Ricorso n. 79 del 14 novembre 2003 (Regione Toscana)
N. 79 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 14 novembre 2003.
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 14 novembre 2003 (della regione Toscana)
(GU n. 50 del 17-12-2003)
Ricorso della regione Toscana, in persona del presidente pro
tempore, autorizzato con deliberazione della Giunta regionale n. 1010
del 20 ottobre 2003, rappresentato e difeso, per mandato in calce al
presente atto, dagli Avvocati Lucia Bora e Fabio Lorenzoni e presso
lo studio di quest'ultimo elettivamente domiciliato in Roma, via del
Viminale n. 43;
Contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore per
la dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli articoli 86,
87, 88, 89, 93, 95 e dell'allegato n. 13 del decreto legislativo
1° agosto 2003, n. 259.
Nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 214 del 15
settembre 2003 - Serie generale, e' stato pubblicato il decreto
legislativo 1° agosto 2003, n. 259 «Codice delle comunicazioni
elettroniche».
Questo e' stato adottato in attuazione dell'art. 41 della legge
1° agosto 2002, n. 166 che ha delegato il Governo ad emanare decreti
legislativi per il riassetto delle disposizioni vigenti conseguenti
al recepimento delle direttive comunitarie relative all'accesso alle
reti di comunicazione elettronica (direttiva 2002/19/CE), alle
autorizzazioni per le reti e i servizi di comunicazione elettronica
(direttiva 2002/20/CE), al quadro normativo comune per le reti ed i
servizi di comunicazione elettronica (direttiva 2002/21/CE), al
servizio universale e ai diritti degli utenti in materia di reti e di
servizi di comunicazione elettronica (direttiva 2002/22/CE).
Il titolo II del decreto legislativo in esame riguarda le reti ed
i servizi di comunicazione elettronica ad uso pubblico; nell'ambito
di tale titolo, il capo V detta le disposizioni relative a reti ed
impianti.
Gli articoli contenuti in tale capo V riproducono, in parte senza
significative modificazioni, il contenuto del decreto legislativo
n. 198/2002, impugnato da questa Amministrazione ed annullato dalla
Corte costituzionale con la sentenza n. 303/2003.
In questa pronuncia, com'e' noto, la Corte costituzionale ha
annullato il decreto legislativo n. 198 per eccesso di delega,
ritenendo legittimate le regioni a far valere detto vizio posto che,
come testualmente affermato, «non puo' negarsi che la disciplina
delle infrastrutture di telecomunicazioni strategiche comprima le
attribuzioni regionali sotto piu' profili. Il piu' evidente tra essi
emerge dalla lettura dell'art. 3, comma 2».
Tale art. 3 comma 2, che consentiva l'installazione delle
infrastrutture di telecomunicazioni strategiche in ogni parte del
territorio anche in deroga alle previsioni urbanistiche e contenente,
come rilevato dalla Corte costituzionale, il piu' evidente profilo di
compressione delle attribuzioni regionali, non e' stato riprodotto
nel capo V del titolo II del codice delle comunicazioni.
Restano, pero', i vari altri profili di lesione delle competenze
regionali, gia' presenti nel precedente testo ed ora riprodotti nel
nuovo decreto legislativo.
In particolare, l'art. 86 (che contiene alcune disposizioni gia'
dettate dagli artt. 3 e 4 del decreto legislativo n. 198) prevede:
che le autorita' competenti adottano senza indugio le
necessarie decisioni e rispettano procedure trasparenti
nell'esaminare le domande per la concessione del diritto di
installare infrastrutture;
fa salvi gli accordi stipulati tra enti locali ed operatori
per la localizzazione, coubicazione e condivisione delle
infrastrutture di comunicazione elettronica;
stabilisce che le infrastrutture di reti di comunicazione
sono assimilate ad ogni effetto alle opere di urbanizzazione
primaria;
mantiene ferme le disposizioni a tutela dei beni ambientali e
culturali e detta norme perche' sia garantita la separazione
strutturale tra la funzione attinente alla concessione dei diritti di
installare infrastrutture e le funzioni attinenti la proprieta' ed il
controllo;
richiama l'applicabilita' delle disposizioni di attuazione
dell'art. 4, comma 2, lettera a) della legge n. 36/2001 per i limiti
di esposizione ai campi elettromagnetici, valori di attenzione ed
obiettivi di qualita' e dispone che gli operatori delle reti
radiomobili di comunicazione elettronica ad uso pubblico inviano ai
comuni e agli ispettorati territoriali del Ministero la descrizione
di ogni impianto installato, sulla base dei modelli A e B
dell'allegato 13 al decreto; similmente i soggetti interessati alle
realizzazione di opere civili, scavi ed occupazioni di suolo
pubblico, coubicazione e condivisione di infrastrutture trasmettono
al Ministero copia dei modelli C e D dello stesso allegato 13 ed il
ministro puo', a sua volta, delegare ad altro ente la tenuta degli
archivi telematici di tutte le comunicazioni trasmessegli.
