Ricorso n. 75 del 21 ottobre 2003 (Regione Abruzzo)
N. 75 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 21 ottobre 2003.
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 21 ottobre 2003 (della Regione Abruzzo)
(GU n. 47 del 26-11-2003)
Ricorso della Regione Abruzzo, in persona del Presidente pro
tempore della giunta regionale on.le Giovanni Pace, a tanto
autorizzato con deliberazione della giunta regionale n. 821 del 7
ottobre 2003, rappresentata e difesa, come da mandato in calce al
presente atto, disgiuntamente e congiuntamente dagli avv. Sandro
Pasquali e Stefania Valeri dell'Avvocatura Regionale ed elettivamente
domiciliata in Roma nello studio dell'avv. Fabio Francesco Franco,
via Giovanni Pierluigi da Palestrina n. 19;
Contro il Presidente del Consiglio dei ministri, ope legis
rappresentato e difesd dall'Avvocatura Generale dello Stato per la
dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 5-bis del
decreto-legge 24 giugno 2003, n. 143, cosi' come e introdotto dalla
legge di conversione del 1° agosto 2003, n. 212, pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale n. 185 dell'11 agosto 2003, supplemento ordinario,
n. 131, avente ad oggetto «Disposizioni urgenti in tema di versamento
e riscossione di tributi, di Fondazioni bancarie e di gare indette
dalla CONSP S.p.a. nonche' di alienazione di aree appartenenti al
patrimonio e al demanio dello Stato», per violazione degli articoli
114, 117, 118, 119 della Costituzione.
F a t t o
Nella Gazzetta Ufficiale n. 185 dell'11 agosto 2003, supplemento
ordinario n. 131, e' stata pubblicata la legge n. 212 del 1° agosto
2003 di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge
n. 143 del 24 giugno 2003, n. 143.
Rispetto all'originario decreto legge n. 143 del 2003, di tenore
ben diverso rispetto alla intervenuta conversione, e' stato
introdotto, pervenendo finanche alla modificazione del testo del suo
oggetto, una disciplina del tutto spuria relativa alla alienazione di
aree appartenenti al patrimonio e al demanio dello Stato,
accompagnata da una procedura di trasferimento parimenti discutibile.
E' stato cosi' aggiunto all'originario impianto normativo l'art.
5-bis che testualmente recita:
«5-bis. Alienazione di aree appartenenti al patrimonio e al
demanio dello Stato.
1) Le porzioni di aree appartenenti al patrimonio e al
demanio dello Stato, escluso il demanio marittimo, che alla data di
entrata in vigore del presente decreto risultino interessate dallo
sconfinamento di opere eseguite entro il 31 dicembre 2002 su fondi
attigui di proprieta' altrui, in forza di licenze o concessioni
edilizie o altri titoli legittimanti tali opere, e comunque sia
quelle divenute area di pertinenza, sia quelle interne a strumenti
urbanistici vigenti, sono alienate a cura della filiale dell'Agenzia
del demanio territorialmente competente mediante vendita diretta in
favore del soggetto legittimato che ne faccia richiesta. L'estensione
dell'area di cui si chiede l'alienazione oltre a quella oggetto di
sconfinamento per l'esecuzione dei manufatti assentiti potra'
comprendere, alle medesime condizioni, una superficie di pertinenza
entro e non oltre tre metri dai confini dell'opera. Il presente
articolo non si applica, comunque, alle aree sottoposte a tutela ai
sensi del testo unico delle disposizioni legislative in materia di
beni culturali e ambientali, di cui ai decreto legislativo del 29
ottobre 1999, n. 490, e successive modificazioni.
2) La domanda di acquisto delle aree di cui al comma 1 deve
essere presentata, a pena di decadenza, entro centottanta giorni
dalla data di entrata in vigore del presente decreto alla filiale
dell'Agenzia del demanio territorialmente competente, corredata dalla
seguente documentazione concernente:
a) la titolarita' dell'opera la cui realizzazione ha
determinato lo sconfinamento;
b) il frazionamento catastale;
c) la licenza o la concessione edilizia o altro titolo
legittimante l'opera.
