Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in cancelleria il 7 maggio 2012 (del  Commissario  dello  Stato  per  la Regione siciliana).

 

 

 

  

 

 

 

 

 

(GU n. 23 del 06.06.2012 ) 

 

 

 

    L'Assemblea regionale siciliana, nella seduta del 18 aprile 2012,

ha approvato il disegno di legge  n.  801  dal  titolo  «Disposizioni

programmatiche e correttive per  l'anno  2012.  Legge  di  stabilita'

regionale», pervenuto a questo commissariato dello Stato, ai sensi  e

per gli effetti dell'art. 28 dello statuto speciale, il successivo 21

aprile 2012.

    Si ritiene di dover sottoporre al  vaglio  di  codesta  Corte  le

disposizioni di cui agli articoli 1, 6, 8 ed 11  per  le  motivazioni

che di seguito si espongono.

    Art. 1,  comma  2  -  Si  autorizza  il  Ragioniere  generale  ad

effettuare   operazioni   finanziarie   per   il   finanziamento   di

investimenti coerenti con l'art. 3, comma 18 della legge 24  dicembre

2003, n. 350, e successive modifiche ed integrazioni per un ammontare

complessivo  pari  a  558.200  migliaia  di  euro   per   l'esercizio

finanziario 2012, pari a 452.500 migliaia  di  euro  per  l'esercizio

finanziario 2013 e pari a 210.000 migliaia di  euro  per  l'esercizio

finanziario 2014.

    La  genericita'  della  locuzione  «investimenti  coerenti»   non

consente di verificare se la regione negli effetti osservi le  regole

ed i limiti previsti dall'art. 3, commi 16 - 21-bis  della  legge  n.

350/2003.

    In proposito codesta eccellentissima Corte nella sentenza  n.  70

del 2012 ha affermato che le  prescrizioni  contenute  nelle  cennate

disposizioni costituiscono contemporaneamente norme di  coordinamento

della finanza pubblica ai sensi  dell'art.  117,  terzo  comma  della

Costituzione  (in  quanto  servono  a   controllare   l'indebitamento

complessivo  delle  amministrazioni  nell'ambito   della   cosiddetta

finanza allargata,  nonche'  il  rispetto  dei  limiti  interni  alla

disciplina  dei  prestiti  pubblici)  e  principi   di   salvaguardia

dell'equilibrio del bilancio ai  sensi  dell'art.  81,  quarto  comma

della Costituzione.

    Di conseguenza la norma di cui  al  secondo  comma  dell'art.  1,

poiche' non da' garanzie che il nuovo ricorso  all'indebitamento  sia

esente  da  vizi,  non  fornendo  nel  dettaglio  la   tipologia   di

investimento in concreto programmata, si appalesa in contrasto, nella

parte de qua, con gli articoli 117, terzo comma e  81,  quarto  comma

della Costituzione.

    Non puo' invero ritenersi sufficiente, secondo  quanto  affermato

da codesta eccellentissima Corte nella cennata sentenza in  occasione

dello scrutinio di una analoga disposizione  della  regione  Campania

contenuta nella legge di bilancio per il 2011, l'elenco delle  U.P.B.

da finanziare con il ricorso al mercato, fornito ai  sensi  dell'art.

3,   decreto   del   Presidente   della   Repubblica   n.    488/1969

dall'amministrazione regionale  con  nota  n.  25726/A.07.01  del  24

aprile 2012 (allegato 1).

    Nell'allegato 1 alla suddetta nota sono infatti  inserite  alcune

U.P.B.,  quali  ad  esempio   1.2.2.6.99,   4.2.2.8.99,   5.2.2.6.99,

7.2.2.6.99, che riportano come descrizione dell'intervento finanziato

la dizione «altri oneri comuni» e  «altri  investimenti»,  ed  altre,

quali la 10.5.2.6.1 e la 12.4.2.62, che non  appaiono  immediatamente

riconducibili alle spese di investimento come definite  dall'art.  3,

comma 18 della legge n. 350/2003.

    Art. 6, comma 3  -  Si  autorizza  l'assunzione  per  il  biennio

2012-2013 di oneri a carico del bilancio regionale per la gestione di

impianti di dissalazione affidati in base a convenzioni prorogate e/o

scadute a privati ed enti pubblici, non  tutti  peraltro  individuati

con procedure di selezione pubbliche,  secondo  quanto  rappresentato

dall'amministrazione  regionale  nei  chiarimenti  forniti  ai  sensi

dell'art. 3 del decreto del Presidente della Repubblica  n.  488/1969

(allegato 2), nonche' per il  ripianamento  di  situazioni  debitorie

pregresse per un importo complessivo nel decennio  2012-2022  di  180

milioni di euro.

    Detta disposizione si ritiene essere in contrasto  con  gli  art.

81, quarto comma e 97 della Costituzione giacche' non e' prevista per

gli oneri derivanti dalle lettere b) e c) una copertura  nelle  forme

richieste dall'art. 17 della legge n. 196/2009.  In  particolare  per

quanto  attiene  al  pagamento  delle   obbligazioni   pregresse   da

effettuarsi nel decennio 2012-2022, dai chiarimenti  forniti  non  si

rinvengono elementi tali da consentire  l'imputazione  del  debito  a

carico della regione ne' una puntuale quantificazione  dello  stesso,

trattandosi, come emerge peraltro da una  relazione  ispettiva  della

stessa amministrazione regionale (allegato 3), di gestioni  di  fatto

prive delle prescritte preventive autorizzazioni  amministrative.  In

assenza peraltro dell'indicazione nella scheda  tecnica  dei  criteri

seguiti per la quantificazione  degli  impegni,  si  ritiene  che  le

autorizzazioni delle spese in  questione  possano  compromettere  gli

equilibri finanziari sostenibili dei bilanci degli  anni  futuri  non

essendo garantita per le spese in questione una copertura  sicura  ed

in equilibrato rapporto con gli oneri che si intendono sostenere  nel

prossimo decennio.

    Si rileva in proposito che non puo' ritenersi  assolto  l'obbligo

di copertura della spesa di  cui  trattasi  con  l'inserimento  delle

stesse  nella  tabella  riepilogativa  degli  effetti  della  manovra

finanziaria fra le maggiori spese (riquadro B2 dell'allegato  A  alla

legge), atteso che le stesse sono  elencate  anche  nel  riquadro  A2

minori spese.

    Nella sostanza il legislatore siciliano ha  prima  inscritto  nel

bilancio, di cui al disegno di legge n. 800, la  spesa  in  questione

pur in assenza  della  prescritta  preventiva  legge  sostanziale  di

autorizzazione e di relativa copertura, per poi ridurla e/o azzerarla

con il successivo  provvedimento  legislativo  oggetto  del  presente

gravame, nell'intento di ampliare, cosi' operando,  il  ventaglio  di

risorse disponibili con cui far fronte agli oneri previsti.

    E' di tutta evidenza che si e'  in  presenza  di  un  artificioso

meccanismo contabile che non assicura  l'effettivita'  delle  risorse

finanziarie necessarie per sopperire alla spesa autorizzata.

    E' invero tautologico, e non  risolutivo  ai  fini  del  rispetto

dell'art. 81 della Costituzione, (sentenza C.C.  n.  135/1968),  dare

copertura finanziaria a nuovi oneri con riduzione di  spese  previste

in capitoli del bilancio a loro volta inscritti  in  assenza  di  una

legge sostanziale che ne abbia preventivamente  individuato  i  mezzi

con cui farvi fronte.

    Analoga censura e' mossa riguardo alle previsioni dei commi 6,  7

ed 8 del medesimo art. 6  in  quanto  tutti  riguardanti  oneri  gia'

iscritti nel bilancio per il corrente esercizio  in  assenza  di  una

preventiva legge sostanziale di  autorizzazione  della  spesa  o  che

abbia dato copertura agli incrementi di spese  gia'  autorizzate  per

importi inferiori.

    Il sesto comma infatti concerne l'incremento di 500  migliaia  di

euro alla spesa triennale di 36 milioni di euro autorizzata dall'art.

52 della legge regionale n. 11/2010 (cap. 183782  U.P.B.  6.2.1.3.1.)

mentre il comma 7 «autorizza» la spesa e il permanere nel bilancio di

capitoli di spesa gia' oggetto di impugnativa il 6  luglio  2011  per

violazione degli articoli 81, quarto comma e 97 della Costituzione.

    Il comma 8 autorizza la maggiore spesa relativa a  contributi  ad

enti o associazioni, di cui all'art. 128  della  legge  regionale  n.

11/2010 e all'art. 7, legge regionale n.  8/2011,  con  la  riduzione

degli stanziamenti operati nel bilancio (disegno  di  legge  n. 800),

per 50.685 migliaia di euro in assenza di una norma  sostanziale  che

li avesse autorizzati per quegli importi atteso che la cennata  legge

regionale n. 11/2010 determinava per l'anno 2012 l'importo di  33.363

migliaia di euro per i contributi in questione.

    In  proposito  nella  nota  sentenza  n.  66  del  1959,  codesta

eccellentissima  Corte  ha  subito  chiarito  che  il  quarto   comma

dell'art. 81 della Costituzione «forma sistema con il terzo».

    Quest'ultimo dispone invero che con la legge di approvazione  non

si possono stabilire «nuovi tributi e nuove spese», e  cioe'  non  si

possono  aggiungere  spese  e  tributi  a  quelli  contemplati  dalla

legislazione sostanziale preesistente, mentre il quarto comma dispone

che ogni legge sostanziale che importi «nuove o maggiori spese»  deve

indicare i mezzi per farvi fronte, e cioe' che non  possono  emanarsi

disposizioni che comportino per bilanci pubblici oneri di piu'  ampia

portata rispetto a quelli derivanti dalla legislazione  preesistente,

se non venga introdotta nella legislazione  anche  l'indicazione  dei

mezzi destinati alla copertura di nuovi oneri (sentenze n. 36 e n. 31

del 1961 e n. 226 del 1976).

