Ricorso n. 76 del 5 agosto 2011 (Regione Puglia)
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 5 agosto 2011 (della Regione Puglia).
(GU n. 41 del 28.9.2011)
Ricorso della Regione Puglia, in persona del Presidente
pro tempore della Giunta regionale dott. Nicola Vendola,
a cio' autorizzato con deliberazione della Giunta regionale n. 1717
del 29 luglio 2011, rappresentato e difeso dagli avv.ti prof.
Nicola
Colaianni e prof. Marcello Cecchetti ed elettivamente domiciliato
presso lo studio di quest'ultimo in Roma, via Antonio Mordini n. 14
(e-mail: ;
pec), come da mandato a margine del presente atto;
Contro lo Stato, in persona del Presidente del Consiglio dei Ministri
pro tempore, per la dichiarazione di illegittimita'
costituzionale in parte qua del decreto legislativo 23 maggio 2011,
n. 79 (Codice della normativa statale intema di ordinamento e mercato
del turismo, a norma dell'articolo 14 della legge 28novembre 2005, n.
246, nonche' attuazione della direttiva 200811221 CE, relativa ai
contratti di multiproprieta', contratti relativi ai prodotti per le
vacanze di lungotermine, contratti di rivendita e di scambio),
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 6 giugno 2011, n. 129 S.O.,
limitatamente all'art. 1, comma 1, del suddetto decreto legislativo,
nonche' all'art. 2, comma 2, all'art. 8, comma2, all'art. 16, commi 1
e 2, all'art. 21, commi 1, 2 e 3, all'art. 20, comma 2,all'art. 23,
comma 1, e all'art 24 dell'Allegato 1 (Codice della normativa statale
in tema di ordinamento e mercato del turismo), per violazione degli
articoli 76, 77, primo comma, 117, terzo e quarto comma, 118, primo
comma, della Costituzione.
1. - Con l'art. 1 del d.lgs. n. 79 del 2011 e' stato approvato il
Codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del
turismo. Il decreto, all'art. 2, contiene invece la disciplina di
alcune tipologie di contratti in attuazione della direttiva
2008/122/CE, modificando e integrando il d.lgs. n. 206 del 2005; per
questa parte - che rimarra' del tutto estranea al presente ricorso -
il d.lgs. trova il proprio fondamento nella delega legislativa
contenuta negli artt. 1 e 2 e nell'allegato B della legge n. 96 del
2010 (Legge comunitaria 2009).
Diversamente, per la parte relativa all'approvazione del
menzionato Codice (art. 1 e Allegato 1), il decreto in questione,
secondo quanto risulta dalle premesse, assume di trovare fondamento
nelle deleghe legislative di cui all'art. 14, commi 14, 15 e 18,
della legge n. 246 del 2005, ossia nel complesso meccanismo
semplificatorio introdotto per l'appunto da queste disposizioni e
piu' comunemente conosciuto come "sistema taglia-leggi".
Quanto all'iter procedimentale, lo schema di decreto ha ottenuto
l'approvazione preliminare nella seduta del Consiglio dei ministri
del 19 ottobre 2010; successivamente, e' stato trasmesso alla
Presidenza del Senato per i prescritti pareri delle commissioni
parlamentari competenti in data 21 gennaio 2011 (cfr. Atto del
Governo n. 327), accompagnato dal parere della Conferenza unificata
espresso in data 18 novembre 2010 (parere positivo per la parte
attuativa della delega di cui alla legge comunitaria n. 96 del 2010
e, viceversa, negativo per la parte relativa al Codice del turismo),
nonche' dal parere del Consiglio di Stato n. 307/2011espresso dalla
Sezione Consultiva per gli Atti Normativi nell'adunanza del 13
gennaio 2011 (parere favorevole con condizioni e Osservazioni).
Il decreto e' stato approvato in via definitiva nella seduta del
Consiglio dei ministri del 5 maggio 2011, emanato dal Presidente
della Repubblica il 23 maggio successivo e pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale 6 giugno 2011, n. 129 S.O.
2. - La Regione Puglia, con la deliberazione della Giunta
regionale indicata in epigrafe, ha espresso la volonta' di impugnare
davanti a questa Corte l'art. 1, comma 1, del d.lgs. 23 maggio 2011,
n. 79 (Codice della normativa statale in tema di ordinamento e
mercato del turismo, a norma dell'articolo 14 della legge 28 novembre
2005, n. 246, nonche' attuazione della direttiva 2008/122/ CE,
relativa ai contratti di multiproprieta', contratti relativi ai
prodotti per le vacanze di lungo termine, contratti di rivendita e di
scambio), con il quale e' stato approvato il Codice della normativa
statale in tema di ordinamento e mercato del turismo di cui
all'Allegato 1, nonche' alcune specifiche disposizioni contenute nel
medesimo Allegato 1 e, in specie, gli articoli 2, comma 2; 8, comma
2; 16, commi 1 e 2; 21, commi 1, 2 e 3; 20, comma 2; 23, comma 1; e
24.
Cio' in quanto l'intero Allegato 1 e, in particolare, gli
articoli specificamente indicati, risultano costituzionalmente
illegittimi e in ogni caso lesivi dell'autonomia che la Costituzione
riconosce e garantisce alla Regione Puglia, in riferimento alle
seguenti disposizioni costituzionali:
artt. 76; 77, primo comma; 117, terzo e quarto comma; 118,
primo comma, Cost.
L'illegittimita' costituzionale che si denuncia con il presente
ricorso si fonda sulle seguenti ragioni di
Diritto
3. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 1, del
d.lgs. n. 79 del 2011, il quale approva l'intero "Codice della
normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo" di
cui all'Allegato 1, per violazione degli artt. 76 e 77, primo comma
Cost., in relazione alla lesione delle attribuzioni spettanti alle
Regioni in base agli artt. 117, quarto comma, e 118, primo comma,
Cost., in quanto il potere legislativo del Governo e' stato
esercitato in assenza di delega legislativa o al di fuori dell'ambito
oggettivo da questa individuato e, comunque, sulla base di una norma
di delega del tutto priva della delimitazione dell'oggetto e carente
anche in relazione alla fissazione di adeguati principi e criteri
direttivi per l'esercizio del potere delegato.,
3.1. - Come accennato in premessa, per la parte concernente
l'approvazione del Codice di cui all'Allegato 1, il decreto che qui
si impugna fa esplicito riferimento alle disposizioni di delega
contenute nell'art. 14, commi 14, 15 e 18, della legge n. 246 del
2005.
Al riguardo, occorre subito sgombrare il campo da un primo
possibile equivoco.
Considerata la pacifica scadenza del termine delle due deleghe
legislative contenute nei citati commi 14 e 15 avvenuta in data 16
dicembre 2009 (e comunque non oltre il 16 marzo 2010, in forza della
previsione contenuta nell'ultimo periodo del comma 22 del medesimo
art. 14 della legge n. 246 del 2005) - a prescindere dal fatto che la
delega del comma 14 abilitava il Governo alla sola emanazione di
decreti meramente ricognitivi delle disposizioni legislative
anteriori al 1970 da mantenere in vigore, sottraendole agli effetti
abrogativi della c.d. "clausola ghigliottina", cosi' come gia'
riconosciuto da questa Corte nella sent. n. 346 del 2010, al par. 4.5
del Considerato in diritto - l'unica delega legislativa astrattamente
in grado di fondare il potere del Governo di approvare il Codice in
questione e' quella contenuta nel comma 18 per la parte relativa
all'emanazione di «disposizioni di riassetto».
Tale previsione, frutto della novella di cui all'art. 13 della
legge n. 15 del 2009, stabilisce che «entro due anni dalla data di
entrata in vigore dei decreti legislativi di cui al comma 14, possono
essere emanate, con uno o piu' decreti disposizioni integrative, di
riassetto o correttive, esclusivamente nel rispetto dei principi e
criteri direttivi di cui al comma 15 e previo parere della
Commissione di cui al comma 19».
Orbene, la semplice lettura del testo della disposizione in esame
rende assai difficile anche solo ipotizzare che in essa si potesse
rinvenire una delega legislativa al "riassetto" dell'intera
legislazione statale avente ad oggetto l'«ordinamento» e il «mercato
del turismo». Dunque, l'unica norma di delega astrattamente
utilizzabile - e di fatto dichiaratamente utilizzata nel caso di
specie - non abilitava affatto il Governo ad adottare il Codice
impugnato (come, del resto, era stato espressamente contestato dalla
Conferenza Unificata a sostegno del parere negativo del 18 novembre
2010 citato in premessa). Ne consegue la palese violazione
dell'esplicito disposto dell'art. 77, primo comma, Cost., ai sensi
del quale «il Governo non puo', senza delegazione delle Camere,
emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria».
3.2. - Ne' a diversa conclusione si potrebbe giungere anche
volendo accogliere l'interpretazione sistematica dei commi 12, 14,
15, 18 e 18-bis dell'art. 14 della legge n. 246 del 2005 prospettata
dal Consiglio di Stato nel parere n. 802/2010 reso dalle Sezioni
riunite Prima e Normativa nell'adunanza del 13 gennaio 2010. Ad
avviso del Supremo organo di consulenza giuridico-amministrativa del
Governo, infatti, la delega al "riassetto" di cui al comma 18
dovrebbe essere considerata come delega autonoma rispetto alla delega
integrativa-correttiva ivi prevista e varrebbe sostanzialmente come
"proroga" per un ulteriore biennio della delega al "riassetto" gia'
prevista nel comma 15 e scaduta il 16 dicembre 2009. Di qui la
lapidaria conclusione secondo la quale «quanto (.) all'oggetto della
delega esso e' e rimane quello previsto dall'art. 14, comma 15, della
legge n. 246 del 2005, e cioe' il riassetto'della materia oggetto dei
decreti legislativi di cui al comma 14. Si evidenzia, in questa
prospettiva, il legame che unisce la fase di riassetto, da compiersi
ai sensi del nuovo comma 18, con la fase, in precedenza svolta, di
identcazione della disciplina da mantenere in vigore. L'opera di
riassetto puo', infatti, essere realizzata per la prima volta nel
biennio di cui all'art. 14, comma 18, ma e' comunque sequenzialmente
collegata con l'attivita' svolta nelle fasi precedenti» (cfr. par. 8
del Considerato, pag. 18).
Una simile interpretazione puo' certamente condividersi sul
pianodell'astratta ricostruzione del quadro normativo. Essa,
tuttavia, non riesce affatto a far ritenere il Codice del turismo
esente da vizi di costituzionalita' inerenti il suo procedimento di
formazione. Cio' per le seguenti ragioni. Il comma 14, come
accennato, prevedeva la c.d. "delega salva-leggi" (scaduta il 16
dicembre 2009) per l'individuazione delle disposizioni legislative
anteriori al 1° gennaio 1970 da sottrarre alla abrogazione
generalizzata della clausola "ghigliottina" prevista dal comma 14-ter
e, tra i principi e criteri direttivi, per quanto rileva in questa
sede, contemplava, alla lett. e), quello relativo alla
«organizzazione delle disposizioni da mantenere in vigore per settori
omogenei o per materie, secondo il contenuto precettivo di ciascuna
di esse».