L'art. 87 (che riproduce il contenuto degli artt. 4, 5 e 6 del
decreto legislativo n. 198) disciplina il procedimento autorizzatorio
relativo alle infrastrutture di comunicazione elettronica, disponendo
che tale autorizzazione venga rilasciata dagli enti locali, previo
accertamento da parte del competente organismo della compatibilita'
del progetto con i limiti di esposizione, i valori di attenzione e
gli obiettivi di qualita' stabiliti uniformemente a livello nazionale
in relazione al disposto della legge n. 36/2001 e relativi
provvedimenti di attuazione. La norma specifica dettagliatamente le
modalita' di presentazione dell'istanza, la documentazione da
allegare, addirittura si allega il modello cui deve essere conforme
l'istanza; si stabilisce che per l'installazione di impianti con
tecnologia UMTS od altre, con potenza in singola antenna uguale o
inferiore ai 20 Watt, e' sufficiente la denuncia di inizio attivita',
conforme ai modelli predisposti dagli enti locali e, ove non
predisposti, al modello B di cui all'allegato n. 13. Ancora la norma
prevede che ove una amministrazione interessata abbia espresso
motivato dissenso, il responsabile del procedimento convochi una
conferenza dei servizi; l'approvazione del progetto, a maggioranza
dei presenti, sostituisce gli atti di competenza di ogni
amministrazione e vale come dichiarazione di pubblica utilita',
indifferibilita' ed urgenza dei lavori. Ove poi il dissenso sia
espresso da un'amministrazione preposta alla tutela del vincolo
ambientale e paesaggistico, la determinazione finale e' rimessa al
Consiglio dei ministri.
Le domande di autorizzazione e le denunce di inizio attivita' si
intendono accolte ove, entro novanta giorni dalla presentazione del
progetto, non sia stato comunicato il diniego; le opere devono essere
realizzate nel termine perentorio di dodici mesi dalla ricezione del
provvedimento autorizzatorio espresso ovvero dalla formazione del
silenzio-assenso.
L'art. 88 (che riproduce gli artt. 7 e 9 del decreto legislativo
n. 198) disciplina un procedimento - analogo a quello di cui al
precedente art. 87 - per le opere civili, gli scavi e le occupazioni
di suolo pubblico (viene anche qui' predisposto un modello - i
modelli C e D dell'allegato 13 - per l'istanza di autorizzazione);
l'art. 89 (corrispondente all'art. 8 del decreto n. 198) disciplina
la procedura per la coubicazione e la condivisione di infrastrutture;
l'art. 93 (corrispondente all'art. 10 del decreto n. 198) fa divieto
di imporre oneri diversi da quelli ivi contemplati.
L'art. 95 detta disposizioni concernenti gli impianti e le
condutture di energia elettrica e le interferenze, stabilendo la
necessita' di chiedere all'Ispettorato del Ministero delle
comunicazioni il nullaosta sul progetto relativo a qualunque
costruzione, modifica o spostamento di condutture di energia
elettrica a qualunque uso destinate o di qualunque tubazione
metallica sotterrata ad ogni uso destinata. In caso di interferenze
si richiede l'osservanza delle norme generali per gli impianti
elettrici del Comitato elettrotecnico italiano del Consiglio
nazionale delle ricerche. Ove a causa di impianti di energia
elettrica si abbia un turbamento del servizio di comunicazione
elettronica, il Ministero puo' promuovere lo spostamento degli
impianti o altri provvedimenti idonei con spese a carico di chi li
rende necessari.
Le suddette disposizioni contenute negli articoli 86, 87, 88, 89,
93, 95 e nell'allegato n. 13 sono incostituzionali per i seguenti
motivi di
D i r i t t o
Violazione degli articoli 117 e 118 Cost.
