Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 26 settembre 2017 (del Presidente del Consiglio dei ministri).

(GU n. 46 del 2017-11-15)

 

Ricorso ex art. 127 della Costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici e' legalmente domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

Contro la Regione Lombardia, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, per la declaratoria dell'illegittimita' costituzionale dell'art. 3, commi 1 e 3 della legge della Regione Lombardia n. 19 del 17 luglio 2017, pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Lombardia n. 29 del 21 luglio 2017, n. 29, recante «Gestione faunistico-venatoria del cinghiale e recupero degli ungulati feriti» come da delibera del Consiglio dei Ministri in data 15 settembre 2017.

Premessa.

In data 21 luglio 2017, e' stata pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Lombardia n. 29/2017 la legge regionale n. 19 del 17 luglio 2017, recante «Gestione faunistico-venatoria del cinghiale e recupero degli ungulati feriti».

Il provvedimento in esame, all'art. 3, commi 1 e 3, si pone in contrasto con norme poste dallo Stato nella disciplina di aree protette contenute nella legge statale n. 394 del 6 dicembre 1991, «Legge quadro sulle aree protette», da ascriversi alla competenza statale esclusiva in materia di «tutela dell'ambiente, dell'ecosistema...» di cui all'art. 117, comma 2, lettera s) della Costituzione.

Pertanto, con il presente atto, si impugna la legge regionale della Regione Campania n. 19/2017, affinche' ne sia dichiarata la illegittimita' costituzionale, con conseguente annullamento, sulla base delle seguenti considerazioni in punto di

Diritto

I. Quanto all'art. 3, comma 1, della legge regionale - Violazione dell'art. 117, comma 2, lettera s) della Costituzione.

La norma in rubrica dispone: «La Giunta regionale, sentiti la Provincia di Sondrio e l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), entro novanta giorni dall'approvazione del provvedimento di cui all'art. 2, delibera le modalita' di gestione del cinghiale sull'intero territorio regionale anche mediante la definizione dei criteri per il calcolo delle densita' obiettivo, la determinazione di modalita' e tempistiche per l'attuazione del prelievo venatorio e del controllo, nonche' le modalita' per il monitoraggio dei risultati conseguiti».

Il riferimento contenuto in tale disposizione all'«intero territorio regionale» comporta che il relativo ambito di applicazione comprenda anche il territorio delle aree protette, nazionali e regionali.

Cio' trova conferma nel successivo comma 3 dello stesso art. 3, ai sensi del quale «per il territorio delle aree protette di cui all'art. 2, commi 1 e 3, della legge n. 394/1991 e di cui all'art. 1, comma 1, lettere a) e c), della legge regionale 30 novembre 1983, n. 86 (Piano regionale delle aree regionali protette. Norme per l'istituzione e la gestione delle riserve, dei parchi e dei monumenti naturali nonche' delle aree di particolare rilevanza naturale e ambientale), le densita' obiettivo sono definite d'intesa con i relativi enti gestori».

La norma in parola, nella parte in cui si applica anche alle aree protette nazionali, si pone in palese contrasto con il disposto dell'art. 11, commi 1, 3 e 4, della legge n. 394 del 1991, nella quale si e' estrinsecata - come gia' riferito in premessa - la potesta' legislativa nazionale cui e' riservata, in via esclusiva, la materia.

Infatti, mentre il comma 1 dell'art. 11 cit. affida al regolamento del parco il compito di disciplinare «l'esercizio delle attivita' consentite entro il territorio del parco», la disposizione che qui si contesta prevede che sia la giunta regionale a disciplinare «modalita' e tempistiche per l'attuazione del prelievo venatorio e del controllo, nonche' le modalita' per il monitoraggio dei risultati conseguiti».

Ancora, il contrasto con le previsioni di legge statale e' evidenziato anche dalla considerazione dei successivi commi 3 e 4 che dispongono - rispettivamente: il primo: «salvo quanto previsto dal comma 5, nei parchi sono vietate le attivita' e le opere che possono compromettere la salvaguardia del paesaggio e degli ambienti naturali tutelati con particolare riguardo alla flora e alla fauna protette e ai rispettivi habitat», vietando «in particolare» (...) «la cattura, l'uccisione, il danneggiamento, il disturbo delle specie animali»; la seconda, invece «Il regolamento del parco stabilisce altresi' le eventuali deroghe ai divieti di cui al comma 3».

La disposizione di legge regionale che qui si contesta, invece:

a) consente, implicitamente ma del tutto chiaramente, la caccia (il «prelievo venatorio»), nei territori dei Parchi nazionali, vietata dalla norma statale sopra citata;

b) invade un ambito che - come giu' evidenziato - la normativa statale in materia di aree protette affida in via esclusiva al regolamento del Parco.

I sopra richiamati motivi di contrasto con le previsioni di legge statale si traducono, per le ragioni gia' piu' sopra evidenziate, in altrettante ragioni di illegittimita' costituzionale della norma regionale, per violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.

I.2) Analoghe ragioni di incostituzionalita', inoltre, affliggono la disposizione in questione nella parte in cui si applica ad aree protette regionali, in virtu' del suo contrasto con l'art. 22, comma 6, della legge n. 394 del 1991.

