N. 74 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 29 luglio 2004.
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 29 luglio 2004 (della Regione Toscana)
(GU n. 37 del 22-9-2004)

Ricorso per la Regione Toscana, in persona del suo presidente pro
tempore autorizzato con deliberazione della giunta regionale n. 654
del 12 luglio 2004, rappresentato e difeso, come da mandato in calce
al presente atto, dagli avvocati Lucia Bora e Fabio Lorenzoni, presso
lo studio di quest'ultimo elettivamente domiciliato in Roma, via del
Viminale n. 43;

Contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore per
la dichiarazione di illegittimita' costituzionale
dell'art. 2-septies, primo comma, della legge 26 maggio 2004, n. 138,
nella parte in cui dispone che la non esclusivita' del rapporto di
lavoro dei dirigenti del ruolo sanitario non preclude la direzione di
strutture semplici e complesse.
Nella Gazzetta Ufficiale n. 125 del 29 maggio 2004 e' stata
pubblicata la legge n. 138/2004 che ha convertito, con modificazioni,
il decreto-legge 29 marzo 2004, n. 81, recante interventi urgenti per
fronteggiare situazioni di pericolo per la salute pubblica.
L'art. 2-septies sostituisce il comma quarto dall'art. 15-quater
del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive
modifiche ed integrazioni, concernente l'esclusivita' del rapporto di
lavoro dei dirigenti del ruolo sanitario.
L'art. 15-quater suddetto, introdotto dal decreto legislativo 19
giugno 1999, n. 229, prevedeva che i dirigenti sanitari con rapporto
di lavoro a tempo determinato o indeterminato fossero assoggettati al
rapporto di lavoro esclusivo (cio' sia per tutti gli assunti dopo il
31 dicembre 1998, sia per coloro che, gia' in servizio a tale data,
avessero optato per il rapporto esclusivo al momento dell'entrata in
vigore del decreto legislativo n. 229/1999).
Il rapporto di lavoro esclusivo consente l'esercizio
dell'attivita' libera professionale nell'ambito delle strutture
aziendali, secondo quanto previsto dall'art. 15-quinquies del decreto
legislativo n. 502/1992. In particolare tale norma comtempera
l'esercizio della libera professione individuale del medico con
l'esigenza di assicurare i servizi sanitari e, per tale fine, e'
previsto che l'attivita' libero professionale sia soggetta a verifica
da parte di appositi organismi aziendali, affinche' siano rispettate
le regole stabilite per l'esercizio della c.d. attivita'
professionale intramoenia.
Il quinto comma dell'art. 15-quinquies dispone che gli incarichi
di direzione di struttura semplice o complessa implicano il rapporto
di lavoro esclusivo; ai dirigenti con rapporto di lavoro esclusivo e'
corrisposta una indennita' aggiuntiva (art. 15-quater, quinto comma).
L'art. 2-septies della legge n. 138/2004 in oggetto cancella il
principio della irreversibilita' che caratterizzava il rapporto di
lavoro esclusivo dei dirigenti sanitari, come delineato dal decreto
legislativo n. 229/1999.
Il predetto art. 2-septies infatti introduce, per dirigenti
sanitari pubblici, la possibilita' di scegliere entro il 30 novembre
di ogni anno se optare per un rapporto di lavoro esclusivo o meno con
il Servizio sanitario, con effetto dal 1° gennaio dell'anno
successivo. Tale possibilita' di opzione viene accordata sia agli
assunti dopo il 31 dicembre 1998 (assoggettati al rapporto esclusivo
dal decreto legislativo n. 229/1999) sia a coloro che, gia' in
servizio al 31 dicembre 1998, avevano a suo tempo effettuato
l'opzione per il rapporto di lavoro esclusivo.
L'art. 2-septies non si limita a riconoscere ai dirigenti
sanitari la facolta', che prima era loro preclusa, di optare per il
rapporto di lavoro non esclusivo, ma introduce una ulteriore
previsione che incide pesantemente sull'organizzazione sanitaria:
l'ultimo periodo del novellato quarto comma dell'art. 15-quater
dispone infatti che, anche dopo l'opzione per il rapporto di lavoro
non esclusivo, i dirigenti sanitari possono continuare a dirigere le
strutture aziendali semplici e complesse, cosi' eliminando il vincolo
sancito dal sopra richiamato art. 15-quinquies, quinto comma del
d.lgs. n. 502/1999 (eliminazione peraltro effettuata in modo
contraddittorio, tenuto conto che quest'ultima disposizione non e'
stata abrogata).
La norma e' incostituzionale per i seguenti motivi di