    Il principio risultante dal combinato disposto del terzo e quarto

comma  dell'art.  81  nella   sostanza   consiste   nell'imporre   al

legislatore l'obbligo di darsi carico delle  conseguenze  finanziarie

delle sue leggi, provvedendo al reperimento dei mezzi  necessari  per

farvi fronte. Obbligo a cui, invece, parrebbe essere venuto  meno  il

legislatore siciliano iscrivendo in bilancio  spese  pluriennali  e/o

durature, destinate inevitabilmente ad aumentare nei  prossimi  anni,

senza avere prima provveduto a quantificare gli oneri per l'esercizio

in corso e per quelli futuri e dare idonea copertuta finanziaria agli

stessi con le modalita' prescritte dall'art. 17 legge n. 196/2009.

    Ed invero nuove e/o maggiori spese, come quelle in questione  per

le quali la legge che le autorizza non indica idonei mezzi per  farvi

fronte, non possono trovare copertura mediante iscrizione negli stati

di  previsione  della  spesa,  dovendo  corrispondere  ad  un   nuovo

stanziamento l'indicazione positiva delle risorse (sentenze n.  47  e

n. 49 del 1967 e n. 17 e n. 135 del 1968).

    Art. 6, comma 10 - La disposizione, nel prevedere la  proroga  di

un termine gia' scaduto da oltre sei anni, si appalesa  in  contrasto

con gli articoli 3 e 97 della Costituzione.

    Essa infatti, nel procrastinare l'applicazione del  limite  posto

al  trattamento  economico  del  personale  degli  enti,  aziende  ed

istituti  sottoposti  a  vigilanza  e   tutela   dell'amministrazione

regionale,  legittimerebbe  ex  post  l'eventuale  corresponsione  di

emolumenti in misura superiore a quella prevista dall'art.  31  della

legge regionale n. 6 del 1997. In proposito  codesta  eccellentissima

Corte,  nel  ritenere  non  costituzionalmente  precluse  in  via  di

principio le leggi di sanatoria, chiede che le stesse siano sostenute

da  interessi  pubblici,  legislativamente  rilevanti  di  preminente

importanza generale, (sent. n. 94/95) i quali per la fattispecie  «de

qua», in assenza  di  qualsiasi  elemento  chiarificatore  desumibile

dagli atti parlamentari, non risultano essere presenti.

    Art. 6, comma 15 - La norma nel disporre la  costituzione  di  un

accantonamento negativo ai sensi dell'art. 10, comma  2  della  legge

regionale n. 47/1977 di 191.859  migliaia  di  euro  derivante  dalle

entrate  prodotte  dal  processo  di  valorizzazione  del  patrimonio

regionale  per  integrare  la  copertura  finanziaria   della   spesa

riportata nella tabella A, si ritiene essere in contrasto con  l'art.

81 della Costituzione.

    L'art.  17  della  legge  n.  196/2009,  che  rende  concreto  il

principio dell'art. 81  della  Costituzione  e  le  cui  disposizioni

costituiscono principio fondamentale del coordinamento della  finanza

pubblica, espressamente esclude invero che si  possa  dare  copertura

attraverso l'utilizzo dei proventi  derivanti  da  entrate  in  conto

capitale, quale quella della valorizzazione del patrimonio, a nuovi o

maggiori oneri di parte corrente come  quelli  indicati  nel  cennato

accantonamento positivo di cui alla tabella A.

    Art.  6,  comma  18  -  La  norma,  nel  disporre  a  carico  del

finanziamento del Servizio sanitario regionale  gli  oneri  derivanti

dalla corresponsione dell'indennita' di cui all'art.  7  della  legge

regionale n. 20/1990 in favore dei cittadini affetti  da  talassemia,

si pone in contrasto con l'art. 81 della Costituzione.

    La regione, infatti, sottoposta a piano di rientro dei  disavanzi

regionali introduce impropriamente a carico  del  Servizio  sanitario

regionale una nuova ragione di spesa senza individuare  le  ulteriori

idonee e specifiche fonti di copertura.

    L'erogazione dell'indennita' in questione non rientra infatti tra

le  prestazioni  sanitarie,  in  quanto  essa  ha  una   connotazione

previdenziale.

    La norma in questione, pertanto, attenendo alla  definizione  dei

livelli essenziali delle prestazioni sanitarie (che, in generale,  e'

riservata alla potesta' legislativa esclusiva dello  Stato  ai  sensi

dell'art. 117, comma 2, lettera m) della Costituzione), eccede  dalle

competenze della regione, individuate, in particolare, dagli articoli

14 e 17 dello statuto speciale regionale. La definizione dei  livelli

essenziali delle prestazioni, infatti, non  rientra  tra  le  materie

attribuite alla potesta' legislativa regionale,  ed  e'  pertanto  da

considerarsi di esclusiva competenza dello Stato.

    Inoltre, poiche' la norma in questione non quantifica  gli  oneri

da essa derivanti, ne' gli specifici mezzi per farvi fronte,  risulta

leso anche l'art. 81 della Costituzione.

    Essa,  peraltro,  destinando  risorse  finalizzate   al   settore

sanitario per finalita' diverse, pone problemi di compatibilita'  col

Piano di rientro, risultando altresi' violato l'art. 2, commi 80 e 95

della legge n. 191/2009, secondo cui «gli interventi individuati  dal

Piano di rientro sono vincolanti per la regione, che e'  obbligata  a

rimuovere i provvedimenti, anche legislativi, e a  non  adottarne  di

nuovi che siano di  ostacolo  alla  piena  attuazione  del  Piano  di

rientro».

    Art. 6, comma 22 - E' manifestamente irragionevole  e  quindi  in

contrasto con gli articoli  3  e  97  della  Costituzione  in  quanto

attribuisce competenze al Dipartimento aziende foreste demaniali,  di

cui e' prevista la soppressione al comma 92 del successivo art. 11.

    Art. 6, comma 26 - Si ritiene che la disposizione, per  l'estrema

genericita' del contenuto, sia in contrasto con gli articoli 3  e  97

della  Costituzione  oltre  che  con  il  principio  affermato  dalla

giurisprudenza  di  codesta  eccellentissima  Corte,   di   legalita'

sostanziale. Infatti gli enti di cui alla legge regionale n.  98  del

1981 sono gli enti parco e gli enti gestori delle riserve naturali.

    I primi sono enti dotati di autonomia amministrativa, gestionale,

patrimoniale  e  sono  sottoposti   al   controllo   dell'Assessorato

regionale territorio ed ambiente.

    I secondi sono invece soggetti dotati  di  propria  soggettivita'

giuridica,  anche  di  diritto   privato   (provincie,   universita',

associazioni  ambientaliste,  azienda  foreste   demaniali)   e   non

dipendenti in alcun  modo  dall'Assessorato  regionale  territorio  e

ambiente.

    Non si comprende in quale modo l'Assessorato regionale territorio

e ambiente possa disporre dei beni appartenenti alle provincie,  alle

universita' o alle associazioni ambientaliste di cui non dispone o su

cui non gode alcun diritto reale.

    Art. 6, commi 27 e 28 - Prevedono il rilascio di autorizzazioni o

concessioni precarie di  porzioni  di  sedi  viarie  appartenenti  al

demanio trazzerale per una serie  di  usi,  alcuni  dei  quali  anche

attinenti ad attivita' imprenditoriali ed economiche, per una «durata

limitata».

    Orbene siffatta limitazione temporale dell'uso del bene demaniale

assolutamente indeterminata si pone in contrasto con gli articoli  97

e 117, secondo comma, lettera e).

    Infatti la locuzione «avente durata limitata» nella  sua  estrema

genericita' consentirebbe l'uso  particolare  del  bene  pubblico  da

parte dei privati per periodi anche quasi  perpetui,  con  innegabili

refluenze sulla libera  concorrenza  degli  operatori  economici  non

concessionari  operanti  sul  mercato,  cui  verrebbero  precluse  le

possibilita' di  accedere  all'utilizzo  del  demanio  per  un  tempo

imprecisato.

    Codesta  eccellentissima  Corte  ha  peraltro  riconosciuto   con

costante giurisprudenza (ex plurimis sentenze nn. 307/2003 e 32/2009)

che l'assoluta indeterminatezza del potere demandato ad una  pubblica

amministrazione senza indicazione di alcun criterio  da  parte  della

legge (come quello  in  ispecie)  viola  il  principio  di  legalita'

sostanziale ex art. 97 della Costituzione.

    Inoltre alla fine del comma 28, si fa riferimento, per  la  stima

dei valori dei terreni da dare in  concessione,  ai  valori  agricoli

medi di cui alla legge 22 ottobre 1971, n. 865, mentre  con  sentenza

della Corte costituzionale n. 181 del 2011 e' stato  sancito  che  la

valutazione dei terreni va fatta secondo il valore di mercato.

    Non risulta invero comprensibile in base  a  quale  principio  di

buona amministrazione e di tutela del pubblico erario,  gli  espropri

in danno dei privati sono pagati secondo il valore di mercato, mentre

i beni demaniali dovrebbero  essere  concessi  ai  privati  a  valori

significativamente inferiori.

    Inoltre la norma appare non  coerente  con  quanto  previsto  dal

precedente comma 23 dell'art. 6 che prevede, per i canoni  concessori

a titolo ricognitorio di beni demaniali e  patrimoniali,  un  importo

non inferiore  a  5.000  euro  annui,  di  gran  lunga  superiore  in

moltissimi casi a  quello  scaturente  dall'applicazione  dei  valori

agricolo medi.

    Art. 6, comma 30 - Stabilisce il pagamento  di  un  biglietto  di

accesso per le aree naturali  protette  e  per  le  aree  attrezzate,

nonche' «per le isole che comprendono aree protette».

