Ricorso n. 76 del 7 maggio 2012 (Commissario dello Stato per la Regione Siciliana)
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 7 maggio 2012 (del Commissario dello Stato per la Regione siciliana).
(GU n. 23 del 06.06.2012 )
L'Assemblea regionale siciliana, nella seduta del 18 aprile 2012,
ha approvato il disegno di legge n. 801 dal titolo «Disposizioni
programmatiche e correttive per l'anno 2012. Legge di stabilita'
regionale», pervenuto a questo commissariato dello Stato, ai sensi e
per gli effetti dell'art. 28 dello statuto speciale, il successivo 21
aprile 2012.
Si ritiene di dover sottoporre al vaglio di codesta Corte le
disposizioni di cui agli articoli 1, 6, 8 ed 11 per le motivazioni
che di seguito si espongono.
Art. 1, comma 2 - Si autorizza il Ragioniere generale ad
effettuare operazioni finanziarie per il finanziamento di
investimenti coerenti con l'art. 3, comma 18 della legge 24 dicembre
2003, n. 350, e successive modifiche ed integrazioni per un ammontare
complessivo pari a 558.200 migliaia di euro per l'esercizio
finanziario 2012, pari a 452.500 migliaia di euro per l'esercizio
finanziario 2013 e pari a 210.000 migliaia di euro per l'esercizio
finanziario 2014.
La genericita' della locuzione «investimenti coerenti» non
consente di verificare se la regione negli effetti osservi le regole
ed i limiti previsti dall'art. 3, commi 16 - 21-bis della legge n.
350/2003.
In proposito codesta eccellentissima Corte nella sentenza n. 70
del 2012 ha affermato che le prescrizioni contenute nelle cennate
disposizioni costituiscono contemporaneamente norme di coordinamento
della finanza pubblica ai sensi dell'art. 117, terzo comma della
Costituzione (in quanto servono a controllare l'indebitamento
complessivo delle amministrazioni nell'ambito della cosiddetta
finanza allargata, nonche' il rispetto dei limiti interni alla
disciplina dei prestiti pubblici) e principi di salvaguardia
dell'equilibrio del bilancio ai sensi dell'art. 81, quarto comma
della Costituzione.
Di conseguenza la norma di cui al secondo comma dell'art. 1,
poiche' non da' garanzie che il nuovo ricorso all'indebitamento sia
esente da vizi, non fornendo nel dettaglio la tipologia di
investimento in concreto programmata, si appalesa in contrasto, nella
parte de qua, con gli articoli 117, terzo comma e 81, quarto comma
della Costituzione.
Non puo' invero ritenersi sufficiente, secondo quanto affermato
da codesta eccellentissima Corte nella cennata sentenza in occasione
dello scrutinio di una analoga disposizione della regione Campania
contenuta nella legge di bilancio per il 2011, l'elenco delle U.P.B.
da finanziare con il ricorso al mercato, fornito ai sensi dell'art.
3, decreto del Presidente della Repubblica n. 488/1969
dall'amministrazione regionale con nota n. 25726/A.07.01 del 24
aprile 2012 (allegato 1).
Nell'allegato 1 alla suddetta nota sono infatti inserite alcune
U.P.B., quali ad esempio 1.2.2.6.99, 4.2.2.8.99, 5.2.2.6.99,
7.2.2.6.99, che riportano come descrizione dell'intervento finanziato
la dizione «altri oneri comuni» e «altri investimenti», ed altre,
quali la 10.5.2.6.1 e la 12.4.2.62, che non appaiono immediatamente
riconducibili alle spese di investimento come definite dall'art. 3,
comma 18 della legge n. 350/2003.
Art. 6, comma 3 - Si autorizza l'assunzione per il biennio
2012-2013 di oneri a carico del bilancio regionale per la gestione di
impianti di dissalazione affidati in base a convenzioni prorogate e/o
scadute a privati ed enti pubblici, non tutti peraltro individuati
con procedure di selezione pubbliche, secondo quanto rappresentato
dall'amministrazione regionale nei chiarimenti forniti ai sensi
dell'art. 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 488/1969
(allegato 2), nonche' per il ripianamento di situazioni debitorie
pregresse per un importo complessivo nel decennio 2012-2022 di 180
milioni di euro.
Detta disposizione si ritiene essere in contrasto con gli art.
81, quarto comma e 97 della Costituzione giacche' non e' prevista per
gli oneri derivanti dalle lettere b) e c) una copertura nelle forme
richieste dall'art. 17 della legge n. 196/2009. In particolare per
quanto attiene al pagamento delle obbligazioni pregresse da
effettuarsi nel decennio 2012-2022, dai chiarimenti forniti non si
rinvengono elementi tali da consentire l'imputazione del debito a
carico della regione ne' una puntuale quantificazione dello stesso,
trattandosi, come emerge peraltro da una relazione ispettiva della
stessa amministrazione regionale (allegato 3), di gestioni di fatto
prive delle prescritte preventive autorizzazioni amministrative. In
assenza peraltro dell'indicazione nella scheda tecnica dei criteri
seguiti per la quantificazione degli impegni, si ritiene che le
autorizzazioni delle spese in questione possano compromettere gli
equilibri finanziari sostenibili dei bilanci degli anni futuri non
essendo garantita per le spese in questione una copertura sicura ed
in equilibrato rapporto con gli oneri che si intendono sostenere nel
prossimo decennio.
Si rileva in proposito che non puo' ritenersi assolto l'obbligo
di copertura della spesa di cui trattasi con l'inserimento delle
stesse nella tabella riepilogativa degli effetti della manovra
finanziaria fra le maggiori spese (riquadro B2 dell'allegato A alla
legge), atteso che le stesse sono elencate anche nel riquadro A2
minori spese.
Nella sostanza il legislatore siciliano ha prima inscritto nel
bilancio, di cui al disegno di legge n. 800, la spesa in questione
pur in assenza della prescritta preventiva legge sostanziale di
autorizzazione e di relativa copertura, per poi ridurla e/o azzerarla
con il successivo provvedimento legislativo oggetto del presente
gravame, nell'intento di ampliare, cosi' operando, il ventaglio di
risorse disponibili con cui far fronte agli oneri previsti.
E' di tutta evidenza che si e' in presenza di un artificioso
meccanismo contabile che non assicura l'effettivita' delle risorse
finanziarie necessarie per sopperire alla spesa autorizzata.
E' invero tautologico, e non risolutivo ai fini del rispetto
dell'art. 81 della Costituzione, (sentenza C.C. n. 135/1968), dare
copertura finanziaria a nuovi oneri con riduzione di spese previste
in capitoli del bilancio a loro volta inscritti in assenza di una
legge sostanziale che ne abbia preventivamente individuato i mezzi
con cui farvi fronte.
Analoga censura e' mossa riguardo alle previsioni dei commi 6, 7
ed 8 del medesimo art. 6 in quanto tutti riguardanti oneri gia'
iscritti nel bilancio per il corrente esercizio in assenza di una
preventiva legge sostanziale di autorizzazione della spesa o che
abbia dato copertura agli incrementi di spese gia' autorizzate per
importi inferiori.
Il sesto comma infatti concerne l'incremento di 500 migliaia di
euro alla spesa triennale di 36 milioni di euro autorizzata dall'art.
52 della legge regionale n. 11/2010 (cap. 183782 U.P.B. 6.2.1.3.1.)
mentre il comma 7 «autorizza» la spesa e il permanere nel bilancio di
capitoli di spesa gia' oggetto di impugnativa il 6 luglio 2011 per
violazione degli articoli 81, quarto comma e 97 della Costituzione.
Il comma 8 autorizza la maggiore spesa relativa a contributi ad
enti o associazioni, di cui all'art. 128 della legge regionale n.
11/2010 e all'art. 7, legge regionale n. 8/2011, con la riduzione
degli stanziamenti operati nel bilancio (disegno di legge n. 800),
per 50.685 migliaia di euro in assenza di una norma sostanziale che
li avesse autorizzati per quegli importi atteso che la cennata legge
regionale n. 11/2010 determinava per l'anno 2012 l'importo di 33.363
migliaia di euro per i contributi in questione.
In proposito nella nota sentenza n. 66 del 1959, codesta
eccellentissima Corte ha subito chiarito che il quarto comma
dell'art. 81 della Costituzione «forma sistema con il terzo».
Quest'ultimo dispone invero che con la legge di approvazione non
si possono stabilire «nuovi tributi e nuove spese», e cioe' non si
possono aggiungere spese e tributi a quelli contemplati dalla
legislazione sostanziale preesistente, mentre il quarto comma dispone
che ogni legge sostanziale che importi «nuove o maggiori spese» deve
indicare i mezzi per farvi fronte, e cioe' che non possono emanarsi
disposizioni che comportino per bilanci pubblici oneri di piu' ampia
portata rispetto a quelli derivanti dalla legislazione preesistente,
se non venga introdotta nella legislazione anche l'indicazione dei
mezzi destinati alla copertura di nuovi oneri (sentenze n. 36 e n. 31
del 1961 e n. 226 del 1976).
