Ricorso n. 74 dell'11 luglio 2013 (Presidente de Consiglio dei Ministri)
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria l'11 luglio 2013 (del Presidente del Consiglio dei
ministri).
(GU n. 37 del 11.9.2013)
Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato
e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato presso i cui
uffici e' domiciliato in Roma alla via dei Portoghesi, 12 contro la
regione Umbria, in persona del Presidente della Giunta Regionale
pro-tempore, per la declaratoria di illegittimita' costituzionale
degli artt. 9, 43 e 44 della Legge Regionale dell'Umbria 6 maggio
2013, n. 10, come da delibera del Consiglio dei ministri in data 19
giugno 2012.
Sul B.U.R. Umbria 8 maggio 2013, n. 22 e' stata pubblicata la
Legge Regionale 6 maggio 2013, n. 10 recante: «Disposizioni in
materia di commercio per l'attuazione del decreto-legge 6 dicembre
2011, n. 201 convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre
2011, n. 214 e del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1 convertito,
con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27. Ulteriori
modifiche ed integrazioni della legge regionale 3 agosto 1999, n. 24,
della legge regionale 20 gennaio 2000, n. 6 e della legge regionale
23 luglio 2003, n. 13».
Il Presidente del Consiglio ritiene che tale legge sia
censurabile nelle disposizioni contenute nell'art. 9, nella parte in
cui integra le previsioni dell'art. 10-bis della L.R. n. 24/2011, e
negli artt. 43 e 44 e, pertanto, propone questione di legittimita'
costituzionale ai sensi dell'art. 127 comma 1 Cost. per i seguenti
Motivi
1. L'art. 9 della L.R. n. 22/2013, rubricato «poli commerciali»,
integra le previsioni contenute nell'art. 10 della L.R. 24/1999, il
quale regola i «centri commerciali», introducendo in tale legge
l'art. 10-bis.
Preliminarmente, deve precisarsi che la definizione di «polo
commerciale» e' frutto dell'elaborazione legislativa regionale in
materia, non rinvenendosi, nella legislazione nazionale, una simile
definizione ne', tantomeno, una specifica disciplina.
1.2 Cio' premesso, si osserva che il comma 3-quater dell'art.
10-bis classifica come polo commerciale «gli esercizi commerciali
inseriti in un medesimo piano attuativo con progetto di carattere
unitario e oggetto di richiesta di approvazione unica oltre che di
autorizzazione per ciascuna attivita' commerciale prevista dal
medesimo progetto», e precisa che:
«Sono classificati polo commerciale, inoltre, gli esercizi
commerciali inseriti in:
a) edifici contigui i cui perimetri si tocchino;
b) edifici nei quali sono inseriti piu' esercizi Commerciali in
piani sovrastanti;
c) edifici adiacenti i cui perimetri si trovino ad una distanza
lineare inferiore a 40 metri;
d) edifici adiacenti i cui perimetri si trovino ad una distanza
lineare superiore a 40 metri, qualora vi siano collegamenti
strutturali di qualsiasi tipo tra detti edifici;
e) un unico edificio dotato di piu' ingressi autonomi e
indipendenti e servizi non gestiti unitariamente».
1.3 Il comma 3-quinquies - aggiunto al medesimo art. 10-bis della
L.R. n. 24/1999 - prescrive, ai fini del precedente comma, che:
«Il perimetro dell'edificio e le distanze tra gli edifici sono
calcolate con le modalita' stabilite dal Reg. 3 novembre 2008, n. 9
(Disciplina di attuazione dell'art. 12, comma 1, lettere a) e d-bis)
della legge regionale 18 febbraio 2004, n. 1 (Norme per l'attivita'
edilizia) - Criteri per regolamentare l'attivita' edilizia e per il
calcolo delle superfici, delle volumetrie, delle altezze e delle
distanze relative alla edificazione).
Ai fini della classificazione di polo commerciale, sono
considerati anche gli edifici separati da strade delle tipologie
F-Strade locali e F-bis-Itinerari ciclopedonali di cui all'art. 2,
comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice
della strada)».
