Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 7 novembre 2016 (della Regione Veneto).

(GU n. 52 del 2016-12-28)

 

Ricorso proposto dalla Regione Veneto (codice  fiscale  n. … - Partita I.V.A. n. …), in persona  del Presidente della Giunta Regionale dott. Luca Zaia (codice fiscale …), autorizzato con  deliberazione  della  Giunta regionale del Veneto n. 1717 del 26 ottobre 2016 (all.  1), rappresentato e difeso, per mandato a margine del presente atto, tanto unitamente quanto disgiuntamente, dagli avv.ti Ezio Zanon (codice fiscale  …)  coordinatore  dell'Avvocatura regionale e Luigi Manzi (codice fiscale …) del Foro di Roma, con domicilio eletto presso lo studio di quest'ultimo in Roma, via Confalonieri n. 5 (per eventuali comunicazioni: fax …, posta elettronica certificata ..).

Contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocatura generale dello Stato, presso la quale e' domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli artt. 1, comma 1, lett. e); 2, 3 e 4 della legge 12 agosto 2016 n. 164, recante «Modifiche alla legge 24 dicembre 2012, n. 243, in materia di equilibrio dei bilanci delle regioni e degli enti locali», pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 29 agosto 2016, n. 201, S.O.

 

Motivi

 

1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 1, lett. e), della legge 12 agosto 2016 n. 164, per violazione degli articoli 5, 114, 117, III e IV comma, 118, 119 e 120 della Costituzione.

L'art. 1 della legge 12 agosto 2016 n. 164, ha modificato l'art. 9 della legge 24 dicembre 2012, n. 243, recante «Disposizioni per l'attuazione del principio del pareggio di bilancio ai  sensi dell'art. 81, sesto comma, della Costituzione».

In particolare, il comma 1, lett. e) ha sostituito il comma 4 dell'art. 9, della menzionata legge 24 dicembre 2012, n. 243, il quale, nell'attuale versione, statuisce che: «Con legge dello Stato sono definiti i premi e le sanzioni da applicare alle regioni, ai comuni, alle province, alle citta' metropolitane e alle province autonome di Trento e di Bolzano, in attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo. La legge di cui al periodo precedente si attiene ai seguenti principi:

a) proporzionalita' fra premi e sanzioni;

b) proporzionalita' fra sanzioni e violazioni;

c) destinazione dei proventi delle sanzioni a favore dei premi agli enti del medesimo comparto che hanno rispettato i propri obiettivi».

Tale disposizione appare lesiva degli artt. 5 e 114 Cost. e mediatamente degli artt. 117, 118, 119 e 120 Cost. Essa, infatti, attribuisce alla legge dello Stato la determinazione di premi e di sanzioni da applicare alle Regioni, ai comuni, alle province, alle citta' metropolitane e alle province autonome di Trento e di Bolzano, in relazione alle disposizioni di cui all'art. 9 della 24 dicembre 2012, n. 243, dirette a disciplinare l'equilibrio dei bilanci delle Regioni e degli enti locali.

Pur nel rinnovato quadro costituzionale che prevede a carico di tutte le articolazioni della Repubblica l'obbligo di assicurare l'equilibrio di bilancio e la sostenibilita' del debito pubblico, la competenza esclusiva dello Stato in materia di armonizzazione dei bilanci pubblici, nonche' l'osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea, nondimeno il rapporto ordinamentale tra lo Stato e le autonomie territoriali costituzionalmente riconosciute non puo' reputarsi alterato al punto tale da ritenere che le Regioni e gli altri enti locali siano sottoposti ad una disciplina pedagogica da parte dello Stato, legittimato a castigare e ricompensare la loro condotta.

Basti leggere il fondamentale art. 114 Cost., che disegna un'architettura istituzionale che riconosce pari dignita' a tutte le articolazioni della Repubblica: «la Repubblica e' costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Citta' metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato.

I Comuni, le Province, le Citta' metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione.».

La previsione di «premi» e «sanzioni», dal sapore «paternalista», si fonda su un regime di relazioni tra l'amministrazione dello Stato e gli enti territoriali non paritetico, ne' rispettoso della autonoma responsabilita' alla quale anche i secondi sono tenuti. La qual cosa prima ancora che l'autonomia regionale, lede la stessa dignita' ordinamentale di detti enti, che sono anch'essi costituenti la Repubblica.

