione agli aspetti che

di seguito vengono evidenziati.

    L'art. 1 della legge regionale  19  aprile  2019,  n.  5  dispone

quanto segue:

        «1. Alla lettera d) del comma  2  dell'art.  29  della  legge

regionale 17 agosto 2006,  n.  25  (Disposizioni  sull'autonomia  del

consiglio regionale assemblea legislativa della Liguria) e successive

modificazioni ed integrazioni, le parole: «sino alla data di  entrata

in vigore dell'apposito accordo collettivo nazionale quadro  relativo

alla costituzione del profilo  professionale  del  personale  addetto

alle  attivita'  di  informazione  e  comunicazione  delle  pubbliche

amministrazioni» si interpretano nel senso che  l'accordo  collettivo

nazionale quadro e' quello definito a seguito dell'apposita  sequenza

contrattuale di cui alla dichiarazione congiunta n.  8  al  Contratto

collettivo nazionale di lavoro (CCNL) funzioni locali del  21  maggio

2018.»

    Tale norma individua l'accordo collettivo  nazionale  quadro  del

profilo  professionale  del  personale  addetto  alle  attivita'   di

informazione  e  comunicazione  delle  pubbliche  amministrazioni  in

quello definito a seguito  di  apposita  sequenza  contrattuale  come

descritto nella dichiarazione congiunta n. 8 del Contratto collettivo

nazionale funzioni locali del 21 maggio 2018.

    Al riguardo si deve preliminarmente evidenziare che il  contenuto

della norma in esame e' in parte riproposto a seguito dei rilievi  di

illegittimita'  costituzionale  sollevati   avverso   la   precedente

previsione normativa di cui all'art.  30  della  legge  regionale  n.

29/2018,  successivamente  abrogato  dall'art.  1,  comma  1,   legge

regionale n. 4/2019. Il citato art. 30, comma 1, prevedeva una  norma

di interpretazione  autentica  di  contenuto  identico  a  quella  in

oggetto,  a  cui  tuttavia  si  aggiungeva  un  secondo  periodo  che

costituiva  il  piu'  puntuale  oggetto  di  contestazione   («Rimane

comunque  ferma  l'applicazione   dei   profili   professionali   dei

giornalisti previsti dal vigente Contratto  collettivo  nazionale  di

lavoro dei giornalisti, nonche' l'equivalente economico previsto  dal

medesimo Contratto collettivo nazionale di lavoro dei giornalisti per

i relativi profili nei confronti del personale assunto con  contratto

a tempo determinato anteriormente alla data del 21 maggio 2018.»).

    La disposizione veniva in quella sede censurata a causa dei  suoi

contenuti di carattere innovativo piuttosto  che  di  interpretazione

autentica rispetto all'art. 29, comma 2, lettera d), legge  regionale

n. 25/2006, oltre che per il fatto che finiva per «cristallizzare  il

trattamento economico e giuridico applicabile al personale assunto in

data anteriore al 21 maggio 2018». In  tal  senso  si  richiamava  la

giurisprudenza della  Corte  costituzionale  per  chiarire  come  «il

rapporto di impiego  alle  dipendenze  di  regioni  ed  enti  locali,

essendo stato privatizzato in virtu' dell'art. 2 della legge  n.  421

del 1992, dell'art. 11, comma 4 della legge n. 59  del  1997,  e  dei

decreti legislativi emanati in attuazione di quelle leggi delega,  e'

retto dalla disciplina generale dei rapporti di tra  privati  ed  e',

percio', soggetto alle regole che garantiscono l'uniformita' di  tale

tipo di rapporti» (cosi' le sentenze n. 234 e 106 del  2005;  n.  282

del  2004).  Inoltre  si  indicava  il  principio  della  regolazione

mediante  contratti  collettivi   del   trattamento   economico   dei

dipendenti pubblici sancito dalla legge n. 421 del 1992 (sentenze  n.

308/2006 e 314/2003).