1.4 Orbene, con le norme regionali sopra citate, viene, di fatto,
introdotta l'eventualita' che un esercizio di vicinato debba essere
sottoposto ad autorizzazione preventiva, in quanto facente parte di
un «polo commerciale» come definito dalla norma, potendosi pertanto
verificare la possibilita' che, a priori, l'esercente non sia in
condizioni di conoscere i requisiti di accesso all'attivita' stessa.
Infatti, l'avvio dell'attivita' verrebbe sottoposto a
disposizioni specifiche, in relazione alla superficie di vendita
complessiva eventualmente derivante dall'appartenenza, appunto, ad un
polo commerciale che, in alcuni casi, non e' l'evidenza chiaramente
individuabile in tale fase; e cio' anche alla luce dei complessi
criteri previsti al comma 3-quinquies.
1.5 Lo stesso art. 10-bis, infatti, dispone, ai commi da 1 a
3-ter:
«Per polo commerciale si intende un complesso di esercizi
contigui o adiacenti la cui superficie di vendita complessiva sia
pari o superiore alle dimensioni di una media struttura di tipo M3,
comprendente almeno una media struttura di vendita e costituente
un'unica entita' economico commerciale. Il polo, a seconda della
superficie, e' considerato un'unica media struttura M3 o un'unica
grande struttura di vendita.
2. L'apertura di un polo commerciale avviene sulla base di un
apposito progetto o mediante l'avvio di piu' operazioni formalmente
distinte di apertura, trasferimento o ampliamento o accorpamento di
attivita' commerciali in un arco di tempo inferiore a trentasei mesi.
Tali operazioni sono considerate contestuali quando vengono superati
i limiti dimensionali minimi previsti per le tipologie G e M3.
3. La domanda di autorizzazione per il polo commerciale e'
presentata con la stessa procedura di cui all'art. 18 (1) dal
promotore o dal legale rappresentante dell'organismo di gestione del
polo o, in mancanza, dal titolare dell'esercizio che, con il proprio
ingresso nel polo, fa superare i limiti dimensionali minimi previsti.
3-bis. L'autorizzazione di polo commerciale e' rilasciata a:
a) soggetto promotore;
b) presidente dell'organismo unitario di gestione del polo;
c) ciascun titolare delle autorizzazioni delle attivita' che ne
fanno parte.
3-ter. La diversa articolazione interna della superficie di
vendita degli esercizi commerciali presenti in un polo commerciale
sono soggette a SCIA da presentare secondo le modalita' di cui
all'art. 4-bis (2) salvo superamento degli standard urbanistici e di
viabilita' originariamente previsti. In tal caso trova applicazione
la procedura di autorizzazione di cui al comma 3».
1.5 Le citate norme regionali, quindi, introducono regole
restrittive e discriminatorie, in contrasto con i principi di
liberalizzazione contenuti nell'art. 31, comma 2 del D.L. n.
201/2011, convertito in L. n. 214/2011, secondo cui:
«in ottemperanza alla disciplina dell'unione Europea e nazionale
in materia di concorrenza, liberta' di stabilimento e libera
prestazione di servizi, costituisce principio generale
dell'ordinamento nazionale la liberta' di apertura di nuovi esercizi
commerciali sul territorio senza contingenti, limiti territoriali o
altri vincoli di qualsiasi altra natura, esclusi quelli connessi alla
tutela della salute, dei lavoratori, dell'ambiente, ivi incluso
l'ambiente urbano, e dei beni culturali, in violazione quindi
dell'art. 117, co. 2, lett. e) della Costituzione, nonche' in
contrasto con il principio di liberta' dell'iniziativa economica, di
cui all'art. 41 della Costituzione».
2. L'art. 43 della L.R. n. 10/2013 - nel sostituire l'art. 7
della L.R. n. 13/2003 concernente i nuovi impianti di distribuzione
dei carburanti - prescrive, al comma 1, che questi eroghino «benzina
e gasolio e almeno un prodotto a scelta fra alimentazione elettrica,
metano, GPL, biodiesel per autotrazione, idrogeno o relative miscele,
a condizione che tale ultimo obbligo non comporti ostacoli tecnici o
oneri economici eccessivi e non proporzionati alle finalita'
dell'obbligo».