3) Alla domanda di acquisto deve essere altresi' allegata, a
pena di inammissibilita' della stessa, una ricevuta comprovante il
versamento all'erario per intero della somma, a titolo di pagamento
del prezzo dell'area, determinata secondo i parametri fissati nella
tabella A allegata al presente decreto.
4) Le procedure di vendita sono perfezionate entro otto mesi
dalla data di scadenza del termine di cui al comma 2, previa
regolarizzazione da parte dell'acquirente dei pagamenti pregressi
attinenti all'occupazione dell'area, il cui valore e determinato
applicando i parametri della tabella A allegata al presente decreto
nella misura di un terzo dei valori ivi fissati, per anno di
occupazione, per un periodo comunque non superiore alla prescrizione
quinquennale. I pagamenti pregressi per l'occupazione sono dovuti al
momento dell'ottenimento del titolo legittimante l'opera. Si
intendono decadute le richieste e le azioni precedenti
dell'Amministrazione finanziaria del demanio.
5) Decorsi i termini di cui al comma 2 senza che il soggetto
legittimato abbia provveduto alla presentazione della domanda di
acquisto di cui al medesimo comma, la filiale dell'Agenzia del
demanio territorialmente competente notifica all'interessato formale
invito all'acquisto.
6) L'adesione all'invito di cui al comma 5 e' esercitata dal
soggetto legittimato entro il termine di novanta giorni dal
ricevimento dello stesso con la produzione della documentazione di
cui al comma 2 e la corresponsione dell'importo determinato secondo i
parametri fissati nella tabella A allegata al presente decreto,
maggiorato di una percentuale pari al 15 per cento. Decorso
inutilmente il suddetto termine, la porzione dell'opera insistente
sulle aree di proprieta' dello Stato e' da questo acquisita a titolo
gratuito».
Con la disposizione in rassegna lo Stato introduce un
generalizzato obbligo di dismissione, attraverso alienazione diretta
ad opera dell'Agenzia del Demanio verso i proprietari/occupatori,
delle aree appartenenti al suo patrimonio o demanio che:
a) Risultino interessate dallo sconfinamento di opere
eseguite, entro il 31 dicembre 2002, su fondi attigui di proprieta'
altrui;
b) Siano divenute aree di pertinenza;
c) Siano interne a strumenti urbanistici vigenti.
Dal tenore della norma risulta, dunque, che le Agenzie del
Demanio sono tenute soltanto, in osservanza dell'analitico precetto
legislativo, a verificare che le aree non siano sottoposte a tutela
ai sensi del decreto legislativo n. 490 del 29 ottobre 1999,
successive modificazioni, e che risultino rispettate le altre
condizioni soggettive e oggettive abilitanti l'alienazione.
L'alienazione costituisce, quindi, un diritto pieno e
incondizionato direttamente riconosciuto dalla legge, nei termini e
con i limiti gia' rammentati, a favore dei proprietari dei fondi
attigui, esclusa ogni valutazione dell'interesse pubblico alla
corretta gestione del territorio, ed esclusa ogni possibile ingerenza
della Regione Abruzzo a presidio della cura degli interessi che le
sono attribuiti, costituzionalmente garantiti.
Ad avviso della Regione Abruzzo il predetto articolo 5-bis,
aggiunto dalla legge di conversione n. 212 del 1° agosto 2003
all'originario decreto legge n. 143/2003, risulta costituzionalmente
illegittimo in quanto lesivo della sfera regionale di competenza per
i seguenti motivi di
D i r i t t o
1. - Violazione degli articoli 114, 117 e 118 Cost. Violazione
del principio di leale collaborazione.