D i r i t t o

1. - Violazione degli artt. 117 e 118 della Costituzione.
Come sopra rilevato, la Regione Toscana contesta la previsione in
base alla quale la non esclusivita' del rapporto di lavoro non
preclude la direzione di strutture semplici e complesse all'interno
delle Aziende sanitarie ed ospedaliere.
La disciplina di tale profilo, infatti, rientra nella competenza
del legislatore regionale.
L'art. 117, secondo comma, lett. g) della Costituzione riserva
alla potesta' legislativa esclusiva statale l'ordinamento e
l'organizzazione amministrativa unicamente dello Stato e degli enti
pubblici nazionali; conseguentemente compete alle regioni
disciplinare, nell'esercizio della potesta' legislativa residuale ex
art. 117, quarto comma Cost., l'ordinamento ed anche l'organizzazione
degli enti non statali e non nazionali e quindi anche di quegli enti
che hanno una base regionale o comunque subnazionale, tra cui
rientrano le aziende sanitarie e le aziende ospedaliere.
Infatti, quale che sia la qualificazione giuridica che si intenda
attribuire a dette aziende, e' comunque certo che le stesse non sono
enti nazionali e percio' la competenza a disciplinare la relativa
organizzazione amministrativa non e' statale.
Sussiste dunque la potesta' legislativa regionale di tipo
residuale - esclusivo per quanto attiene all'organizzazione delle
aziende sanitarie e ospedaliere ed ai servizi che le stesse offrono.
E' innegabile che la disciplina dei criteri di conferimento e di
revoca degli incarichi dirigenziali e' intrinsecamente connessa con
l'organizzazione dell'ente e pertanto rientra nell'ambito materiale
di competenza regionale.
Spetta pertanto al legislatore regionale valutare e decidere se
la direzione di struttura sia o meno compatibile con un rapporto di
lavoro non esclusivo, trattandosi di un aspetto che connota
l'organizzazione sanitaria rientrante nelle attribuzioni delle
regioni.
La competenza regionale a disciplinare l'argomento in questione
rientra nelle attribuzioni regionali anche sotto il profilo della
tutela della salute, soggetta alla potesta' legislativa concorrente:
l'affidamento della responsabilita' delle strutture, che attiene
all'organizzazione delle aziende sanitarie, ha infatti rilevanti
ricadute sul funzionamento dei servizi sanitari.
Non puo' negarsi che il personale che opta per il lavoro non
esclusivo dedica minor tempo al lavoro all'interno della struttura
pubblica e cio' e' particolarmente rilevante se il medico e' un
dirigente di struttura; dunque, per evitare disfunzioni
all'erogazione dei servizi sanitari, occorrono adeguate misure
organizzative compensative.
E' quindi il legislatore regionale - responsabile
dell'organizzazione sanitaria a livello regionale e competente in
materia di tutela della salute - che deve stabilire i requisiti per
il conferimento degli incarichi di direzione, in quanto il dirigente
medico e' «lo strumento» indispensabile per l'erogazione del servizio
sanitario che la regione deve assicurare nel proprio ambito
territoriale.
L'impugnata disposizione non puo', d'altra parte, trovare un
fondamento costituzionale nell'art. 118 Cost. Secondo l'insegnamento
della Corte costituzionale (sentenza n. 303/2003) la legge statale e'
legittimata ad intervenire in materie di competenza regionale nei
casi in cui, in applicazione dell'art. 118 primo comma Cost., allo
Stato sia attribuita la titolarita' di una funzione amministrativa:
la potesta' legislativa «si sposta» dal livello regionale a quello
statale al fine di organizzare e regolare funzioni amministrative
allocate in capo allo Stato in risposta ad esigenze di carattere
unitario.
Nel caso in esame la titolarita' della funzione amministrativa
non viene allocata a livello statale, perche' la disposizione
censurata detta regole sul conferimento degli incarichi che restano,
pero', di competenza delle aziende: dunque non si giustifica in nome
della sussidiarieta' l'intervento legislativo in questione.
In ogni caso le disposizioni sarebbero incostituzionali per
violazione dell'art. 118 Cost. perche' non prevedono l'intesa con la
Regione che sarebbe invece imprescindibile a fronte dell'interferenza
della disciplina in ambiti materiali di competenza regionale, secondo
quanto affermato nella citata sentenza n. 303/2003.
2. - Violazione degli artt. 5, 117, 118 Cost., anche in relazione
all'art. 2 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e
dell'art. 11 della legge costituzionale n. 3/2001. Violazione del