Il principio risultante dal combinato disposto del terzo e quarto
comma dell'art. 81 nella sostanza consiste nell'imporre al
legislatore l'obbligo di darsi carico delle conseguenze finanziarie
delle sue leggi, provvedendo al reperimento dei mezzi necessari per
farvi fronte. Obbligo a cui, invece, parrebbe essere venuto meno il
legislatore siciliano iscrivendo in bilancio spese pluriennali e/o
durature, destinate inevitabilmente ad aumentare nei prossimi anni,
senza avere prima provveduto a quantificare gli oneri per l'esercizio
in corso e per quelli futuri e dare idonea copertuta finanziaria agli
stessi con le modalita' prescritte dall'art. 17 legge n. 196/2009.
Ed invero nuove e/o maggiori spese, come quelle in questione per
le quali la legge che le autorizza non indica idonei mezzi per farvi
fronte, non possono trovare copertura mediante iscrizione negli stati
di previsione della spesa, dovendo corrispondere ad un nuovo
stanziamento l'indicazione positiva delle risorse (sentenze n. 47 e
n. 49 del 1967 e n. 17 e n. 135 del 1968).
Art. 6, comma 10 - La disposizione, nel prevedere la proroga di
un termine gia' scaduto da oltre sei anni, si appalesa in contrasto
con gli articoli 3 e 97 della Costituzione.
Essa infatti, nel procrastinare l'applicazione del limite posto
al trattamento economico del personale degli enti, aziende ed
istituti sottoposti a vigilanza e tutela dell'amministrazione
regionale, legittimerebbe ex post l'eventuale corresponsione di
emolumenti in misura superiore a quella prevista dall'art. 31 della
legge regionale n. 6 del 1997. In proposito codesta eccellentissima
Corte, nel ritenere non costituzionalmente precluse in via di
principio le leggi di sanatoria, chiede che le stesse siano sostenute
da interessi pubblici, legislativamente rilevanti di preminente
importanza generale, (sent. n. 94/95) i quali per la fattispecie «de
qua», in assenza di qualsiasi elemento chiarificatore desumibile
dagli atti parlamentari, non risultano essere presenti.
Art. 6, comma 15 - La norma nel disporre la costituzione di un
accantonamento negativo ai sensi dell'art. 10, comma 2 della legge
regionale n. 47/1977 di 191.859 migliaia di euro derivante dalle
entrate prodotte dal processo di valorizzazione del patrimonio
regionale per integrare la copertura finanziaria della spesa
riportata nella tabella A, si ritiene essere in contrasto con l'art.
81 della Costituzione.
L'art. 17 della legge n. 196/2009, che rende concreto il
principio dell'art. 81 della Costituzione e le cui disposizioni
costituiscono principio fondamentale del coordinamento della finanza
pubblica, espressamente esclude invero che si possa dare copertura
attraverso l'utilizzo dei proventi derivanti da entrate in conto
capitale, quale quella della valorizzazione del patrimonio, a nuovi o
maggiori oneri di parte corrente come quelli indicati nel cennato
accantonamento positivo di cui alla tabella A.
Art. 6, comma 18 - La norma, nel disporre a carico del
finanziamento del Servizio sanitario regionale gli oneri derivanti
dalla corresponsione dell'indennita' di cui all'art. 7 della legge
regionale n. 20/1990 in favore dei cittadini affetti da talassemia,
si pone in contrasto con l'art. 81 della Costituzione.
La regione, infatti, sottoposta a piano di rientro dei disavanzi
regionali introduce impropriamente a carico del Servizio sanitario
regionale una nuova ragione di spesa senza individuare le ulteriori
idonee e specifiche fonti di copertura.
L'erogazione dell'indennita' in questione non rientra infatti tra
le prestazioni sanitarie, in quanto essa ha una connotazione
previdenziale.
La norma in questione, pertanto, attenendo alla definizione dei
livelli essenziali delle prestazioni sanitarie (che, in generale, e'
riservata alla potesta' legislativa esclusiva dello Stato ai sensi
dell'art. 117, comma 2, lettera m) della Costituzione), eccede dalle
competenze della regione, individuate, in particolare, dagli articoli
14 e 17 dello statuto speciale regionale. La definizione dei livelli
essenziali delle prestazioni, infatti, non rientra tra le materie
attribuite alla potesta' legislativa regionale, ed e' pertanto da
considerarsi di esclusiva competenza dello Stato.
Inoltre, poiche' la norma in questione non quantifica gli oneri
da essa derivanti, ne' gli specifici mezzi per farvi fronte, risulta
leso anche l'art. 81 della Costituzione.
Essa, peraltro, destinando risorse finalizzate al settore
sanitario per finalita' diverse, pone problemi di compatibilita' col
Piano di rientro, risultando altresi' violato l'art. 2, commi 80 e 95
della legge n. 191/2009, secondo cui «gli interventi individuati dal
Piano di rientro sono vincolanti per la regione, che e' obbligata a
rimuovere i provvedimenti, anche legislativi, e a non adottarne di
nuovi che siano di ostacolo alla piena attuazione del Piano di
rientro».
Art. 6, comma 22 - E' manifestamente irragionevole e quindi in
contrasto con gli articoli 3 e 97 della Costituzione in quanto
attribuisce competenze al Dipartimento aziende foreste demaniali, di
cui e' prevista la soppressione al comma 92 del successivo art. 11.
Art. 6, comma 26 - Si ritiene che la disposizione, per l'estrema
genericita' del contenuto, sia in contrasto con gli articoli 3 e 97
della Costituzione oltre che con il principio affermato dalla
giurisprudenza di codesta eccellentissima Corte, di legalita'
sostanziale. Infatti gli enti di cui alla legge regionale n. 98 del
1981 sono gli enti parco e gli enti gestori delle riserve naturali.
I primi sono enti dotati di autonomia amministrativa, gestionale,
patrimoniale e sono sottoposti al controllo dell'Assessorato
regionale territorio ed ambiente.
I secondi sono invece soggetti dotati di propria soggettivita'
giuridica, anche di diritto privato (provincie, universita',
associazioni ambientaliste, azienda foreste demaniali) e non
dipendenti in alcun modo dall'Assessorato regionale territorio e
ambiente.
Non si comprende in quale modo l'Assessorato regionale territorio
e ambiente possa disporre dei beni appartenenti alle provincie, alle
universita' o alle associazioni ambientaliste di cui non dispone o su
cui non gode alcun diritto reale.
Art. 6, commi 27 e 28 - Prevedono il rilascio di autorizzazioni o
concessioni precarie di porzioni di sedi viarie appartenenti al
demanio trazzerale per una serie di usi, alcuni dei quali anche
attinenti ad attivita' imprenditoriali ed economiche, per una «durata
limitata».
Orbene siffatta limitazione temporale dell'uso del bene demaniale
assolutamente indeterminata si pone in contrasto con gli articoli 97
e 117, secondo comma, lettera e).
Infatti la locuzione «avente durata limitata» nella sua estrema
genericita' consentirebbe l'uso particolare del bene pubblico da
parte dei privati per periodi anche quasi perpetui, con innegabili
refluenze sulla libera concorrenza degli operatori economici non
concessionari operanti sul mercato, cui verrebbero precluse le
possibilita' di accedere all'utilizzo del demanio per un tempo
imprecisato.
Codesta eccellentissima Corte ha peraltro riconosciuto con
costante giurisprudenza (ex plurimis sentenze nn. 307/2003 e 32/2009)
che l'assoluta indeterminatezza del potere demandato ad una pubblica
amministrazione senza indicazione di alcun criterio da parte della
legge (come quello in ispecie) viola il principio di legalita'
sostanziale ex art. 97 della Costituzione.
Inoltre alla fine del comma 28, si fa riferimento, per la stima
dei valori dei terreni da dare in concessione, ai valori agricoli
medi di cui alla legge 22 ottobre 1971, n. 865, mentre con sentenza
della Corte costituzionale n. 181 del 2011 e' stato sancito che la
valutazione dei terreni va fatta secondo il valore di mercato.
Non risulta invero comprensibile in base a quale principio di
buona amministrazione e di tutela del pubblico erario, gli espropri
in danno dei privati sono pagati secondo il valore di mercato, mentre
i beni demaniali dovrebbero essere concessi ai privati a valori
significativamente inferiori.
Inoltre la norma appare non coerente con quanto previsto dal
precedente comma 23 dell'art. 6 che prevede, per i canoni concessori
a titolo ricognitorio di beni demaniali e patrimoniali, un importo
non inferiore a 5.000 euro annui, di gran lunga superiore in
moltissimi casi a quello scaturente dall'applicazione dei valori
agricolo medi.
Art. 6, comma 30 - Stabilisce il pagamento di un biglietto di
accesso per le aree naturali protette e per le aree attrezzate,
nonche' «per le isole che comprendono aree protette».