Il successivo comma 15, per parte sua, prevedeva, invece, una
ulteriore delega al Governo da esercitare con gli stessi decreti
legislativi di cui al comma 14 (dunque, sempre entro il 16 dicembre
2009), stabilendo che «i decreti legislativi di cui al comma 14
provvedono altresi' alla semplificazione o al riassetto della materia
che ne e' oggetto, nel rispetto dei principi e criteri direttivi di
cui all'articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive
modificazioni, anche al fine di armonizzare le disposizioni mantenute
in vigore con quelle pubblicate successivamente alla data del 1°
gennaio 1970».
Il tenore delle disposizioni appena riportate rende palese che la
delega di cui al comma 15, considerata isolatamente, non era
caratterizzata da un "oggetto definito". Cio', tuttavia, avrebbe
potuto non implicare necessariamente la sua incostituzionalita', dal
momento che tale "oggetto" era suscettibile di risultare "definito"
mediante la adozione dei decreti di cui al precedente comma 14, ove
essi avessero provveduto ad organizzare le disposizioni da mantenere
in vigore «per settori omogenei o per materie», ai sensi del rinvio
ai medesimi operato dal comma 15. Si trattava dunque di una delega
con oggetto indefinito, ma "definibile" attraverso successivi atti
normativi.
In base a tali previsioni, in sintesi, sarebbe stato ben
possibile che il Governo, mediante l'«organizzazione delle
disposizioni da mantenere in vigore per settori omogenei o per
materie, secondo il contenuto precettivo di ciascuna di esse», da
effettuare nell'esercizio della c.d. "delega salva-leggi" del comma
14, rendesse concretamente predeterminati una pluralita' di "oggetti
definiti" ai sensi dell'art. 76 cost. sui quali esercitare la delega
al "riassetto" del comma 15 o, scaduta quest'ultima, la delega al
"riassetto" del comma 18 come prospettato dal Consiglio di Stato.
Tuttavia, anche ad ammettere che una simile soluzione ermeneutica
potesse considerarsi conforme al modello costituzionale della delega
legislativa, il dato dirimente e' che nulla di tutto cio' si e'
verificato.
In attuazione delle deleghe di cui ai commi 14 e 15 - fatta
eccezione per il Codice dell'ordinamento militare (d.lgs. n. 66 del
2010) che qui non rileva - e' stato emanato il solo d.lgs. n. 179 del
2009, entrato in vigore il 15 dicembre 2009.
Tale decreto, come e' noto, contiene un solo articolo e due
allegati, nei quali vengono individuati attraverso semplici elenchi
cronologici, rispettivamente, 2.375 atti legislativi da salvare
rispetto alla c.d. "ghigliottina taglia-leggi" e 861 atti legislativi
da sottrarre all'effetto abrogativo di cui all'art. 2 del d.l. n. 200
del 2008 (cosi' come convertito in legge dalla legge n. 9 del 2009)
e, di conseguenza, anche alla stessa abrogazione generalizzata. Il
decreto n. 179, dunque, si pone in palese contrasto con il menzionato
principio e criterio direttivo della delega di cui alla lett. e) del
comma 14, giacche' non contempla alcuna distinzione o organizzazione
per "materie" o per "settori omogenei" delle disposizioni legislative
individuate, secondo il contenuto precettivo di ciascuna di esse. A
prescindere dalla verosimile illegittimita' costituzionale, sotto
tale profilo, del decreto appena richiamato, cio' che piu' conta e'
il fatto che, omettendo di organizzare per materie o per settori
omogenei le disposizioni anteriori al 1970 "salvate" dall'abrogazione
generalizzata, il Governo ha determinato il venir meno del
presupposto fondamentale delle deleghe al "riassetto" contemplate nei
commi 15 e 18. Infatti, come testualmente conferma il disposto del
comma 15, il riassetto normativo sarebbe stato giuridicamente
possibile solo sulla base della previa individuazione almeno di
"materie" definite che ne potessero costituire con sufficiente
precisione l'oggetto. Se tale individuazione - come e' innegabile -
non e' stata effettuata direttamente dal legislatore delegante e, nel
caso di specie, non risulta neppure dall'unico decreto delegato
emanato in attuazione del comma 14, la conseguenza e' una sola e
palesemente incostituzionale: ammettere all'interno del comma 18 la
perdurante esistenza di una delega al Governo per l'emanazione di
decreti legislativi «di riassetto» nei due anni dall'entrata in
vigore del d.lgs. n. 179 del 2009, oltretutto se si ritenga che tale
"riassetto" debba coinvolgere anche le disposizioni legislative
successive al 1970, significherebbe riconoscere in capo all'Esecutivo
una delega a "riformare" (innovandolo) l'intero ordinamento
legislativo dello Stato senza alcun limite che valga a "definire" -
come richiede l'art. 76 Cost. - l'ambito oggettivo dell'intervento.
Di fronte ad una simile conseguenza, il canone
dell'interpretazione costituzionalmente orientata della disposizione
contenuta nell'art. 14, comma 18, della legge n. 246 del 2005 offre
due soluzioni - non necessariamente alternative tra loro - in grado
di evitare l'illegittimita' della delega:
a) la prima soluzione, come si e' accennato, e' quella di
ritenere che tale delega richiedesse, come suo presupposto
imprescindibile e per espresso disposto del legislatore delegante, la
previa organizzazione delle disposizioni legislative anteriori al
1970 per materie o settori omogenei, in conformita' con quanto
previsto dai principi e criteri direttivi del comma 14; il che
avrebbe consentito di disporre di un "oggetto definito" cui riferire
l'intervento di riassetto da parte del Governo, cosi' come imposto
dal precetto dell'art. 76 Cost.;
b) la seconda soluzione e' quella di ritenere che tanto il
riassetto di cui al comma 15 (inserito nell'ambito degli stessi
decreti legislativi "salva-leggi") quanto, a maggior ragione, quello
sostanzialmente analogo di cui al comma 18 dovessero essere intesi
come limitati, nel loro ambito oggettivo di intervento, alle sole
disposizioni legislative anteriori al 1970 e fatte salve con il
d.lgs. n. 179 del 2009, potendo prendere in considerazione le
disposizioni pubblicate in data successiva al 1° gennaio 1970 solo
«al fine di armonizzare» le prime con queste ultime.
Entrambe le soluzioni interpretative, pero', pur provando in
qualche modo a fare salva la conformita' a Costituzione delle norme
di delega, conducono alla palese illegittimita' costituzionale del
d.lgs. n. 79 del 2011, nella parte in cui approva il Codice della
normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo, per
violazione degli artt. 76 e 77, primo comma, cost. Nella prima
ipotesi, perche' il Governo ha agito in assoluta carenza di potere,
non sussistendo ne' i presupposti generali della delega al
"riassetto", consistenti nella individuazione di materie o settori
normativi omogenei previamente "definiti", ne', tanto meno, una
qualche sia pur minima traccia nella legislazione statale vigente al
momento dell'emanazione del decreto n. 79 del 2011 che consentisse di
fondare un potere legislativo delegato avente ad oggetto il
"riassetto" dell'«ordinamento» e del «mercato del turismo»; nella
seconda ipotesi, perche' il Governo ha ecceduto i limiti della delega
per la parte in cui ha provveduto al riassetto dell'intera disciplina
legislativa statale esistente e asseritamente ascrivibile al
"turismo", senza limitarsi alle sole disposizioni anteriori al 1970 e
mantenute in vigore mediante il d.lgs. n. 179 del 2009. 3.3. -
Qualora non dovessero ritenersi condivisibili le interpretazioni
adeguatrici della disposizione di delega contenuta nel comma 18
dell'art. 14 della legge n. 246 del 2005 che si sono appena indicate,
sarebbe questa stessa disposizione a risultare costituzionalmente
illegittima per contrasto con l'art. 76 Cost.; con conseguente
illegittimita' derivata del decreto n. 79 del 2011 sempre nella parte
in cui, all'art. 1, comma 1, approva il Codice della normativa
statale in tema di ordinamento e mercato del turismo di cui
all'Allegato 1.
Sarebbe inevitabile, infatti, la constatazione che la delega al
"riassetto" di cui al comma 18 e' costruita in termini palesemente
difformi rispetto al modello costituzionale dell'art. 76, mancando
essa di qualunque delimitazione di oggetti. D'altra parte, l'esigenza
che il potere legislativo delegato al Governo risulti affidato
«soltanto (...) per oggetti definiti» non potrebbe certo ritenersi
soddisfatta ritenendo che il comma 18 conferisca all'Esecutivo la
potesta' di provvedere al "riassetto" di tutta la legislazione
statale vigente, distinguendola in base al solo "criterio soggettivo"
della struttura amministrativa che venga considerata "competente" in
relazione a determinate fonti legislative. Si tratterebbe, in
realta', come dimostra per l'appunto la vicenda che oggi si sottopone
all'esame di questa Corte, di una sorta di "abilitazione take away",
rivolta a ciascuna delle strutture delle Amministrazioni dello Stato,
a scegliersi liberamente, di volta in volta, i materiali legislativi
da "riassettare" e a confezionarsi a piacimento la riforma - piu' o
meno organica - della "propria" legislazione.
Ne' a soccorrere l'interprete nella individuazione degli «oggetti
definiti» della delega al "riassetto" di cui al comma 18 potrebbero
invocarsi i principi e criteri direttivi della delega cui la
disposizione fa riferimento richiamando, per il tramite del rinvio al
comma 15, i principi e criteri dell'art. 20 della legge n. 59 del
1997.
Come e' stato correttamente affermato in dottrina, infatti, il
generico richiamo a tali principi risulta «decisamente fuori luogo e
inadatto a indirizzare l'azione del Governo, non foss'altro per il
fatto che buona parte di essi tradiscono la loro matrice di origine
di guide-lines della semplificazione amministrativa e, ad ogni modo,
non risultano adeguati ad un'azione di riordino "senza materia", in
quanto riferita a leggi operanti in ambiti assolutamente disparati e
indeterminabili a priori» (cosi' P. Carnevale, Le politiche sulla
legislazione: codificazione e semplificazione, in M. Ruotolo (a cura
di), La funzione legislativa, oggi, Napoli, Editoriale Scientifica,
2007, 73).
Altra dottrina, nella medesima logica, ha osservato come il
richiamato art. 20 della legge n. 59 del 1997 non detti «affatto
criteri specifici per una determinata materia ma, al piu',
orientamenti di carattere generale, per cosi' dire, "buoni per tutti
gli usi", ed in effetti in alcuni casi utilizzabili per l'adozione
sia di decreti legislativi sia di regolamenti di delegificazione
(comma 4), a dimostrazione della loro inidoneita' a porsi quali punti
di riferimento esclusivi» per l'adozione di un determinato decreto di
"riassetto"; l'art. 20 della legge n. 59, d'altronde, «appare chiaro
nel presupporre che il riassetto debba essere autorizzato da una
legge (in quel caso, la legge di semplifcazione annuale) recante, ai
sensi dell'art. 76 Cost., "gli indirizzi, i criteri, le modalita' e
le materie di intervento" (comma 1) e principi e criteri specifici
per le singole materie (comma 3) dei quali costituiscono
un'integrazione quelli, di carattere generale, espressamente
individuati nei commi 3 e 4» (cosi' G. Tarli Barbieri, Quando la
semplificazione normativa e' politicamente "sensibile": lo "strano
caso" dell'abrogazione del d.lgs. 43/1948, in Studi in onore di
Franco Modugno, IV, Napoli, Editoriale Scientifica, 2010, 3538).