    Questo ultimo inciso sembrerebbe determinare il pagamento  di  un

biglietto di accesso  alla  stessa  isola  siciliana  dando  adito  a

perplessita'  di  ordine  costituzionale.  Detta  entrata   potrebbe,

infatti, configurarsi come una vera  e  propria  imposta,  in  quanto

appaiono sussistere tutti gli elementi elaborati dalla giurisprudenza

costituzionale per qualificare un'entrata come tributaria, che,  come

ha affermato la Corte  costituzionale  nella  sentenza  n.  280/2011,

potrebbe essere annoverata tra i «tributi di scopo».

    Tale entrata, invero, costituisce un prelievo coattivo, stabilito

direttamente ed esclusivamente dalla legge regionale, che  non  trova

la sua fonte in un rapporto sinallagmatico tra le parti.

    Viene, infatti,  richiesto  il  pagamento  per  il  mero  accesso

nell'isola,  indipendentemente  dall'effettivo  ingresso  nelle  aree

protette, per cui il  cittadino  sarebbe  chiamato  ad  assolvere  il

pagamento anche se non visita quest'ultime, con cio'  vanificando  la

finalita' della norma che e' quella di  «incrementare  i  servizi  ai

visitatori e le attivita' di tutela delle aree protette regionali».

    Il riconoscimento a detta entrata  della  natura  tributaria  non

esclude, ovviamente, che la Regione  siciliana  sia  facoltizzata  ad

istituirla,  giacche'  sia  le  norme  statutarie  e  sia  quelle  di

attuazione  statutaria  riconoscono  alla  regione  tale  potere.  E'

necessario,  pero'  sottolineare  che  l'art.  6  del   decreto   del

Presidente della Repubblica 26 luglio 1965, n. 1074,  stabilisce  che

la regione  puo'  istituire  nuovi  tributi  in  corrispondenza  alle

particolari  esigenze  della  comunita'  regionale  «nei  limiti  dei

principi del sistema tributario dello Stato».

    Occorre pertanto che il nuovo tributo, come precisato dalla Corte

costituzionale nella sentenza n. 102 del 15  aprile  2008,  non  crei

«disarmonie o incoerenze  con  il  sistema  tributario  statale»,  il

quale, allo stato attuale, prevede  l'imminente  introduzione  di  un

imposizione comunale correlata allo sbarco sulle  isole  minori,  che

viene prevista  quale  alternativa  all'istituzione  dell'imposta  di

soggiorno.

    La disarmonia con il sistema tributario statale si  rinviene  nel

contrasto con il  principio  generale  dell'ordinamento  che  esclude

doppie imposizioni sul medesimo presupposto, in  quanto  il  semplice

ingresso nella regione potrebbe configurare anch'esso  un'imposta  di

soggiorno regionale.

    Val la pena di sottolineare che un siffatto prelievo, sotto altri

aspetti, appare essere in contrasto sia con i principi comunitari  di

libera circolazione delle persone e delle merci, e sia con l'art. 120

della Costituzione che vieta alle regioni di  adottare  provvedimenti

che ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione delle persone

e delle cose tra le regioni.

    Occorre,  infine,  considerare  che  l'istituzione  di  un  nuovo

tributo richiede che gli elementi  caratterizzanti  dell'imposizione,

vale a dire il presupposto in positivo, la soggettivita' passiva,  la

base imponibile e la misura  dell'importo  dovuto,  in  coerenza  con

quanto stabilito dall'art.  23  della  Costituzione,  debbano  essere

fissati dalla legge regionale, che invece, nulla dispone al riguardo.

    Art. 6, comma 34 - La disposizione pone  a  carico  dei  soggetti

gestori  e/o  dei  richiedenti  gli  oneri  connessi   ai   controlli

effettuati dall'ARPA. L'estrema genericita' della norma, che  demanda

all'assessore regionale per il territorio di concerto con quello  per

l'economia il compito di emanare un decreto attuativo pone lo  stesso

in evidente contrasto con l'art. 97 della Costituzione.

    Codesta eccellentissima Corte ha infatti affermato, con  costante

giurisprudenza (ex plurimis  sent.  n.  307/2003)  che  la  «assoluta

indeterminatezza»   del   potere   demandato    ad    una    pubblica

amministrazione «senza indicazione di alcun criterio da  parte  della

legge» viola il principio di legalita' sostanziale.

    Art. 8, comma  8  -  Il  previsto  conferimento  di  immobili  di

proprieta' della regione, sino alla concorrenza di  800.000  migliaia

di euro in un Fondo immobiliare a gestione  separata  da  costituirsi

presso l'IRFIS-FinSicilia si ritiene essere in contrasto  con  l'art.

97 della Costituzione.

    La  genericita'  della  dizione  «immobili  di  proprieta'  della

regione» non consente di escludere che fra gli stessi possano  essere

ricompresi  beni   appartenenti   al   demanio   ed   al   patrimonio

indisponibile,  ne'  si  rileva  tantomeno  dal  tenore  estremamente

sintetico  della  disposizione  quale  vantaggio   economico   tragga

l'amministrazione regionale  dalla  depatrimonializzazione  disposta,

non  essendo  indicata  nella  norma  alcuna  contropartita  per   il

trasferimento degli immobili stessi.

    Non  possono  peraltro  ritenersi   esaustivi   ai   fini   della

quantificazione degli oneri  e  della  determinazione  degli  effetti

economici patrimoniali derivanti  dalla  disposizione  i  chiarimenti

forniti dall'amministrazione (allegato  4)  da  cui  emergerebbe  che

l'intero  fondo  sarebbe   destinato   a   finanziare   e   garantire

investimenti privati.

    Non e'  stato  peraltro  possibile  verificare  la  natura  degli

immobili individuati nella relazione tecnica, ne' asseverare le stime

di valore nella stessa indicata.

    Inoltre non  si  riesce  a  comprendere  se  la  disposizione  in

questione formi sistema con le successive norme dei commi 9 e 10.

    Art. 8, comma 9 - La norma  sostituisce  l'art.  46  della  legge

regionale n. 50/1976  che  contiene  una  puntuale  disciplina  della

garanzia  sussidiaria  e  limitata  (6  miliardi  di  lire)   fornita

dall'IRFIS in favore  delle  imprese  industriali  ed  artigiane  che

realizzano  investimenti  nel  territorio  della   regione   per   lo

svolgimento  di  attivita'  produttive.  Esso  quindi  «Tout   court»

renderebbe diretta e totale la garanzia  prestata  agli  imprenditori

senza porre alcun limite all'intervento pubblico qualora  il  privato

non adempia ai propri oneri contrattuali nei confronti degli istituti

di credito che lo hanno finanziato.

    La disposizione, in  considerazione  della  laconicita'  del  suo

tenore letterale e dell'assenza di un qualsivoglia limite o  criterio

di determinazione dello  stesso  per  l'assolvimento  della  garanzia

prestata; rende questa non conforme  agli  articoli  81  e  97  della

Costituzione.

    Il successivo comma 10 e' di dubbia interpretazione in quanto  lo

stesso non appare formare sistema con la precedente disposizione  del

comma 9 che apporta una ben precisa delimitazione  al  contenuto  del

sostituito art. 46 della legge n. 50/1973  che  disciplina  forme  di

sostegno per le imprese.

    La disposizione del comma 10 appare invero formalmente avulsa dal

primo menzionato contesto normativo ed addirittura incoerente con  lo

stesso  giacche'  destinatari  non   sarebbero   soltanto   operatori

economici ma prioritariamente famiglie e condomini.

    La  cennata  norma,  in  quanto  non  riconducibile   ad   alcuna

disciplina  organica  legislativamente  determinata   appare   quindi

affetta da irragionevolezza e in contrasto con gli articoli  3  e  97

della Costituzione.

    Art. 8, comma 12 - Limitatamente  all'inciso  «8,  9,  10    di

conseguenza alle cennate censure  dei  precedenti  commi  si  ritiene

essere in contrasto con gli articoli 3 e 97 Cost.

    Art. 8, commi da 14 a 17 - Le disposizioni prevedono che  per  le

somme iscritte a ruolo  di  spettanza  regionale,  la  dilazione  del

pagamento, di cui  all'art.  19  del  decreto  del  Presidente  della

Repubblica 29 settembre 1973, n.  602,  venga  concessa  fino  ad  un

massimo di novantanove rate mensili.

    Viene stabilito, inoltre,  che  gli  interessi  dovuti  per  tale

dilazione e gli interessi di mora dovuti sulle somme iscritte a ruolo

e non versate, di cui, rispettivamente, agli articoli  21  e  30  del

decreto del  Presidente  della  Repubblica  n.  602  del  1973,  sono

rideterminati con decreto dell'assessore regionale per l'economia.

    Orbene,  la  potesta'  legislativa  concorrente  attribuita  alla

Regione  siciliana  in  materia  di  riscossione   dei   tributi   e'

riconducibile esclusivamente all'organizzazione del  servizio  e  non

agli aspetti  sostanziali  della  disciplina  della  riscossione  dei

debiti tributari. Infatti  l'art.  17,  primo  comma,  dello  statuto

speciale, prevede che: «entro i  limiti  dei  principi  ed  interessi

generali cui si informa  la  legislazione  dello  Stato,  l'assemblea

regionale puo', al fine di soddisfare alle condizioni particolari  ed

agli interessi propri della regione, emanare  leggi,  anche  relative

all'organizzazione dei servizi, sopra le seguenti materie concernenti

la regione ... I) tutte le altre materie  che  implicano  servizi  di

prevalente interesse regionale. Tra queste  la  regione  annovera  il

servizio di riscossione dei tributi.

    Pertanto, le disposizioni  contenute  nei  commi  in  esame  sono

censurabili in quanto ledono la competenza esclusiva dello  Stato  in

materia tributaria, ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera e)

della Costituzione.

    La Regione siciliana puo',  quindi  provvedere  alla  riscossione

della entrate ad essa spettanti, di cui agli articoli 36 e  37  dello

statuto speciale, ma non  modificare  le  norme  che  attengono  alla

disciplina statale della riscossione dei tributi.