Questo ultimo inciso sembrerebbe determinare il pagamento di un
biglietto di accesso alla stessa isola siciliana dando adito a
perplessita' di ordine costituzionale. Detta entrata potrebbe,
infatti, configurarsi come una vera e propria imposta, in quanto
appaiono sussistere tutti gli elementi elaborati dalla giurisprudenza
costituzionale per qualificare un'entrata come tributaria, che, come
ha affermato la Corte costituzionale nella sentenza n. 280/2011,
potrebbe essere annoverata tra i «tributi di scopo».
Tale entrata, invero, costituisce un prelievo coattivo, stabilito
direttamente ed esclusivamente dalla legge regionale, che non trova
la sua fonte in un rapporto sinallagmatico tra le parti.
Viene, infatti, richiesto il pagamento per il mero accesso
nell'isola, indipendentemente dall'effettivo ingresso nelle aree
protette, per cui il cittadino sarebbe chiamato ad assolvere il
pagamento anche se non visita quest'ultime, con cio' vanificando la
finalita' della norma che e' quella di «incrementare i servizi ai
visitatori e le attivita' di tutela delle aree protette regionali».
Il riconoscimento a detta entrata della natura tributaria non
esclude, ovviamente, che la Regione siciliana sia facoltizzata ad
istituirla, giacche' sia le norme statutarie e sia quelle di
attuazione statutaria riconoscono alla regione tale potere. E'
necessario, pero' sottolineare che l'art. 6 del decreto del
Presidente della Repubblica 26 luglio 1965, n. 1074, stabilisce che
la regione puo' istituire nuovi tributi in corrispondenza alle
particolari esigenze della comunita' regionale «nei limiti dei
principi del sistema tributario dello Stato».
Occorre pertanto che il nuovo tributo, come precisato dalla Corte
costituzionale nella sentenza n. 102 del 15 aprile 2008, non crei
«disarmonie o incoerenze con il sistema tributario statale», il
quale, allo stato attuale, prevede l'imminente introduzione di un
imposizione comunale correlata allo sbarco sulle isole minori, che
viene prevista quale alternativa all'istituzione dell'imposta di
soggiorno.
La disarmonia con il sistema tributario statale si rinviene nel
contrasto con il principio generale dell'ordinamento che esclude
doppie imposizioni sul medesimo presupposto, in quanto il semplice
ingresso nella regione potrebbe configurare anch'esso un'imposta di
soggiorno regionale.
Val la pena di sottolineare che un siffatto prelievo, sotto altri
aspetti, appare essere in contrasto sia con i principi comunitari di
libera circolazione delle persone e delle merci, e sia con l'art. 120
della Costituzione che vieta alle regioni di adottare provvedimenti
che ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione delle persone
e delle cose tra le regioni.
Occorre, infine, considerare che l'istituzione di un nuovo
tributo richiede che gli elementi caratterizzanti dell'imposizione,
vale a dire il presupposto in positivo, la soggettivita' passiva, la
base imponibile e la misura dell'importo dovuto, in coerenza con
quanto stabilito dall'art. 23 della Costituzione, debbano essere
fissati dalla legge regionale, che invece, nulla dispone al riguardo.
Art. 6, comma 34 - La disposizione pone a carico dei soggetti
gestori e/o dei richiedenti gli oneri connessi ai controlli
effettuati dall'ARPA. L'estrema genericita' della norma, che demanda
all'assessore regionale per il territorio di concerto con quello per
l'economia il compito di emanare un decreto attuativo pone lo stesso
in evidente contrasto con l'art. 97 della Costituzione.
Codesta eccellentissima Corte ha infatti affermato, con costante
giurisprudenza (ex plurimis sent. n. 307/2003) che la «assoluta
indeterminatezza» del potere demandato ad una pubblica
amministrazione «senza indicazione di alcun criterio da parte della
legge» viola il principio di legalita' sostanziale.
Art. 8, comma 8 - Il previsto conferimento di immobili di
proprieta' della regione, sino alla concorrenza di 800.000 migliaia
di euro in un Fondo immobiliare a gestione separata da costituirsi
presso l'IRFIS-FinSicilia si ritiene essere in contrasto con l'art.
97 della Costituzione.
La genericita' della dizione «immobili di proprieta' della
regione» non consente di escludere che fra gli stessi possano essere
ricompresi beni appartenenti al demanio ed al patrimonio
indisponibile, ne' si rileva tantomeno dal tenore estremamente
sintetico della disposizione quale vantaggio economico tragga
l'amministrazione regionale dalla depatrimonializzazione disposta,
non essendo indicata nella norma alcuna contropartita per il
trasferimento degli immobili stessi.
Non possono peraltro ritenersi esaustivi ai fini della
quantificazione degli oneri e della determinazione degli effetti
economici patrimoniali derivanti dalla disposizione i chiarimenti
forniti dall'amministrazione (allegato 4) da cui emergerebbe che
l'intero fondo sarebbe destinato a finanziare e garantire
investimenti privati.
Non e' stato peraltro possibile verificare la natura degli
immobili individuati nella relazione tecnica, ne' asseverare le stime
di valore nella stessa indicata.
Inoltre non si riesce a comprendere se la disposizione in
questione formi sistema con le successive norme dei commi 9 e 10.
Art. 8, comma 9 - La norma sostituisce l'art. 46 della legge
regionale n. 50/1976 che contiene una puntuale disciplina della
garanzia sussidiaria e limitata (6 miliardi di lire) fornita
dall'IRFIS in favore delle imprese industriali ed artigiane che
realizzano investimenti nel territorio della regione per lo
svolgimento di attivita' produttive. Esso quindi «Tout court»
renderebbe diretta e totale la garanzia prestata agli imprenditori
senza porre alcun limite all'intervento pubblico qualora il privato
non adempia ai propri oneri contrattuali nei confronti degli istituti
di credito che lo hanno finanziato.
La disposizione, in considerazione della laconicita' del suo
tenore letterale e dell'assenza di un qualsivoglia limite o criterio
di determinazione dello stesso per l'assolvimento della garanzia
prestata; rende questa non conforme agli articoli 81 e 97 della
Costituzione.
Il successivo comma 10 e' di dubbia interpretazione in quanto lo
stesso non appare formare sistema con la precedente disposizione del
comma 9 che apporta una ben precisa delimitazione al contenuto del
sostituito art. 46 della legge n. 50/1973 che disciplina forme di
sostegno per le imprese.
La disposizione del comma 10 appare invero formalmente avulsa dal
primo menzionato contesto normativo ed addirittura incoerente con lo
stesso giacche' destinatari non sarebbero soltanto operatori
economici ma prioritariamente famiglie e condomini.
La cennata norma, in quanto non riconducibile ad alcuna
disciplina organica legislativamente determinata appare quindi
affetta da irragionevolezza e in contrasto con gli articoli 3 e 97
della Costituzione.
Art. 8, comma 12 - Limitatamente all'inciso «8, 9, 10 e» di
conseguenza alle cennate censure dei precedenti commi si ritiene
essere in contrasto con gli articoli 3 e 97 Cost.
Art. 8, commi da 14 a 17 - Le disposizioni prevedono che per le
somme iscritte a ruolo di spettanza regionale, la dilazione del
pagamento, di cui all'art. 19 del decreto del Presidente della
Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, venga concessa fino ad un
massimo di novantanove rate mensili.
Viene stabilito, inoltre, che gli interessi dovuti per tale
dilazione e gli interessi di mora dovuti sulle somme iscritte a ruolo
e non versate, di cui, rispettivamente, agli articoli 21 e 30 del
decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, sono
rideterminati con decreto dell'assessore regionale per l'economia.
Orbene, la potesta' legislativa concorrente attribuita alla
Regione siciliana in materia di riscossione dei tributi e'
riconducibile esclusivamente all'organizzazione del servizio e non
agli aspetti sostanziali della disciplina della riscossione dei
debiti tributari. Infatti l'art. 17, primo comma, dello statuto
speciale, prevede che: «entro i limiti dei principi ed interessi
generali cui si informa la legislazione dello Stato, l'assemblea
regionale puo', al fine di soddisfare alle condizioni particolari ed
agli interessi propri della regione, emanare leggi, anche relative
all'organizzazione dei servizi, sopra le seguenti materie concernenti
la regione ... I) tutte le altre materie che implicano servizi di
prevalente interesse regionale. Tra queste la regione annovera il
servizio di riscossione dei tributi.
Pertanto, le disposizioni contenute nei commi in esame sono
censurabili in quanto ledono la competenza esclusiva dello Stato in
materia tributaria, ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera e)
della Costituzione.
La Regione siciliana puo', quindi provvedere alla riscossione
della entrate ad essa spettanti, di cui agli articoli 36 e 37 dello
statuto speciale, ma non modificare le norme che attengono alla
disciplina statale della riscossione dei tributi.