3.4. - Per le ragioni appena esposte - qualora questa Corte non
ritenesse di accogliere le prospettazioni contenute nei parr. 3.1 e
3.2 del presente ricorso, dichiarando direttamente l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 1, del d.lgs. n. 79 del 2011
(recante l'approvazione dell'intero Codice della normativa statale in
tema di ordinamento e mercato del turismo di cui all'Allegato 1) a
prescindere dalla eventuale illegittimita' della norma di delega
contenuta nel comma 18 dell'art. 14 della legge n. 246 del 2005 - la
Regione Puglia chiede a questo Ecc.mo Collegio di sollevare davanti a
se stesso, quale giudice a quo, la questione di legittimita'
costituzionale del menzionato comma 18 per violazione dell'art. 76
cost. e, conseguentemente all'accoglimento di tale questione, di
dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'impugnato art. 1,
comma 1, del d.lgs. n. 79 del 2011 per incostituzionalita' derivata
dalla illegittimita' della norma di delega.
E' del tutto evidente, nell'ipotesi di specie, che la questione
di cui si chiede l'autorimessione davanti a questa Corte si configuri
come senz'altro rilevante ai fini della definizione del presente
giudizio e, altresi', fondata per le ragioni indicate.
3.5. - Un ultimo profilo del presente motivo di ricorso merita un
chiarimento.
Come e' reso palese dalla rubrica del motivo, le questioni che la
Regione Puglia solleva per violazione degli artt. 76 e 77, primo
comma, cost. sono espressamente costruite «in relazione alla lesione
delle attribuzioni spettanti alle Regioni in base agli artt. 117,
quarto comma, e 118, primo comma, Cost.». Si tratta di una
precisazione non meramente formale; essa, infatti, vale ad
evidenziare la piena legittimazione della Regione ricorrente a
dedurre nel presente giudizio la violazione di parametri
costituzionali estranei al riparto di competenze tra Stato e Regioni,
in ragione del fatto che la suddetta violazione "ridonda" senz'altro,
nel caso di specie, in una lesione indiretta delle sfere di autonomia
regionale che la Costituzione riconosce all'art. 117, quarto comma, e
all'art. 118, primo comma.
E' dato innegabile che il Codice della normativa statale in tema
di ordinamento e mercato del turismo - a prescindere dai possibili
specifici titoli di legittimazione delle competenze dello Stato su
cui ci soffermera' nei paragrafi che seguono - sia dichiaratamente
destinato ad "incidere" su un ambito di sicura competenza legislativa
regionale (la materia del "turismo", come noto ricondotta dalla
consolidata giurisprudenza di questa Corte all'art. 117, quarto
comma, Cost.,) e sia volto a "vincolare" e "conformare" non soltanto
l'esercizio di tale competenza ma anche l'esercizio di rilevanti e
numerose funzioni amministrative spettanti alle Regioni in base
all'art. 118, primo comma, Cost.
Non puo' sussistere alcun dubbio, pertanto, sul fatto che la
Regione subisca una "lesione indiretta" delle proprie attribuzioni
costituzionali se tali attribuzioni vengono incise, compresse o,
comunque, vincolate da un atto legislativo dello Stato che non
risulti pienamente conforme a Costituzione, in special modo, come si
denuncia nel presente giudizio, sotto il profilo della carenza
assoluta di potere in capo all'organo che lo ha emanato o sotto il
profilo della illegittimita' costituzionale della delega su cui tale
atto ha preteso di trovare fondamento.
4. - Considerazioni preliminari sulla materia "turismo".
Nella denegata ipotesi in cui questa Ecc.ma Corte non ritenesse
diaccogliere le censure appena esposte, con conseguente dichiarazione
di illlegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 1, del decreto
impugnato e dell'intero Allegato 1 recante il "Codice della normativa
statale in tema di ordinamento e mercato del turismo", la Regione
Puglia solleva, in via subordinata, alcune questioni di legittimita'
costituzionale in relazione a singole disposizioni del Codice, in
quanto invasive delle competenze legislative o amministrative
costituzionalmente attribuite alla Regione.
La ricorrente, tuttavia, ritiene opportuno far precedere
l'illustrazione di tali questioni di legittimita' costituzionale da
alcune considerazioni preliminari concernenti gli ambiti materiali
interessati dalle norme contenute nel Codice, ed in particolare da
quelle che in questa sede si contestano.
Al riguardo, occorre premettere, in linea generale, che la
materia "turismo", gia' espressamente contemplata nell'elenco delle
materie di competenza legislativa concorrente tra Stato e Regioni
contenuto nella versione originaria dell'art. 117 Cost., e' oggi
ricompresa, per unanime riconoscimento dottrinale e per uniforme
indirizzo della giurisprudenza costituzionale, nell'ambito della
potesta' legislativa regionale residuale individuata dall'art. 117,
quarto comma, cost. (cfr, ad es., le sentt. nn. 197 del 2003, par. 4
del Considerato in diritto; 214 del 2006, par. 8 del Considerato in
diritto; 88 del 200V, par. 4'del Considerato in diritto; 339 del
2007, par. 3 del Considerato in diritto; 94 del 2008, par. 5 del
Considerato in diritto; 76 del 2009, par. 2 del Considerato in
diritto; 16 del 2010, par. 6 del Considerato in diritto).
Tale rilievo consente di affermare, senza dubbio alcuno, che le
competenze normative regionali nella materia de qua debbono ritenersi
ampliate rispetto al sistema di riparto che caratterizzava il sistema
costituzionale fino alla riforma del 2001, non essendo piu' vincolate
al rispetto dei principi fondamentali della materia dettati dal
legislatore statale, come invece accadeva durante la vigenza del
testo originario dell'art. 117 Cost.
La Regione ricorrente non ritiene, tuttavia, che cio' escluda che
lo Stato disponga di titoli di legittimazione del proprio intervento,
anche nell'ambito della materia "turismo" o in materie ad essa
contigue.
In particolare, questi titoli possono essere individuati nei
seguenti.
A) In alcune delle c.d. "materie trasversali" contemplate
dall'art. 117, secondo comma, Cost., come ad esempio la "tutela della
concorrenza", il "coordinamento statistico e informativo", la
"determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti
i diritti civili e sociali che devono essere assicurati su tutto il
territorio nazionale".
B) Nella possibilita' - certamente concretizzatasi nella
normativa contenuta nel Codice - di avocare in sussidiarieta' al
livello statale funzioni amministrative che le Regioni risultino
inadeguate a svolgere, in considerazione dell'ambito valutativo
ultraregionale necessario a tal fine, nonche' di avocare
congiuntamente le correlative funzioni legislative. Proprio in
materia di "turismo" questa ipotesi e' stata ammessa, in relazione ad
importanti funzioni, dalla giurisprudenza costituzionale recente
(sentt. n. 76 del 2009, n. 88 del 2007 e n. 214 del 2006). Come si
mostrera' piu' avanti, tuttavia, la "avocazione in sussidiarieta'"
che lo Stato ha operato con il Codice in diverse circostanze non
rispetta affatto lo "statuto" di tale istituto che questa Corte ha
elaborato nella sua giurisprudenza ormai consolidata (oltre alle ben
note sentt. n. 303 del 2003 e 6 del 2004, in questa sede si possono
richiamare le piu' recenti sentt. nn. 165 e 33 del 2011, nonche' 278
e 121 del 2010) e per questa ragione essa deve, in tali casi, essere
ritenuta incostituzionale.
C) Nella possibilita' per lo Stato di disciplinare, esercitando
la propria competenza legislativa esclusiva, oggetti che si pongono
in stretta correlazione con la materia "turismo" (e/o hanno una
indubbia influenza sulle attivita' che ad esso devono essere
riferite), ma che sono essenzialmente differenti dalla medesima:
l'esempio piu' importante e' senz'altro quello dell'ordinamento
civile", nel quale certamente ricadono numerose disposizioni del
Codice, come ad esempio l'intero Titolo VI contenente la disciplina
dei contratti (artt. 32-53), ma deve essere menzionato anche quello
delle "professioni".
In sintesi, la circostanza secondo la quale la materia "turismo"
sia affidata alla competenza residuale regionale non esclude la
possibilita', per lo Stato, di incidere con proprie discipline
legislative su tale settore o su settori contigui. E cio' certamente
e' accaduto nel presente caso.
Tuttavia, deve essere evidenziato che questa considerazione non
esclude cio' che si affermava all'inizio: e cioe' che le competenze
regionali in materia siano notevolmente aumentate rispetto al 2001,
essendo oggi del tutto precluso allo Stato di dettare una "normativa
quadro" generale sul turismo, contenente norme di principio destinate
ad essere attuate dalle Regioni, come invece accadeva prima della
riforma costituzionale del 2001. Tale rilievo e' importante, poiche'
sembra invece che lo Stato si sia mosso esattamente in tale ottica:
ossia riproponendo il meccanismo delle "leggi quadro sul turismo" che
caratterizzavano questa materia fino a tale riforma. E proprio a tale
specifico riguardo, puo' essere interessante ricordare le parole con
le quali questa Corte ha significativamente dichiarato
l'inammissibilita' delle questioni a suo tempo proposte dalle Regioni
nei confronti dell'ultima di tali "leggi-quadro", ossia la legge 29
marzo 2001, n. 135 (Riforma della legislazione nazionale del
turismo): «4 decorrere dall'entrata in vigore del nuovo Titolo V
della Costituzione, le regioni ben possono esercitare in materia di
turismo tutte quelle attribuzioni di cui ritengano di essere
titolari, approvando una disciplina legislativa, che puo' anche
essere sostitutiva di quella statale (cfr. sentenza n. 510 del 2002),
fatto naturalmente salvo il potere governativo di ricorso previsto
dall'art. 127 della Costituzione» (sent. n. 197 del 2003, par. 4 del
Considerato in diritto).
Le Regioni - come ha di recente notato la dottrina (cfr. P.
Sabbioni, Il codice della normativa statale in materia di turismo,
ovvero: ma a cosa e' servita la riforma del criterio di riparto della
potesta' legislativa tra lo Stato e le Regioni?, in
forumcostituzionale.it, par. 1) - si sono in effetti "appropriate"
dello spazio normativo che compete loro, sulla scorta delle
indicazioni che la Corte costituzionale a fornito nella sentenza
appena citata. Solo che, con il nuovo Codice, il legislatore statale
ha portato le lancette dell'orologio indietro di dieci anni, a prima
dell'entrata in vigore della legge cost. n. 3 del 2001, proponendo
nella sostanza una nuova "legge-quadro" ormai pero' "fuori tempo
massimo". Come e' stato osservato, infatti, «la vicenda» del Codice
del turismo, il quale «rappresenta un'indubbia forzatura degli
orientamenti fino ad ora espressi dalla Corte costituzionale circa il
criterio di riparto della potesta' legislativa e la clausola della
"chiamata in sussidiarieta'"» , «e' (. . .) emblematica
dell'arretramento dell'autonomia legislativa regionale, nel volgere
di pochi anni, dalla riforma del titolo V della seconda parte della
Costituzione», a tal punto da far considerare l'atto normativo in
questione come il frutto di una operazione volta a «riattribuire allo
Stato una generale potesta' normativa della materia» (cosi' P.