    Inoltre, le disposizioni in esame determinerebbero una violazione

del principio di eguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione, in

quanto dette norme attribuirebbero ai soli contribuenti della Sicilia

maggiori agevolazioni per la riscossione delle somme di cui risultano

debitori.

    Art. 8, comma 18 - Si dispone che le grandi strutture di  vendita

debbano concordare con il comune l'orario  di  apertura  al  pubblico

nonche' si prevede la sospensione delle  procedure  per  il  rilascio

delle autorizzazioni alle stesse. La disposizione si pone  in  palese

contrasto con il quadro normativo vigente, risultante  dall'art.  31,

comma  1  del  decreto-legge  6  dicembre  2011,  n.   211,   recante

«Disposizioni urgenti per la crescita, l'equita' e il  consolidamento

dei conti pubblici», come convertito dalla legge  22  dicembre  2011.

Tale  norma,  infatti,  intervenendo  sull'art.  3,   comma   1   del

decreto-legge 4 luglio 2006, n. 233, come convertito  dalla  legge  4

agosto 2006, n. 248, ha stabilito che le attivita' commerciali  e  di

somministrazione di alimenti e bevande, sono svolte senza  il  limite

del rispetto degli orari di  apertura  e  di  chiusura,  dell'obbligo

della chiusura domenicale e festiva, nonche' di  quello  della  mezza

giornata di chiusura infrasettimanale dell'esercizio.

    La  previsione  introdotta  dal  decreto  n.  201/2011,  che   si

qualifica come norma di liberalizzazione, e' direttamente  vincolante

anche nei confronti dei  legislatori  regionali.  Come  affermato  da

consolidata   giurisprudenza   costituzionale,   la   tutela    della

concorrenza riservata  dall'art.  117,  comma  2,  lettera  e)  della

Costituzione  alla  potesta'  legislativa  esclusiva   dello   Stato,

comprende anche le misure  legislative  promozionali  che  mirano  ad

aprire ad un mercato o a consolidarne l'apertura, eliminando barriere

all'entrata, riducendo o  eliminando  vincoli  al  libero  esplicarsi

della capacita'  imprenditoriale  e  della  concorrenza  tra  imprese

(sent. C.C. n. 401/2007).

    La norma regionale in esame, dunque, introducendo  una  serie  di

vincoli e restrizioni in termini di orari di apertura e  di  giornate

di  chiusura  degli  esercizi  commerciali,   e   di   autorizzazione

all'apertura   degli   stessi,    lungi    dal    produrre    effetti

pro-concorrenziali, si pone in aperto  contrasto  con  la  disciplina

nazionale di liberalizzazione, e quindi  viola  l'art.  117,  secondo

comma, lettera e) della Costituzione.

    Un secondo elemento di criticita' della norma e' costituito dalla

prevista sospensione delle procedure di rilascio delle autorizzazioni

all'apertura di grandi strutture di vendita.

    Sul   piano   concorrenziale   la   norma    ha    una    portata

ingiustificatamente  restrittiva  della  concorrenza,  posto  che  la

sospensione del rilascio di nuovi provvedimenti autorizzatori  ha  il

chiaro effetto di cristallizzare il mercato nel suo assetto esistente

e si traduce nella sospensione per un periodo non  determinato  della

liberta' di accesso allo stesso, costituzionalmente garantita, seppur

subordinatamente al rilascio del provvedimento autorizzatorio.

    Da questo punto di vista l'illegittimita'  della  norma  discende

dal contrasto con gli obbiettivi e le previsioni della  direttiva  n.

123/2006/CE (c.d. direttiva servizi) la quale,  proprio  al  fine  di

garantire un  mercato  interno  dei  servizi  realmente  integrato  e

funzionante,  ha  -  come  noto  -  sottoposto  a  condizioni   assai

stringenti la possibilita' per i legislatori di subordinare l'accesso

ad un'attivita' di servizio e  il  suo  esercizio  ad  un  regime  di

autorizzazione; ha inoltre prescritto stringenti  requisiti  cui  gli

stessi regimi nazionali devono essere improntati imponendo ai singoli

Stati membri di procedere alla revisione dei propri  sistemi  interni

secondo un processo di  valutazione  multilaterale  coordinato  dalla

Commissione europea.

    Nel caso di specie, la gravita' della norma «de qua» va ben oltre

l'istituzione o il  mantenimento  di  un  regime  autorizzatorio  non

conforme su alcuni specifici punti alle prescrizioni  comunitarie,  e

discende dalla interruzione totale per un periodo non determinato dei

procedimenti  di  rilascio  dei  titoli  permissivi.  Una  previsione

siffatta potrebbe considerarsi giustificata  soltanto  laddove  fosse

supportata dall'esigenza di  apprestare  tutela  ad  altro  interesse

costituzionalmente   rilevante    compatibile    con    l'ordinamento

comunitario,  non  altrimenti  tutelabile  attraverso   misure   meno

restrittive, nel rispetto del principio di proporzionalita'.

    In ragione di cio', poiche' la Corte costituzionale ha ricondotto

di recente la  disciplina  dettata  dal  decreto  nazionale  (decreto

legislativo n. 59/2010) di attuazione della  direttiva  servizi  alla

«tutela della concorrenza» (sent. n. 235/2011), la  violazione  delle

sue previsioni integra un primo profilo di contrasto con l'art.  117,

comma 2, lettera e) Cost.

    In aggiunta a  tale  profilo  l'illegittimita'  della  previsione

discende  in  ogni  caso  dal  contrasto  diretto   con   una   norma

costituzionale  (art.  117)  che,  oltre  a  ripartire  la   potesta'

legislativa tra i diversi livelli istituzionali, enuncia un principio

sostanziale  di  libera  concorrenza  che   la   Corte,   nella   sua

giurisprudenza piu' recente, mostra  di  voler  leggere  nella  norma

costituzionale. In questa  prospettiva  assume  rilievo  tra  l'altro

quanto da ultimo affermato  dalla  Corte  nella  citata  sentenza  n.

150/2011,  laddove  il  giudice   delle   leggi   ha   chiarito   che

«l'espressione "tutela della concorrenza"» di cui all'art. 117, comma

2,  lettera  e)  Cost.,  determina  la   necessita'   di   un   esame

contenutistico sia per cio' che costituisce il portato dell'esercizio

della competenza legislativa esclusiva da parte dello Stato, sia  per

cio' che riguarda l'esplicazione della potesta' legislativa regionale

riferibile al terzo o quarto comma dell'art. 117 Cost.

    Art. 11, comma 2 -  La  disposizione  proroga  alcune  misure  di

esenzione delle imposte di bollo e catastali gia' previste dal  comma

1 dell'art. 60 della legge regionale n. 2/2002 e successive modifiche

ed integrazioni.  Poiche'  nell'allegata  relazione  tecnica  redatta

dagli uffici regionali non e' in  alcun  modo  indicato  il  criterio

seguito per la determinazione della minore entrata, si ritiene che la

stessa sia arbitraria ponendo cosi' la norma in contrasto con  l'art.

81, quarto comma della Costituzione.

    Art. 11, comma 3 - La disposizione teste' approvata modifica alla

lettera a) dell'art. 1, comma  7  della  legge  regionale  n.  9/2012

introducendo  un  regime  preferenziale  sotto   il   profilo   degli

emolumenti per i dirigenti esterni alla pubblica  amministrazione  in

evidente contrasto con l'art. 45 del decreto legislativo n.  165/2001

che al comma 1 dispone: «il  trattamento  economico  fondamentale  ed

accessorio e' definito dai contratti collettivi» e, piu' in generale,

con  il  titolo  III  del   citato   decreto   legislativo   n.   165

(contrattazione collettiva e rappresentanza sindacale),  che  obbliga

al rispetto della normativa contrattuale e delle procedure da seguire

in sede di contrattazione. Di conseguenza, la norma viola l'art. 117,

secondo comma, lettera l), Cost., che riserva l'ordinamento civile  e

quindi i rapporti di diritto privato  regolabili  dal  codice  civile

(contratti collettivi), alla competenza esclusiva dello Stato,  oltre

che gli articoli 3 e 97 Cost., che recano i principi di  uguaglianza,

buon andamento ed imparzialita' della pubblica amministrazione.

    La disposizione  teste'  approvata  inoltre  potrebbe  consentire

aumenti retributivi in controtendenza rispetto  all'attuale  politica

statale volta al contenimento delle spese in materia contrattuale  ed

in particolare l'art. 9, comma 1 del decreto-legge n. 78/2010 con  le

conseguenti violazioni dei principi di  coordinamento  della  finanza

pubblica e quindi dell'art. 117, comma 3 della Costituzione a cui  la

regione non puo' derogare.

    La disposizione in questione eccede  dalla  competenza  esclusiva

della regione  in  materia  dell'ordinamento  del  personale  essendo

riconducibile piuttosto a  quella  del  coordinamento  della  finanza

pubblica per la quale ha competenza concorrente ai sensi dell'art. 10

della legge Cost. n. 3/2001.

    Art. 11, comma 4 - Proroga al 31 dicembre 2014 la validita' delle

graduatorie del Consorzio autostrade siciliane riguardanti gli agenti

tecnici esattori stagionali e part time di cui all'art. 5 della legge

regionale n. 17/2001 di modifica  dell'art.  1,  comma  1-bis,  della

legge regionale n. 12/1991, ed appare in contrasto con i principi  di

uguaglianza  buon   andamento   ed   imparzialita'   della   pubblica

amministrazione di cui agli articoli 3 e 97 della Cost., nonche'  con

l'art. 51 Cost.

    Esso infatti impedisce nella  sostanza  l'espletamento  di  nuove

selezioni pubbliche per il  personale  stagionale  e  part  time  del

Consorzio autostradale e il  conseguente  potenziale  inserimento  di

nuovi dipendenti consolidando piuttosto posizioni di lavoro precario,

ingenerando  nei  destinatari   l'aspettativa   di   una   definitiva

assunzione con innegabili refluenze negative sul  buon  andamento  ed

imparzialita' della pubblica amministrazione garantiti  dall'art.  97

della Costituzione.