Inoltre, le disposizioni in esame determinerebbero una violazione
del principio di eguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione, in
quanto dette norme attribuirebbero ai soli contribuenti della Sicilia
maggiori agevolazioni per la riscossione delle somme di cui risultano
debitori.
Art. 8, comma 18 - Si dispone che le grandi strutture di vendita
debbano concordare con il comune l'orario di apertura al pubblico
nonche' si prevede la sospensione delle procedure per il rilascio
delle autorizzazioni alle stesse. La disposizione si pone in palese
contrasto con il quadro normativo vigente, risultante dall'art. 31,
comma 1 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 211, recante
«Disposizioni urgenti per la crescita, l'equita' e il consolidamento
dei conti pubblici», come convertito dalla legge 22 dicembre 2011.
Tale norma, infatti, intervenendo sull'art. 3, comma 1 del
decreto-legge 4 luglio 2006, n. 233, come convertito dalla legge 4
agosto 2006, n. 248, ha stabilito che le attivita' commerciali e di
somministrazione di alimenti e bevande, sono svolte senza il limite
del rispetto degli orari di apertura e di chiusura, dell'obbligo
della chiusura domenicale e festiva, nonche' di quello della mezza
giornata di chiusura infrasettimanale dell'esercizio.
La previsione introdotta dal decreto n. 201/2011, che si
qualifica come norma di liberalizzazione, e' direttamente vincolante
anche nei confronti dei legislatori regionali. Come affermato da
consolidata giurisprudenza costituzionale, la tutela della
concorrenza riservata dall'art. 117, comma 2, lettera e) della
Costituzione alla potesta' legislativa esclusiva dello Stato,
comprende anche le misure legislative promozionali che mirano ad
aprire ad un mercato o a consolidarne l'apertura, eliminando barriere
all'entrata, riducendo o eliminando vincoli al libero esplicarsi
della capacita' imprenditoriale e della concorrenza tra imprese
(sent. C.C. n. 401/2007).
La norma regionale in esame, dunque, introducendo una serie di
vincoli e restrizioni in termini di orari di apertura e di giornate
di chiusura degli esercizi commerciali, e di autorizzazione
all'apertura degli stessi, lungi dal produrre effetti
pro-concorrenziali, si pone in aperto contrasto con la disciplina
nazionale di liberalizzazione, e quindi viola l'art. 117, secondo
comma, lettera e) della Costituzione.
Un secondo elemento di criticita' della norma e' costituito dalla
prevista sospensione delle procedure di rilascio delle autorizzazioni
all'apertura di grandi strutture di vendita.
Sul piano concorrenziale la norma ha una portata
ingiustificatamente restrittiva della concorrenza, posto che la
sospensione del rilascio di nuovi provvedimenti autorizzatori ha il
chiaro effetto di cristallizzare il mercato nel suo assetto esistente
e si traduce nella sospensione per un periodo non determinato della
liberta' di accesso allo stesso, costituzionalmente garantita, seppur
subordinatamente al rilascio del provvedimento autorizzatorio.
Da questo punto di vista l'illegittimita' della norma discende
dal contrasto con gli obbiettivi e le previsioni della direttiva n.
123/2006/CE (c.d. direttiva servizi) la quale, proprio al fine di
garantire un mercato interno dei servizi realmente integrato e
funzionante, ha - come noto - sottoposto a condizioni assai
stringenti la possibilita' per i legislatori di subordinare l'accesso
ad un'attivita' di servizio e il suo esercizio ad un regime di
autorizzazione; ha inoltre prescritto stringenti requisiti cui gli
stessi regimi nazionali devono essere improntati imponendo ai singoli
Stati membri di procedere alla revisione dei propri sistemi interni
secondo un processo di valutazione multilaterale coordinato dalla
Commissione europea.
Nel caso di specie, la gravita' della norma «de qua» va ben oltre
l'istituzione o il mantenimento di un regime autorizzatorio non
conforme su alcuni specifici punti alle prescrizioni comunitarie, e
discende dalla interruzione totale per un periodo non determinato dei
procedimenti di rilascio dei titoli permissivi. Una previsione
siffatta potrebbe considerarsi giustificata soltanto laddove fosse
supportata dall'esigenza di apprestare tutela ad altro interesse
costituzionalmente rilevante compatibile con l'ordinamento
comunitario, non altrimenti tutelabile attraverso misure meno
restrittive, nel rispetto del principio di proporzionalita'.
In ragione di cio', poiche' la Corte costituzionale ha ricondotto
di recente la disciplina dettata dal decreto nazionale (decreto
legislativo n. 59/2010) di attuazione della direttiva servizi alla
«tutela della concorrenza» (sent. n. 235/2011), la violazione delle
sue previsioni integra un primo profilo di contrasto con l'art. 117,
comma 2, lettera e) Cost.
In aggiunta a tale profilo l'illegittimita' della previsione
discende in ogni caso dal contrasto diretto con una norma
costituzionale (art. 117) che, oltre a ripartire la potesta'
legislativa tra i diversi livelli istituzionali, enuncia un principio
sostanziale di libera concorrenza che la Corte, nella sua
giurisprudenza piu' recente, mostra di voler leggere nella norma
costituzionale. In questa prospettiva assume rilievo tra l'altro
quanto da ultimo affermato dalla Corte nella citata sentenza n.
150/2011, laddove il giudice delle leggi ha chiarito che
«l'espressione "tutela della concorrenza"» di cui all'art. 117, comma
2, lettera e) Cost., determina la necessita' di un esame
contenutistico sia per cio' che costituisce il portato dell'esercizio
della competenza legislativa esclusiva da parte dello Stato, sia per
cio' che riguarda l'esplicazione della potesta' legislativa regionale
riferibile al terzo o quarto comma dell'art. 117 Cost.
Art. 11, comma 2 - La disposizione proroga alcune misure di
esenzione delle imposte di bollo e catastali gia' previste dal comma
1 dell'art. 60 della legge regionale n. 2/2002 e successive modifiche
ed integrazioni. Poiche' nell'allegata relazione tecnica redatta
dagli uffici regionali non e' in alcun modo indicato il criterio
seguito per la determinazione della minore entrata, si ritiene che la
stessa sia arbitraria ponendo cosi' la norma in contrasto con l'art.
81, quarto comma della Costituzione.
Art. 11, comma 3 - La disposizione teste' approvata modifica alla
lettera a) dell'art. 1, comma 7 della legge regionale n. 9/2012
introducendo un regime preferenziale sotto il profilo degli
emolumenti per i dirigenti esterni alla pubblica amministrazione in
evidente contrasto con l'art. 45 del decreto legislativo n. 165/2001
che al comma 1 dispone: «il trattamento economico fondamentale ed
accessorio e' definito dai contratti collettivi» e, piu' in generale,
con il titolo III del citato decreto legislativo n. 165
(contrattazione collettiva e rappresentanza sindacale), che obbliga
al rispetto della normativa contrattuale e delle procedure da seguire
in sede di contrattazione. Di conseguenza, la norma viola l'art. 117,
secondo comma, lettera l), Cost., che riserva l'ordinamento civile e
quindi i rapporti di diritto privato regolabili dal codice civile
(contratti collettivi), alla competenza esclusiva dello Stato, oltre
che gli articoli 3 e 97 Cost., che recano i principi di uguaglianza,
buon andamento ed imparzialita' della pubblica amministrazione.
La disposizione teste' approvata inoltre potrebbe consentire
aumenti retributivi in controtendenza rispetto all'attuale politica
statale volta al contenimento delle spese in materia contrattuale ed
in particolare l'art. 9, comma 1 del decreto-legge n. 78/2010 con le
conseguenti violazioni dei principi di coordinamento della finanza
pubblica e quindi dell'art. 117, comma 3 della Costituzione a cui la
regione non puo' derogare.
La disposizione in questione eccede dalla competenza esclusiva
della regione in materia dell'ordinamento del personale essendo
riconducibile piuttosto a quella del coordinamento della finanza
pubblica per la quale ha competenza concorrente ai sensi dell'art. 10
della legge Cost. n. 3/2001.
Art. 11, comma 4 - Proroga al 31 dicembre 2014 la validita' delle
graduatorie del Consorzio autostrade siciliane riguardanti gli agenti
tecnici esattori stagionali e part time di cui all'art. 5 della legge
regionale n. 17/2001 di modifica dell'art. 1, comma 1-bis, della
legge regionale n. 12/1991, ed appare in contrasto con i principi di
uguaglianza buon andamento ed imparzialita' della pubblica
amministrazione di cui agli articoli 3 e 97 della Cost., nonche' con
l'art. 51 Cost.
Esso infatti impedisce nella sostanza l'espletamento di nuove
selezioni pubbliche per il personale stagionale e part time del
Consorzio autostradale e il conseguente potenziale inserimento di
nuovi dipendenti consolidando piuttosto posizioni di lavoro precario,
ingenerando nei destinatari l'aspettativa di una definitiva
assunzione con innegabili refluenze negative sul buon andamento ed
imparzialita' della pubblica amministrazione garantiti dall'art. 97
della Costituzione.