Ai sensi dei novellati articoli 114, 117 e 118 della Costituzione
vi e' assoluta equiordinazione - per quel che qui interessa - della
Regione con lo Stato e la prima, ai sensi dell'articolo 117, n. 3, e'
titolare, sotto il profilo della legislazione concorrente, delle
matene inerenti al «governo del territorio» e alla «Protezione
Civile».
Nella legislazione concorrente spetta allo Stato la solo
determinazione dei principi fondamentali e alla Regione la potesta'
legislativa generale.
La disposizione in argomento non appare rispettosa della
distinzione indicata atteggiandosi sicuramente quale legislazione di
dettaglio ed interferendo significativamente con gli ambiti di
legislazione regionale, regolando concrete situazioni giuridiche
riservate alla legislazione regionale.
Alla Regione spetta, infatti, di esercitare le funzioni dirette
ad assicurare il corretto ed ottimale governo del territorio,
compresa in questa ampia direzione ogni intervento di assetto
idrogeologico e regimazione delle acque, e quindi di razionale
manutenzione ordinaria e straordinaria dei corsi d'acqua, come pure
spetta alla Regione di provvedere con interventi di protezione civile
al soccorso di persone e beni interessati da eventi naturali
calamitosi, sino al pieno il ripristino del territorio.
In particolare, sotto il profilo della rilevanza idraulica e
territoriale del governo del territorio, e' alla Regione affidato il
compito di provvedere, attraverso il Piano Difesa Alluvione ai sensi
della legge n. 183 del 1989 (le cui disposizioni «costituiscono norme
fondamentali di riforma economicosociale della Repubblica nonche'
principi fondamentali ai sensi dell'articolo 117 della
Costituzione»), mentre il successivo decreto legislativo n. 112 del
1999, articolo 86, espressamente recita che «1. Alla gestione dei
beni del demanio idrico provvedono le regioni e gli enti locali
competenti per territorio. 2. I proventi ... sono introitati dalla
regione e destinati ... al finanziamento degli interventi di tutela
delle risorse idriche ...».
Per l'esercizio delle rammentate funzioni amministrative,
connesse alle funzioni di legislazione generale regionale, e' dunque
essenziale che i beni (ad oggi) costituenti il c.d. patrimonio o
demanio idrico statuale conservino la originaria natura e
destinazione immanente per la cura degli interessi pubblici che ne
penneano il particolare regime giuridico.
A ben vedere, dunque, non puo' lo Stato, salvo incorrere in
illegittimita', sottrarre in via generale, senza valutazione alcuna
delle singole e particolari situazioni fattuali e di diritto
(valutazione che e' e deve essere affidata alla Regione), beni in
concreto destinati alla «gestione dei demanio idrico» le cui funzioni
legislative ed amministrative non sono piu' ad esso attualmente
imputate.
La disposizione legislativa impugnata viola, al contempo ed
inoltre, il principio di leale collaborazione e quello di
sussidiarieta' avendo ritenuto lo Stato di poter incidere (anche)
nell'esercizio concreto di funzioni amministrative regionali alla
corretta regolazione ed assetto del territorio, rendendole piu'
onerose o, addirittura, compromettendole.
2. - Violazione dell'articolo 119 Cost.
Prevede l'articolo 119 della Costituzione l'autonomia
patrimoniale e finanziaria delle regioni, in uno alla esistenza di un
proprio patrimonio, o meglio ancora demanio.
E' di tutta evidenza che seppur non ancora in concreto
identificato, il patrimonio (o demanio) della Regione non puo' che
essere strettamente correlato alle funzioni, legislative ed
amministrative, ad essa assegnate dalla Costituzione e dalle altre
norme vigenti, dal quale potra' e dovra' ritrarre le relative
entrate.