2.1 Tale previsione non appare in linea con il disposto del comma
5 dell'art. 17 del D.L. 1/2011 convertito con modificazioni dalla L.
27/2012, il quale, nel modificare l'art. 83 del D.L. n. 112/2008,
convertito con modificazioni nella L. 133/2008, prevede che al fine
di garantire il pieno rispetto delle disposizioni dell'ordinamento
comunitario in materia di tutela della concorrenza e di assicurare il
corretto e uniforme funzionamento dei mercato, l'installazione e
l'esercizio di un Impianto di distribuzione di carburanti non puo'
essere subordinato, tra l'altro, all'obbligo della presenza
dell'obbligo.
2.2 Pertanto, la prima parte della norma regionale nel
prescrivere che in nuovi Impianti debbano erogare «benzina e gasolio
e almeno un prodotto a scelta tra alimentazione elettrica, metano,
GPL, biodiesel per autotrazione, idrogeno o relative miscele», anche
se a condizione che tale ultimo obbligo non comporti ostacoli tecnici
o oneri economici eccessivi e non proporzionati alle finalita'
dell'obbligo, appare limitativa della concorrenza, con violazione
dell'art. 117 comma 1 e 2 lett. e) della Costituzione.
3. L'art. 44, nell'ambito della disciplina degli impianti di
erogazione di carburanti, prescrive al comma 1, con riguardo gli
impianti c.d. «ghost», che «possono essere installati nuovi impianti
dotati di apparecchiature self-service pre-pagamento funzionanti
senza la presenza del gestore, se classificati di pubblica utilita'
ai sensi dell'art. 2, comma 1, lettera q) e a condizione che ne sia
garantita adeguata sorveglianza secondo le modalita' stabilite dal
Comune».
3.1 L'inciso «se classificati di pubblica utilita' ai sensi
dell'art. 2, comma 1, lettera q)» risulta essere restrittivo della
concorrenza in quanto condiziona l'apertura di un impianto senza
gestore, al requisito prescritto dal citato art. 2, comma 1, lettera
q), ovvero l'essere o l'unico impianto del Comune o un impianto posto
ad almeno dieci chilometri dal punto di distribuzione piu' vicino
anche se ubicato sul territorio di altro Comune limitrofo.
3.2. Tale previsione, condizionando l'apertura di impianti senza
gestore risulta, quindi, in contrasto con le norme che hanno
liberalizzato gli Impianti di distribuzione dei carburanti
completamente automatizzati al di fuori dai centri abitati contenute
nell'art. 18 del D.L. n. 1/2012 come convertito in legge n. 27/2012,
secondo cui non possono essere posti vincoli o limitazioni
all'utilizzo continuativo, anche senza assistenza, delle
apparecchiature per la modalita' di rifornimento senza servizio con
pagamento anticipato, nonche' all'art. 28, comma 7 del decreto-legge
6 luglio 2011, n. 98.
E cio' in violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera e)
della Costituzione.
(1) Il quale, nella sua attuale formulazione, dispone che: «La
domanda per il rilascio dell'autorizzazione per le grandi
strutture di vendita e per le medie strutture superiori di
tipologia M3 e' presentata dall'interessato al Comune
territorialmente competente mediante lo Sportello unico per le
attivita' produttive. Alla domanda e' allegato il progetto
urbanistico preliminare con la documentazione relativa alla
destinazione d'uso dei suoli ed un analitico studio progettuale
di sviluppo e di incidenza, i cui contenuti costituiscono
elementi essenziali ai fini della valutazione. - 2. Il Comune,
entro i successivi quindici giorni dal ricevimento della domanda,
provvede ad integrare, se necessario e per quanto di sua
competenza, la documentazione allegata e, nel contempo, invita
l'interessato a procedere alla eventuale regolarizzazione o
integrazione, nel termine di trenta giorni dalla relativa
comunicazione. La domanda, completa degli allegati, e' inviata
entro quindici giorni dalla regolarizzazione alla Regione. - 3.