Art. 11, comma 12 - Nel sopprimere l'Agenzia regionale per
l'impiego e per la formazione professionale, fa salve le disposizioni
di cui all'art. 12, comma 2-bis della legge regionale n. 96/1990, che
prevede l'assunzione di personale con selezione diretta e mediante
stipula di contratti quinquennali di diritto privato rinnovabili in
evidente contrasto con l'art. 9, comma 28 del decreto-legge n.
78/2010 secondo cui a decorrere dall'anno 2011, le amministrazioni
possono avvalersi di personale a tempo determinato nel limite del 50
della spesa sostenuta per le stesse finalita' nell'anno 2009. Poiche'
la medesima disposizione afferma che si tratta di un principio
generale ai fini del coordinamento della finanza pubblica, al quale
sono tenute ad adeguarsi anche le regioni e le province autonome, la
norma si pone in contrasto con l'art. 117, terzo comma, Cost.
Art. 11, comma 16 - La disposizione estende a tutti gli enti
pubblici non economici, sottoposti a controllo e/o vigilanza della
regione il patrocinio dell'ufficio legislativo e legale della regione
Sicilia.
Gli avvocati dipendenti di tale ufficio sono iscritti nell'elenco
speciale di cui al comma 4, lettera b) dell'art. 3 del regio
decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578, che riserva ai
professionisti dipendenti l'esercizio dell'attivita' di
rappresentanza e difesa «per quanto concerne le cause e gli affari
propri dell'ente presso il quale prestano la loro opera». Pertanto in
forza della suddetta legge non potrebbero esercitare l'attivita' per
enti diversi dal datore di lavoro.
La disposizione interviene nella materia della professione
forense che necessita di una disciplina uniforme sul territorio
nazionale essendo la stessa strettamente correlata con quella della
rappresentanza in giudizio nei procedimenti processuali, civili,
penali, amministrativi, materia questa di evidente competenza
esclusiva dello Stato.
La disposizione regionale suindicata e' pertanto in contrasto con
l'art. 117, comma 2, lettera l), Cost., che riserva allo Stato la
materia della «giurisdizione e norme processuali» e in subordine del
comma 3, in quanto, ancorche' voglia ricondursi la norma alla
competenza concorrente in materia di professioni e relativo
ordinamento, questa non potrebbe essere esercitata in violazione dei
principi fondamentali stabiliti dallo Stato con le sue leggi
(sentenze C.C. n. 153/2006 e n. 222/2008).
Art. 11, commi 21 e 22 - Le disposizioni in questione riproducono
per la stagione venatoria 2012-2013 quanto previsto dall'art. 3 della
legge regionale n. 19/2011 con l'omissione della previsione per le
aree all'interno dei siti «Natura 2000» del rispetto delle
indicazioni contenute nei piani di gestione degli stessi e delle
preventive valutazioni di incidenza di cui agli articoli 4 e 5
decreto del Presidente della Repubblica n. 357/1992 e successive
modificazioni ed integrazioni. Le norme in questione, escludendo la
prescritta procedura di valutazione di incidenza ambientale, sono da
ritenersi, non solo contrastanti con le direttive 79/409/CEE e
92/43/CEE, ma anche trasgressive della normativa statale di
attuazione di quest'ultime. Esse violano pertanto gli articoli 9, 11,
97 e 117, primo e secondo, comma lettera s) della Costituzione.
Art. 11, comma 26 - Si ritiene che la norma sia affetta da
irragionevolezza e che violi gli articoli 3 e 97 della Costituzione.
Dalla prevista abrogazione della disposizione del comma 1
dell'art. 122, legge regionale n. 17/2004, a sua volta abrogatrice
del quarto comma dell'art. 1 della legge regionale n. 6/1988, non
puo' conseguirsi l'effetto di determinare il numero degli esperti
fissato da quest'ultima norma.
Dall'abrogazione di una norma non discende infatti la
reviviscenza della disciplina precedente a quest'ultima. L'attuale
disposizione e' quindi priva di effetti ed ingenera dubbi
interpretativi sulle applicazioni della legislazione di settore con
innegabili negative refluenze sull'operato dell'amministrazione.
Art. 11, comma 29 - La disposizione stabilisce, fra l'altro,
l'incompatibilita' con qualsiasi impiego pubblico per gli incarichi
di sovrintendente e/o direttore degli enti teatrali artistici. Essa
invade la competenza dello Stato in materia di ordinamento civile e
quindi dei rapporti di diritto privato regolabili dal codice civile
(contratti collettivi) ponendosi in contrasto con l'art. 117, secondo
comma, lettera l) della Costituzione.
Art. 11, comma 35 - Viene determinato il parametro massimo cui
deve attenersi il trattamento economico dei dirigenti apicali degli
istituti, aziende, agenzie, fondazioni, e degli enti regionali
sottoposti a tutela e vigilanza della regione.
La norma esula dalla competenza del legislatore regionale in
quanto il trattamento economico fondamentale ed accessorio dei
dirigenti e' definito dai contratti collettivi ed in generale dal
titolo III del decreto legislativo n. 165/2001.
Essa pertanto si pone in contrasto con l'art. 117, secondo comma,
lettera l) della Costituzione che riserva alla competenza esclusiva
dello Stato la materia dell'ordinamento civile e quindi dei rapporti
di diritto privato regolabili dal codice civile.
Art. 11, comma 42 - La disposizione sembrerebbe finalizzata a
sottrarre i piani regolatori generali adottati e non ancora approvati
dall'Assessorato regionale del territorio alla normativa in materia
di Valutazione ambientale strategica cui devono obbligatoriamente
soggiacere tutti i piani e programmi (compresi i piani regolatori) ai
sensi della direttiva 2001/41/CE e del decreto legislativo n.
142/2006.
Essa, invero, introduce un'ambigua disciplina per i piani
regolatori in questione disponendo che gli stessi siano oggetto della
procedura di verifica di assoggettabilita' di cui all'art. 12 del
Codice dell'ambiente senza pero' prevedere gli ulteriori effetti di
tale procedura, lasciando cosi' intendere che la stessa sia
sostitutiva della V.A.S.
Orbene, poiche' la regolamentazione della Valutazione ambientale
strategica e della verifica di assoggettabilita' di cui agli articoli
6 e 12 del citato Codice dell'ambiente, sono espressione della
competenza esclusiva dello Stato in materia di ambiente ed
ecosistema, si ritiene che la disposizione regionale «de qua» che
introduce una disciplina diversa sia in contrasto con l'art. 117,
primo comma e secondo comma, lettera s) della Costituzione.
Art. 11, comma 57 - La disposizione «de qua», prevedendo la
proroga con decreto assessoriale della convenzione con
l'Artigiancassa S.p.a. fino al pieno recepimento nello statuto delle
norme concernenti il decentramento amministrativo e comunque non
oltre il 31 dicembre 2013, disciplina nella sostanza l'affidamento
dell'appalto di un servizio in deroga alle normali procedure di gara.
Cosi' operando la norma in questione invade la sfera di competenza
esclusiva del legislatore statale di cui all'art. 117, secondo comma,
lettera e) della Costituzione, esercitata con il decreto legislativo
n. 163 del 2006 (sent. C.C. n. 401/2007) fra le cui disposizioni
inderogabili si collocano quelle che attendono alla scelta del
contraente (alla procedura di affidamento) e al perfezionamento del
vincolo negoziale e che costituiscono un limite all'esplicarsi della
potesta' legislativa della regione (sent. C.C. n. 320/2008).
Art. 11, comma 61 - La norma si pone in contrasto con gli
articoli 3 e 97 della Cost. in quanto viene previsto un generale ed
automatico transito del personale appartenente a societa' a totale
e/o a parziale partecipazione regionale poste in liquidazione in
altre societa' a capitale pubblico senza distinguere la natura del
rapporto di lavoro dei lavoratori interessati al trasferimento e
senza procedere ad alcuna forma di selezione degli stessi nonche' di
verifica della compatibilita' dell'assunzione con l'assetto
organizzativo funzionale e finanziario delle societa' destinatarie
dei nuovi dipendenti.
La disposizione inoltre sembrerebbe anche costituire un
interferenza in materia di competenza esclusiva dello Stato ex art.
117, secondo comma, lettera l) in quanto interviene nell'ambito
dell'ordinamento civile all'interno del quale operano le societa' in
questione anche in tema di rapporti di lavoro con i propri dipendenti
soggetti alle norme del codice civile e non del decreto legislativo
n. 165/2001.
Art. 11, commi 82, 83 e 84 - Riproducono sostanzialmente le
disposizioni di cui all'art. 38 del disegno di legge n. 471 dal
titolo «Disposizioni programmatiche correttive per l'anno 2010»
oggetto di gravame dinanzi alla Corte costituzionale con il ricorso
presentato il 10 maggio 2010.