Sabbioni, op. cit., par. 4).
In conseguenza di tutto cio', non e' difficile affermare che il
Codice sia costruito con un impianto essenzialmente diatonico
rispetto all'attuale assetto costituzionale delle competenze.
Cio' non consente, evidentemente, di ritenerlo integralmente
incostituzionale per tutti i suoi contenuti, proprio perche', come si
e' evidenziato, esistono numerosi titoli che legittimano l'intervento
della legge statale. E' pero' certamente possibile individuare
numerosi possibili profili di illegittimita' costituzionale per
violazione delle attribuzioni spettanti alle Regioni: e cio' e'
quanto la Regione Puglia intende argomentare in relazione alle
specifiche disposizioni di seguito censurate. 5. - Illegittimita'
costituzionale dell'art. 2, comma 2, dell'Allegato 1 (Codice della
normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo) al
d.lgs. n. 79 del 2011, per violazione dell'art. 117, quarto comma, e
dell'art. 118, primo comma, Cost.
5.1. - La disposizione in questione cosi' stabilisce:
«L'intervento legislativo dello Stato in materia di turismo e',
altresi', consentito quando sussistono le seguenti esigenze di
carattere unitario: a) valorizzazione, sviluppo e competitivita', a
livello interno ed internazionale, del settore turistico quale
fondamentale risorsa del Paese; b) riordino e unitarieta'
dell'offerta turistica italiana».
Non possono essere nutriti seri dubbi sulla ascrivibilita' di
tale previsione alla materia "turismo", secondo quanto esposto piu'
sopra.
L'illegittimita' costituzionale della medesima deriva - come si
mostrera' - dalla circostanza secondo la quale lo Stato ha con essa
preteso di esercitare titoli di intervento in tale materia senza che
ne sussistessero i presupposti, e comunque senza rispettare le
condizioni legittimanti individuate dalla giurisprudenza
costituzionale.
5.2. - L'art. 2, comma 2, del Codice individua in astratto alcune
«esigenze di carattere unitario» in materia di turismo che
costituirebbero fondamento della potesta' legislativa dello Stato.
Questa disposizione e' incostituzionale per le seguenti ragioni.
Vertendosi nell'ambito della materia "turismo", la norma difetta
di un qualsiasi titolo di legittimazione reperibile nell'art. 117,
commi secondo e terzo, cost. Ne', del resto, e' possibile ritenere
che tale titolo di legittimazione possa essere individuato nell'art.
118, primo comma, Cost., e nel connesso istituto della c.d.
"sussidiarieta' legislativa".
Da questo punto di vista, e' necessario, innanzi tutto,
considerare che la disciplina qui contestata pretende di avocare in
sussidiarieta' allo Stato, in una materia residuale regionale,
direttamente funzioni legislative, senza che cio' sia connesso con la
avocazione di funzioni amministrative al cui svolgimento le Regioni
debbano ritenersi inadeguate. Cio' contrariamente al fondamento
costituzionale della avocazione in sussidiarieta' che - per uniforme
e costante riconoscimento giurisprudenziale - e' collocabile
nell'art. 118, primo comma, Cost., concernente, per l'appunto, le
funzioni amministrative.
Al riguardo, e' possibile evocare, per tutte, le "sentenze
capofila" della c.d."sussidiarieta' legislativa", che hanno
evidenziato al di la' di ogni possibile dubbio come tale fenomeno,
essendo legittimato dall'art. 118, primo comma, Cost., si giustifica
solo ed esclusivamente ove sussista la inadeguatezza regionale
all'esercizio delle funzioni amministrative, e - in conseguenza di
cio' - lo Stato avochi a se stesso queste ultime, congiuntamente
all'esercizio della funzione legislativa nella misura strettamente
necessaria a disciplinarle.
Quanto evidenziato risulta chiaramente, ad esempio, dalla ormai
"celebre" sent. n. 303 del 2003, secondo la quale l'«art. 118, primo
comma, cost. (...) si riferisce esplicitamente alle funzioni
amministrative, ma introduce per queste un meccanismo dinamico che
finisce col rendere meno rigida, come si chiarira' subito appresso,
la stessa distribuzione delle competenze legislative, la' dove
prevede che le funzioni amministrative, generalmente attribuite ai
Comuni, possano essere allocate ad un livello di governo diverso per
assicurarne l'esercizio unitario, sulla base dei principi di
sussidiarieta', differenziazione ed adeguatezza». E infatti «e' (...)
coerente con la matrice teorica e con il significato pratico della
sussidiarieta' che essa agisca come subsidium quando un livello di
governo sia inadeguato alle finalita' che si intenda raggiungere; ma
se ne e' comprovata un'attitudine ascensionale deve allora
concludersi che, quando l'istanza di esercizio unitario trascende
anche l'ambito regionale, la funzione amministrativa puo' essere
esercitata dallo Stato». Di qui l'ulteriore considerazione secondo la
quale «cio' non puo' restare senza conseguenze sull'esercizio della
funzione legislativa, giacche' il principio di legalita', il quale
impone che anche le funzioni assunte per sussidiarieta' siano
organizzate e regolate dalla legge, conduce logicamente ad escludere
che le singole Regioni, con discipline differenziate, possano
organizzare e regolare funzioni amministrative attratte a livello
nazionale e ad affermare che solo la legge statale possa attendere a
un compito siffatto» (par. 2.1. del Considerato in diritto).
Anche la successiva sent. n. 6 del 2004, del resto, e' assai
chiara al riguardo: «Il problema della competenza legislativa dello
Stato non puo' essere risolto esclusivamente alla luce dell'art. 117
cost. E' infatti indispensabile una ricostruzione che tenga conto
dell'esercizio del potere legislativo di allocazione delle funzioni
amministrative secondo i principi di sussidiarieta', differenziazione
ed adeguatezza di cui al primo comma dell'art. 118 Cost.,
conformemente a quanto gia' questa Corte ha ritenuto possibile nel
nuovo assetto costituzionale (dr. sentenza 303 del 2003,)». In
conseguenza di cio', per giudicare della legittimita' costituzionale
della disciplina oggetto di quel giudizio (ma - ovviamente - anche
del presente giudizio), secondo la sent. n. 6 del 2004, «e'
necessario non gia' considerarne la conformita' rispetto all'art. 117
Cost., bensi' valutarne la rispondenza da un lato ai criteri indicati
dall'art. 118 cost. per la allocazione e la disciplina delle funzioni
amministrative (...), dall'altro al principio di leale
collaborazione» (par. 6 del Considerato in diritto).
In sintesi, secondo la giurisprudenza di questa Corte, l'istituto
della "chiamata in sussidiarieta'" della funzione legislativa e'
inestricabilmente connesso alla "chiamata in'sussidiarieta'" della
funzione amministrativa, ed e' "servente" rispetto alla medesima. E
cio' per una ragione ben precisa. Come e' noto, il riparto della
funzione legislativa e' regolato dalla nostra Costituzione mediante
un criterio materiale, e non mediante il criterio, di matrice
funzionalista, del principio di sussidiarieta'. Quest'ultimo, invece,
e' previsto esplicitamente solo per il riparto della funzione
amministrativa, e solo implicitamente, per consentire a quest'ultima
di ascendere fino al livello statale pur nelle materie diverse da
quelle previste dal secondo comma dell'art. 117 per la funzione
legislativa.
In base a tali affermazioni, non puo' che concludersi nel senso
della assoluta e radicale incostituzionalita' della avocazione in
sussidiarieta' allo Stato della sola funzione legislativa: tale
circostanza, infatti, mostra chiaramente che manca, per
riconoscimento (implicito, ma evidente) della stessa legislazione
statale, il presupposto della inadeguatezza del livello regionale
allo svolgimento di una funzione amministrativa. In conseguenza di
cio', appare altrettanto evidente la impossibilita' nel caso di
specie di invocare - quale parametro costituzionale in grado di
costituire il legittimo fondamento della disposizione impugnata -
l'art. 118, primo comma, Cost.: l'unico, come si e' visto, idoneo a
giustificare la "avocazione in sussidiarieta'" della funzione
legislativa, al di la' degli ambiti materiali indicati dall'art. 117,
secondo comma, Cost.
Al riguardo, si deve osservare, peraltro, che a "salvare" da
questo vizio la norma qui censurata non puo' certo valere il comma 3
del medesimo art. 2, ai sensi del quale «le funzioni amministrative,
esercitate dallo Stato di cui ai commi 1 e 2, sono attribuite al
Presidente del Consiglio dei Ministri o al Ministro delegato»,
poiche' tali funzioni non sono identificate e, inoltre, sono
meramente eventuali, nel senso che la avocazione della funzione
legislativa di cui al comma 2 e' destinata a realizzarsi, ai sensi
del medesimo, anche ove non vi siano funzioni amministrative
corrispondenti.
A tali considerazioni se ne puo' aggiungere una ulteriore.
La giurisprudenza costituzionale che ha ammesso la c.d. "chiamata
in sussidiarieta'" all'interno di ambiti materiali diversi da quelli
di competenza legislativa esclusiva statale ha affermato che cio'
puo' avvenire in relazione a specifiche e definite funzioni: cio' che
non avviene nel caso di specie, poiche' la norma si limita ad
individuare obiettivi generali, destinati ad essere perseguiti
mediante norme legislative, realizzando cosi' una generale e
indiscriminata avocazione in astratto di funzioni legislative, in
luogo della sua "chiamata" in riferimento a specifici oggetti e
compiti. In conclusione, l'art. 2, comma 2, del Codice e'
incostituzionale sia perche' pretende di realizzare una avocazione in
sussidiarieta' direttamente della sola funzione legislativa, sia
perche' cio' avviene non in relazione a singoli e specifici compiti
rispetto ai quali le Regioni debbano ritenersi inadeguate, ma in
relazione a finalita' ed obiettivi astratti e generalissimi, per non
dire del tutto generici.
6. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 8, comma 2,
dell'Allegato 1 (Codice della normativa statale in tema di
ordinamento e mercato del turismo) al d.s. n. 79 del 2011, in quanto
contenenti una disciplina che accede alla materia del "commercio", o,
in subordine, a quella del "turismo", per violazione dell'art. 117,
quarto comma, Cost.
6.1 - La disposizione in esame prevede quanto segue: «Per
attivita' ricettiva si intende l'attivita' diretta alla produzione di
servizi per l'ospitalita' esercitata nelle strutture ricettive.
Nell'ambito di tale attivita' rientra altresi', unitamente alla
prestazione del servizio ricettivo, la somministrazione di alimenti e
bevande alle persone alloggiate, ai loro ospiti ed a coloro che sono
ospitati nella struttura ricettiva in occasione di manifestazioni e
convegni organizzati, nonche' la fornitura di giornali, riviste,
pellicole per uso fotografico e di registrazione audiovisiva o
strumenti informatici, cartoline e francobolli alle persone
alloggiate, nonche' la gestione, ad uso esclusivo di dette persone,
attrezzature e strutture a carattere ricreativo, per le quali e'
fatta salva la vigente disciplina in materia di sicurezza. Nella
licenza di esercizio di attivita' ricettiva e' ricompresa anche la
licenza per la somministrazione di alimenti e bevande per le persone
non alloggiate nella struttura nonche', nel rispetto dei requisiti
previsti dalla normativa vigente, per le attivita' legate al
benessere della persona o all'organizzazione congressuale».