1. - La materia disciplinata dalle disposizioni impugnate,
riguardante l'installazione di infrastrutture di comunicazione
elettronica, non rientra tra quelle riservate allo Stato ai sensi
dell'art. 117, secondo comma, Cost., ma e' riconducibile ad ambiti di
competenza legislativa concorrente e residuale delle regioni. In
particolare detta disciplina riguarda l'ordinamento della
comunicazione, il governo del territorio (per tutt i numerosi aspetti
connessi alla localizzazione degli impianti e delle opere), la tutela
della salute (per quanto attiene all'esercizio degli impianti),
nonche' l'industria ed il commercio.
Pertanto, e con riferimento alle materie soggette a potesta'
legislativa concorrente, allo Stato competerebbe unicamente dettare i
principi fondamentali: come specificato dalla Corte costituzionale,
la nuova formulazione dell'art. 117 Cost., rispetto alla previgente,
esprime l'intento di una piu' netta distinzione fra la competenza
regionale a legiferare e la competenza statale limitata alla sola
determinazione dei principi fondamentali (sentenza n. 282/2002).
Da cio' consegue che la disciplina sostanziale e procedimentale
deve essere determinata dal legislatore regionale, nel rispetto dei
principi regolatori determinati dallo Stato, per tali intendendosi,
secondo quanto spiegato dalla Corte costituzionale, «i nuclei
essenziali del contenuto normativo che quelle disposizioni esprimono
per i principi enunciati e da esse desumibili» (sentenze n. 482/1985
e n. 192/1987).
Cio' non avviene nel caso in esame, in cui il legislatore
nazionale detta una disciplina procedimentale minuziosa, dettagliata,
autoapplicativa, direttamente operativa nei confronti dei privati
interessati (la' dove, invece, i principi fondamentali della materia
dovrebbero essere rivolti al legislatore regionale che poi dovrebbe
articolare la normativa applicabile ai terzi interessati), con la
conseguenza che si privano del tutto le regioni del loro potere -
costituzionalmente previsto - di attuare e sviluppare i principi
statali nell'ambito della disciplina organica della materia.
La legge n. 36/2001 aveva correttamente previsto la competenza
legislativa regionale a definire le modalita' per il rilascio delle
autorizzazioni all'installazione degli impianti, gia' nell'ambito del
previgente titolo V.
Tale competenza e' stata esercitata dalla regione ricorrente con
la legge regionale n. 54 del 6 aprile 2000.
E' dunque illogico ed ingiustificato eliminare detta competenza
regionale, vanificando anche del tutto le leggi regionali
legittimamente adottate, ora, nel vigore delle nuove norme
costituzionali, le quali hanno accresciuto le potesta' legislative
regionali, sia nell'ambito della legislazione concorrente che di
quella residuale, consentendo anche, come affermato dalla Corte
costituzionale, alle leggi regionali, emanate nell'esercizio della
potesta' concorrente e residuale, di assumere fra i propri scopi
anche finalita' di tutela ambientale (sentenze n. 407/2002;
n. 222/2003; n. 307/2003).
Tutto cio' determina la violazione dell'art. 117 Cost.
Le impugnate disposizioni violano altresi', oltre che l'art. 117,
anche l'art. 118 Cost.
Infatti le norme in esame attribuiscono direttamente l'esercizio
di funzioni amministrative agli enti locali, disciplinando il
relativo procedimento.
Come sopra rilevato, la normativa in oggetto interviene in ambiti
materiali attribuiti alla competenza, anche residuale, delle regioni;
di conseguenza, in base al nuovo art. 118 Cost., la competenza
legislativa regionale (sia essa residuale che concorrente) esclude
che lo Stato possa intervenire per attribuire funzioni amministrative
agli enti locali, in quanto le funzioni medesime devono essere
conferite con legge statale o regionale, secondo le rispettive
competenze. Pertanto compete alle regioni disciplinare il
procedimento in questione, attribuendo agli enti locali le relative
funzioni nel rispetto dell'art. 118 Cost.
La Corte costituzionale, nella sentenza n. 303/2003, ha affermato
che la sussidiarieta' puo' legittimare l'attrazione in capo allo
Stato di funzioni amministrative in materie soggette a potesta'
legislativa concorrente e, in tal caso, e' inevitabile che il
legislatore statale sia legittimato ad intervenire per organizzare e
regolare le funzioni medesime.
E' evidente, pero', che tale presupposto non ricorre nel caso in
esame: qui lo Stato non decide di allocare a se stesso l'esercizio
delle funzioni, ma attribuisce le medesime agli enti locali in
materie che, pero', sono di competenza regionale e non solo
concorrente, ma anche residuale.