In via indiretta tale impostazione e' poi idonea a produrre effetti in danno e non a beneficio del cittadino, il quale verrebbe mediatamente punito anch'egli, in ragione del solo fatto di risiedere in un dato ambito territoriale.

E' pur vero che, come ha affermato codesta Ecc.ma Corte, «i margini costituzionalmente tutelati dell'autonomia finanziaria e organizzativa della Regione si riducono, quando essa ha trasgredito agli obblighi legittimamente imposti dalla legislazione dello Stato, al fine di garantire la tenuta della finanza pubblica allargata» (sentenza n. 219 del 2013; in precedenza, sentenza n. 155 del 2011).

Tuttavia, tale compressione dell'autonomia decisionale degli enti territoriali  non  giustifica  la  previsione  di  un sistema premiale/sanzionatorio, dovendo invece limitarsi esclusivamente a contromisure compensative/sostitutive che non determinino un danno per il cittadino, ma scindano la sanzione sulla responsabilita' politica e/o amministrativa dall'interesse che ha la collettivita' di beneficiare dello stesso trattamento e delle stesse risorse su tutto il territorio nazionale.

Questa modalita' di governo non ha alcun effetto migliorativo o di garanzia in  termini  di  funzionamento  delle  istituzioni territoriali e di soddisfacimento degli interessi generali sottesi ai poteri pubblici a queste affidati.

Dunque, un sistema, come quello delineato dalla disposizione in parola, contraddice l'architettura ordinamentale e, al contempo, oltrepassa il legittimo potere di intervento dello Stato, in quanto introduce un sistema «punitivo» in senso proprio e non invece un sistema di natura meramente compensativa/sostitutiva, nell'interesse del cittadino.

A sanare tale situazione di illegittimita' non si puo' addurre il mero richiamo al principio di proporzionalita' il quale non e' in grado di modificare la natura del sistema premiale/sanzionatorio in parola. Tale principio, peraltro, e' previsto impropriamente anche con riguardo al rapporto tra premi e sanzioni e non solo tra sanzioni e violazioni.

 

2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 2, della legge 12 agosto 2016 n. 164, per violazione degli articoli 117, VI comma, 118, 119 e 81, comma 6 della Costituzione nonche' dell'art. 5, comma 2, lett. b) della legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1.

L'art. 2 della legge 12 agosto 2016 n. 164, ha modificato l'art. 10 della legge 24 dicembre 2012, n. 243, recante «Disposizioni per l'attuazione del principio del pareggio di bilancio ai  sensi dell'art. 81, sesto comma, della Costituzione». A tale riguardo, giova ricordare preliminarmente che tale ultima legge e' una legge «rinforzata» e «paracostituzionale», in quanto l'art. 81, comma 6, della Costituzione impone che sia approvata «a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera» e «nel rispetto dei principi definiti con legge costituzionale».

In particolare la disposizione sospettata di incostituzionalita' ha sostituito i commi 3 e 4 del menzionato art. 10, i quali, per effetto della novellazione  legislativa,  statuiscono  che  «Le operazioni di indebitamento di cui al comma 2 (ossia per finanziare spese di investimento) e le operazioni di investimento realizzate attraverso l'utilizzo dei risultati di amministrazione degli esercizi precedenti sono effettuate sulla base di apposite intese concluse in ambito regionale che garantiscano, per l'anno di riferimento, il rispetto del saldo di cui all'art. 9, comma 1, del complesso degli enti territoriali della regione interessata, compresa la medesima regione.

Le operazioni di indebitamento di cui al comma 2 e le operazioni di investimento realizzate attraverso l'utilizzo dei risultati di amministrazione degli esercizi precedenti, non soddisfatte dalle intese di cui al comma 3, sono effettuate sulla base dei patti di solidarieta' nazionali. Resta fermo il rispetto del saldo di cui all'art. 9, comma 1, del complesso degli enti territoriali.»