    Art. 11, comma  12  -  Nel  sopprimere  l'Agenzia  regionale  per

l'impiego e per la formazione professionale, fa salve le disposizioni

di cui all'art. 12, comma 2-bis della legge regionale n. 96/1990, che

prevede l'assunzione di personale con selezione  diretta  e  mediante

stipula di contratti quinquennali di diritto privato  rinnovabili  in

evidente contrasto con  l'art.  9,  comma  28  del  decreto-legge  n.

78/2010 secondo cui a decorrere dall'anno  2011,  le  amministrazioni

possono avvalersi di personale a tempo determinato nel limite del 50

della spesa sostenuta per le stesse finalita' nell'anno 2009. Poiche'

la medesima disposizione  afferma  che  si  tratta  di  un  principio

generale ai fini del coordinamento della finanza pubblica,  al  quale

sono tenute ad adeguarsi anche le regioni e le province autonome,  la

norma si pone in contrasto con l'art. 117, terzo comma, Cost.

    Art. 11, comma 16 - La disposizione  estende  a  tutti  gli  enti

pubblici non economici, sottoposti a controllo  e/o  vigilanza  della

regione il patrocinio dell'ufficio legislativo e legale della regione

Sicilia.

    Gli avvocati dipendenti di tale ufficio sono iscritti nell'elenco

speciale di cui  al  comma  4,  lettera  b)  dell'art.  3  del  regio

decreto-legge  27  novembre   1933,   n.   1578,   che   riserva   ai

professionisti    dipendenti    l'esercizio     dell'attivita'     di

rappresentanza e difesa «per quanto concerne le cause  e  gli  affari

propri dell'ente presso il quale prestano la loro opera». Pertanto in

forza della suddetta legge non potrebbero esercitare l'attivita'  per

enti diversi dal datore di lavoro.

    La  disposizione  interviene  nella  materia  della   professione

forense che necessita  di  una  disciplina  uniforme  sul  territorio

nazionale essendo la stessa strettamente correlata con  quella  della

rappresentanza in  giudizio  nei  procedimenti  processuali,  civili,

penali,  amministrativi,  materia  questa  di   evidente   competenza

esclusiva dello Stato.

    La disposizione regionale suindicata e' pertanto in contrasto con

l'art. 117, comma 2, lettera l), Cost., che  riserva  allo  Stato  la

materia della «giurisdizione e norme processuali» e in subordine  del

comma 3,  in  quanto,  ancorche'  voglia  ricondursi  la  norma  alla

competenza  concorrente  in  materia  di   professioni   e   relativo

ordinamento, questa non potrebbe essere esercitata in violazione  dei

principi  fondamentali  stabiliti  dallo  Stato  con  le  sue   leggi

(sentenze C.C. n. 153/2006 e n. 222/2008).

    Art. 11, commi 21 e 22 - Le disposizioni in questione riproducono

per la stagione venatoria 2012-2013 quanto previsto dall'art. 3 della

legge regionale n. 19/2011 con l'omissione della  previsione  per  le

aree  all'interno  dei  siti  «Natura  2000»   del   rispetto   delle

indicazioni contenute nei piani di  gestione  degli  stessi  e  delle

preventive valutazioni di incidenza  di  cui  agli  articoli  4  e  5

decreto del Presidente della  Repubblica  n.  357/1992  e  successive

modificazioni ed integrazioni. Le norme in questione,  escludendo  la

prescritta procedura di valutazione di incidenza ambientale, sono  da

ritenersi, non  solo  contrastanti  con  le  direttive  79/409/CEE  e

92/43/CEE,  ma  anche  trasgressive  della   normativa   statale   di

attuazione di quest'ultime. Esse violano pertanto gli articoli 9, 11,

97 e 117, primo e secondo, comma lettera s) della Costituzione.

    Art. 11, comma 26 - Si  ritiene  che  la  norma  sia  affetta  da

irragionevolezza e che violi gli articoli 3 e 97 della Costituzione.

    Dalla  prevista  abrogazione  della  disposizione  del  comma   1

dell'art. 122, legge regionale n. 17/2004, a  sua  volta  abrogatrice

del quarto comma dell'art. 1 della legge  regionale  n.  6/1988,  non

puo' conseguirsi l'effetto di determinare  il  numero  degli  esperti

fissato da quest'ultima norma.

    Dall'abrogazione  di  una   norma   non   discende   infatti   la

reviviscenza della disciplina precedente  a  quest'ultima.  L'attuale

disposizione  e'  quindi  priva  di   effetti   ed   ingenera   dubbi

interpretativi sulle applicazioni della legislazione di  settore  con

innegabili negative refluenze sull'operato dell'amministrazione.

    Art. 11, comma 29 -  La  disposizione  stabilisce,  fra  l'altro,

l'incompatibilita' con qualsiasi impiego pubblico per  gli  incarichi

di sovrintendente e/o direttore degli enti teatrali  artistici.  Essa

invade la competenza dello Stato in materia di ordinamento  civile  e

quindi dei rapporti di diritto privato regolabili dal  codice  civile

(contratti collettivi) ponendosi in contrasto con l'art. 117, secondo

comma, lettera l) della Costituzione.

    Art. 11, comma 35 - Viene determinato il  parametro  massimo  cui

deve attenersi il trattamento economico dei dirigenti  apicali  degli

istituti,  aziende,  agenzie,  fondazioni,  e  degli  enti  regionali

sottoposti a tutela e vigilanza della regione.

    La norma esula dalla  competenza  del  legislatore  regionale  in

quanto  il  trattamento  economico  fondamentale  ed  accessorio  dei

dirigenti e' definito dai contratti collettivi  ed  in  generale  dal

titolo III del decreto legislativo n. 165/2001.

    Essa pertanto si pone in contrasto con l'art. 117, secondo comma,

lettera l) della Costituzione che riserva alla  competenza  esclusiva

dello Stato la materia dell'ordinamento civile e quindi dei  rapporti

di diritto privato regolabili dal codice civile.

    Art. 11, comma 42 - La  disposizione  sembrerebbe  finalizzata  a

sottrarre i piani regolatori generali adottati e non ancora approvati

dall'Assessorato regionale del territorio alla normativa  in  materia

di Valutazione ambientale  strategica  cui  devono  obbligatoriamente

soggiacere tutti i piani e programmi (compresi i piani regolatori) ai

sensi  della  direttiva  2001/41/CE  e  del  decreto  legislativo  n.

142/2006.

    Essa,  invero,  introduce  un'ambigua  disciplina  per  i   piani

regolatori in questione disponendo che gli stessi siano oggetto della

procedura di verifica di assoggettabilita' di  cui  all'art.  12  del

Codice dell'ambiente senza pero' prevedere gli ulteriori  effetti  di

tale  procedura,  lasciando  cosi'  intendere  che  la   stessa   sia

sostitutiva della V.A.S.

    Orbene, poiche' la regolamentazione della Valutazione  ambientale

strategica e della verifica di assoggettabilita' di cui agli articoli

6 e 12  del  citato  Codice  dell'ambiente,  sono  espressione  della

competenza  esclusiva  dello  Stato  in  materia   di   ambiente   ed

ecosistema, si ritiene che la disposizione  regionale  «de  qua»  che

introduce una disciplina diversa sia in  contrasto  con  l'art.  117,

primo comma e secondo comma, lettera s) della Costituzione.

    Art. 11, comma 57 -  La  disposizione  «de  qua»,  prevedendo  la

proroga   con   decreto   assessoriale    della    convenzione    con

l'Artigiancassa S.p.a. fino al pieno recepimento nello statuto  delle

norme concernenti il  decentramento  amministrativo  e  comunque  non

oltre il 31 dicembre 2013, disciplina  nella  sostanza  l'affidamento

dell'appalto di un servizio in deroga alle normali procedure di gara.

Cosi' operando la norma in questione invade la  sfera  di  competenza

esclusiva del legislatore statale di cui all'art. 117, secondo comma,

lettera e) della Costituzione, esercitata con il decreto  legislativo

n. 163 del 2006 (sent. C.C. n.  401/2007)  fra  le  cui  disposizioni

inderogabili si  collocano  quelle  che  attendono  alla  scelta  del

contraente (alla procedura di affidamento) e al  perfezionamento  del

vincolo negoziale e che costituiscono un limite all'esplicarsi  della

potesta' legislativa della regione (sent. C.C. n. 320/2008).

    Art. 11, comma 61 -  La  norma  si  pone  in  contrasto  con  gli

articoli 3 e 97 della Cost. in quanto viene previsto un  generale  ed

automatico transito del personale appartenente a  societa'  a  totale

e/o a parziale partecipazione  regionale  poste  in  liquidazione  in

altre societa' a capitale pubblico senza distinguere  la  natura  del

rapporto di lavoro dei  lavoratori  interessati  al  trasferimento  e

senza procedere ad alcuna forma di selezione degli stessi nonche'  di

verifica   della   compatibilita'   dell'assunzione   con   l'assetto

organizzativo funzionale e finanziario  delle  societa'  destinatarie

dei nuovi dipendenti.

    La  disposizione  inoltre   sembrerebbe   anche   costituire   un

interferenza in materia di competenza esclusiva dello Stato  ex  art.

117, secondo comma,  lettera  l)  in  quanto  interviene  nell'ambito

dell'ordinamento civile all'interno del quale operano le societa'  in

questione anche in tema di rapporti di lavoro con i propri dipendenti

soggetti alle norme del codice civile e non del  decreto  legislativo

n. 165/2001.

    Art. 11, commi 82, 83  e  84  -  Riproducono  sostanzialmente  le

disposizioni di cui all'art. 38 del  disegno  di  legge  n.  471  dal

titolo  «Disposizioni  programmatiche  correttive  per  l'anno  2010»

oggetto di gravame dinanzi alla Corte costituzionale con  il  ricorso

presentato il 10 maggio 2010.