Percio' i principi enunciati nella citata sentenza n. 303 non
trovano applicazione nel caso in questione; in ogni caso, poi, i
medesimi principi non sono affatto rispettati perche' non e' prevista
l'intesa con la regione, individuata dalla Corte costituzionale come
«elemento valutativo essenziale» per giudicare se una legge statale
sia invasiva delle attribuzioni regionali e non costituisca invece
una applicazione corretta dei principi di sussidiarieta' ed
adeguatezza.
Ne' puo' ritenersi che le suddette disposizioni trovino un loro
fondamento nella potesta' statale di definire le funzioni
fondamentali degli enti locali. Infatti, se pure si volesse aderire
ad una interpretazione estensiva dell'art. 117, secondo comma,
lettera p) Cost., in nessun caso potrebbe esservi ricompresa
l'attribuzione di una singola competenza autorizzativa in materia di
impianti. Ne' puo' ritenersi che le norme impugnate siano legittimate
dal fatto che esse danno attuazione a direttive comunitarie: infatti
l'art 117, quinto comma, Cost. dispone che le regioni provvedono
all'attuazione degli atti dell'Unione europea nelle materie di loro
competenza. Poiche' le direttive comunitarie in questione investono,
come gia' rilevato, materie di competenza concorrente ed anche
residuale, spetta comunque alle regioni darvi attuazione con la
normativa applicativa puntuale.
2. - Tutte le disposizioni impugnate sono costituzionalmente
illegittime per le ragioni esposte al precedente paragrafo. Con
riferimento alle singole disposizioni, in particolare si osserva:
2.a. - La disposizione contenuta nell'art. 86 e' un chiaro
esempio di disciplina dettagliata che trova applicazione anche per le
regioni; l'assimilazione delle infrastrutture di cui agli artt. 87 e
88 alle opere di urbanizzazione primaria, anche se di proprieta'
privata degli operatori, dimostra l'invasione della competenza
regionale nella materia del governo del territorio.
2.b. - L'art. 87 disciplina il procedimento autorizzatorio per
l'installazione e la modifica delle infrastrutture in oggetto e pone
tale funzione in capo agli enti locali.
Qui sono particolarmente evidenti i motivi di illegittimita'
costituzionali enunciati al precedente punto 1.
La disciplina e' dettagliata ed autoapplicabile direttamente da
parte dei privati interessati (commi 1, 2, 3, 4, 5). La specificita'
della disciplina adottata - che detta regole puntuali in tema di
semplificazione del procedimento di autorizzazione, nonche' tempi
prefissati di formazione degli atti e di manifestazione della
volonta' delle amministrazioni coinvolte - determina una lesione
delle competenze legislative regionali entrando nel dettaglio e con
regole non definite cedevoli a fronte della legislazione regionale,
in una materia che sicuramente rientra quanto meno nella competenza
regionale concorrente. Tanto e' vero che la Corte costituzionale ha
rilevato (sentenza n. 307/2003) che la disciplina dei procedimenti
autorizzativi in questione e' legittimamente attribuita alle regioni,
ex art. 8, comma 1, lettera c) della legge n. 36/2001, perche' cio'
e' coerente con il ruolo riconosciuto alle regioni per quanto attiene
al governo e all'uso del loro territorio dall'art. 117 Cost.
E' quindi incostituzionale annullare tale competenza regionale.
Ancora il primo comma dell'art. 87 in esame stabilisce che i
progetti presentati devono essere compatibili con i limiti di
esposizione, i valori di attenzione e gli obiettivi di qualita'
stabiliti uniformemente a livello nazionale in relazione al disposto
della legge n. 36/2001. Anche tale disposizione e' incostituzionale,
perche', con riferimento agli obiettivi di qualita', si obbliga al
rispetto di quelli «uniformemente stabiliti a livello nazionale»:
cosi' si sopprimono gli obiettivi di qualita' consistenti nei
«criteri localizzativi, standard urbanistici, prescrizioni ed
incentivazioni per l'utilizzo delle migliori tecnologie disponibili»
gia' previsti dall'art. 3, comma 1, lettera d) n. 1 e art. 8,
comma 1, lettera e) della legge n. 36/2001, che la Corte
costituzionale ha ritenuto di competenza regionale, per coerenza con
il ruolo riconosciuto alle regioni per quanto attiene al governo e
all'uso del loro territorio (sentenza n. 307/2003).
In sostanza tutta la norma ignora, per gli aspetti della tutela
della salute e del governo del territorio, il legislatore regionale e
le sue competenze costituzionalmente garantite.