A tali disposizioni di natura sostanziale e' fatta seguire una norma attributiva di una competenza attuativa a favore del Presidente del Consiglio dei ministri. Il comma 5, infatti, dispone che: «Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare d'intesa con la Conferenza unificata, sono disciplinati criteri e modalita' di attuazione del presente articolo, ivi incluse le modalita' attuative del potere sostitutivo dello Stato, in caso di inerzia o ritardo da parte delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano. Lo schema del decreto e' trasmesso alle Camere per l'espressione del  parere  delle  commissioni  parlamentari competenti per i profili di carattere finanziario. I pareri sono espressi entro quindici giorni dalla trasmissione, decorsi i quali il decreto puo' essere comunque adottato».

Il previgente comma quinto (Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato d'intesa  con  la Conferenza permanente per il coordinamento della finanza  pubblica,  sono disciplinati criteri e modalita' di attuazione del presente articolo) aveva  formato  oggetto  di  declaratoria di illegittimita' costituzionale (decisione n. 88/2014) nella parte in cui  non prevedeva la parola «tecnica» dopo le parole «criteri e modalita' di attuazione».

Nello specifico codesta Ecc.ma Corte, nell'esaminare la potesta' attuativa riservata al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in relazione alle singole disposizioni dell'art. 10 della legge 24 dicembre 2012, n. 243, aveva rilevato che, con riguardo alla disciplina del previgente comma quarto inerente al riparto del saldo negativo tra gli enti territoriali inadempienti, si lasciavano alla disponibilita' regolatoria del decreto attuativo spazi decisori involgenti «l'esercizio di un potere tanto di natura meramente tecnica, quanto di natura discrezionale».

Tale attribuzione di una potesta' di natura discrezionale e non meramente tecnica e' stata, dunque, considerata violativa dell'art. 117, comma 6, della Cost. nonche' dell'art. 5, comma 2, lett. b) della legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1, a mente del quale e' riservata alla legge di cui all'art. 81, sesto comma,  della Costituzione la disciplina della «facolta' dei  Comuni,  delle Province, delle Citta' metropolitane, delle Regioni e delle Province autonome di Trento e di Bolzano di ricorrere all'indebitamento, ai sensi dell'art.  119,  sesto  comma,  secondo  periodo,  della Costituzione».

Cio' in quanto, se la legge «rinforzata» n. 243/2012 puo' ricevere attuazione sotto il profilo «tecnico», essa non puo' delegare la regolamentazione in materia di indebitamento ex art. 119 Cost. (rientrante nell'ambito del coordinamento  della  finanza pubblica e percio' non tra le competenze di legislazione esclusiva dello Stato) a fonti di rango secondario, le quali devono limitare il proprio ambito di regolazione a statuizioni di natura meramente tecnica.

Esaminando le disposizioni introdotte dall'art. 2 della legge 12 agosto 2016 n. 164 emerge che il novello al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri potra' (rectius, dovra') disciplinare le modalita', le condizioni e pur anche i contenuti, quantitativi e qualitativi, delle intese regionali relative alle operazioni di indebitamento assunte per finanziare spese di investimento e alle operazioni di investimento realizzate attraverso l'utilizzo dei risultati di amministrazione degli esercizi precedenti. Inoltre, per le ipotesi non rientranti nell'ambito delle menzionate intese, occorrera' far riferimento a «patti di solidarieta' nazionali», il cui contenuto verosimilmente sara' conformato proprio dal al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in parola.

Ne consegue che l'attribuzione nella novella legislativa al Presidente del Consiglio dei ministri di un potere di natura ampiamente discrezionale e non meramente tecnico-attuativo rinnova la lesione dell'art. 5, comma 2, lett. b) della legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1 e dell'art. 117, comma 6 Cost., con la conseguenza che l'art. 2, della legge 12 agosto 2016 n. 164 deve ritenersi costituzionalmente illegittimo.

Illegittimita' che appare ancora piu' evidente ove si consti che il al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri e' diretto a disciplinare non solo le ipotesi di indebitamento di cui all'art. 119 Cost., ma anche la diversa fattispecie delle  operazioni  di investimento realizzate attraverso l'utilizzo dei risultati  di amministrazione degli esercizi precedenti, la quale se ha senza dubbio una rilevanza in ordine al raggiungimento dell'equilibrio tra le entrate e le spese del bilancio, non pare possa formare oggetto di una disciplina regolatoria addirittura affidata ad  una  fonte sublegislativa e in mancanza di criteri teleologici e contenutistici che la giustifichino.