    Le disposizioni prevedono l'applicazione in favore degli impianti

di allevamento ittico di un canone  ricognitorio  richiamando  a  tal

fine norme statali abrogate da otto anni.

    Per   l'applicazione   di   tale   canone   ridotto,   di    mero

riconoscimento, per costante  giurisprudenza  (ex  plurimis  sentenza

Corte di cassazione, sezione I n. 17101  del  3  dicembre  2002)  non

rileva tanto la natura pubblica o privata del  concessionario  ma  il

fine di beneficenza o di pubblico interesse che questi si propone  di

perseguire attraverso la  concessione.  Perche'  poi  sussistano  gli

scopi di pubblico  interesse  occorre,  ai  sensi  dell'art.  37  del

regolamento per la navigazione marittima, che il  concessionario  non

ritragga  stabilmente  alcun  lucro  o  provento  dall'uso  del  bene

demaniale.

    Siffatto presupposto non puo' di certo ritenersi sussistente  per

gli  esercenti  gli  impianti  di  allevamento  ittico  che  svolgono

un'attivita' imprenditoriale.

    La norma in questione quindi creerebbe  un  innegabile  vantaggio

per le imprese siciliane alterando la par condicio tra gli  operatori

economici del settore ed  invadendo  la  competenza  esclusiva  dello

Stato nella materia della tutela della concorrenza  di  cui  all'art.

117, secondo comma, lettera e) della Costituzione.

    Art. 11, comma 86 - Non appare conforme al principio di cui  agli

articoli 3 e 97 della Costituzione consentire ai soggetti  che  hanno

sottoscritto il verbale di conciliazione previsto dall'art.  6  della

legge regionale n. 17/2004 per regolarizzare occupazione  illegittime

di beni demaniali e patrimoniali della regione la corresponsione  per

il periodo intercorrente dalla data di presentazione dell'istanza  di

concessione e quella di rilascio del titolo, del solo  canone  e  non

anche degli interessi moratori per il ritardato pagamento, cosi' come

previsto per la generalita' dei concessionari di beni pubblici.

    Art. 11, comma 88 - Si  ritiene  dovere  impugnare  la  norma  in

questione per manifesta irragionevolezza ai sensi degli articoli 3  e

97  della  Costituzione  in  quanto  riproduce  la  disposizione  del

precedente comma 87.

    Art. 11, commi dal 92 al 96 - Tali disposizioni sono affette  dal

vizio dell'irragionevolezza  di  cui  agli  articoli  3  e  97  della

Costituzione in quanto introducono una disciplina  incompatibile  con

il  precedente  art.  6,  comma  22.  Esse   infatti   prevedono   la

soppressione del Dipartimento regionale aziende foreste demaniali  ed

il trasferimento delle funzioni al Corpo forestale ed  alle  province

regionali mentre il  precedente  comma  22  dell'art.  6  attribuisce

competenze al suddetto Dipartimento in materia di  determinazione  di

tariffe afferenti ai canoni di concessione di  beni  appartenenti  al

demanio forestale, di terreni al pascolo e dei prodotti di bosco.

    Inoltre le  norme  relative  al  trasferimento  di  competenze  e

funzioni   del   Dipartimento   in   questione   sono    estremamente

indeterminate  e  non  indicano  alcun  concreto  criterio   per   la

determinazione delle modalita' attuative delle  stesse  demandato  al

presidente  della  regione  come  ad  esempio  riguardo   al   regime

contrattuale da applicare al personale trasferito. Esse si pongono in

evidente contrasto con il principio di legalita' sostanziale  di  cui

all'art. 97 Cost. (sent. C.C. n. 307/2003 e n. 156/1982).  Da  ultimo

codesta Corte ha affermato «l'imprescindibile necessita' che in  ogni

conferimento di poteri amministrativi venga osservato il principio di

legalita' sostanziale posto a  base  dello  Stato  di  diritto.  Tale

principio  non  consente  «l'assoluta  indeterminatezza»  del  potere

conferito dalla legge ad una autorita'  amministrativa,  che  produce

l'effetto  di  attribuire,  in  pratica,  una  «totale  liberta'»  al

soggetto od organo investito della funzione». Non e' sufficiente  che

il potere sia finalizzato dalla legge alla tutela di un bene o di  un

valore, ma e' indispensabile che il suo esercizio sia determinato nel

contenuto e nelle modalita', in modo da mantenere costantemente  una,

pur elastica, copertura legislativa dell'azione amministrativa (sent.

C.C. n. 115/2011).

    Art. 11, comma 97 - La disposizione  nel  prevedere  una  proroga

generalizzata del personale destinatario del regime  transitorio  dei

lavori socialmente utili, si pone in contrasto con l'art. 117,  comma

2, lettera l) della Costituzione che riserva allo Stato la competenza

esclusiva in materia di ordinamento civile, nonche' con il  principio

fondamentale in materia di coordinamento della  finanza  pubblica  di

cui all'art.  117,  comma  3,  della  Costituzione.  Il  vincolo  del

rispetto  dei  principi  statali  di  coordinamento   della   finanza

pubblica, connessi ad obiettivi nazionali  condizionati  anche  dagli

obblighi comunitari,  e'  vincolante  per  le  regioni,  al  fine  di

soddisfare esigenze di razionalizzazione e contenimento  della  spesa

pubblica (sent. C.C. n. 51/2012 e n. 155/2011).

    Art. 11, comma 102 - La disposizione realizza  una  generalizzata

sanatoria per tutti i concorsi  banditi  ed  espletati,  riservati  a

personale dipendente privo del requisito del titolo di studio, ma  in

possesso   di   professionalita'    acquisita    all'interno    delle

amministrazioni.

    In  assenza  di  particolari  elementi  cognitivi  da  cui  possa

evincersi l'esistenza, da un canto, di specifiche peculiarita'  della

fattispecie tali da  escludere  che  possa  risultare  arbitraria  la

sostituzione  della  disciplina  generale  in  materia   di   accesso

all'impiego  pubblico  e,  dall'altro,  di  un   interesse   pubblico

legislativamente rilevante, di  preminente  importanza  generale,  la

norma in questione concretizza una palese violazione degli articoli 3

e 97 della Costituzione in quanto volta a fornire copertura legale ad

assunzioni ed inquadramenti illegittimamente effettuati.

    Art. 11, comma 103 - La norma e' censurabile per violazione degli

articoli 3, 51 e 97 della Costituzione.

    La disposta  trasformazione  dei  rapporti  di  lavoro  da  tempo

determinato a tempo indeterminato si risolve  invero  in  una  deroga

ingiustificata alla regola del concorso pubblico.

    La  circostanza  che  il   personale   suscettibile   di   essere

stabilizzato senza alcuna prova  selettiva  sia  stato  a  suo  tempo

assunto con contratto a tempo determinato, sulla base di un  concorso

pubblico, per effetto della diversita'  di  qualificazione  richiesta

dalle assunzioni a termine rispetto a quelle  a  tempo  indeterminato

non   offre   adeguate   garanzie   ne'   della   sussistenza   della

professionalita' necessaria per  il  suo  stabile  inquadramento  nei

ruoli degli enti locali, ne'  del  carattere  necessariamente  aperto

delle procedure selettive (sent. C.C. n. 235/2009).

    Il previo superamento di una qualsiasi prova scritta ed una orale

e' infatti un requisito troppo generico per autorizzare la successiva

stabilizzazione senza concorso in quanto la norma  in  questione  non

garantisce che il previo concorso sia riferibile alla tipologia e  al

livello delle funzioni che il personale successivamente  stabilizzato

sara' chiamato a svolgere.

    Art. 11,  comma  105  -  La  disposizione  si  pone  in  evidente

contrasto con il principio di legalita' sostanziale di  cui  all'art.

97 Cost.

    Essa infatti demanda ad un decreto del presidente  della  regione

l'emanazione di disposizioni attuative per  la  legittimazione  e  la

vendita di suoli armentizi e di porzioni di demanio  senza  contenere

l'indicazione di alcun criterio per l'esercizio di tale potere.

    Art. 11, comma 109 - La prevista riduzione del 30 della  tariffa

per l'istruttoria AIA a favore dei  gestori  di  impianti  «cittadini

residenti nel territori regionali  o  societa'  con  sede  legale  in

Sicilia»  e'  discriminatoria   in   relazione   alla   liberta'   di

stabilimento di cui all'art. 49 del trattato europeo e pertanto viola

gli articoli 3, 117, comma 1 e 120 della Costituzione.

    Art. 11, comma 112 - Si ritiene che la norma sia in contrasto con

gli articoli 3 e 97 della  Costituzione  in  quanto,  nel  modificare

l'art. 45 della legge regionale n. 9/2009,  consente  di  evitare  la

revoca  del  contributo  relativo  al   finanziamento   di   progetti

nell'ambito delle misure del POR Sicilia 2000-2006 o  addirittura  la

restituzione dello stesso da parte dei beneficiari.

    La disposizione assume i  connotati  di  una  sanatoria  che,  in

assenza di  una  dimostrazione  dell'esistenza  di  un  preminente  e

rilevante interesse pubblico, rende arbitraria la scelta operata  dal

legislatore di derogare alla disciplina generale per il settore.

    Art. 11, comma 113 - Al  fine  dell'esame  della  sopratrascritta

norma e' necessario rilevare che il decreto legislativo n. 205 del  3

dicembre 2010, che ha recepito la nuova normativa europea sui rifiuti

(direttiva 2008/98 CE) ha modificato le  precedenti  norme  contenute

nella parte IV  del  Codice  dell'ambiente  (decreto  legislativo  n.