    Dalle riferite premesse si deduceva il contrasto del primo  comma

dell'art. 30 della legge regionale n. 29 del 27 dicembre 2018 con gli

articoli 3 e 117, comma 2, lettera l) della Costituzione dal  momento

che per il personale assunto entro il 21  maggio  2018  provvedeva  a

specificare   il    trattamento    economico,    sottraendolo    alla

contrattazione   collettiva   e   affidandolo   all'intervento    del

legislatore,  cosi'  operando  un'impropria  azione   supplenza   nei

confronti della fonte cui l'ordinamento affidava la  regolamentazione

del  trattamento  economico  di  quella  particolare   categoria   di

lavoratori, che appunto non avrebbe dovuto  essere  affidata  ad  una

legge regionale. Tale disposizione e' stata impugnata  a  seguito  di

delibera assunta nella riunione del Consiglio  dei  ministri  del  27

febbraio 2019.

    Cio' premesso, il contenuto della disposizione di cui all'art.  1

della legge regionale 19 aprile 2019, n. 5 ripropone parte del  testo

del primo comma dell'art. 3 della legge  regionale  del  27  dicembre

2018,  n.  29  cui  erano  stati  mossi   rilievi   di   legittimita'

costituzionale.

    La norma in oggetto nella sua attuale  formulazione,  presenta  i

seguenti profili di illegittimita' costituzionale.

    L'articolo 1 della legge regionale in oggetto reca una  norma  di

interpretazione autentica dell'art. 29, comma  2,  lettera  d)  della

legge regionale n. 25 del 2006 («Sino alla data di entrata in  vigore

dell'apposito  accordo  collettivo  nazionale  quadro  relativo  alla

costituzione del profilo professionale  del  personale  addetto  alle

attivita'   di   informazione   e   comunicazione   delle   pubbliche

amministrazioni al personale dell'ufficio stampa di cui all' art.  15

si attribuiscono i profili professionali dei giornalisti previsti dal

vigente Contratto collettivo nazionale  di  lavoro  dei  giornalisti,

nonche'  l'equivalente  economico  previsto  dal  medesimo  Contratto

collettivo  nazionale  di  lavoro  dei  giornalisti  per  i  relativi

profili»), stabilendo che detta disposizione si interpreta «nel senso

che l'accordo  collettivo  nazionale  quadro  e'  quello  definito  a

seguito dell'apposita sequenza contrattuale di cui alla dichiarazione

congiunta n. 8 al CCNL finzioni locali del 21 maggio 2018».

    Nella dichiarazione congiunta  n.  8  al  CCNL  funzioni  locali,

richiamata ob relationem dalla disposizione regionale in  parola,  si

legge quanto segue: «Con riferimento all'art. 18-bis (Istituzione  di

nuovi profili per le attivita' di comunicazione e  informazione),  le

parti del presente contratto, con l'intervento della FNSI ai fini  di

quanto previsto dall'art. 9, comma 5, della legge 7 giugno  2000,  n.

150,  convengono  sull'opportunita'  di  definire,   in   un'apposita

sequenza contrattuale, una specifica regolazione di  raccordo,  anche

ai sensi dell'art. 2, comma 3 del decreto legislativo 30 marzo  2001,

n. 165, che  provveda  a  disciplinare  l'applicazione  della  citata

disposizione contrattuale nei confronti del personale  al  quale,  in

forza di specifiche, vigenti norme di legge regionale in materia, sia

stata  applicata  una  diversa  disciplina  contrattuale   nazionale,

seppure in via transitoria;  in  tale  sede,  saranno  affrontate  le

questioni  relative  alla   flessibilita'   dell'orario   di   lavoro

all'autonomia   professionale,   alla    previdenza    complementare,

all'adesione alle casse e di assistenza dei giornalisti. Le parti  si

danno inoltre atto che, in sede di Commissione di cui all'art. 11,  i

profili  di  cui  all'art.  18-bis  saranno  oggetto   di   ulteriore

approfondimento   finalizzato   ad   una   eventuale   revisione    e

specificazione del loro contenuto professionale».