Il primo periodo contiene una definizione di "attivita'
ricettiva", evidenziando come, con tale espressione, debba intendersi
«l'attivita' diretta alla produzione di servizi per l'ospitalita'
esercitata nelle strutture ricettive». Considerata in se' e per se'
tale definizione non e' da ritenere incostituzionale, poiche' e'
necessario individuare a che fini essa e' posta dal legislatore
statale. Cio' - nel caso di specie - emerge dai successivi periodi
della disposizione. Essi, infatti, sono volti a specificare quali
attivita' accessorie sono ricomprese nella licenza di esercizio di
attivita' ricettiva, individuandole nella fornitura di generi di
varia natura, nonche' nella somministrazione di alimenti e bevande.
6.2. - Alla luce di questa considerazione, e' agevole rendersi
conto che la norma in questione regola gli effetti derivanti
dall'ottenimento di' una licenza all'esercizio di attivita'
ricettiva, individuandoli peraltro nel congiunto e automatico
ottenimento della possibilita' di' fornire beni e servizi di varia
natura, nonche' di somministrare alimenti e bevande.
Non e' necessaria altra argomentazione per dimostrare che la
disciplina qui considerata invade palesemente la competenza
legislativa regionale residuale nella materia del "commercio" senza
poter trovare supporto in alcuno dei titoli di legittimazione del
legislatore statale, violando cosi' l'art. 117, quarto comma, Cost.
6.3. - L'argomentazione appena proposta e' fondata sulla
riconduzione della disciplina in esame all'ambito materiale del
"commercio", spettante alla competenza residuale regionale. Identiche
considerazioni, tuttavia, varrebbero ovviamente anche ove questa
Corte ritenesse che, nel caso di specie, debbano considerarsi
prevalenti i profili attinenti alla materia del "turismo", anch'essa
ascrivibile all'ambito della "residualita' regionale" ex art. 117,
quarto comma, Cost.
7. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 16, commi 1 e 2,
nonche' dell'art. 21, commi 1, 2 e 3, dell'Allegato 1 (Codice della
normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo) al
d.lgs. n. 79 del 2011, per violazione dell'art. 117, quarto comma,
Cost.
7.1. - Le disposizioni in questione prevedono che siano
assoggettati a Segnalazione certificata di inizio attivita' (SCIA)
l'avvio e l'esercizio delle strutture turistico-ricettive (art. 16) e
l'apertura, il trasferimento e le modifiche concernenti
l'operativita' delle agenzie di viaggi e turismo (art. 21).
La SCIA e' disciplinata dal testo attualmente in vigore dell'art.
19 della legge n. 241 del 1990, il quale cosi' prevede: «1. Ogni atto
di autorizzazione, licenza, concessione non costitutiva, permesso o
nulla osta comunque denominato, comprese le domande per le iscrizioni
in albi o ruoli richieste per l'esercizio di attivita'
imprenditoriale, commerciale o artigianale il cui rilascio dipenda
esclusivamente dall'accertamento di requisiti e presupposti richiesti
dalla legge o da atti amministrativi a contenuto generale, e non sia
previsto alcun limite o contingente complessivo o specifici strumenti
di programmazione settoriale per il rilascio degli atti stessi, e'
sostituito da una segnalazione dell'interessato, con la sola
esclusione dei casi in cui sussistano vincoli ambientali,
paesaggistici o culturali e degli atti rilasciati dalle
amministrazioni preposte alla sa nazionale, alla pubblica sicurezza,
all'immigrazione, all'asilo, alla cittadinanza, all'amministrazione
della giustizia, all'amministrazione delle finanze, ivi compresi gli
atti concernenti le reti di acquisizione del gettito, anche derivante
dal gioco, nonche' di quelli previsti dalla normativa per le
costruzioni in zone sismiche e di quelli imposti
dalla'normativa'comunitaria. La segnalazione e' corredata dalle
dichiarazioni sostitutive di certificazioni e dell'atto di notorieta'
per quanto riguarda tutti gli stati, le qualita' personali e i fatti
previsti negli articoli 46 e 47 del testo unico di cui al decreto del
Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, nonche' dalle
attestazioni e asseverazioni di tecnici abilitati, ovvero dalle
dichiarazioni di conformita' da parte dell'Agenzia delle imprese di
cui all'articolo 38, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n.
112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n.
133, relative alla sussistenza dei requisiti e dei presupposti di cui
al primo periodo; tali attestazioni e asseverazioni sono corredate
dagli elaborati tecnici necessari per consentire le verifiche di
competenza dell'amministrazione. Nei casi in cui la legge prevede
facquisizione di pareri di organi o enti appositi, ovvero
l'esecuzione di verifiche preventive, essi sono comunque sostituiti
dalle autocertificazioni, attestazioni e asseverazioni o
certificazioni di cui al presente comma, salve le verifiche
successive degli organi e delle amministrazioni competenti. La
segnalazione, corredata delle dichiarazioni, attestazioni e
asseverazioni nonche' dei relativi elaborati tecnici, puo' essere
presentata mediante posta raccomandata con avviso di ricevimento, ad
eccezione dei procedimenti per cui e' previsto l'utilizzo esclusivo
della modalita' telematica; in tal caso la segnalazione si' considera
presentata al momento della ricezione da parte dell'amministrazione;
2. L'attivita' oggetto della segnalazione puo' essere iniziata dalla
data della presentazione della segnalazione all'amministrazione
competente. - 3. L'amministrazione competente, in caso di accertata
carenza dei requisiti e dei presupposti di cui al comma 1, nel
termine di sessanta giorni dal ricevimento della segnalazione di cui
al medesimo comma, adotta motivati provvedimenti di divieto di
prosecuzione dell'attivita' e di rimozione degli eventuali effetti
dannosi di essa, salvo che, ove cio' sia possibile, l'interessato
provveda a conformare alla normativa vigente detta attivita' ed i
suoi effetti entro un termine fissato dall'amministrazione, in ogni
caso non inferiore a trenta giorni. E' fatto comunque salvo il potere
dell'amministrazione competente di assumere determinazioni in via di
autotutela, ai sensi degli articoli 21-quinquies e 21-nonies. In caso
di dichiarazioni sostitutive di certcazione e dell'atto di notorieta'
false o mendaci, l'amministrazione, ferma restando l'applicazione
delle sanzioni penali di cui al comma 6, nonche' di quelle di cui al
capo VI del testo unico di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, puo' sempre e in ogni tempo
adottare i provvedimenti di cui al primo periodo. - 4. Decorso il
termine per l'adozione dei provvedimenti di cui al primo periodo del
comma 3, all'amministrazione e' consentito intervenire solo in
presenza del pericolo di un danno per il patrimonio artistico e
culturale, per l'ambiente, per la salute, per la sicurezza pubblica o
la difesa nazionale e previo motivato accertamento
dell'impossibilita' di' tutelare comunque tali interessi mediante
conformazione dell'attivita' dei privati alla normativa vigente. -
4-bis. Il presente articolo non si applica alle attivita' economiche
a prevalente carattere finanziario, ivi comprese quelle regolate dal
testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di al
decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e dal testo unico in
materia di interrnediazione finanziarla di cui al decreto legislativo
24 febbraio 1998, n. 58. - 5. [abrogato]. - 6. Ove il fatto non
costituisca piu' grave reato, chiunque, nelle dichiarazioni o
attestazioni o asseverazioni che corredano la segnalazione di inizio
attivita', dichiara o attesta falsamente l'esistenza dei requisiti o
dei presupposti di cui al comma 1 e' punito con la reclusione da uno
a tre anni. - 6-bis. Nei casi di Scia in materia edilizia, il termine
di sessanta giorni di cui al primo periodo del comma 3 e' ridotto a
trenta giorni. Fatta salva l'applicazione delle dilposizioni di cui
al comma 6, restano altresi' ferme le disposizioni relative alla
vigilanza sull'attivita' urbanistico-edilizia, alle responsabilita' e
alle sanzioni previste dal decreto del Presidente della Repubblica 6
giugno 2001, n. 380, e dalle leggi regionali».
7.2. - L'applicazione di tale normativa alle attivita' sopra
indicate contrasta con l'art. 117, quarto comma, Cost., per le
seguenti ragioni.
Lo Stato non ha alcun titolo per imporre l'applicazione della
SCIA anche ai procedimenti amministrativi che devono essere esplicati
nelle materie di competenza residuale regionale. Ed e' evidente che
tale situazione ricorre precisamente nel caso di specie, poiche' le
attivita' turistico-ricettive e quella di agenzia di viaggi e turismo
ricadono evidentemente nell'ambito della materia del "turismo" o, al
piu', nell'ambito della materia "commercio", entrambe pacificamente
ascritte alla competenza legislativa residuale regionale.
Il titolo dell'intervento statale, peraltro, non puo' essere
individuato in alcun modo nelle materie di cui all'art. 117, secondo
comma, Cost.
In particolare, la normativa in questione non puo' ricondursi
alla materia della "tutela della concorrenza", poiche' disciplina le
relazioni tra gli operatori economici e la pubblica amministrazione,
senza che cio' possa in alcun modo incidere sulle relazioni tra gli
operatori economici. In altre parole, anche ammettendo l'ipotesi
secondo la quale norme che regolino relazioni tra operatori e
pubblici poteri possano essere ricomprese nell'ambito dell'art. 117,
secondo comma, lett. e), Cost., cio' potrebbe verificarsi solo in
quanto tali previsioni siano dirette ad incrementare la concorrenza
esistente. Cio' non accade in alcun modo nel caso in questione, posto
che la disciplina censurata ha unicamente una funzione di
semplificazione amministrativa.
Inoltre, le disposizioni qui considerate non possono neppure
essere ricondotte alla materia della "determinazione dei livelli
essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali".
Cio' in quanto non e' certo pensabile che la citata disposizione
costituzionale possa essere intesa nel senso di' qualificare
"prestazione" qualunque attivita' amministrativa con la quale entri
in contatto il'cittadino, poiche' altrimenti si giungerebbe a
configurare un generalissimo titolo di intervento della legislazione
statale su tutta l'attivita' amministrativa regionale e locale.
Viceversa, come la stessa giurisprudenza costituzionale ha avuto modo
di evidenziare (cfr. la sent. n. 398 del 2006), l'attivita'
amministrativa puo' assurgere alla qualifica di "prestazione" della
quale lo Stato e' competente a fissare un "livello essenziale"
soltanto a fronte di uno specifico "diritto" di individui, imprese,
operatori economici ed, in generale, soggetti privati. In questo
senso, del resto, e' di recente intervenuta la sent. n. 232 del 2011,
nella quale questa Corte ha affermato che il titolo dei "livelli
essenziali delle prestazioni" «non puo' essere invocato se non in
relazione a specifiche prestazioni delle quali la normativa statale
definisca il livello essenziale di erogazione (sentenze n. 383 e n.
285 del 2005), mediante la determinazione dei relativi standard
strutturali e qualitativi, da garantire agli aventi diritto su tutto
il territorio nazionale in quanto concernenti il soddiffacimento di
diritti civili e sociali tutelati dalla Costituzione stessa» (par.
5.2. del Considerato in diritto).