Le disposizioni prevedono l'applicazione in favore degli impianti
di allevamento ittico di un canone ricognitorio richiamando a tal
fine norme statali abrogate da otto anni.
Per l'applicazione di tale canone ridotto, di mero
riconoscimento, per costante giurisprudenza (ex plurimis sentenza
Corte di cassazione, sezione I n. 17101 del 3 dicembre 2002) non
rileva tanto la natura pubblica o privata del concessionario ma il
fine di beneficenza o di pubblico interesse che questi si propone di
perseguire attraverso la concessione. Perche' poi sussistano gli
scopi di pubblico interesse occorre, ai sensi dell'art. 37 del
regolamento per la navigazione marittima, che il concessionario non
ritragga stabilmente alcun lucro o provento dall'uso del bene
demaniale.
Siffatto presupposto non puo' di certo ritenersi sussistente per
gli esercenti gli impianti di allevamento ittico che svolgono
un'attivita' imprenditoriale.
La norma in questione quindi creerebbe un innegabile vantaggio
per le imprese siciliane alterando la par condicio tra gli operatori
economici del settore ed invadendo la competenza esclusiva dello
Stato nella materia della tutela della concorrenza di cui all'art.
117, secondo comma, lettera e) della Costituzione.
Art. 11, comma 86 - Non appare conforme al principio di cui agli
articoli 3 e 97 della Costituzione consentire ai soggetti che hanno
sottoscritto il verbale di conciliazione previsto dall'art. 6 della
legge regionale n. 17/2004 per regolarizzare occupazione illegittime
di beni demaniali e patrimoniali della regione la corresponsione per
il periodo intercorrente dalla data di presentazione dell'istanza di
concessione e quella di rilascio del titolo, del solo canone e non
anche degli interessi moratori per il ritardato pagamento, cosi' come
previsto per la generalita' dei concessionari di beni pubblici.
Art. 11, comma 88 - Si ritiene dovere impugnare la norma in
questione per manifesta irragionevolezza ai sensi degli articoli 3 e
97 della Costituzione in quanto riproduce la disposizione del
precedente comma 87.
Art. 11, commi dal 92 al 96 - Tali disposizioni sono affette dal
vizio dell'irragionevolezza di cui agli articoli 3 e 97 della
Costituzione in quanto introducono una disciplina incompatibile con
il precedente art. 6, comma 22. Esse infatti prevedono la
soppressione del Dipartimento regionale aziende foreste demaniali ed
il trasferimento delle funzioni al Corpo forestale ed alle province
regionali mentre il precedente comma 22 dell'art. 6 attribuisce
competenze al suddetto Dipartimento in materia di determinazione di
tariffe afferenti ai canoni di concessione di beni appartenenti al
demanio forestale, di terreni al pascolo e dei prodotti di bosco.
Inoltre le norme relative al trasferimento di competenze e
funzioni del Dipartimento in questione sono estremamente
indeterminate e non indicano alcun concreto criterio per la
determinazione delle modalita' attuative delle stesse demandato al
presidente della regione come ad esempio riguardo al regime
contrattuale da applicare al personale trasferito. Esse si pongono in
evidente contrasto con il principio di legalita' sostanziale di cui
all'art. 97 Cost. (sent. C.C. n. 307/2003 e n. 156/1982). Da ultimo
codesta Corte ha affermato «l'imprescindibile necessita' che in ogni
conferimento di poteri amministrativi venga osservato il principio di
legalita' sostanziale posto a base dello Stato di diritto. Tale
principio non consente «l'assoluta indeterminatezza» del potere
conferito dalla legge ad una autorita' amministrativa, che produce
l'effetto di attribuire, in pratica, una «totale liberta'» al
soggetto od organo investito della funzione». Non e' sufficiente che
il potere sia finalizzato dalla legge alla tutela di un bene o di un
valore, ma e' indispensabile che il suo esercizio sia determinato nel
contenuto e nelle modalita', in modo da mantenere costantemente una,
pur elastica, copertura legislativa dell'azione amministrativa (sent.
C.C. n. 115/2011).
Art. 11, comma 97 - La disposizione nel prevedere una proroga
generalizzata del personale destinatario del regime transitorio dei
lavori socialmente utili, si pone in contrasto con l'art. 117, comma
2, lettera l) della Costituzione che riserva allo Stato la competenza
esclusiva in materia di ordinamento civile, nonche' con il principio
fondamentale in materia di coordinamento della finanza pubblica di
cui all'art. 117, comma 3, della Costituzione. Il vincolo del
rispetto dei principi statali di coordinamento della finanza
pubblica, connessi ad obiettivi nazionali condizionati anche dagli
obblighi comunitari, e' vincolante per le regioni, al fine di
soddisfare esigenze di razionalizzazione e contenimento della spesa
pubblica (sent. C.C. n. 51/2012 e n. 155/2011).
Art. 11, comma 102 - La disposizione realizza una generalizzata
sanatoria per tutti i concorsi banditi ed espletati, riservati a
personale dipendente privo del requisito del titolo di studio, ma in
possesso di professionalita' acquisita all'interno delle
amministrazioni.
In assenza di particolari elementi cognitivi da cui possa
evincersi l'esistenza, da un canto, di specifiche peculiarita' della
fattispecie tali da escludere che possa risultare arbitraria la
sostituzione della disciplina generale in materia di accesso
all'impiego pubblico e, dall'altro, di un interesse pubblico
legislativamente rilevante, di preminente importanza generale, la
norma in questione concretizza una palese violazione degli articoli 3
e 97 della Costituzione in quanto volta a fornire copertura legale ad
assunzioni ed inquadramenti illegittimamente effettuati.
Art. 11, comma 103 - La norma e' censurabile per violazione degli
articoli 3, 51 e 97 della Costituzione.
La disposta trasformazione dei rapporti di lavoro da tempo
determinato a tempo indeterminato si risolve invero in una deroga
ingiustificata alla regola del concorso pubblico.
La circostanza che il personale suscettibile di essere
stabilizzato senza alcuna prova selettiva sia stato a suo tempo
assunto con contratto a tempo determinato, sulla base di un concorso
pubblico, per effetto della diversita' di qualificazione richiesta
dalle assunzioni a termine rispetto a quelle a tempo indeterminato
non offre adeguate garanzie ne' della sussistenza della
professionalita' necessaria per il suo stabile inquadramento nei
ruoli degli enti locali, ne' del carattere necessariamente aperto
delle procedure selettive (sent. C.C. n. 235/2009).
Il previo superamento di una qualsiasi prova scritta ed una orale
e' infatti un requisito troppo generico per autorizzare la successiva
stabilizzazione senza concorso in quanto la norma in questione non
garantisce che il previo concorso sia riferibile alla tipologia e al
livello delle funzioni che il personale successivamente stabilizzato
sara' chiamato a svolgere.
Art. 11, comma 105 - La disposizione si pone in evidente
contrasto con il principio di legalita' sostanziale di cui all'art.
97 Cost.
Essa infatti demanda ad un decreto del presidente della regione
l'emanazione di disposizioni attuative per la legittimazione e la
vendita di suoli armentizi e di porzioni di demanio senza contenere
l'indicazione di alcun criterio per l'esercizio di tale potere.
Art. 11, comma 109 - La prevista riduzione del 30 della tariffa
per l'istruttoria AIA a favore dei gestori di impianti «cittadini
residenti nel territori regionali o societa' con sede legale in
Sicilia» e' discriminatoria in relazione alla liberta' di
stabilimento di cui all'art. 49 del trattato europeo e pertanto viola
gli articoli 3, 117, comma 1 e 120 della Costituzione.
Art. 11, comma 112 - Si ritiene che la norma sia in contrasto con
gli articoli 3 e 97 della Costituzione in quanto, nel modificare
l'art. 45 della legge regionale n. 9/2009, consente di evitare la
revoca del contributo relativo al finanziamento di progetti
nell'ambito delle misure del POR Sicilia 2000-2006 o addirittura la
restituzione dello stesso da parte dei beneficiari.
La disposizione assume i connotati di una sanatoria che, in
assenza di una dimostrazione dell'esistenza di un preminente e
rilevante interesse pubblico, rende arbitraria la scelta operata dal
legislatore di derogare alla disciplina generale per il settore.
Art. 11, comma 113 - Al fine dell'esame della sopratrascritta
norma e' necessario rilevare che il decreto legislativo n. 205 del 3
dicembre 2010, che ha recepito la nuova normativa europea sui rifiuti
(direttiva 2008/98 CE) ha modificato le precedenti norme contenute
nella parte IV del Codice dell'ambiente (decreto legislativo n.
152/2006), cambiando la modalita' con cui vengono considerati i
residui delle colture agricole e chiarendo il campo di applicazione
della norma sui rifiuti stessi. L'art. 13 della nuova normativa,
infatti, riscrivendo e sostituendo l'art. 185 del Codice
dell'ambiente, indica tra le categorie escluse dal campo di
applicazione del decreto «paglia, sfalci e potature, nonche' altro
materiale agricolo o forestale naturale non pericoloso utilizzati in
agricoltura, nella selvicoltura o per la produzione di energia da
tale biomassa mediante processi o metodi che non danneggiano
l'ambiente ne' mettono in pericolo la salute umana».