    Tanto premesso, va rilevato che l'art. 29, comma  2,  lettera  d)

della legge regionale n. 25 del 2006 individua il limite temporale di

applicazione  del  Contratto  collettivo  nazionale  di  lavoro   dei

giornalisti  nell'entrata  in  vigore  «...   dell'apposito   accordo

collettivo nazionale quadro relativo alla  costituzione  del  profilo

professionale del personale addetto alle attivita' di informazione  e

comunicazione   delle   pubbliche   amministrazioni   al    personale

dell'ufficio stampa...». Al contrario, la legge regionale  in  esame,

stabilendo  che  l'accordo  collettivo  nazionale  quadro  e'  quello

definito a seguito dell'apposita sequenza contrattuale  di  cui  alla

dichiarazione congiunta n. 8 al  CCNL  funzioni  locali,  sembrerebbe

escludere l'immediata  applicazione  del  Contratto  collettivo  enti

locali sottoscritto in data  21  maggio  2018,  che  all'art.  18-bis

prevede l'istituzione e la disciplina dei nuovi profili professionali

per le attivita' di  comunicazione  e  informazione  delle  pubbliche

amministrazioni.

    In altri termini  la  norma  regionale  in  esame  ancorche'  non

contenga, diversamente dalla legge regionale  n.  20  del  2018,  una

disciplina  specifica  relativamente  al  trattamento   economico   e

giuridico  del  profilo  professionale  del  personale  addetto  alle

attivita'   di   informazione   e   comunicazione   delle   pubbliche

amministrazioni, appare tuttavia avere un contenuto  non  limitato  a

una mera funzione interpretativa dell'art. 29, comma 2,  lettera  d),

della legge regionale n. 25 del  2006  ma  diretto  ad  innovarne  il

contenuto precettivo, posticipando  l'applicazione  delle  previsioni

del CCNL funzioni locali.

    Ne deriva che l'art. 1 della legge regionale si pone in contrasto

con il principio generale che riserva alla contrattazione  collettiva

il trattamento economico dei  dipendenti  pubblici,  nonche'  con  la

previsione dell'art. 9, comma 5, della legge 7 giugno  2000,  n.  150

(Disciplina delle attivita' di informazione e di comunicazione  delle

pubbliche amministrazioni) - citata dalla stessa  norma  regionale  -

che  demanda  alla  contrattazione  collettiva   l'individuazione   e

regolamentazione, nell'ambito di una speciale area di contrattazione,

dei profili professionali del personale addetto  agli  uffici  stampa

delle   pubbliche   amministrazioni.   Al   riguardo   la    costante

giurisprudenza  della  Corte  costituzionale  ha  rilevato  che   «la

disciplina del rapporto di impiego alle dipendenze della regione e  i

profili relativi al  trattamento  economico  del  personale  pubblico

privatizzato vengono ricondotti alla materia dell'ordinamento civile,

di competenza  esclusiva  del  legislatore  nazionale,  che  in  tale

materia fissa principi che costituiscono  tipici  limiti  di  diritto

privato, fondati sull'esigenza, connessa al  precetto  costituzionale

di eguaglianza, di garantire l'uniformita' nel  territorio  nazionale

delle regole fondamentali di diritto che rapporti tra privati e, come

tali si impongono ...» alle regioni (sentenza n. 189 del 2007).

    Ha poi precisato che la legge statale n. 150  del  2000,  che  ha

connotati specialita',  anche  rispetto  alla  normativa  di  cui  al

decreto  legislativo  n.  165  del  2001,  regolando  l'attivita'  di

comunicazione e  informazione  nelle  pubbliche  amministrazioni,  ha

tuttavia previsto, nel ricordato processo di contrattualizzazione del

pubblico impiego,  una  specifica  area  di  contrattazione  per  gli

addetti uffici  stampa  nella  pubblica  amministrazione,  prevedendo

l'intervento delle organizzazioni rappresentative dei giornalisti.