principio della leale collaborazione.
La contestata disposizione non era contenuta nell'originario
decreto-legge n. 81/2004, ma e' stata inserita al Senato (emendamento
n. 2.0.104 proposto dalla senatrice Alberti Casellati; disegno di
legge n. 2873). Alla Camera poi il Governo ha posto la questione di
fiducia sul mantenimento dell'intero articolato del disegno di legge
di conversione; dunque l'iter seguito non ha consentito il dovuto
coinvolgimento delle Regioni.
Come e' noto la Conferenza Stato-regioni costituisce la sede
della concertazione, del confronto politico, della valutazione e
ponderazione di una pluralita' di interessi che si imputano a
soggetti diversi dell'ordinamento e rappresenta pertanto uno
strumento essenziale per la leale cooperazione, che trova il suo
diretto fondamento nell'art. 5 Cost. (sentenza Corte cost.
n. 373/1997). Come ha chiarito la giurisprudenza costituzionale «la
premessa per l'intervento della Conferenza e' sempre la presenza di
una qualche implicazione degli indirizza di politica generale di
pertinenza degli organi statali e la conferenza e' sede di raccordo
per consentire alle Regioni di partecipare a processi decisionali che
resterebbero altrimenti nella esclusiva disponibilita' dello Stato»
(Corte cost. sentenza n. 408/1998). In tale ottica, attuando il
criterio del potenziamento delle funzioni della Conferenza di cui
all'art. 9 della legge n. 59/1997, in considerazione delle piu'
rilevanti attribuzioni riconosciute alle regioni dalla stessa legge,
l'art. 2, terzo comma, del decreto legislativo n. 281/1997 ha
stabilito che la Conferenza Stato-Regioni e' obbligatoriamente
sentita in ordine agli schemi di disegni di legge e di decreto
legislativo o di regolamento del Governo nelle materie di competenza
delle regioni o delle province autonome, che si pronuncia entro venti
giorni; lo stesso art. 2 poi prevede la consultazione successiva
della Conferenza per l'esame definitivo degli schemi sottoposti al
parere delle Commissioni parlamentari, se l'urgenza non consente la
consultazione preventiva.
E' percio' chiaro che il parere della Conferenza sarebbe stato
obbligatorio nel caso in esame perche' la disposizione contestata
interferisce con materie regionali e, segnatamente, con la materia
dell'organizzazione degli enti non statali e con la tutela della
salute.
Di qui la violazione degli artt. 5, 117 e 118 Cost., anche in
riferimento all'art. 2 del decreto legislativo n. 281/1997, sotto il
profilo della lesione del principio di leale collaborazione tra Stato
e Regioni.
L'impugnata disposizione inoltre e' in contrasto con l'impianto
sostanziale dell'art. 117 Cost.. L'intervento normativo statale,
avendo un'incidenza diretta su materie spettanti al legislatore
regionale, dovrebbe seguire e rispettare un procedimento di
codecisione paritaria con le regioni. Tale necessita' e' confermata
nel meccanismo di cui all'art. 11 della legge costituzionale
n. 3/2001 ove e' previsto che la Commissione parlamentare per le
questioni regionali, integrata con i rappresentanti delle autonomie
territoriali, debba sempre esprimere un parere ad efficacia
rinforzata su tutti i progetti di legge riguardanti le materie di
legislazione concorrente e l'autonomia finanziaria delle Regioni e
degli enti locali.
Tale norma e' immediatamente prescrittiva e vincolante, con
conseguente illegittimita' dell'impugnata disposizione, perche'
emanata senza il rispetto della suddetta procedura. Ove poi si
ritenesse che detto art. 11 non sia direttamente prescrittivo, lo
stesso e' comunque vincolante per il principio costituzionale ad esso
sotteso, vale a dire la garanzia della leale collaborazione tra Stato
e Regioni, in particolare per quanto attiene all'esigenza di
assicurare la partecipazione effettiva delle Regioni ai procedimenti
decisionali dello Stato che possano incidere sulle sfere di autonomia
costituzionalmente attribuite alle Regioni stesse; conseguentemente
e' necessario adottare, anche per gli atti normativi del Governo, un
meccanismo idoneo a questa finalita' che nel caso in oggetto e' stato
invece del tutto disatteso.


P. Q. M.
Si chiede che la Corte costituzionale dichiari l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 2-septies, primo comma, della legge 26
maggio 2004, n. 138, per i motivi indicati nel presente ricorso.
Firenze-Roma, addi' 27 luglio 2004
Avv. Lucia Bora - Avv. Fabio Lorenzoni

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