Risulta di conseguenza esclusa la possibilita' della combustione
dei residui colturali senza relativa produzione di energia e del
successivo utilizzo come fertilizzanti, attivita' che si configura
quindi come smaltimento di rifiuti agricoli sottoposti alla parte IV
del Codice dell'ambiente e pertanto sanzionabile ai sensi dell'art.
256 dello stesso Codice.
Cosi' ripercorso il quadro normativo di riferimento, e'
necessario verificare se lo stesso trova applicazione nell'ambito
regionale siciliano.
Codesta eccellentissima Corte con costante giurisprudenza
antecedente e successiva alla riforma del titolo V della Costituzione
(ex plurimis sent. n. 222/2003), ha chiarito che la tutela
dell'ambiente e' un valore trasversale che interseca materie diverse
quali, principalmente, l'urbanistica, i beni ambientali e la sanita'.
L'art. 117, comma 2, lettera s) della Costituzione riserva la
«tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali» alla
competenza esclusiva dello Stato.
L'art. 10 della legge costituzionale n. 3/2001 ha sancito che
«sino all'adeguamento dei rispettivi statuti le disposizioni della
presente legge costituzionale si applicano anche alle regioni a
statuto speciale ed alle province autonome di Trento e di Bolzano per
le parti in cui prevedono forme di autonomie piu' ampie rispetto a
quelle gia' attribuite».
Lo statuto speciale siciliano non prevede esplicitamente la
materia «ambiente» e pertanto necessita verificare, di volta in
volta, sotto quale aspetto la tutela ambientale venga considerata,
poiche' la Regione siciliana gode di competenza esclusiva sotto il
profilo urbanistico e della tutela del paesaggio, ed e' titolare di
competenza legislativa concorrente sotto il profilo dell'igiene e
della sanita'.
Orbene, poiche' la normativa in questione non e' direttamente
riconducibile ad alcuna delle materie di competenza regionale,
compresa quella dell'agricoltura e foreste, deve concludersi che nel
caso in ispecie sia attribuito allo Stato non solo il recepimento, ma
anche la disciplina di attuazione della cennata direttiva europea
2008/98/CE.
E deve conseguentemente ritenersi applicabile in Sicilia
l'impianto normativo statale sopra riassunto con conseguente
illegittimita' costituzionale di ogni norma regionale che abbia in
qualunque modo l'effetto di attenuare, o come nel caso in ispecie,
escludere l'applicazione delle determinazioni gia' assunte dallo
Stato per rispondere ad esigenze considerate meritevoli di disciplina
uniforme sull'intero territorio nazionale (sent. C.C. n. 407/2002).
Con la disposizione in questione il legislatore regionale
esorbita dalle competenze attribuitegli dallo statuto speciale ed
introducendo una deroga a quanto prescritto dall'art. 185 del decreto
legislativo n. 152/2006 rende lecita una condotta sanzionata
dall'art. 256 del Codice dell'ambiente con la pena dell'arresto da
tre mesi ad un anno o con l'ammenda da 2.600 euro a 26.000 euro,
interferendo cosi' nella materia penale di esclusiva spettanza dello
Stato. La norma viola pertanto l'art. 117, primo e secondo comma,
lettera s) Cost., nonche' l'art. 14 dello statuto speciale per
interferenza in materia penale.
Art. 11, comma 116 - In merito alla norma in esame si rileva che
l'art. 4 della legge n. 362/1991 stabilisce che il conferimento delle
sedi farmaceutiche vacanti o di nuova istituzione, che risultino
disponibili per l'esercizio da parte dei privati, abbia luogo
mediante concorso.
Il comma 2 del predetto articolo dispone che «Sono ammessi al
concorso di cui al comma 1 i cittadini di uno Stato membro della
Comunita' economica europea maggiori di eta', in possesso dei diritti
civili e politici e iscritti all'albo professionale dei farmacisti
che non abbiano compiuto i sessanta anni di eta' alla data di
scadenza del termine di presentazione delle domande».
La disposizione censurata prevede una deroga ai limiti di eta'
indicati nel sopra citato comma 2 «nel caso in cui l'assegnazione
della gestione provvisoria della sede farmaceutica sia avvenuta non
oltre il 31 dicembre 2009».
In proposito, occorre osservare che la Corte costituzionale ha
piu' volte avuto occasione di sottolineare che, ai fini del riparto
delle competenze legislative previsto dall'art. 117 della
Costituzione, la materia dell'organizzazione del servizio
farmaceutico deve essere ricondotta «al titolo di competenza
concorrente della tutela della salute», in quanto «la complessa
regolamentazione pubblicistica della attivita' economica di rivendita
dei farmaci e' infatti preordinata al fine di assicurare e
controllare l'accesso dei cittadini ai prodotti medicinali ed in tal
senso a garantire la tutela del fondamentale diritto alla salute
(...)».
La norma di rango statale prevista dall'art. 4, comma 2, della
legge n. 362/1991 riveste la natura di «principio fondamentale», in
quanto individua criteri generali relativi all'accesso al concorso
che garantiscono unitarieta' su tutto il territorio e parita' di
trattamento tra i farmacisti ai fini del conferimento delle sedi
vacanti o di nuova istituzione.
Per tale ragione, pertanto, la sopracitata disposizione non puo'
essere derogata dalla norma regionale in questione che si pone cosi'
in contrasto con gli articoli 3 e 117, terzo comma della Costituzione
nonche' dell'art. 17 dello statuto speciale.
Art. 11, comma 118 - La disposizione e' affetta da
irragionevolezza ai sensi degli articoli 3 e 97 Cost. in quanto
riproduce la norma del precedente comma 117.
Art. 11, comma 120 - La disposizione introduce forme di
pubblicita' degli appalti diverse da quelle previste dagli articoli
66 e 122 del Codice degli appalti di cui al decreto legislativo n.
263/2006. Trattandosi di aspetti inerenti alle procedure di
affidamento (cosi' come acclarato da codesta Corte nella sentenza n.
411/2008) e quindi rientranti nella materia della tutela della
concorrenza, le norme del predetto codice costituiscono un legittimo
limite all'esplicarsi della potesta' legislativa esclusiva della
regione. Questa, quindi, si ritiene non possa adottare, per quanto
riguarda la tutela della concorrenza, una disciplina con contenuti
difformi da quella assicurata dal legislatore statale con il decreto
legislativo n. 163/2006, in attuazione delle prescrizioni poste dalla
Unione europea (sentenza C.C. n. 221/2010). La norma e' pertanto in
contrasto con l'art. 117, secondo comma, lettera e) Cost.
Art. 11, comma 121 - La disposizione e' affetta da palese
irragionevolezza ai sensi degli articoli 3 e 97 Cost., in quanto non
specifica l'esercizio finanziario a carico del quale viene posta
l'erogazione del contributo in favore delle scuole paritarie.
Art. 11, comma 122 - La norma si pone in contrasto con gli
articoli 3 e 97 della Costituzione in quanto prevede una diversa
composizione del consiglio di amministrazione dell'istituto dei
ciechi «Opere riunite Ignazio Florio e A. Salamone» di Palermo di cui
all'art. 2 legge regionale n. 16/1995 che non solo non tiene conto
delle previsioni dello statuto dell'Unione italiana ciechi ma anche
privilegia inspiegabilmente una sezione provinciale (quella di
Palermo) per la designazione dei rappresentanti di un ente che svolge
un'attivita' in ambito regionale.
Art. 11, commi 123, 124, 125, 126 e 127 - Le norme sono affette
dal vizio dell'irragionevolezza ex articoli 3 e 97 della Costituzione
in quanto identiche e/o confliggenti con il comma 22 dell'art. 6 e
con il precedente comma 92 dell'art. 11.
Art. 11, comma 129 - La norma e' in palese contrasto con l'art.
97 della Costituzione. Non appare invero conforme al principio di
buon andamento della pubblica amministrazione porre a carico della
stessa gli oneri degli enti, associazioni e cooperative private nei
confronti dei propri dipendenti. La disposizione arreca evidente
aggravio sull'operato del personale dei pubblici uffici interessati e
provoca negative refluenze sulle operativita' generale degli stessi.
Gli oneri finanziari derivanti dalle anticipazioni delle somme dovute
quale corrispettivi di servizi resi in concessioni e/o convenzioni da
privati non risultano determinati in contrasto con l'art. 81 Cost.
Art. 11, commi dal 131 al 141 - Le norme si ritengono in
contrasto con l'art. 81 della Costituzione in quanto, nonostante
siano stati richiesti formali chiarimenti all'amministrazione
regionale ai sensi dell'art. 3 del decreto del Presidente della
Repubblica n. 488/1969 circa l'idoneita' di copertura prevista dal
comma 139 ovverossia le disponibilita' del POR per il fondo sociale
europeo 2007-2013, la stessa non ha fornito alcun elemento
chiarificatore.