152/2006), cambiando la  modalita'  con  cui  vengono  considerati  i

residui delle colture agricole e chiarendo il campo  di  applicazione

della norma sui rifiuti stessi.  L'art.  13  della  nuova  normativa,

infatti,  riscrivendo   e   sostituendo   l'art.   185   del   Codice

dell'ambiente,  indica  tra  le  categorie  escluse  dal   campo   di

applicazione del decreto «paglia, sfalci e  potature,  nonche'  altro

materiale agricolo o forestale naturale non pericoloso utilizzati  in

agricoltura, nella selvicoltura o per la  produzione  di  energia  da

tale  biomassa  mediante  processi  o  metodi  che  non   danneggiano

l'ambiente ne' mettono in pericolo la salute umana».

    Risulta di conseguenza esclusa la possibilita' della  combustione

dei residui colturali senza relativa  produzione  di  energia  e  del

successivo utilizzo come fertilizzanti, attivita'  che  si  configura

quindi come smaltimento di rifiuti agricoli sottoposti alla parte  IV

del Codice dell'ambiente e pertanto sanzionabile ai  sensi  dell'art.

256 dello stesso Codice.

    Cosi'  ripercorso  il  quadro  normativo   di   riferimento,   e'

necessario verificare se lo  stesso  trova  applicazione  nell'ambito

regionale siciliano.

    Codesta  eccellentissima  Corte   con   costante   giurisprudenza

antecedente e successiva alla riforma del titolo V della Costituzione

(ex  plurimis  sent.  n.  222/2003),  ha  chiarito  che   la   tutela

dell'ambiente e' un valore trasversale che interseca materie  diverse

quali, principalmente, l'urbanistica, i beni ambientali e la sanita'.

    L'art. 117, comma 2, lettera s)  della  Costituzione  riserva  la

«tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e  dei  beni  culturali»  alla

competenza esclusiva dello Stato.

    L'art. 10 della legge costituzionale n.  3/2001  ha  sancito  che

«sino all'adeguamento dei rispettivi statuti  le  disposizioni  della

presente legge costituzionale  si  applicano  anche  alle  regioni  a

statuto speciale ed alle province autonome di Trento e di Bolzano per

le parti in cui prevedono forme di autonomie piu'  ampie  rispetto  a

quelle gia' attribuite».

    Lo statuto  speciale  siciliano  non  prevede  esplicitamente  la

materia «ambiente» e  pertanto  necessita  verificare,  di  volta  in

volta, sotto quale aspetto la tutela  ambientale  venga  considerata,

poiche' la Regione siciliana gode di competenza  esclusiva  sotto  il

profilo urbanistico e della tutela del paesaggio, ed e'  titolare  di

competenza legislativa concorrente sotto  il  profilo  dell'igiene  e

della sanita'.

    Orbene, poiche' la normativa in  questione  non  e'  direttamente

riconducibile  ad  alcuna  delle  materie  di  competenza  regionale,

compresa quella dell'agricoltura e foreste, deve concludersi che  nel

caso in ispecie sia attribuito allo Stato non solo il recepimento, ma

anche la disciplina di attuazione  della  cennata  direttiva  europea

2008/98/CE.

    E  deve  conseguentemente  ritenersi   applicabile   in   Sicilia

l'impianto  normativo  statale  sopra   riassunto   con   conseguente

illegittimita' costituzionale di ogni norma regionale  che  abbia  in

qualunque modo l'effetto di attenuare, o come nel  caso  in  ispecie,

escludere l'applicazione  delle  determinazioni  gia'  assunte  dallo

Stato per rispondere ad esigenze considerate meritevoli di disciplina

uniforme sull'intero territorio nazionale (sent. C.C. n. 407/2002).

    Con  la  disposizione  in  questione  il  legislatore   regionale

esorbita dalle competenze attribuitegli  dallo  statuto  speciale  ed

introducendo una deroga a quanto prescritto dall'art. 185 del decreto

legislativo  n.  152/2006  rende  lecita  una   condotta   sanzionata

dall'art. 256 del Codice dell'ambiente con la  pena  dell'arresto  da

tre mesi ad un anno o con l'ammenda da  2.600  euro  a  26.000  euro,

interferendo cosi' nella materia penale di esclusiva spettanza  dello

Stato. La norma viola pertanto l'art. 117,  primo  e  secondo  comma,

lettera s) Cost.,  nonche'  l'art.  14  dello  statuto  speciale  per

interferenza in materia penale.

    Art. 11, comma 116 - In merito alla norma in esame si rileva  che

l'art. 4 della legge n. 362/1991 stabilisce che il conferimento delle

sedi farmaceutiche vacanti o  di  nuova  istituzione,  che  risultino

disponibili  per  l'esercizio  da  parte  dei  privati,  abbia  luogo

mediante concorso.

    Il comma 2 del predetto articolo dispone  che  «Sono  ammessi  al

concorso di cui al comma 1 i cittadini  di  uno  Stato  membro  della

Comunita' economica europea maggiori di eta', in possesso dei diritti

civili e politici e iscritti all'albo  professionale  dei  farmacisti

che non abbiano compiuto  i  sessanta  anni  di  eta'  alla  data  di

scadenza del termine di presentazione delle domande».

    La disposizione censurata prevede una deroga ai  limiti  di  eta'

indicati nel sopra citato comma 2 «nel  caso  in  cui  l'assegnazione

della gestione provvisoria della sede farmaceutica sia  avvenuta  non

oltre il 31 dicembre 2009».

    In proposito, occorre osservare che la  Corte  costituzionale  ha

piu' volte avuto occasione di sottolineare che, ai fini  del  riparto

delle   competenze   legislative   previsto   dall'art.   117   della

Costituzione,   la   materia   dell'organizzazione    del    servizio

farmaceutico  deve  essere  ricondotta  «al  titolo   di   competenza

concorrente della tutela  della  salute»,  in  quanto  «la  complessa

regolamentazione pubblicistica della attivita' economica di rivendita

dei  farmaci  e'  infatti  preordinata  al  fine  di   assicurare   e

controllare l'accesso dei cittadini ai prodotti medicinali ed in  tal

senso a garantire la tutela  del  fondamentale  diritto  alla  salute

(...)».

    La norma di rango statale prevista dall'art. 4,  comma  2,  della

legge n. 362/1991 riveste la natura di «principio  fondamentale»,  in

quanto individua criteri generali relativi  all'accesso  al  concorso

che garantiscono unitarieta' su tutto  il  territorio  e  parita'  di

trattamento tra i farmacisti ai  fini  del  conferimento  delle  sedi

vacanti o di nuova istituzione.

    Per tale ragione, pertanto, la sopracitata disposizione non  puo'

essere derogata dalla norma regionale in questione che si pone  cosi'

in contrasto con gli articoli 3 e 117, terzo comma della Costituzione

nonche' dell'art. 17 dello statuto speciale.

    Art.  11,  comma  118   -   La   disposizione   e'   affetta   da

irragionevolezza ai sensi degli articoli  3  e  97  Cost.  in  quanto

riproduce la norma del precedente comma 117.

    Art.  11,  comma  120  -  La  disposizione  introduce  forme   di

pubblicita' degli appalti diverse da quelle previste  dagli  articoli

66 e 122 del Codice degli appalti di cui al  decreto  legislativo  n.

263/2006.  Trattandosi  di  aspetti  inerenti   alle   procedure   di

affidamento (cosi' come acclarato da codesta Corte nella sentenza  n.

411/2008) e  quindi  rientranti  nella  materia  della  tutela  della

concorrenza, le norme del predetto codice costituiscono un  legittimo

limite all'esplicarsi  della  potesta'  legislativa  esclusiva  della

regione. Questa, quindi, si ritiene non possa  adottare,  per  quanto

riguarda la tutela della concorrenza, una  disciplina  con  contenuti

difformi da quella assicurata dal legislatore statale con il  decreto

legislativo n. 163/2006, in attuazione delle prescrizioni poste dalla

Unione europea (sentenza C.C. n. 221/2010). La norma e'  pertanto  in

contrasto con l'art. 117, secondo comma, lettera e) Cost.

    Art. 11, comma  121  -  La  disposizione  e'  affetta  da  palese

irragionevolezza ai sensi degli articoli 3 e 97 Cost., in quanto  non

specifica l'esercizio finanziario a  carico  del  quale  viene  posta

l'erogazione del contributo in favore delle scuole paritarie.

    Art. 11, comma 122 - La  norma  si  pone  in  contrasto  con  gli

articoli 3 e 97 della Costituzione  in  quanto  prevede  una  diversa

composizione  del  consiglio  di  amministrazione  dell'istituto  dei

ciechi «Opere riunite Ignazio Florio e A. Salamone» di Palermo di cui

all'art. 2 legge regionale n. 16/1995 che non solo  non  tiene  conto

delle previsioni dello statuto dell'Unione italiana ciechi  ma  anche

privilegia  inspiegabilmente  una  sezione  provinciale  (quella   di

Palermo) per la designazione dei rappresentanti di un ente che svolge

un'attivita' in ambito regionale.

    Art. 11, commi 123, 124, 125, 126 e 127 - Le norme  sono  affette

dal vizio dell'irragionevolezza ex articoli 3 e 97 della Costituzione

in quanto identiche e/o confliggenti con il comma 22  dell'art.  6  e

con il precedente comma 92 dell'art. 11.

    Art. 11, comma 129 - La norma e' in palese contrasto  con  l'art.

97 della Costituzione. Non appare invero  conforme  al  principio  di

buon andamento della pubblica amministrazione porre  a  carico  della

stessa gli oneri degli enti, associazioni e cooperative  private  nei

confronti dei propri  dipendenti.  La  disposizione  arreca  evidente

aggravio sull'operato del personale dei pubblici uffici interessati e

provoca negative refluenze sulle operativita' generale degli  stessi.

Gli oneri finanziari derivanti dalle anticipazioni delle somme dovute

quale corrispettivi di servizi resi in concessioni e/o convenzioni da

privati non risultano determinati in contrasto con l'art. 81 Cost.