Ne', d'altra parte, una eventuale qualificazione delle
disposizioni de qua come principi fondamentali (peraltro
implausibile, visto che esse non offrono alcun "margine di manovra"
ai legislatori regionali) varrebbe allo scopo, poiche', come e' noto,
la competenza regionale residuale non e' vincolata da questo tipo di
norme statali.
In definitiva, non puo' che concludersi che gli artt. 16, commi 1
e 2, e l'art. 21, commi 1, 2 e 3, rendendo applicabile la disciplina
della SCIA a procedimenti amministrativi ricadenti nell'ambito di
materie di competenza residuale regionale in assenza di qualunque
titolo di' intervento in capo al legislatore statale, violano l'art.
117, quarto comma, Cost.
8. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 20, comma 2,
dell'Allegato 1 (Codice della normativa statale in tema di
ordinamento e mercato del turismo) al d.lgs. n. 79 del 2011, per
violazione dell'art. 117, quarto comma, Cost.
8.1. - La disposizione in questione stabilisce che «l'apertura di
filiali, succursali e altri punti vendita di' agenzie gia'
legittimate ad operare non richiede la nomina di un direttore tecnico
per ciascun punto di erogazione del servizio».
Si' tratta di' una norma posta dallo Stato nell'ambito della
materia del "turismo" o, al piu', nell'ambito della materia
"commercio", entrambe di competenza residuale regionale, in assenza
di qualunque titolo di legittimazione contenuto nell'art. 117, commi
secondo e terzo, cost. o in altre disposizioni costituzionali.
Per questa ragione essa viola palesemente l'art. 117, quarto
comma, Cost., senza che occorra spendersi in particolari
argomentazioni ulteriori.
9. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 23, comma 1,
dell'Allegato 1 (Codice della normativa statale in tema di
ordinamento e mercato del turismo) al d.lgs. n. 79 del 2011, per
violazione dell'art. 117, quarto comma, e dell'art. 118, primo comma,
Cost.
9.1. - L'art. 23, al comma 1, definisce i "sistemi turistici
locali", evidenziando come con tale espressione si debba fare
riferimento ai «contesti turistici omogenei o integrati, comprendenti
ambiti territoriali appartenenti anche a regioni diverse,
caratterizzati dall'offerta integrata di beni culturali, ambientali e
di attrazioni turistiche, compresi i prodotti tipici dell'agricoltura
e dell'artigianato locale, o dalla presenza diffusa di imprese
turistiche singole o associate».
I fini in vista dei quali la definizione e' posta sono reperibili
nei commi successivi del medesimo art. 23.
Il comma 2 prevede, infatti, che «gli enti locali o soggetti
privati, singoli o associati, promuovono i sistemi turistici locali
attraverso forme di concertazione con gli enti funzionali, con le
associazioni di categoria che concorrono alla formazione dell'offerta
turistica, nonche' con i soggetti pubblici e privati interessati»; il
comma 3, a sua volta, dispone che «nell'ambito delle proprie funzioni
di programmazione e per favorire l'integrazione tra politiche del
turismo e politiche di governo del territorio e di sviluppo
economico, le regioni provvedono, ai sensi del capo V del titolo IL
della parte I del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti
locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e del
titolo IL, capo ILI, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, a
riconoscere i sistemi turistici locali di cui al presente articolo».
9.2. - L'art. 23, comma 1, del Codice pone una normativa in totale
carenza di un titolo atto a fondare la potesta' legislativa dello
Stato, in violazione degli artt. 117, quarto comma, e 118, primo
comma, Cost.
In particolare, deve notarsi che la materia interessata e',
evidentemente, quella del "turismo" dal momento che la disciplina qui
contestata e' volta a promuovere l'offerta turistica, nonche'
l'integrazione delle politiche del turismo con altre politiche
regionali.
Peraltro, ove fosse considerata isolatamente, la disposizione
definitoria che qui si impugna risulterebbe sostanzialmente "neutra",
dal momento che solo i fini in vista dei quali essa e' concretamente
dettata possono consentirne la riconducibilita' ad una materia
piuttosto che ad un'altra. Nel caso di specie, i fini, come si e'
mostrato piu' sopra, sono posti dai commi 2 e 3 dell'articolo in
esame, i quali, per quel che qui interessa, hanno due caratteristiche
che devono essere illustrate.
La prima e' che disciplinano attivita' promozionali dell'offerta
turistica. La seconda e' che tale disciplina e' meramente ricognitiva
di disposizioni esistenti.
Da queste due caratteristiche derivano altrettante conseguenze.
Dalla prima deriva la conferma che l'ambito materiale interessato
dalla disposizione impugnata non puo' che essere quello del
"turismo". La definizione dei' "sistemi turistici locali" dettata dal
legislatore statale, dunque, non e' affatto "neutra", bensi' e'
espressamente finalizzata ad incidere sulla materia "turismo",
pretendendo di vincolare, in tal modo, l'esercizio della potesta'
legislativa spettante alle Regioni.
Dalla seconda deriva invece che tale definizione, inserendosi in
un contesto di attivita' gia' disciplinate o esercitate - in base
alla normativa vigente e a scopi promozionali dell'offerta turistica
- dalle Regioni, determina una significativa compressione
dell'autonomia costituzionale di queste ultime, poiche' esse sono
costrette a far riferimento ad una nozione di "sistema turistico
locale" eteroimposta anziche' ad una nozione elaborata autonomamente,
come invece accadrebbe ove questa Corte si risolvesse nel senso di
ritenere fondata la presente questione di legittimita'
costituzionale, espungendo dall'ordinamento l'art. 23, comma 1, del
Codice e lasciando, viceversa, inalterate le norme meramente
ricognitive dell'esistente contenute nei commi 2 e 3 del medesimo
articolo.
Non c'e' bisogno di molto altro per mostrare l'invasione da parte
della norma impugnata, dell'art. 117, quarto comma, Cost.
E' infatti sufficiente evidenziare che la definizione dei
"sistemi turistici locali" che il legislatore statale ha preteso di
imporre con la norma in esame non possa ritenersi legittimata neanche
dal meccanismo della c.d. "sussidiarieta' legislativa", che lo Stato
potrebbe senz'altro utilizzare in attuazione dell'art. 118, primo
comma, Cost., dal momento che non possono in alcun modo ritenersi
sussistenti, nel caso di specie, le condizioni in presenza delle
quali la giurisprudenza di questa Corte ha ritenuto
costituzionalmente legittima la avocazione in sussidiarieta' da parte
dello Stato.
Al riguardo, e' infatti necessario considerare che, innanzi
tutto, tale avocazione, essendo legittimata dall'art. 118, primo
comma, cost. e dal principio di sussidiarieta' in esso contenuto,
dovrebbe avere ad oggetto le funzioni amministrative e potrebbe
estendersi alla funzione legislativa soltanto limitatamente a cio'
che risultasse necessario per disciplinare le prime. Sul punto ci si
e' gia' soffermati piu' sopra, al precedente par. 5.2, richiamando
anche la principale giurisprudenza costituzionale in tema. A tale
paragrafo, dunque, si puo' fare comodamente rinvio. Qui ci si limita
a mai, ricordare come mai, in nessun caso, l'istituto della
"sussidiarieta' legislativa" puo' riguardare la sola funzione
legislativa. Deve trattarsi, viceversa, di circostanze in presenza
delle quali i livelli regionali di governo devono ritenersi
inadeguati allo svolgimento di una determinata funzione
amministrativa: e solo in conseguenza di tale inadeguatezza, lo Stato
puo' avocare la funzione legislativa per allocare a se stesso tale
funzione amministrativa, e comunque soltanto per dettarne la relativa
disciplina, secondo il principio di proporzionalita' (per una
applicazione di tale principio proprio alla avocazione in
sussidiarieta' nella materia del turismo, cfr. la sent. n. 214 del
2006, par. 8 del Considerato in diritto).
A fronte di tutto cio', invece, la normativa considerata pretende
di dettare direttamente ed esclusivamente la definizione dei "sistemi
turistici locali", in totale assenza della avocazione di funzioni
amministrative. Anzi, i commi 2 e 3 dell'art. 23 mostrano con
chiarezza che la definizione statale e' destinata ad operare mediante
attivita' amministrative delle Regioni e degli enti locali: risulta
cosi' provata in modo indiscutibile la insussistenza della necessita'
di allocare allo Stato funzioni amministrative concernenti i "sistemi
turistici locali" e, conseguentemente, la impossibilita' per il
legislatore statale di avocare a' se' la relativa funzione
legislativa.
L'istituto della "sussidiarieta' legislativa" non puo' soccorrere
nel fornire di legittimazione la disciplina contestata per una
ulteriore ragione.
La giurisprudenza di questa Corte che ha riconosciuto la
legittimita' costituzionale della avocazione in sussidiarieta', da
parte dello Stato, di funzioni in materia di turismo, infatti, ha
deciso in tal senso in considerazione della riscontrata sussistenza
di esigenze unitarie connesse alla promozione unitaria del sistema
turistico nazionale, soprattutto all'estero (cfr., ad es., la sent.
n. 214 del 2006, par. 9 del Considerato in diritto): funzione
rispetto alla quale l'ambito valutativo regionale non puo' che
ritenersi inadeguato.
Le norme qui prese in esame riguardano invece esplicitamente - ed
esclusivamente - i "sistemi turistici locali". Rispetto alle funzioni
ad essi sottese, dunque, livello, regionale non puo' certo essere
ritenuto inadeguato.
Del resto, anche la dottrina ha gia' rilevato la palese
incostituzionalita' della normativa che qui si contesta. Questa - e'
infatti stato detto - «contrasta(.) palesemente con il criterio
costituzionale di riparto della potesta' legislativa tra lo Stato e
le Regioni, giacche' neppure puo' essere invocato l'interesse
unitario per avocare allo Stato la disciplina di alcuni profili della
materia del turismo». Cio' in quanto «risulta del tutto contrastante
con l'odierno riparto della potesta' legislativa in materia di
turismo il citato art. 23 del nuovo codice che detta una disciplina
(.) relativamente all'organizzazione pubblica locale per lo sviluppo
turistico, tanto piu' in quanto pretende di stabilire le forme
attraverso cui le Regioni devono provvedere al riconoscimento dei
sistemi turistici locali»; si tratta, infatti, «della disciplina
relativa all'organizzazione e all'esercizio di servizi, funzioni e
compiti locali per i quali non si comprende a quale titolo lo Stato
avochi a se' una potesta' legislativa di cui non dispone, senza che
neppure venga in rilievo una qualche esigenza unitaria» (cosi' P.
Sabbioni, Il codice della normativa statale in materia di turismo,
cit., par. 3).
Per tutte queste ragioni, l'art. 23, comma 1, viola l'art. 117,
quarto comma, e l'art. 118, primo comma, Cost.
10. - Illegittimita', costituzionale dell'art. 24 dell'Allegato 1
(Codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del
turismo) al d.lgs. n. 79 del 2011, per violazione dell'art. 117,
commi terzo e quarto, e dell'art. 118, primo comma, Cost.