Decorso termine di cui al comma 2 senza che l'interessato abbia
provveduto a quanto richiesto la domanda e' archiviata. - 4. La
domanda e' esaminata da una Conferenza di servizi indetta dal
Comune competente a cui partecipano un rappresentante della
Regione, un rappresentante della Provincia e un rappresentante
del Comune, e, a titolo consultivo, il rappresentante
dell'impresa interessata. - 5. Nel termine di trenta giorni,
decorrente dall'invio alla Regione della documentazione di cui al
comma 2, il Comune, previa intesa con la Provincia e con la
Regione, indice, presso la propria sede, la Conferenza di
servizi, che deve concludersi non oltre il novantesimo giorno
successivo alla data di indizione. - 6. Della data di indizione
della Conferenza e' data notizia, mediante comunicazione
dell'ordine del giorno a tutti i comuni appartenenti alla
medesima area sovracomunale configurabile come unico bacino di
utenza. - 7. Alle riunioni della Conferenza di servizi, svolte in
seduta pubblica, sono invitati a partecipare a titolo consultivo,
ai sensi dell'art. 5-quater, rappresentanti dei comuni facenti
parti del bacino di utenza, delle organizzazioni imprenditoriali
del commercio, delle organizzazioni sindacali dei lavoratori e
delle associazioni dei consumatori. Ove il bacino d'utenza
riguardi anche parte del territorio di altra regione confinante,
la Conferenza di servizi richiede alla stessa un parere non
vincolante. - 8. La Conferenza di servizi tiene conto delle
disposizioni dettate dagli atti di cui agli articoli 5-bis e
5-ter. - 9. La Conferenza di servizi prende atto degli
accertamenti tecnici e di conformita' urbanistica effettuati dal
Comune e valuta l'impatto territoriale localizzativo di
accessibilita' e di dotazioni infrastrutturali e le
caratteristiche qualitative e funzionali dal punto di vista
commerciale, i programmi di sviluppo dell'iniziativa e gli
effetti della medesima sul bacino di utenza anche in base ad un
analitico studio progettuale di sviluppo e di incidenza, redatto
dal proponente, i cui contenuti costituiscono elemento
qualificante della valutazione». - 11. La Conferenza di servizi
adotta la determinazione conclusiva sulla base della valutazione
di cui ai commi 8 e 9. - 12. Il Comune procedente, nel caso di
determinazione positiva della Conferenza, provvede al rilascio
dell'autorizzazione entro trenta giorni dalla conclusione dei
lavori della Conferenza stessa; entro lo stesso termine, in caso
di determinazione negativa, provvede a comunicare al richiedente
il motivato diniego. La domanda si intende accolta qualora,
decorsi trenta giorni dalla adozione della determinazione
positiva, il Comune non abbia provveduto al rilascio
dell'autorizzazione (69). - 13. Le deliberazioni della Conferenza
sono adottate a maggioranza dei componenti entro sessanta giorni
dallo svolgimento della prima riunione. Il rilascio
dell'autorizzazione e' subordinato all'acquisizione del parere
del rappresentante della Regione. - 14. Alle grandi strutture di
vendita e alle medie superiori di tipologia M3 si applicano le
disposizioni del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme
in materia ambientale) relative alla verifica di
assoggettabilita'. - 15. In caso di progetti che richiedono la
valutazione di impatto ambientale, i relativi accertamenti e
valutazioni tecniche sono acquisite dalla Conferenza di cui al
comma 4. - 15-bis. L'autorizzazione di cui al comma 1 decade nel
caso di mancato avvio dell'attivita' entro due anni dalla
scadenza del permesso di costruire o del relativo piano attuativo
approvato, se presente. - 15-ter. La diversa articolazione
interna della superficie di vendita degli esercizi commerciali di
una media struttura superiore M3 o di una grande struttura sono
soggette a SCIA da presentare secondo le modalita' di cui
all'art. 4-bis, salvo superamento degli standard urbanistici e di
viabilita' originariamente previsti. In tal caso trova
applicazione la procedura di autorizzazione di cui al presente
articolo».
(2) Come sostituito dall'art. 2, comma 1, L.R. 6 maggio 2013, n. 10,
e il quale dispone che: «1. L'apertura, il trasferimento di sede
e l'ampliamento della superficie di vendita di un esercizio di
vicinato e di una media struttura di vendita M1 sono soggetti a
segnalazione certificata di inizio attivita' (SCIA) da
presentare, ai sensi dell'art. 19 della legge 7 agosto 1990, n.