    A sua volta, l'art. 40 del decreto legislativo n. 165  del  2001,

nel testo novellato dal decreto legislativo 27 ottobre 2009,  n.  150

(Attuazione  della  legge  4  marzo  2009,  n.  15,  in  materia   di

ottimizzazione  della  produttivita'  del  lavoro   pubblico   e   di

efficienza  e  trasparenza  delle  pubbliche  amministrazioni),   nel

ridurre a quattro i comparti di contrattazione  collettiva  nazionale

nel pubblico impiego, cui corrispondono non piu' di quattro  separate

aree per la dirigenza,  prevede  che  «nell'ambito  dei  comparti  di

contrattazione possono essere istituite apposite sezioni contrattuali

per specifiche professionalita'». Le  predette  disposizioni  statali

sono  espressione  della  competenza  esclusiva  dello  Stato   della

disciplina del rapporto del lavoro pubblico, anche in riferimento  al

personale di  aree  professionali  specifiche,  e  della  riserva  di

contrattazione    collettiva,    con    conseguente    illegittimita'

dell'intervento normativo regionale. «Quanto al carattere transitorio

della disciplina regionale oggetto di impugnativa,  e'  da  osservare

che il principio di riserva di  contrattazione  collettiva  non  puo'

essere derogato nemmeno in via provvisoria» (Corte costituzionale  11

aprile 2019, n. 81).

    Alla luce delle suesposte considerazioni deve  ritenersi  che  la

norma regionale in esame, comportando  la  disapplicazione  del  CCNL

enti locali sottoscritto in data 21 maggio 2018, si pone in contrasto

con l'art. 117, secondo comma, lettera 1), Costituzione, che  riserva

alla competenza statale la materia dell'ordinamento civile,  nel  cui

ambito ricadrebbe la  regolamentazione  dei  rapporti  di  lavoro  di

diritto privato (contratti collettivi) nonche' implica una disparita'

di trattamento tra i dipendenti pubblici in violazione del  principio

di uguaglianza di cui all'art. 3 Costituzione, ponendosi altresi'  in

contrasto con i principi di  imparzialita'  e  buon  andamento  della

pubblica amministrazione di cui all'art. 97 Costituzione.

    Del resto, la dichiarazione  congiunta  n.  8  al  CCNL  funzioni

locali, richiamata ob  relationem  dalla  disposizione  regionale  in

parola lungi  dall'escludere  l'applicazione  del  medesimo  CCNL  al

personale  addetto  agli  uffici  stampa,  si  limita   a   prevedere

un'apposita sequenza contrattuale, recante «una specifica regolazione

di raccordo,  anche  ai  sensi  dell'art.  2,  comma  3  del  decreto

legislativo 30 marzo  2001,  n.  165,  che  provveda  a  disciplinare

l'applicazione della citata disposizione contrattuale  nei  confronti

del personale al quale, in forza  di  specifiche,  vigenti  norme  di

legge  regionale  in  materia,  sia  stata  applicata   una   diversa

disciplina contrattuale nazionale, seppure in via transitoria».

    Pertanto, la disapplicazione tout court del sopra menzionato CCNL

da parte del legislatore  regionale  non  appare,  neppure  sotto  il

profilo  letterale,  compatibile  con  il  contenuto   della   citata

dichiarazione congiunta.

    Per i motivi esposti la  norma  regionale  sopra  indicata  viene

impugnata dinanzi alla Corte costituzionale ai  sensi  dell'art.  127

Costituzione.

 

                                         P.Q.M

 

    Si conclude pertanto affinche'  sia  dichiarata  l'illegittimita'

costituzionale nei sensi sopra  esposti  della  legge  della  Regione

Liguria n. 5 del 19 aprile 2019, pubblicata nel B.U.R. n.  5  del  26

aprile 2019 recante: «Norma di interpretazione autentica».

 

Roma, 20 giugno 2019

L' Avvocato dello Stato: De Giovanni 

 

 

 

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