10.1. - La disposizione in questione prevede che «nel rispetto
dell'articolo 9 della Costituzione e del codice dei beni culturali e
del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42,
il Presidente del Consiglio dei Ministri o il Ministro delegato, di
concerto con il Ministro per i beni e le attivita' culturali,
promuove la realizzazione di iniziative turistiche finalizzate ad
incentivare la valorizzazione del patrimonio storico-artistico,
archeologico, architettonico e paesaggistico presente sul territorio
italiano, utilizzando le risorse umane e strumentali disponibili,
senza nuovi ed ulteriori oneri per la finanza pubblica».
Si tratta di una previsione che accede chiaramente alla materia
di potesta' legislativa concorrente "valorizzazione dei beni
culturali e ambientali, dal momento che essa attribuisce un potere ad
organi statali espressamente finalizzato ad incentivare proprio la
"valorizzazione" del patrimonio storico-artistico, archeologico,
architettonico e paesaggistico, cosi' realizzando una attrazione di
funzioni amministrative in capo allo Stato, in violazione degli artt.
117, terzo comma, e 118, primo comma, Cost.
A conclusioni pressoche' identiche si perverrebbe, comunque,
anche a voler ritenere prevalente il profilo "turistico" della
disciplina in esame, riconducendola pertanto alla relativa materia di
competenza legislativa regionale residuale di cui all'art. 117,
quarto comma, Cost.
10.2. - Trattandosi di una disciplina che alloca funzioni
amministrative al livello statale in una materia di competenza
concorrente (o residuale regionale), essa puo' ritenersi
costituzionalmente legittima solo a patto di rispettare il
"protocollo" della avocazione in sussidiarieta', cosi' come definito
dalla giurisprudenza costituzionale, sia nei suoi aspetti
sostanziali, che in quelli procedurali.
Nel caso che qui interessa, sia gli uni che gli altri sono stati
disattesi. Quanto ai primi (ai secondi si rivolgera' l'attenzione nel
prossimo par. 10.3), e' possibile Osservare quanto segue.
La giurisprudenza costituzionale ha in svariate occasioni
evidenziato come, «perche' nelle materie di cui all'art. 117, terzo e
quarto comma, Cost., una legge statale possa legittimamente
attribuire funzioni amministrative a livello centrale ed al tempo
stesso regolarne l'esercizio, e' necessario che essa innanzi tutto
rispetti i principi di sussidiarieta', differenziazione ed
adeguatezza nella allocazione delle funzioni amministrative,
rispondendo ad esigenze di esercizio unitario di tali funzioni. E'
necessario, inoltre, che tale legge detti una disciplina logicamente
pertinente, dunque idonea alla regolazione delle suddette funzioni, e
che risulti limitata a quanto strettamente indispensabile a tale
fine. Da ultimo, essa deve risultare adottata a seguito di procedure
che assicurino la partecipazione dei livelli di governo coinvolti
attraverso strumenti di leale collaborazione o, comunque, deve
prevedere adeguati meccanismi di cooperazione per l'esercizio
concreto delle funzioni amministrative allocate in capo agli organi
centrali.Quindi, con riferimento a quest'ultimo profilo, nella
perdurante assenza di una trasformazione delle istituzioni
parlamentari e, piu' in generale, dei procedimenti legislativi -
anche solo nei limiti di quanto previsto dall'art. 11 della legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della
parte seconda della Costituzione) - la legislazione statale di questo
tipo "puo' aspirare a superare il vaglio di legittimita'
costituzionale solo in presenza di una disciplina che prefiguri un
iter in cui assumano il dovuto risalto le attivita' concertative e di
coordinamento orizzontale, ovverosia le intese, che devono essere
condotte in base al principio di lealta'" (sentenza n. 303 del 2003)»
(sent. n. 6 del 2004, par. 7 del Considerato in diritto).
Da punto di vista sostanziale, nel caso di specie risulta
evidente come non sia stato rispettato il principio di
sussidiarieta': appare infatti davvero incongruo non ritenere
adeguati i livelli regionali di governo rispetto alla attivita' di
promozione di iniziative turistiche finalizzate ad incentivare la
valorizzazione del patrimonio storico-artistico, archeologico,
architettonico e paesaggistico presente nei territori di ciascuna
Regione. Alla Regione, dunque, non sfugge certo l'ambito entro il
quale devono essere compiute le valutazioni sottese alle attivita' in
questione. L'ambito territoriale coinvolto, infatti, e' - per
definizione - non ultraregionale. Viceversa, la giurisprudenza
costituzionale ha piu' volte evidenziato come presupposto per
l'avocazione in sussidiarieta' e' la circostanza che l'ambito
valutativo necessario all'espletamento della funzione oggetto della
avocazione sfugga al livello regionale: in questo senso, ad es., la
gia' citata sent. n. 6 del 2004, la quale ha ritenuto la normativa in
quel caso oggetto di scrutinio rispettosa del principio di
sussidiarieta' solo perche' «alle singole amministrazioni regionali -
che si volessero attributarie delle potesta' autorizzatorie
contemplate dalla disciplina impugnata - sfuggirebbe la valutazione
complessiva del fabbisogno nazionale di energia elettrica e
l'autonoma capacita' di assicurare il soddisfacimento di tale
fabbisogno» (par. 7 del Considerato in diritto). Analogamente si e'
espressa la sent. n. 242 del 2005, nella quale l'unica ragione che ha
consentito di ritenere conforme all'art. 118, primo comma, cost. la
disciplina impugnata e' stata individuata nella circostanza
«dell'esplicita finalizzazione del Fondo rotativo nazionale alla
crescita e allo sviluppo del tessuto produttivo nazionale, in quanto
per il raggiungimento di tale finalita' appare strutturalmente
inadeguato il livello regionale, al quale inevitabilmente sfugge una
valutazione d'insieme» (par. 7 del Considerato in diritto).
Applicando i principi desumibili da queste decisioni al caso che
ci occupa in questa sede, la soluzione e' obbligata: alla Regione non
sfugge certo la "valutazione d'insieme" necessaria per porre in
essere le attivita' di valorizzazione del patrimonio
storico-artistico, archeologico, architettonico e paesaggistico
presente sul territorio di ciascuna Regione. Non puo' ingannare,
peraltro, la circostanza secondo la quale la disposizione impugnata
si riferisce al patrimonio «presente sul territorio italiano»,
giacche':
a) evidentemente, il patrimonio esistente in ciascuna Regione
e' «presente sul territorio italiano», e - d'altra parte - tutto il
patrimonio esistente in ciascuna Regione rientra tra quello «presente
sul territorio italiano»: c'e' dunque una totale sovrapponibilita'
tra "patrimonio presente sul territorio italiano" e "patrimonio
presente sul territorio delle Regioni italiane";
b) l'espressione «presente sul territorio italiano», del
resto, non puo', in alcun modo, intendersi come riferita a beni "di
interesse nazionale", sia perche' essa evoca una dimensione puramente
spaziale e non valutativa, sia (e soprattutto) perche', come ha
chiarito gia' 4a tempo la giurisprudenza costituzionale, «nel nuovo
Titolo V l'equazione elementare interesse nazionale = competenza
statale, che nella prassi legislativa previgente sorreggeva
l'erosione delle funzioni amministrative e delle parallele funzioni
legislative delle Regioni, e' divenuta priva di ogni valore deontico,
giacche' l'interesse nazionale non costituisce piu' un limite, ne' di
legittimita', ne' di merito, alla competenza legislativa regionale»
(sent. n. 303 del 2003, par. 2.2 del Considerato in diritto).
c) per porre in essere attivita' di valorizzazione del
"patrimonio presente nelle Regioni italiane" non e' affatto
necessario, come invece accadeva nel caso della autorizzazione alla
realizzazione di grandi centrali termoelettriche volte a soddisfare
il fabbisogno nazionale (sent. n. 6 del 2004) o nel caso della
gestione del Fondo rotativo nazionale alla crescita e allo sviluppo
del tessuto produttivo nazionale (sent. n. 242 del 2005), che
l'ambito valutativo abbia dimensione ultraregionale. Tutt'altro: per
porre in essere attivita' di valorizzazione dei beni appartenenti al
"patrimonio" presente in ciascuna Regione non si ha bisogno di un
ambito valutativo ulteriore rispetto a quello regionale.
Per tutte queste ragioni, l'avocazione di tale funzione in capo
allo Stato contrasta con i principi di sussidiarieta' e adeguatezza
di cui all'art. 118, primo comma, Cost.
10.3. - Quanto appena esposto non esaurisce pero' i profili di
illegittimita' costituzionale della disposizione impugnata.
E' infatti necessario ritenere che - anche ove fossero
considerati sussistenti i requisiti sostanziali per l'avocazione in
sussidiarieta' della funzione - l'impugnato art. 24 del Codice non
soddisfa affatto i requisiti procedimentali individuati dalla
giurisprudenza costituzionale ormai consolidata perche' possa
legittimamente realizzarsi la "avocazione in sussidiarieta'" da parte
dello Stato. In particolare, la sent. n. 33 del 2011 e la sent. n.
278 del 2010 hanno affermato che e' «oramai principio acquisito nel
rapporto tra legislazione statale e legislazione regionale che
quest'ultima possa venire spogliata della propria capacita' di
disciplinare la funzione amministrativa attratta in sussidiarieta', a
condizione che cio' si accompagni alla previsione di un'intesa in
sede di esercizio della funzione, con cui poter recuperare
un'adeguata autonomia, che l'ordinamento riserva non gia' al sistema
regionale complessivamente inteso, quanto piuttosto alla specifica
Regione che sia stata privata di un proprio potere (sentenze n. 383 e
n. 62 del 2005, n. 6 del 2004 e n. 303 del 2003 > (cfr.,
rispettivamente, i parr. 13 e 6.1. del Considerato in diritto).
L'art. 24 qui impugnato, dunque, deve senz'altro ritenersi
incostituzionale poiche' non ha previsto che le funzioni ivi
disciplinate siano esercitate necessariamente previa intesa in sede
di Conferenza Stato-Regioni, qualora gli interventi abbiano carattere
"ultraregionale" o con la Regione direttamente interessata nel caso
di interventi limitati al territorio di una singola Regione.
Per tutti questi motivi, l'art. 24 del Codice della normativa
statale in tema di ordinamento e mercato del turismo viola gli artt.
117, terzo e quarto comma, e 118, primo comma, cost. Evidentemente,
peraltro, l'accoglimento della questione di costituzionalita'
proposta nel par. 10.2 condurrebbe alla declaratoria di
incostituzionalita' dell'intera disposizione impugnata, mentre
l'accoglimento della questione proposta nel presente paragrafo -
sollevata in via subordinata rispetto a quella del paragrafo
precedente - condurrebbe alla declaratoria di incostituzionalita'
dell'art. 24 del Codice nella parte in cui non prevede che le
funzioni ivi disciplinate siano esercitate necessariamente previa
intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni, qualora gli interventi
abbiano carattere "ultraregionale" o con la Regione direttamente
interessata nel caso di interventi limitati al territorio di una
singola Regione.
11. - Sintesi delle questioni proposte
11.1. - In chiusura del presente ricorso, la Regione Puglia
Ritiene opportuno, per maggiore chiarezza, offrire una sintetica
ricapitolazione delle questioni di legittimita' costituzionale
sottoposte al giudizio di questa Corte.
I) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 1, del d.lgs.
n. 79 del 2011, il quale approva l'intero "Codice della normativa
statale in tema di ordinamento e mercato del turismo" di cui
all'Allegato 1, per violazione:
degli artt. 76 e 77, primo comma, Cost., in relazione alla
lesione delle attribuzioni spettanti alle Regioni in base agli artt.