Se lo Stato ha, nel passato, costituito in particolare regime
giuridico i beni connessi ed immanenti all'esercizio delle funzioni
di gestione del demanio idrico e' di tutta evidenza che, oggi, gli
stessi beni non possono essere separati dallo scopo di destinazione
e, dunque, deve ritenersi che nelle more della determinazione, ai
sensi del comma 6 del predetto articolo 119 Cost., con legge statale
del complesso dei beni costituenti il patrimonio regionale non possa
essere consentita la impugnata generalizzata dismissione di tali
beni, al contempo, anche sotto questo profilo, in violazione del
principio costituzionalmente affermato di leale cooperazione.
Il carattere dettagliato della disposizione gravata, in uno alla
sua palese non conferenza ai principi costituzionali indicati siccome
violati, sortisce l'effetto di pregiudicare qualsiasi intervento
legislativo regionale in tema di governo e gestione del territorio,
sia in fase preventiva che di emergenza (protezione civile),
pregiudicando inoltre la integrita' della massa di beni costituenti
il realizzando patrimonio regionale ed interferendo sinanche
sull'esercizio materiale delle funzioni: il tutto in palese
violazione della ripartizione di competenze costituzionalmente
enunciata e garantita.
P. Q. M.
Con riserva di ulteriormente argomentare, la Regione Abruzzo,
come sopra rappresentata e difesa, chiede che l'Ecc.ma Corte
costituzionale voglia dichiarare costituzionalmente illegittimo, per
le ragioni esposte nel presente ricorso, l'art. 5-bis del
decreto-legge 24 giugno 2003, n. 143, cosi' come introdotto dalla
legge di conversione del 1° agosto 2003, n. 212, pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale n. 185 dell'11 agosto 2003, supplemento ordinario,
n. 131, avente ad oggetto «Disposizioni urgenti in tema di versamento
e riscossione di tributi, di Fondazioni bancarie e di gare indette
dalla CONSP S.p.a. nonche' di alienazione di aree appartenenti al
patrimonio e al demanio dello Stato», per violazione degli articoli
114, 117, 118 e 119 della Costituzione.
Si deposita la deliberazione della giunta regionale di
autorizzazione a stare in giudizio.
L'Aquila-Roma, addi' 9 ottobre 2003.
Avv. Sandro Pasquali - Avv. Stefania Valeri
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 21 ottobre 2003 (della Regione Abruzzo)
(GU n. 47 del 26-11-2003)
Ricorso della Regione Abruzzo, in persona del Presidente pro
tempore della giunta regionale on.le Giovanni Pace, a tanto
autorizzato con deliberazione della giunta regionale n. 821 del 7
ottobre 2003, rappresentata e difesa, come da mandato in calce al
presente atto, disgiuntamente e congiuntamente dagli avv. Sandro
Pasquali e Stefania Valeri dell'Avvocatura Regionale ed elettivamente
domiciliata in Roma nello studio dell'avv. Fabio Francesco Franco,
via Giovanni Pierluigi da Palestrina n. 19;
Contro il Presidente del Consiglio dei ministri, ope legis
rappresentato e difesd dall'Avvocatura Generale dello Stato per la
dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 5-bis del
decreto-legge 24 giugno 2003, n. 143, cosi' come e introdotto dalla
legge di conversione del 1° agosto 2003, n. 212, pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale n. 185 dell'11 agosto 2003, supplemento ordinario,
n. 131, avente ad oggetto «Disposizioni urgenti in tema di versamento
e riscossione di tributi, di Fondazioni bancarie e di gare indette
dalla CONSP S.p.a. nonche' di alienazione di aree appartenenti al
patrimonio e al demanio dello Stato», per violazione degli articoli
114, 117, 118, 119 della Costituzione.
F a t t o
Nella Gazzetta Ufficiale n. 185 dell'11 agosto 2003, supplemento
ordinario n. 131, e' stata pubblicata la legge n. 212 del 1° agosto
2003 di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge
n. 143 del 24 giugno 2003, n. 143.
Rispetto all'originario decreto legge n. 143 del 2003, di tenore
ben diverso rispetto alla intervenuta conversione, e' stato
introdotto, pervenendo finanche alla modificazione del testo del suo
oggetto, una disciplina del tutto spuria relativa alla alienazione di
aree appartenenti al patrimonio e al demanio dello Stato,
accompagnata da una procedura di trasferimento parimenti discutibile.