Il che si riverbera in una lesione dell'autonomia politica, gestoria, amministrativa e finanziaria delle regioni, con conseguente violazione degli art. 118 e 119 della Costituzione.

Ma e' altresi' violativo dell'art. 81 della costituzione in quanto il rinvio a un atto regolamentare elude all'obbligo previsto dalla stessa norma in quanto attribuisce al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri il compito di «disciplinare i criteri» volti ad assicurare l'equilibrio tra le entrate e le spese dei bilanci e la sostenibilita'. Compito per i quali il sesto comma dell'art. 81 della Costituzione, comunque richiede il passaggio legislativo con procedura rinforzata.

D'altronde, a sanare le rilevate illegittimita' non puo' essere addotta la previsione di un'intesa in sede di Conferenza Unificata, nell'ambito del procedimento di adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 5, dell'art. 10 della legge 24 dicembre 2012, n. 243, laddove risulti la palese violazione del dettato costituzionale. La leale collaborazione costituisce, infatti, uno strumento di riequilibrio istituzionale, una «garanzia procedimentale» non un lenimento alla violazione del quadro del riparto di competenze tra Stato e Regioni e tra potere legislativo ed esecutivo.

 

3) Illegittimita' costituzionale dell'art. 3 della legge 12 agosto 2016 n. 164, per violazione degli articoli 117, commi 3 e 4, 118, 119 e 120 della Costituzione e dell'art. 5, comma 1, lett. g) della legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1.

L'art. 3 della legge 12 agosto 2016 n. 164 ha riscritto integralmente l'art. 11 della legge 24 dicembre 2012, n. 243. In particolare, quest'ultimo si struttura ora in un solo comma, a norma del quale: «Fermo restando quanto previsto dall'art. 9, comma 5, e dall'art. 12, comma 1, lo Stato, in ragione dell'andamento del ciclo economico o al verificarsi di eventi eccezionali, concorre al finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni e delle funzioni fondamentali inerenti ai diritti civili e sociali, secondo modalita' definite con leggi dello Stato, nel rispetto dei principi stabiliti dalla presente legge».

Tale disposizione contiene una peculiare delega legislativa ad opera della legge «rinforzata», adottata ex art. 81, comma 6 Cost. In particolare attribuisce genericamente allo Stato la potesta' di «concorrere al finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni e delle funzioni fondamentali inerenti ai diritti civili e sociali» «in ragione dell'andamento del ciclo economico o al verificarsi di eventi eccezionali», secondo le modalita' che saranno definite con leggi statali.

Nel fare cio' il legislatore «paracostituzionale» non avrebbe, pero', dovuto limitarsi a imporre genericamente il rispetto dei principi stabiliti dalla medesima legge n. 243/2012, ma invece avrebbe dovuto prevedere espressamente, tra i criteri cui  il legislatore «ordinario» dovra' attenersi, la necessita' di un momento partecipativo delle Regioni e delle autonomie territoriali.

Cio' in quanto, pur essendo la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale una materia di competenza esclusiva dello Stato, nondimeno essa si atteggia alla stregua di una «materia» funzionale, la quale per tale ragione e' in grado di gettare la propria ombra dispositiva anche in ambiti materiali attribuiti alla competenza concorrente o esclusiva delle Regioni. Fino a giungere a poter  oscurare  l'autonomia legislativa, amministrativa e finanziaria regionale, e in materie di grande momento come ad esempio la salute, il turismo, l'agricoltura.

Con la conseguenza che prevedere moduli di partecipazione e di concertazione intergovernativa diviene una necessita' al fine di salvaguardare la legittimita' costituzionale delle  disposizioni adottate sotto il vessillo di tal materia «teleologica». Cosi' come peraltro sottolineato da codesta Ecc.ma Corte, che ha avuto occasione di rilevare che la determinazione, da parte dello Stato, ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., dei  livelli essenziali delle prestazioni per i servizi concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale deve svolgersi «attraverso moduli di leale collaborazione tra Stato e Regione» (sentenza n. 297 del 2012 e n. 65 del 2016).