Tale ultima disposizione infatti, prevede:

a) «nei parchi naturali regionali e nelle riserve naturali regionali l'attivita' venatoria e vietata, salvo eventuali prelievi faunistici ed abbattimenti selettivi necessari per ricomporre squilibri ecologici»;

b) «detti prelievi ed abbattimenti devono avvenire in conformita' al regolamento del parco ...».

Da qui, dunque, un'ulteriore ragione di incostituzionalita' della norma regionale, analoga a quella illustrata al punto che precede, anch'essa per violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera s) della Costituzione.

II. Quanto all'art. 3, comma 3 - Violazione degli articoli 117, comma 2, lettera s) e 118, commi 1 e 2 della Costituzione.

La norma in rubrica dispone: «per il territorio delle aree protette di cui all'art. 2, commi 1 e 3, della legge n. 394/1991 e di cui all'art. 1, comma 1, lettere a) e c), della legge regionale 30 novembre 1983, n. 86 (...), le densita' obiettivo sono definite d'intesa con i relativi enti gestori», ponendosi cosi' in contrasto con le previsioni della legge n. 394 del 1991, che affida chiaramente agli enti parco, o comunque ai soggetti gestori delle aree protette, tali funzioni amministrative di tipo gestorio in attuazione dell'art. 118, commi 1 e 2, Cost., nonche' quale previsione di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema ai sensi dell'art. 117, comma 2, lettera s), Cost.

In tal senso depone, inequivocabilmente, l'art. 1, comma 3, di detta legge (ribadito peraltro dal successivo comma 4) che esplicitamente individua nella disciplina dal medesimo dettata lo «speciale regime (...) di gestione», cui i territori delle aree protette sono sottoposti.

Tale speciale regime di gestione, in particolare per i Parchi nazionali, e' imperniato - dal punto di vista del soggetto titolato allo svolgimento dell'attivita' di gestione - sull'Ente Parco, individuato e disciplinato dall'art. 9, e - dal punto di vista funzionale - sul Piano del Parco, di cui all'art. 12.

Ancora, nello stesso senso depone l'art. 29 della legge n. 394 del 1991, che affida agli organismi gestori delle aree protette speciali poteri di controllo sulla conformita' delle attivita' realizzate all'interno delle medesime rispetto al regolamento, al Piano, o al nulla osta.

L'art. 11, comma 4, della legge n. 394 del 1991, prevede che gli «eventuali prelievi faunistici» e gli altrettanto eventuali «abbattimenti selettivi», che siano «necessari per ricomporre squilibri ecologici accertati dall'Ente parco», «devono avvenire per iniziativa e sotto la diretta responsabilita' e sorveglianza dell'Ente parco ed essere attuati dal personale dell'Ente parco o da persone all'uopo espressamente autorizzate dall'Ente parco stesso».

E' dunque evidente che la legge statale affida specificamente agli enti Parco la funzione in questione.

Non puo' dunque essere la Regione a provvedere ad individuare la densità-obiettivo della specie cinghiale, poiche' - una volta individuata quest'ultima - la decisione di procedere a prelievi e abbattimenti sarebbe meramente esecutiva di una decisione assunta da un soggetto diverso da quello competente in base alla legge dello Stato.

Ad evitare l'incostituzionalita' della disciplina non basta, del resto, la previsione dell'intesa con gli enti gestori delle aree protette: il precetto statale interposto, la cui violazione comporta il contrasto con le norme costituzionali gia' indicate, prevede che la titolarita' della funzione sia in capo a tali enti, i quali devono peraltro poter adottare le proprie determinazioni senza che altra amministrazione (nella specie, quella regionale) abbia un potere di co-decisione.

La menzionata ragione di incostituzionalita' non riguarda soltanto le aree protette nazionali, ma anche quelle regionali.

Rileva qui, ancora una volta, il gia' richiamato art. 22, comma 6, della legge n. 394 del 1991: anche tale disposizione, infatti, prevede che gli eventuali «prelievi faunistici ed abbattimenti selettivi necessari per ricomporre squilibri ecologici» debbano avvenire «per iniziativa e sotto la diretta responsabilita' e sorveglianza dell'organismo di gestione del parco e devono essere attuati dal personale da esso dipendente o da persone da esso autorizzate scelte con preferenza tra cacciatori residenti nel territorio del parco, previ opportuni corsi di formazione a cura dello stesso Ente».

Si ripropongono qui le medesime considerazioni riportate sopra con riferimento ai Parchi nazionali.

Per tutte le suesposte ragioni, la legge regionale Lombardia n. 19/2017 deve essere dichiarata incostituzionale.

 

P.Q.M.

 

Si chiede che codesta ecc.ma Corte costituzionale voglia dichiarare costituzionalmente illegittima, e conseguentemente annullare, per i motivi sopra specificati, l'art. 3, commi 1 e 3 della legge della Regione Lombardia n. 19 del 17 luglio 2017, pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Lombardia n. 29 del 21 luglio 2017, n. 29, recante «Gestione faunistico-venatoria del cinghiale e recupero degli ungulati feriti» come da delibera del Consiglio dei Ministri in data 15 settembre 2017.

Con l'originale notificato del ricorso si depositeranno:

1. estratto della delibera del Consiglio dei Ministri 15 settembre 2017;

2. rapporto del Dipartimento degli affari regionali.

 

Roma, 18 settembre 2017

L'Avvocato dello Stato: Russo

 

Menu

Contenuti