Particolarmente lesiva e' la regolamentazione della Conferenza
dei servizi (commi 6, 7, 8), in cui l'estensione della regola della
maggioranza nell'adozione dell'atto finale che puo' del tutto
pretermettere la volonta' regionale, nonche' la previsione di una
sola ipotesi di dissenso qualificato e l'attribuzione al Consiglio
dei ministri della relativa decisione, annulla qualsiasi ruolo (anche
solo sul piano amministrativo) delle regioni, in materie che invece
la Costituzione affida alla loro competenza.
Ancora lesiva e' la previsione (comma 9) concernente il silenzio
assenso ove nel termine di novanta giorni non sia comunicato un
provvedimento di diniego; si consente agli enti locali di prevedere
termini piu' brevi o altre forme di semplificazione amministrativa:
anche qui, com'e' evidente, non si ipotizza neppure uno spazio per la
legge regionale e si pretende di imporre sempre e comunque il
silenzio assenso per la localizzazione degli impianti in parola. In
tal modo si priva il legislatore regionale del suo compito di
individuare e disciplinare le modalita' di contemperamento delle
esigenze di celerita' e di durata certa del procedimento
autorizzativo, con le imprescindibili garanzie di tutela della salute
e dell'ambiente.
L'allegato n. 13, richiamato dalla norma in esame determina il
contenuto dei modelli da usarsi nella presentazione della domanda.
Anche tale profilo contrasta decisamente con quella che dovrebbe
essere, tutt'al piu', unicamente una legislazione di determinazione
di principi fondamentali rivolti al legislatore regionale. Inoltre la
predisposizione di specifici modelli per la presentazione dei titoli
abilitativi integra l'esercizio, piu' che di una potesta'
legislativa, di una vera e propria potesta' regolamentare, che lo
Stato non puo' legittimamente esercitare in materie diverse da quelle
riservate alla sua competenza esclusiva, come confermato dalla Corte
costituzionale nella sentenza n. 303/2003.
2.c. - Ancora illegittime, per lesione del quadro
costituzionale delle competenze legislative regionali, si presentano
gli articoli 88, 89 e 93.
Con questi articoli si dettano procedure dettagliate e puntuali
per la realizzazione di opere civili, scavi ed occupazione di suolo
pubblico funzionali alla realizzazione delle infrastrutture di
comunicazione.
In particolare l'art. 88, commi 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, riproduce
una procedura uguale a quella del precedente art. 87 (domanda secondo
il modello allegato; conferenza dei servizi, possibile silenzio
assenso), stabilisce una procedura speciale per l'autorizzazione
volta all'installazione di infrastrutture che interessano aree di
proprieta' di piu' enti pubblici e fissa regole perche' gli enti
pubblici, e quindi anche le regioni e gli enti locali, definiscano i
programmi di manutenzione ordinaria e straordinaria delle rispettive
opere, per consentire ai titolari delle autorizzazioni una corretta
pianificazione delle loro attivita' strumentali e in specie delle
attivita' di installazione delle infrastrutture di comunicazione
elettronica.
L'art. 89 fissa le regole di condivisione dello scavo e di
coubicazione dei cavi; l'art. 93 dispone che agli operatori di reti
di comunicazione elettronica puo' essere posto a carico solo
l'obbligo di tenere indenne l'ente locale o l'ente proprietario dalle
spese necessarie per le opere di sistemazione delle aree pubbliche
coinvolte dagli interventi di installazione e manutenzione e di
ripristinare le aree nei tempi stabiliti dall'ente locale, fatte
salve le tasse ed i canoni di concessione.
Tali disposizioni incidono pesantemente negli ambiti materiali
affidati alla competenza regionale piu' volte richiamati del governo
del territorio, dell'ordinamento della comunicazione e della tutela
della salute.
2.d. - L'art. 95 detta disposizioni concernenti gli impianti e
le condutture di energia elettrica e le interferenze, stabilendo la
necessita' di chiedere all'Ispettorato del Ministero delle
comunicazioni il nullaosta sul progetto relativo a qualunque
costruzione, modifica o spostamento di condutture di energia
elettrica a qualunque uso destinate o di qualunque tubazione
metallica sotterrata ad ogni uso destinata. In caso di interferenze
si richiede l'osservanza delle norme generali per gli impianti
elettrici del Comitato elettrotecnico italiano del Consiglio
nazionale delle ricerche. Ove a causa di impianti di energia
elettrica si abbia un turbamento del servizio di comunicazione
elettronica, il Ministero puo' promuovere lo spostamento degli
impianti o altri provvedimenti idonei con spese a carico di chi li
rende necessari.