E' stato cosi' aggiunto all'originario impianto normativo l'art.
5-bis che testualmente recita:
«5-bis. Alienazione di aree appartenenti al patrimonio e al
demanio dello Stato.
1) Le porzioni di aree appartenenti al patrimonio e al
demanio dello Stato, escluso il demanio marittimo, che alla data di
entrata in vigore del presente decreto risultino interessate dallo
sconfinamento di opere eseguite entro il 31 dicembre 2002 su fondi
attigui di proprieta' altrui, in forza di licenze o concessioni
edilizie o altri titoli legittimanti tali opere, e comunque sia
quelle divenute area di pertinenza, sia quelle interne a strumenti
urbanistici vigenti, sono alienate a cura della filiale dell'Agenzia
del demanio territorialmente competente mediante vendita diretta in
favore del soggetto legittimato che ne faccia richiesta. L'estensione
dell'area di cui si chiede l'alienazione oltre a quella oggetto di
sconfinamento per l'esecuzione dei manufatti assentiti potra'
comprendere, alle medesime condizioni, una superficie di pertinenza
entro e non oltre tre metri dai confini dell'opera. Il presente
articolo non si applica, comunque, alle aree sottoposte a tutela ai
sensi del testo unico delle disposizioni legislative in materia di
beni culturali e ambientali, di cui ai decreto legislativo del 29
ottobre 1999, n. 490, e successive modificazioni.
2) La domanda di acquisto delle aree di cui al comma 1 deve
essere presentata, a pena di decadenza, entro centottanta giorni
dalla data di entrata in vigore del presente decreto alla filiale
dell'Agenzia del demanio territorialmente competente, corredata dalla
seguente documentazione concernente:
a) la titolarita' dell'opera la cui realizzazione ha
determinato lo sconfinamento;
b) il frazionamento catastale;
c) la licenza o la concessione edilizia o altro titolo
legittimante l'opera.
3) Alla domanda di acquisto deve essere altresi' allegata, a
pena di inammissibilita' della stessa, una ricevuta comprovante il
versamento all'erario per intero della somma, a titolo di pagamento
del prezzo dell'area, determinata secondo i parametri fissati nella
tabella A allegata al presente decreto.
4) Le procedure di vendita sono perfezionate entro otto mesi
dalla data di scadenza del termine di cui al comma 2, previa
regolarizzazione da parte dell'acquirente dei pagamenti pregressi
attinenti all'occupazione dell'area, il cui valore e determinato
applicando i parametri della tabella A allegata al presente decreto
nella misura di un terzo dei valori ivi fissati, per anno di
occupazione, per un periodo comunque non superiore alla prescrizione
quinquennale. I pagamenti pregressi per l'occupazione sono dovuti al
momento dell'ottenimento del titolo legittimante l'opera. Si
intendono decadute le richieste e le azioni precedenti
dell'Amministrazione finanziaria del demanio.
5) Decorsi i termini di cui al comma 2 senza che il soggetto
legittimato abbia provveduto alla presentazione della domanda di
acquisto di cui al medesimo comma, la filiale dell'Agenzia del
demanio territorialmente competente notifica all'interessato formale
invito all'acquisto.
6) L'adesione all'invito di cui al comma 5 e' esercitata dal
soggetto legittimato entro il termine di novanta giorni dal
ricevimento dello stesso con la produzione della documentazione di
cui al comma 2 e la corresponsione dell'importo determinato secondo i
parametri fissati nella tabella A allegata al presente decreto,
maggiorato di una percentuale pari al 15 per cento. Decorso
inutilmente il suddetto termine, la porzione dell'opera insistente
sulle aree di proprieta' dello Stato e' da questo acquisita a titolo
gratuito».