    Art. 11, commi dal  131  al  141  -  Le  norme  si  ritengono  in

contrasto con l'art. 81  della  Costituzione  in  quanto,  nonostante

siano  stati  richiesti   formali   chiarimenti   all'amministrazione

regionale ai sensi dell'art.  3  del  decreto  del  Presidente  della

Repubblica n. 488/1969 circa l'idoneita' di  copertura  prevista  dal

comma 139 ovverossia le disponibilita' del POR per il  fondo  sociale

europeo  2007-2013,  la  stessa  non  ha   fornito   alcun   elemento

chiarificatore.

    Art. 11, comma 142 - La norma  consente  agli  enti  parco,  agli

operatori agricoli, alle  associazioni  di  produttori  ed  operatori

ambientali e ai comuni, allo scopo di incrementare la fruizione e  lo

sviluppo delle attivita' agricole di montagna di realizzare strutture

precarie all'interno dei parchi regionali e dei boschi in assenza  di

qualsivoglia procedura autorizzatoria con grave compromissione  della

tutela  del  paesaggio  ed  ambientale.  Essa,  pertanto,  viola  gli

articoli 9, 97 e 117, secondo comma, lettera s) della Costituzione.

    Art. 11, comma 146 - La disposizione, ampliando la categoria  dei

possibili  destinatari  dei  benefici  previsti  dall'art.  4,  legge

regionale n. 20/1999, determina oneri  non  quantificati  e  si  pone

pertanto in contrasto con l'art. 81 della Costituzione.

    Art. 11, comma 147 - La norma viola gli articoli  3  e  97  della

Costituzione in quanto modifica una disposizione statale.

    Art. 11, comma 148 - Si ritiene che la norma sia in contrasto con

l'art. 81 della  Costituzione  in  quanto  non  determina  gli  oneri

derivanti dalla stessa.

    Art. 11, comma 152 - La norma appare affetta da  irragionevolezza

e quindi in contrasto con gli articoli 3 e 97 della  Costituzione  in

quanto dispone l'istituzione di un nuovo capitolo  di  spesa  per  le

finalita' di cui all'art. 28 della legge regionale n.  30/1997  senza

pero' determinarne la dotazione ed indicare i mezzi di copertura  dei

nuovi oneri.

    Art. 11, comma 153 - La  disposizione  in  questione  si  ritiene

anch'essa  irragionevole  ai  sensi  degli  articoli  3  e  97  della

Costituzione.

    Non puo' invero ritenersi ragionevole, al fine  della  disciplina

dell'organizzazione degli uffici dell'amministrazione regionale e dei

rapporti di lavoro della stessa, il rinvio  operato  dal  legislatore

alla norma  transitoria  del  decreto  legislativo  n.  29  del  1993

attinente all'amministrazione dello Stato.  Quest'ultima  ha  infatti

proprie  peculiarita'   ordinamentali   riguardanti   sia   l'assetto

organizzativo   sia   il   trattamento   giuridico   del    personale

dirigenziale, non omogenee ne' assimilabili in alcun  modo  a  quelle

proprie della Regione siciliana.

    La norma di asserita natura interpretativa appare  piuttosto  uno

strumento   surrettizio   per   ritenere   i    concorsi    espletati

dall'amministrazione per qualifiche  professionali  non  dirigenziali

idonei all'inquadramento dei relativi vincitori quali  dirigenti,  in

palese violazione degli articoli 3, 97 e 81 della Costituzione.

    Dall'eventuale    applicazione    della     norma     deriverebbe

l'inquadramento nei ruoli regionali di un  non  precisato  numero  di

dirigenti in sovrannumero rispetto alle esigenze dell'amministrazione

con conseguente aggravio degli oneri a carico del bilancio,  peraltro

non quantificati e privi di idonea copertura.

    Art.  11,  commi  da  154  a  157  -  Le  disposizioni  prevedono

l'istituzione dell'ufficio regionale della persona  disabile  ma  non

contemplano ne'  la  quantificazione  degli  oneri  ne'  la  relativa

copertura ponendosi in palese contrasto con l'art. 81,  quarto  comma

della Costituzione.

    Nei chiarimenti forniti dall'amministrazione regionale  con  nota

25726/A.07/01 del 24 aprile 2012 in  proposito  viene  affermato  che

«stante la complessita' della materia in atto non e' stata  formulata

la relativa scheda tecnica».

 

 

                               P.Q.M.

 

    Impugna:

        Art. 1, comma 2 per  violazione  degli  articoli  117,  terzo

comma e 81, quarto comma della Costituzione;

        Art. 6:

          comma 3, lettere b) e c), per violazione degli articoli 81,

quarto comma e 97 della Costituzione;

          commi 6, 7 e 8 per violazione dell'art.  81,  quarto  comma

della Costituzione;

          comma 10  per  violazione  degli  articoli  3  e  97  della

Costituzione;

          comma 15 per violazione degli articoli 81, quarto  comma  e

117, terzo comma della Costituzione;

          comma 18 per violazione degli articoli  81,  quarto  comma,

117, secondo comma, lettera m) della Costituzione;

          comma 22  per  violazione  degli  articoli  3  e  97  della

Costituzione;

          comma 26  per  violazione  degli  articoli  3  e  97  della

Costituzione;

          commi 27 e 28 per  violazione  degli  articoli  97  e  117,

secondo comma, lettera e) della Costituzione;

          comma 30 per violazione dell'art. 36 dello statuto speciale

e degli articoli 23, 117, primo comma e 120 della Costituzione;

          comma 34 per violazione dell'art. 97 della Costituzione;

        Art. 8:

          comma 8 per violazione art. 97 della Costituzione;

          comma 9 per violazione degli articoli 81, quarto comma e 97

della Costituzione;

          comma 10  per  violazione  degli  articoli  3  e  97  della

Costituzione;

          comma  12  limitatamente  all'inciso  «8,  9,  10     per

violazione degli articoli 3 e 97 della Costituzione;

          commi dal 14 al 17 per violazione degli articoli 3  e  117,

secondo comma, lettera e) della Costituzione;

          comma 18 per violazione  dell'art.  117,  primo  e  secondo

comma, lettera e) della Costituzione;

        Art. 11:

          comma 2 per violazione dell'art.  81,  quarto  comma  della

Costituzione;

          comma 3, lettera a) per violazione degli articoli 3,  97  e

117, secondo comma, lettera l) e terzo comma della Costituzione;

          comma 4 per violazione degli articoli  3,  51  e  97  della

Costituzione;

          comma 12, limitatamente all'ultimo periodo, per  violazione

dell'art. 117, terzo comma della Costituzione;

          comma 16  per  violazione  dell'art.  117,  secondo  comma,

lettera l) e terzo comma della Costituzione;

          commi 21 e 22 per violazione degli articoli  9,  11,  97  e

117, primo comma, lettera s) della Costituzione;

          comma 26  per  violazione  degli  articoli  3  e  97  della

Costituzione;

          commi 29 limitatamente all'inciso «e l'incompatibilita' con

qualsiasi impiego  pubblico»  e  35  per  violazione  dell'art.  117,

secondo comma, lettera l) della Costituzione;

          comma 42 per violazione dell'art. 117, commi 1 e 2, lettera

s) della Costituzione;

          comma 57  per  violazione  dell'art.  117,  secondo  comma,

lettera e) della Costituzione;

          comma 61 per violazione degli articoli 3, 97 e 117, secondo

comma, lettera l) della Costituzione;

          commi 82, 83 e 84 per  violazione  dell'art.  117,  secondo

comma, lettera e) della Costituzione;

          commi 86, 88, 92, 93, 94, 95  e  96  per  violazione  degli

articoli 3 e 97 della Costituzione;

          comma 97  per  violazione  dell'art.  117,  secondo  comma,

lettera l) e terzo comma della Costituzione;

          comma 102 per  violazione  degli  articoli  3  e  97  della

Costituzione;

          comma 103 per violazione degli articoli 3, 51  e  97  della

Costituzione;

          comma 105 per violazione dell'art. 97 della Costituzione;

          comma 109  limitatamente  all'inciso  «Qualora  il  gestore

dell'impianto sia cittadino  residente  nel  territorio  regionale  o

societa' con sede legale in Sicilia, gli  oneri  di  cui  sopra  sono

ridotti nella misura del 30 per cento» per violazione degli  articoli

3, 117, primo comma, 120 della Costituzione;

          comma 112 per  violazione  degli  articoli  3  e  97  della

Costituzione;

          comma 113 per violazione dell'art.  117,  primo  e  secondo

comma, lettera s) della Costituzione e per  interferenza  in  materia

penale in relazione  ai  limiti  posti  dall'art.  14  dello  statuto

speciale;

          comma 116 per violazione degli articoli 3, 117, terzo comma

della Costituzione e 17 dello statuto speciale;

          comma 118 per  violazione  degli  articoli  3  e  97  della

Costituzione;

          comma 120 per  violazione  dell'art.  117,  secondo  comma,

lettera e) della Costituzione;

          commi 121, 122, 123, 124, 125, 126  e  127  per  violazione

degli articoli 3 e 97 della Costituzione;

          comma 129 per violazione degli articoli 81, quarto comma  e

97 della Costituzione;

          commi 131, 132, 133, 134, 135, 136, 137, 138,  139,  140  e

141 per violazione dell'art. 81, quarto comma della Costituzione;

          comma 142 per  violazione  degli  articoli  9,  97  e  117,

secondo comma, lettera s) della Costituzione;

          comma 146 per violazione dell'art. 81, quarto  comma  della

Costituzione;

          comma 147 per  violazione  degli  articoli  3  e  97  della

Costituzione;

          comma 148 per violazione dell'art. 81, quarto  comma  della

Costituzione;

          comma 152 per  violazione  degli  articoli  3  e  97  della

Costituzione;

          comma 153 per violazione degli articoli 3, 97 e 81,  quarto

comma della Costituzione;

          commi 154, 155, 156 e  157  per  violazione  dell'art.  81,

quarto comma della Costituzione.

 

          Palermo, 26 aprile 2012

 

    Il Commissario dello Stato per la Regione siciliana: Aronica

 

 

 

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