Nel caso di specie, dunque, il legislatore «paracostituzionale» ha omesso di indicare al legislatore «ordinario», nell'ambito di tale peculiare  delega  e  proprio  in  ragione  della  particolare strutturazione della gerarchia delle fonti voluta dall'art. 81, comma 6, Cost., la previsione di un'adeguata partecipazione delle autonomie territoriali. Soprattutto avuto riguardo ai vasti ed  elastici presupposti di fatto della disposizione, la quale si riferisce genericamente all'andamento del ciclo economico. Il che consente di poter applicare la disposizione in parola con un'ampiezza, materiale e funzionale, davvero estesissima.

Per tali ragioni si deve concludere per la illegittimita' dell'art. 3 della legge 12 agosto 2016 n. 164, nella parte in cui non prevede la necessaria partecipazione delle autonomie territoriali, nell'ambito del procedimento di definizione delle modalita' e dei presupposti della concorrenza da parte dello Stato al finanziamento dei livelli essenziali  delle  prestazioni  e  delle  funzioni fondamentali inerenti ai diritti civili e sociali, pur ove siano involti interessi «locali» e pur ove siano interessate competenze legislative e amministrative regionali. Con conseguente violazione degli art. 117, commi 3 e 4, 118, 119 e 120 Cost.

Tale disposizione e', inoltre, assunta in violazione dell'art. 5, comma 1, lett. g) della legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1, ove e' riservato alla legge attuativa dell'art. 81, comma VI, Cost. la determinazione della disciplina in ordine  alle  «modalita' attraverso le quali lo Stato, nelle fasi avverse del ciclo economico o al verificarsi degli eventi eccezionali di cui alla lett. d) del presente comma, anche in deroga all'art. 119 della Costituzione, concorre ad assicurare il finanziamento, da parte degli altri livelli di governo, dei livelli essenziali delle prestazioni e delle funzioni fondamentali inerenti ai diritti civili e sociali.»

Per effetto della disposizione che si contesta viene invece attribuito ad una legge non «rinforzata» la facolta' di regolamentare cio' che, per volonta' del legislatore costituzionale, richiede una legge adottata a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera. La qual cosa manifesta un intento elusivo della disciplina di rango costituzionale, che si riverbera in una  lesione  della competenza legislativa, amministrativa e finanziaria regionale, vista la sopra menzionata stretta prossimita' tra il contenuto oggetto della «delega» e le competenze costituzionalmente riconosciute alle regioni.

Una diversa interpretazione che, nel tentativo di sanare tale vizio, ritenesse che la peculiare delega operata dalla legge n. 243/2012 faccia riferimento a una legge a sua volta «rinforzata», oltre a creare una distonia normativa non sembra ammissibile e si risolverebbe in un'interpretazione abrogatrice della disposizione di legge.

Infatti, nessun senso avrebbe avuto adottare una disposizione di legge che replichi il contenuto dell'art. 5, comma 1, lett. g) della legge costituzionale n. 1/2012. Ragion per cui se si  voglia attribuire un significato precettivo alla norma in parola non si potra' che concludere che per la sua illegittimita' costituzionale.

 

4) Illegittimita' costituzionale dell'art. 4 della legge 12 agosto 2016 n. 164, per violazione degli articoli 117, commi 3 e 4, 118, 119 e 120 della Costituzione e dell'art. 5, comma 2, lett. e) della legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1.

Considerazioni analoghe a quelle enucleate in riferimento al precedente motivo di impugnazione si possono riproporre con riguardo all'art. 4 della legge 12 agosto 2016 n. 164.

Tale disposizione ha interamente novellato l'art. 12 della legge 24 dicembre 2012, n. 243, rubricato «Concorso delle regioni e degli enti locali alla sostenibilita' del debito pubblico». Nello specifico e' statuito che: «Le regioni, i comuni, le province, le citta' metropolitane e le province autonome di Trento e di  Bolzano concorrono ad assicurare la sostenibilita' del debito del complesso delle amministrazioni pubbliche, secondo modalita' definite con legge dello Stato, nel rispetto dei principi stabiliti dalla presente legge.