Con la disposizione in rassegna lo Stato introduce un
generalizzato obbligo di dismissione, attraverso alienazione diretta
ad opera dell'Agenzia del Demanio verso i proprietari/occupatori,
delle aree appartenenti al suo patrimonio o demanio che:
a) Risultino interessate dallo sconfinamento di opere
eseguite, entro il 31 dicembre 2002, su fondi attigui di proprieta'
altrui;
b) Siano divenute aree di pertinenza;
c) Siano interne a strumenti urbanistici vigenti.
Dal tenore della norma risulta, dunque, che le Agenzie del
Demanio sono tenute soltanto, in osservanza dell'analitico precetto
legislativo, a verificare che le aree non siano sottoposte a tutela
ai sensi del decreto legislativo n. 490 del 29 ottobre 1999,
successive modificazioni, e che risultino rispettate le altre
condizioni soggettive e oggettive abilitanti l'alienazione.
L'alienazione costituisce, quindi, un diritto pieno e
incondizionato direttamente riconosciuto dalla legge, nei termini e
con i limiti gia' rammentati, a favore dei proprietari dei fondi
attigui, esclusa ogni valutazione dell'interesse pubblico alla
corretta gestione del territorio, ed esclusa ogni possibile ingerenza
della Regione Abruzzo a presidio della cura degli interessi che le
sono attribuiti, costituzionalmente garantiti.
Ad avviso della Regione Abruzzo il predetto articolo 5-bis,
aggiunto dalla legge di conversione n. 212 del 1° agosto 2003
all'originario decreto legge n. 143/2003, risulta costituzionalmente
illegittimo in quanto lesivo della sfera regionale di competenza per
i seguenti motivi di
D i r i t t o
1. - Violazione degli articoli 114, 117 e 118 Cost. Violazione
del principio di leale collaborazione.
Ai sensi dei novellati articoli 114, 117 e 118 della Costituzione
vi e' assoluta equiordinazione - per quel che qui interessa - della
Regione con lo Stato e la prima, ai sensi dell'articolo 117, n. 3, e'
titolare, sotto il profilo della legislazione concorrente, delle
matene inerenti al «governo del territorio» e alla «Protezione
Civile».
Nella legislazione concorrente spetta allo Stato la solo
determinazione dei principi fondamentali e alla Regione la potesta'
legislativa generale.
La disposizione in argomento non appare rispettosa della
distinzione indicata atteggiandosi sicuramente quale legislazione di
dettaglio ed interferendo significativamente con gli ambiti di
legislazione regionale, regolando concrete situazioni giuridiche
riservate alla legislazione regionale.
Alla Regione spetta, infatti, di esercitare le funzioni dirette
ad assicurare il corretto ed ottimale governo del territorio,
compresa in questa ampia direzione ogni intervento di assetto
idrogeologico e regimazione delle acque, e quindi di razionale
manutenzione ordinaria e straordinaria dei corsi d'acqua, come pure
spetta alla Regione di provvedere con interventi di protezione civile
al soccorso di persone e beni interessati da eventi naturali
calamitosi, sino al pieno il ripristino del territorio.
In particolare, sotto il profilo della rilevanza idraulica e
territoriale del governo del territorio, e' alla Regione affidato il
compito di provvedere, attraverso il Piano Difesa Alluvione ai sensi
della legge n. 183 del 1989 (le cui disposizioni «costituiscono norme
fondamentali di riforma economicosociale della Repubblica nonche'
principi fondamentali ai sensi dell'articolo 117 della
Costituzione»), mentre il successivo decreto legislativo n. 112 del
1999, articolo 86, espressamente recita che «1. Alla gestione dei
beni del demanio idrico provvedono le regioni e gli enti locali
competenti per territorio. 2. I proventi ... sono introitati dalla
regione e destinati ... al finanziamento degli interventi di tutela
delle risorse idriche ...».