241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di
diritto di accesso ai documenti amministrativi), allo Sportello
unico per le attivita' produttive e per l'edilizia (SUAPE) del
Comune competente per territorio. - 2. Il Comune disciplina
l'integrazione del procedimento di SCIA di cui al comma 1 con il
procedimento relativo alla presentazione della SCIA edilizia e
alla richiesta di permesso di costruire inerente l'insediamento
commerciale. - 3. L'attivita' di vendita puo' essere iniziata
dalla data di presentazione della SCIA ed e' esercitata nel
rispetto delle vigenti norme in materia igienico-sanitaria,
edilizia, urbanistica e di pubblica sicurezza, e di destinazioni
d'uso dei locali. Qualora l'attivita' non sia iniziata entro
centottanta giorni dalla data di presentazione della SCIA, salvo
comprovati motivi di necessita', da dichiarare da parte
dell'interessato, la SCIA cessa di produrre effetti giuridici. -
4. Alla SCIA deve essere allegata la planimetria dei locali e
delle aree in cui si esercita l'attivita' di vendita, ivi
comprese le superfici diverse da quelle di vendita. - 5. Negli
esercizi abilitati alla vendita dei prodotti alimentari e'
consentito il consumo immediato dei medesimi prodotti, a
condizione che siano esclusi il servizio di somministrazione
assistito e le attrezzature ad esso direttamente finalizzate. E'
consentita la dotazione di soli piani di appoggio su un'area non
superiore a 50 mq. - 6. Il Comune dispone la chiusura di un
esercizio di vicinato e di una media struttura di vendita M1, nel
caso in cui: a) non sussistono i requisiti morali oppure, ove
richiesti, i requisiti professionali per l'accesso e l'esercizio
delle attivita' commerciali di cui all'art. 71 del decreto
legislativo 26 marzo 2010, n. 59 (Attuazione della direttiva
2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno); b) venga
accertata da parte della autorita' competente la violazione delle
disposizioni e delle prescrizioni dettate in materia di
prevenzione e tutela dell'ordine pubblico e della sicurezza
dettate per le attivita' di somministrazione di alimenti e
bevande di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773
(Approvazione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza)
e al regio decreto 6 maggio 1940, n. 635 (Approvazione del
regolamento per l'esecuzione del testo unico 18 giugno 1931, n.
773 delle leggi di pubblica sicurezza), negli esercizi abilitati
alla vendita dei prodotti alimentari; c) il titolare sospende
l'attivita' per un periodo superiore a dodici mesi consecutivi,
indipendentemente da intervenuti trasferimenti di titolarita',
salva motivata proroga per comprovata necessita'; d) non sono
osservati i provvedimenti di sospensione dell'attivita'; e)
vengono commesse gravi e reiterate violazioni delle disposizioni
contenute nella presente legge. - 7. La reiterazione delle
violazioni di cui al comma 6, lettera e), si verifica nel caso in
cui la stessa violazione e' commessa per due volte in un periodo
di dodici mesi, anche se si e' proceduto al pagamento in misura
ridotta della sanzione. - 8. La Giunta regionale definisce con
proprio atto, nel rispetto della normativa statale, la
modulistica da utilizzare per la segnalazione certificata di
inizio attivita' di cui al comma 1, nonche' la documentazione da
allegare alla stessa SCIA, salvo quanto disposto dal comma 4».
P. Q. M.
Si chiede che codesta Ecc.ma Corte costituzionale voglia
dichiarare costituzionalmente illegittimi e conseguentemente
annullare gli articoli 9, 43 e 44 della Legge Regionale dell'Umbria 6
maggio 2013, n. 10, nelle parti e per i motivi illustrati nel
presente ricorso.
Con l'originale notificato del ricorso si depositera':
1) estratto della delibera del Consiglio dei ministri 19
giugno 2013 in copia autentica con l'allegata relazione.
Roma, 8 luglio 2013
L'Avvocato dello Stato: Maddalo