Fermo restando guanto previsto dall'art. 9, comma 5, gli enti di cui al comma 1, tenuto conto dell'andamento del ciclo economico, concorrono alla  riduzione  del  debito  del  complesso  delle amministrazioni pubbliche attraverso versamenti  al  Fondo  per l'ammortamento dei titoli di Stato secondo modalita' definite con legge dello Stato, nel rispetto dei principi stabiliti dalla presente legge.»

A tale riguardo codesta Ecc.ma Corte ha rilevato che: «Se e' innegabile che il concorso alla sostenibilita' del debito nazionale e' un aspetto fondamentale della riforma, e' anche vero che esso ha una rilevante incidenza sull'autonomia finanziaria delle ricorrenti. S'impone,  quindi,  l'esigenza  di  «contemperare  le ragioni dell'esercizio unitario di date competenze e la garanzia delle funzioni costituzionalmente attribuite» alle autonomie (sentenze n. 139 del 2012 e n. 165 del 2011; nello stesso senso, sentenza n. 27 del 2010): e' quindi indispensabile garantire il  loro  pieno coinvolgimento».

Cio' esige che la partecipazione regionale e locale debba formare oggetto di una specifica prescrizione da parte del legislatore «paracostituzionale», non essendo ammissibile la rimessione della sua previsione alla discrezionalita'  del  legislatore  «ordinario» delegato.

La disposizione impugnata appare, dunque, illegittima nella parte in cui richiama genericamente i principi della medesima legge, senza prevedere  espressamente  un  coinvolgimento delle autonomie territoriali e locali nella determinazione delle modalita'  di sostenibilita' del debito del complesso  delle  amministrazioni pubbliche e delle modalita' di concorrenza alla riduzione del debito del complesso delle amministrazioni pubbliche attraverso versamenti al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato.

In tal modo si viola, in primo luogo, il principio di leale collaborazione,  e  al  contempo,  l'autonomia  finanziaria e amministrativa regionale, alla luce della incidenza  che  tali disposizioni possono avere  sul  complessivo  quadro gestorio, economico-finanziario e contabile regionale e locale.

Peraltro, anche in questo caso un  ulteriore  profilo  di illegittimita' e' rinvenibile nella violazione dell'art. 5, comma 2, lett. c) della legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1, a norma del quale la legge di cui all'art. 81, sesto comma, della Costituzione deve disciplinare «le modalita' attraverso le quali i Comuni, le Province, le Citta' metropolitane, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano concorrono alla sostenibilita' del debito del complesso delle pubbliche amministrazioni».

Il fatto che il legislatore «paracostituzionale» deleghi a tal fine il legislatore «ordinario» sembra eludere la riserva di competenza prevista dalla legge costituzionale e per cio' e' fonte di illegittimita' costituzionale per se stessa e per l'eventuale legge statale che venisse adottata in attuazione della delega senza il rispetto del vincolo procedimentale previsto legge costituzionale n. 1/2012.

Peraltro, come gia' rilevato, una interpretazione adeguatrice che intendesse il riferimento alla legge dello Stato da parte della legge n. 243/2012 come un implicito richiamo al vincolo procedimentale di cui alla legge costituzionale non pare possibile, senza al contempo affermare la «inutilita'» della disposizione in parola, determinando una inammissibile interpretazione abrogratice della stessa.

 

P. Q. M.

 

La Regione del Veneto chiede che l'Ecc.ma Corte costituzionale dichiari l'illegittimita' costituzionale degli artt. 1, comma 1, lett. e); 2; 3 e 4 della legge 12 agosto 2016 n. 164, recante «Modifiche alla legge 24 dicembre 2012, n. 243, in materia di equilibrio dei bilanci delle regioni e degli enti locali», pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 29 agosto 2016, n. 201, S.O per violazione degli articoli 5, 81, VI comma, 114, 117, III, IV e VI comma, 118, 119 e 120 della Costituzione nonche' dell'art. 5, comma 2, lett. b) della legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1, dell'art. 5, comma 1, lett. g) della legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1 e dell'art. 5, comma 2, lett. c) della legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1.

 

Si depositano: 1) decreto deliberazione della Giunta regionale del Veneto n. 1717 del 26 ottobre 2016, di autorizzazione a proporre ricorso e affidamento dell'incarico di patrocinio per la difesa regionale.

 

Venezia-Roma, 28 ottobre 2016

Avv. Zanon - Avv. Manzi 

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