Art. 11, comma 142 - La norma consente agli enti parco, agli
operatori agricoli, alle associazioni di produttori ed operatori
ambientali e ai comuni, allo scopo di incrementare la fruizione e lo
sviluppo delle attivita' agricole di montagna di realizzare strutture
precarie all'interno dei parchi regionali e dei boschi in assenza di
qualsivoglia procedura autorizzatoria con grave compromissione della
tutela del paesaggio ed ambientale. Essa, pertanto, viola gli
articoli 9, 97 e 117, secondo comma, lettera s) della Costituzione.
Art. 11, comma 146 - La disposizione, ampliando la categoria dei
possibili destinatari dei benefici previsti dall'art. 4, legge
regionale n. 20/1999, determina oneri non quantificati e si pone
pertanto in contrasto con l'art. 81 della Costituzione.
Art. 11, comma 147 - La norma viola gli articoli 3 e 97 della
Costituzione in quanto modifica una disposizione statale.
Art. 11, comma 148 - Si ritiene che la norma sia in contrasto con
l'art. 81 della Costituzione in quanto non determina gli oneri
derivanti dalla stessa.
Art. 11, comma 152 - La norma appare affetta da irragionevolezza
e quindi in contrasto con gli articoli 3 e 97 della Costituzione in
quanto dispone l'istituzione di un nuovo capitolo di spesa per le
finalita' di cui all'art. 28 della legge regionale n. 30/1997 senza
pero' determinarne la dotazione ed indicare i mezzi di copertura dei
nuovi oneri.
Art. 11, comma 153 - La disposizione in questione si ritiene
anch'essa irragionevole ai sensi degli articoli 3 e 97 della
Costituzione.
Non puo' invero ritenersi ragionevole, al fine della disciplina
dell'organizzazione degli uffici dell'amministrazione regionale e dei
rapporti di lavoro della stessa, il rinvio operato dal legislatore
alla norma transitoria del decreto legislativo n. 29 del 1993
attinente all'amministrazione dello Stato. Quest'ultima ha infatti
proprie peculiarita' ordinamentali riguardanti sia l'assetto
organizzativo sia il trattamento giuridico del personale
dirigenziale, non omogenee ne' assimilabili in alcun modo a quelle
proprie della Regione siciliana.
La norma di asserita natura interpretativa appare piuttosto uno
strumento surrettizio per ritenere i concorsi espletati
dall'amministrazione per qualifiche professionali non dirigenziali
idonei all'inquadramento dei relativi vincitori quali dirigenti, in
palese violazione degli articoli 3, 97 e 81 della Costituzione.
Dall'eventuale applicazione della norma deriverebbe
l'inquadramento nei ruoli regionali di un non precisato numero di
dirigenti in sovrannumero rispetto alle esigenze dell'amministrazione
con conseguente aggravio degli oneri a carico del bilancio, peraltro
non quantificati e privi di idonea copertura.
Art. 11, commi da 154 a 157 - Le disposizioni prevedono
l'istituzione dell'ufficio regionale della persona disabile ma non
contemplano ne' la quantificazione degli oneri ne' la relativa
copertura ponendosi in palese contrasto con l'art. 81, quarto comma
della Costituzione.
Nei chiarimenti forniti dall'amministrazione regionale con nota
25726/A.07/01 del 24 aprile 2012 in proposito viene affermato che
«stante la complessita' della materia in atto non e' stata formulata
la relativa scheda tecnica».
P.Q.M.
Impugna:
Art. 1, comma 2 per violazione degli articoli 117, terzo
comma e 81, quarto comma della Costituzione;
Art. 6:
comma 3, lettere b) e c), per violazione degli articoli 81,
quarto comma e 97 della Costituzione;
commi 6, 7 e 8 per violazione dell'art. 81, quarto comma
della Costituzione;
comma 10 per violazione degli articoli 3 e 97 della
Costituzione;
comma 15 per violazione degli articoli 81, quarto comma e
117, terzo comma della Costituzione;
comma 18 per violazione degli articoli 81, quarto comma,
117, secondo comma, lettera m) della Costituzione;
comma 22 per violazione degli articoli 3 e 97 della
Costituzione;
comma 26 per violazione degli articoli 3 e 97 della
Costituzione;
commi 27 e 28 per violazione degli articoli 97 e 117,
secondo comma, lettera e) della Costituzione;
comma 30 per violazione dell'art. 36 dello statuto speciale
e degli articoli 23, 117, primo comma e 120 della Costituzione;
comma 34 per violazione dell'art. 97 della Costituzione;
Art. 8:
comma 8 per violazione art. 97 della Costituzione;
comma 9 per violazione degli articoli 81, quarto comma e 97
della Costituzione;
comma 10 per violazione degli articoli 3 e 97 della
Costituzione;
comma 12 limitatamente all'inciso «8, 9, 10 e» per
violazione degli articoli 3 e 97 della Costituzione;
commi dal 14 al 17 per violazione degli articoli 3 e 117,
secondo comma, lettera e) della Costituzione;
comma 18 per violazione dell'art. 117, primo e secondo
comma, lettera e) della Costituzione;
Art. 11:
comma 2 per violazione dell'art. 81, quarto comma della
Costituzione;
comma 3, lettera a) per violazione degli articoli 3, 97 e
117, secondo comma, lettera l) e terzo comma della Costituzione;
comma 4 per violazione degli articoli 3, 51 e 97 della
Costituzione;
comma 12, limitatamente all'ultimo periodo, per violazione
dell'art. 117, terzo comma della Costituzione;
comma 16 per violazione dell'art. 117, secondo comma,
lettera l) e terzo comma della Costituzione;
commi 21 e 22 per violazione degli articoli 9, 11, 97 e
117, primo comma, lettera s) della Costituzione;
comma 26 per violazione degli articoli 3 e 97 della
Costituzione;
commi 29 limitatamente all'inciso «e l'incompatibilita' con
qualsiasi impiego pubblico» e 35 per violazione dell'art. 117,
secondo comma, lettera l) della Costituzione;
comma 42 per violazione dell'art. 117, commi 1 e 2, lettera
s) della Costituzione;
comma 57 per violazione dell'art. 117, secondo comma,
lettera e) della Costituzione;
comma 61 per violazione degli articoli 3, 97 e 117, secondo
comma, lettera l) della Costituzione;
commi 82, 83 e 84 per violazione dell'art. 117, secondo
comma, lettera e) della Costituzione;
commi 86, 88, 92, 93, 94, 95 e 96 per violazione degli
articoli 3 e 97 della Costituzione;
comma 97 per violazione dell'art. 117, secondo comma,
lettera l) e terzo comma della Costituzione;
comma 102 per violazione degli articoli 3 e 97 della
Costituzione;
comma 103 per violazione degli articoli 3, 51 e 97 della
Costituzione;
comma 105 per violazione dell'art. 97 della Costituzione;
comma 109 limitatamente all'inciso «Qualora il gestore
dell'impianto sia cittadino residente nel territorio regionale o
societa' con sede legale in Sicilia, gli oneri di cui sopra sono
ridotti nella misura del 30 per cento» per violazione degli articoli
3, 117, primo comma, 120 della Costituzione;
comma 112 per violazione degli articoli 3 e 97 della
Costituzione;
comma 113 per violazione dell'art. 117, primo e secondo
comma, lettera s) della Costituzione e per interferenza in materia
penale in relazione ai limiti posti dall'art. 14 dello statuto
speciale;
comma 116 per violazione degli articoli 3, 117, terzo comma
della Costituzione e 17 dello statuto speciale;
comma 118 per violazione degli articoli 3 e 97 della
Costituzione;
comma 120 per violazione dell'art. 117, secondo comma,
lettera e) della Costituzione;
commi 121, 122, 123, 124, 125, 126 e 127 per violazione
degli articoli 3 e 97 della Costituzione;
comma 129 per violazione degli articoli 81, quarto comma e
97 della Costituzione;
commi 131, 132, 133, 134, 135, 136, 137, 138, 139, 140 e
141 per violazione dell'art. 81, quarto comma della Costituzione;
comma 142 per violazione degli articoli 9, 97 e 117,
secondo comma, lettera s) della Costituzione;
comma 146 per violazione dell'art. 81, quarto comma della
Costituzione;
comma 147 per violazione degli articoli 3 e 97 della
Costituzione;
comma 148 per violazione dell'art. 81, quarto comma della
Costituzione;
comma 152 per violazione degli articoli 3 e 97 della
Costituzione;
comma 153 per violazione degli articoli 3, 97 e 81, quarto
comma della Costituzione;
commi 154, 155, 156 e 157 per violazione dell'art. 81,
quarto comma della Costituzione.
Palermo, 26 aprile 2012
Il Commissario dello Stato per la Regione siciliana: Aronica