117, quarto comma, e 118, primo comma, Cost., in quanto il potere
legislativo del Governo e' stato esercitato: a) in assenza di delega
legislativa o al di fuori dell'ambito oggettivo da questa
individuato; b) comunque, sulla base di una norma di delega del tutto
priva della delimitazione dell'oggetto e carente anche in relazione
alla fissazione di adeguati principi e criteri direttivi per
l'esercizio del potere delegato.
II) (in via subordinata rispetto alla censura 1) Illegittimita'
costituzionale dell'art. 2, comma 2, dell'Allegato 1 (Codice della
normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo) al
d.lgs. n. 79 del 2011, per violazione:
dell'art. 117, quarto comma, e dell'art. 118, primo comma,
Cost., in quanto detta una disciplina statale in una materia di
competenza legislativa residuale regionale ("turismo"), non potendosi
neppure ritenere operante il titolo di legittimazione della
"sussidiarieta' legislativa", poiche' la norma impugnata: a) pretende
di avocare in sussidiarieta' direttamente funzioni legislative, senza
che la avocazione di queste ultime sia immediatamente connessa con la
avocazione di funzioni amministrative al cui svolgimento le Regioni
debbano ritenersi inadeguate; b) si limita ad individuare obiettivi
generali, destinati ad essere perseguiti mediante norme legislative,
realizzando cosi' una generale e indiscriminata avocazione di
funzione legislative, in luogo della sua "chiamata" in riferimento a
specifici oggetti e funzioni amministrative, secondo quanto invece
richiesto dalla giurisprudenza costituzionale.
III) (in via subordinata rispetto alla censura 1) Illegittimita'
costituzionale dell'art. 8, comma 2, dell'Allegato 1 (Codice della
normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo) al
d.lgs. n. 79 del 2011, per violazione:
dell'art. 117, quarto comma, Cost., in quanto, regolando gli
effetti derivanti dall'ottenimento di una licenza all'esercizio di
attivita' ricettiva, e individuandoli nel congiunto e automatico
ottenimento della possibilita' di fornire beni e servizi di varia
natura, nonche' di somministrare alimenti e bevande, invade la
competenza legislativa regionale residuale nella materia del
"commercio" (o, in subordine, in quella del "turismo") senza poter
trovare supporto in alcuno dei titoli di legittimazione della
potesta' legislativa spettante allo Stato.
IV) (in via subordinata rispetto alla censura 1) Illegittimita'
costituzionale dell'art. 16, commi 1 e 2, dell'Allegato 1 (Codice
della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo)
al d.lgs. n. 79 del 2011, per violazione:
dell'art. 117, quarto comma, Cost., in quanto - prevedendo
che siano assoggettati a Segnalazione certificata di inizio attivita'
(SCIA) l'avvio e l'esercizio delle strutture turistico-ricettive -
disciplina procedimenti amministrativi destinati a svolgersi in
materie di competenza legislativa residuale regionale ("turismo" o
"commercio") in assenza di qualunque titolo di legittimazione del
legislatore statale, non potendo quest'ultimo essere reperito ne'
nella materia della "tutela della concorrenza" (poiche' la norma
impugnata disciplina le relazioni tra gli operatori economici e la
pubblica amministrazione, senza che cio' possa in alcun modo incidere
sulle relazioni tra gli operatori economici), ne' nella materia dei
"livelli essenziali delle prestazioni" (poiche' l'attivita'
amministrativa puo' assurgere alla qualifica di "prestazione" della
quale lo Stato e' competente a fissare un "livello essenziale"
soltanto a fronte di uno specifico "diritto" di individui, imprese,
operatori economici e, in generale, soggetti privati, cio' che non
avviene nel caso di specie).
V) (in via subordinata rispetto alla censura 1) Illegittimita'
costituzionale dell'art. 21, commi 1, 2 e 3, dell'Allegato 1 (Codice
della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo)
al d.lgs. n. 79 del 2011, per violazione:
dell'art. 117, quarto comma, Cost., in quanto - prevedendo
che siano assoggettati a Segnalazione certificata di inizio attivita'
(SCIA) l'apertura, il trasferimento e le modifiche concernenti
l'operativita' delle agenzie di viaggi e turismo - disciplina
procedimenti amministrativi destinati a svolgersi in materie di
competenza legislativa residuale regionale ("turismo") in assenza di
qualunque titolo di legittimazione del legislatore statale, non
potendo quest'ultimo essere reperito ne' nella materia della "tutela
della concorrenza" (poiche' la norma impugnata disciplina le
relazioni tra gli operatori economici e la pubblica amministrazione,
senza che cio' possa in alcun modo incidere sulle relazioni tra gli
operatori economici), ne' nella materia dei "livelli essenziali delle
prestazioni" (poiche' l'attivita' amministrativa puo' assurgere alla
qualifica di "prestazione" della quale lo Stato e' competente a
fissare un "livello essenziale" soltanto a fronte di uno specifico
"diritto" di individui, imprese, operatori economici e, in generale,
soggetti privati, cio' che non avviene nel caso di specie).
VI) (in via subordinata rispetto alla censura 1) Illegittimita'
costituzionale dell'art. 20, comma 2, dell'Allegato 1 (Codice della
normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo) al
d.lgs. n. 79 del 2011, per violazione:
dell'art. 117, quarto comma, Cost., in quanto, stabilendo che
«l'apertura di filiali, succursali e altri punti vendita di agenzie
gia' legittimate ad operare non richiede la nomina di un direttore
tecnico per ciascun punto di erogazione del servizio», interviene
nell'ambito della materia del "turismo" o, al piu', in quella del
"commercio", entrambe di competenza legislativa residuale regionale,
in assenza di qualunque titolo di legittimazione contenuto nell'art.
117, commi secondo e terzo, cost. o in altre disposizioni
costituzionali.
VII) (in via subordinata rispetto alla censura 1) Illegittimita'
costituzionale dell'art. 23, comma 1, dell'Allegato 1 (Codice della
normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo) al
d.lgs. n. 79 del 2011, per violazione:
dell'art. 117, quarto comma, e dell'art. 118, primo comma,
Cost., in quanto, pretendendo di definire i "sistemi turistici
locali" in riferimento ad attivita' volte a promuovere l'offerta
turistica, nonche' l'integrazione delle politiche del turismo con
altre politiche regionali, interviene nella materia "turismo", di
competenza residuale regionale, senza che possa ritenersi sussistente
un qualunque titolo di legittimazione dell'intervento statale, e non
potendo quest'ultimo, in particolare, reperirsi nella c.d.
"sussidiarieta' legislativa", dal momento che: a) questo istituto in
nessun caso puo' riguardare la sola funzione legislativa; b) rispetto
alle attivita' promozionali in questione, i livelli regionali di
governo non possono non ritenersi adeguati.
VIII) (in via subordinata rispetto alla censura 1) Illegittimita'
costituzionaledell'art. 24 dell'Allegato 1 (Codice della normativa
statale in tema di ordinamentoe mercato del turismo) al d.lgs. n. 79
del 2011 - ai sensi del quale «nel rispettodell'articolo 9 della
Costituzione e del codice dei beni culturali e del paesaggio di cui
aldecreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, il Presidente del
Consiglio dei Ministri o ilMinistro delegato, di concerto con il
Ministro per i beni e le attivita' culturali,promuove la
realizzazione di iniziative turistiche finalizzate ad incentivare
lavalorizzazione del patrimonio storico-artistico, archeologico,
architettonico epaesaggistico presente sul territorio italiano,
utilizzando le risorse umane e strumentalidisponibili, senza nuovi ed
ulteriori oneri per la finanza pubblica» - per violazione:• dell'art.
117, commi terzo e quarto, e dell'art. 118, primo comma,Cost.,
poiche' - in una materia di competenza legislativaconcorrente quale
la "valorizzazione dei beni culturali ambientali"o, alternativamente,
in una materia di competenza legislativaresiduale regionale quale il
"turismo" - realizza una avocazione in sussidiarieta' di funzioni
amministrative e della connessa funzione legislativa in capo ad
organi dello Stato, senza pero' che i livelli regionali possano
considerarsi inadeguati allo svolgimento delle funzioni in questione
e, pertanto, in contrasto con i principi di sussidiarieta' e
adeguatezza.
IX) (in via subordinata rispetto alla censura I, nonche' in via
ulteriormente subordinata rispetto alla censura VIII) Illegittimita'
costituzionale dell'art. 24 dell'Allegato 1 (Codice della normativa
statale in tema di ordinamento e mercato del turismo) al d.lgs. n. 79
del 2011 - ai sensi del quale «nel rispetto dell'articolo 9 della
Costituzione e del codice dei beni culturali e del paesaggio di cui
al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, il Presidente del
Consiglio dei Ministri o il Ministro delegato, di concerto con il
Ministro per i beni e le attivita' culturali, promuove la
realizzazione di iniziative turistiche finalizzate ad incentivare la
valorizzazione del patrimonio storico-artistico, archeologico,
architettonico e paesaggistico presente sul territorio italiano,
utilizzando le risorse umane e strumentali disponibili, senza nuovi
ed ulteriori oneri per la finanza pubblica» - nella parte in cui non
prevede che le funzioni ivi disciplinate siano esercitate
necessariamente previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni,
qualora gli interventi abbiano carattere "ultraregionale", o con la
Regione direttamente interessata nel caso di interventi limitati al
territorio di una singola Regione, per violazione:
dell'art. 117, commi terzo e quarto, e dell'art. 118, primo
comma, Cost., poiche' - in una materia di competenza legislativa
concorrente quale la "valorizzazione dei beni culturali ambientali"
o, alternativamente, in una materia di competenza legislativa
residuale regionale quale il "turismo" - realizza una avocazione in
sussidiarieta' di funzioni amministrative e della connessa funzione
legislativa in capo ad organi dello Stato, senza rispettare il
"protocollo" della "avocazione in sussidiarieta'" elaborato dalla
giurisprudenza costituzionale, secondo il quale condizione della
legittimita' costituzionale di questo strumento e' la previsione di
una "intesa forte" con i livelli regionali nell'esercizio delle
funzioni disciplinate.
P.Q.M.
Si chiede che questa ecc.ma Corte costituzionale, in accoglimento
del presente ricorso, dichiari l'illegittimita' costituzionale
dell'art. 1, comma 1, del d.lgs. 23 maggio 2011, n. 79 (Codice della
normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo, a
norma dell'articolo 14 della legge 28 novembre 2005, n. 246, nonche'
attuazione della direttiva 2008/122/ CE, relativa ai contratti di
multiproprieta', contratti relativi ai prodotti per le vacanze di
lungo termine, contratti di rivendita e di scambio), nonche', in ogni
caso, dei seguenti articoli dell'Allegato 1 (Codice della normativa
statale in tema di ordinamento e mercato del turismo): art. 2, comma
2; art. 8, comma 2; art. 16, commi 1 e 2; art. 21, commi 1, 2 e 3;
art. 20, comma 2; art. 23, comma 1; art. 24.
Con ossequio.
Roma, addi' 29 luglio 2011
Avv. Prof. Colaianni - Avv. Prof. Cecchetti