Per l'esercizio delle rammentate funzioni amministrative,
connesse alle funzioni di legislazione generale regionale, e' dunque
essenziale che i beni (ad oggi) costituenti il c.d. patrimonio o
demanio idrico statuale conservino la originaria natura e
destinazione immanente per la cura degli interessi pubblici che ne
penneano il particolare regime giuridico.
A ben vedere, dunque, non puo' lo Stato, salvo incorrere in
illegittimita', sottrarre in via generale, senza valutazione alcuna
delle singole e particolari situazioni fattuali e di diritto
(valutazione che e' e deve essere affidata alla Regione), beni in
concreto destinati alla «gestione dei demanio idrico» le cui funzioni
legislative ed amministrative non sono piu' ad esso attualmente
imputate.
La disposizione legislativa impugnata viola, al contempo ed
inoltre, il principio di leale collaborazione e quello di
sussidiarieta' avendo ritenuto lo Stato di poter incidere (anche)
nell'esercizio concreto di funzioni amministrative regionali alla
corretta regolazione ed assetto del territorio, rendendole piu'
onerose o, addirittura, compromettendole.
2. - Violazione dell'articolo 119 Cost.
Prevede l'articolo 119 della Costituzione l'autonomia
patrimoniale e finanziaria delle regioni, in uno alla esistenza di un
proprio patrimonio, o meglio ancora demanio.
E' di tutta evidenza che seppur non ancora in concreto
identificato, il patrimonio (o demanio) della Regione non puo' che
essere strettamente correlato alle funzioni, legislative ed
amministrative, ad essa assegnate dalla Costituzione e dalle altre
norme vigenti, dal quale potra' e dovra' ritrarre le relative
entrate.
Se lo Stato ha, nel passato, costituito in particolare regime
giuridico i beni connessi ed immanenti all'esercizio delle funzioni
di gestione del demanio idrico e' di tutta evidenza che, oggi, gli
stessi beni non possono essere separati dallo scopo di destinazione
e, dunque, deve ritenersi che nelle more della determinazione, ai
sensi del comma 6 del predetto articolo 119 Cost., con legge statale
del complesso dei beni costituenti il patrimonio regionale non possa
essere consentita la impugnata generalizzata dismissione di tali
beni, al contempo, anche sotto questo profilo, in violazione del
principio costituzionalmente affermato di leale cooperazione.
Il carattere dettagliato della disposizione gravata, in uno alla
sua palese non conferenza ai principi costituzionali indicati siccome
violati, sortisce l'effetto di pregiudicare qualsiasi intervento
legislativo regionale in tema di governo e gestione del territorio,
sia in fase preventiva che di emergenza (protezione civile),
pregiudicando inoltre la integrita' della massa di beni costituenti
il realizzando patrimonio regionale ed interferendo sinanche
sull'esercizio materiale delle funzioni: il tutto in palese
violazione della ripartizione di competenze costituzionalmente
enunciata e garantita.
P. Q. M.
Con riserva di ulteriormente argomentare, la Regione Abruzzo,
come sopra rappresentata e difesa, chiede che l'Ecc.ma Corte
costituzionale voglia dichiarare costituzionalmente illegittimo, per
le ragioni esposte nel presente ricorso, l'art. 5-bis del
decreto-legge 24 giugno 2003, n. 143, cosi' come introdotto dalla
legge di conversione del 1° agosto 2003, n. 212, pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale n. 185 dell'11 agosto 2003, supplemento ordinario,
n. 131, avente ad oggetto «Disposizioni urgenti in tema di versamento
e riscossione di tributi, di Fondazioni bancarie e di gare indette
dalla CONSP S.p.a. nonche' di alienazione di aree appartenenti al
patrimonio e al demanio dello Stato», per violazione degli articoli
114, 117, 118 e 119 della Costituzione.
Si deposita la deliberazione della giunta regionale di
autorizzazione a stare in giudizio.
L'Aquila-Roma, addi' 9 ottobre 2003.
Avv. Sandro Pasquali - Avv. Stefania Valeri