La disposizione si pone in contrasto con gli artt. 117 e 118
Cost., oltre che per i motivi di cui al punto 1, anche perche'
attribuisce ad un organo statale, (l'Ispettorato del Ministero delle
comunicazioni) la competenza a pronunciarsi sui progetti relativi
alle condutture di energia elettrica e alle tubazioni metalliche
sotterrate. Dunque lo Stato avoca a se' competenze attinenti una
materia soggetta a potesta' concorrente, senza rispettare i criteri
in merito stabiliti dall'art. 118 Cost., come chiariti dalla Corte
costituzionale nella sentenza n. 303/2003.
Infatti «quando si intendano attrarre allo Stato funzioni
amministrative in sussidiarieta', di regola il titolo del legiferare
deve essere reso evidente in maniera esplicita perche' la
sussidiarieta' deroga al normale riparto delle competenze stabilito
nell'art. 117 Cost.»: nel caso in esame tale principio non e'
rispettato, perche' non sono indicate le ragioni di carattere
unitario che, ex art. 118 Cost., giustificherebbero l'allocazione
delle funzioni allo Stato.
L'assunzione di funzioni da parte dello Stato non e' poi
proporzionata ne' ragionevole e, soprattutto, non e' accompagnata
dalla previsione dell'intesa con la regione, invece imprescindibile
ai fini della legittimita' dell'attrazione delle competenze in capo
allo Stato.
P. Q. M.
Si chiede che la Corte costituzionale dichiari l'illegittimita'
costituzionale degli articoli 86, 87, 88, 89, 93, 95 e dell'allegato
n. 13 del decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259, perche' in
contrasto con gli artt. 117 e 118 della Costituzione.
Firenze - Roma, addi' 12 novembre 2003
Avv. Lucia Bora - Avv. Fabio Lorenzoni
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 14 novembre 2003 (della regione Toscana)
(GU n. 50 del 17-12-2003)
Ricorso della regione Toscana, in persona del presidente pro
tempore, autorizzato con deliberazione della Giunta regionale n. 1010
del 20 ottobre 2003, rappresentato e difeso, per mandato in calce al
presente atto, dagli Avvocati Lucia Bora e Fabio Lorenzoni e presso
lo studio di quest'ultimo elettivamente domiciliato in Roma, via del
Viminale n. 43;
Contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore per
la dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli articoli 86,
87, 88, 89, 93, 95 e dell'allegato n. 13 del decreto legislativo
1° agosto 2003, n. 259.
Nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 214 del 15
settembre 2003 - Serie generale, e' stato pubblicato il decreto
legislativo 1° agosto 2003, n. 259 «Codice delle comunicazioni
elettroniche».
Questo e' stato adottato in attuazione dell'art. 41 della legge
1° agosto 2002, n. 166 che ha delegato il Governo ad emanare decreti
legislativi per il riassetto delle disposizioni vigenti conseguenti
al recepimento delle direttive comunitarie relative all'accesso alle
reti di comunicazione elettronica (direttiva 2002/19/CE), alle
autorizzazioni per le reti e i servizi di comunicazione elettronica
(direttiva 2002/20/CE), al quadro normativo comune per le reti ed i
servizi di comunicazione elettronica (direttiva 2002/21/CE), al
servizio universale e ai diritti degli utenti in materia di reti e di
servizi di comunicazione elettronica (direttiva 2002/22/CE).
Il titolo II del decreto legislativo in esame riguarda le reti ed
i servizi di comunicazione elettronica ad uso pubblico; nell'ambito
di tale titolo, il capo V detta le disposizioni relative a reti ed
impianti.
Gli articoli contenuti in tale capo V riproducono, in parte senza
significative modificazioni, il contenuto del decreto legislativo
n. 198/2002, impugnato da questa Amministrazione ed annullato dalla
Corte costituzionale con la sentenza n. 303/2003.
In questa pronuncia, com'e' noto, la Corte costituzionale ha
annullato il decreto legislativo n. 198 per eccesso di delega,
ritenendo legittimate le regioni a far valere detto vizio posto che,
come testualmente affermato, «non puo' negarsi che la disciplina
delle infrastrutture di telecomunicazioni strategiche comprima le
attribuzioni regionali sotto piu' profili. Il piu' evidente tra essi
emerge dalla lettura dell'art. 3, comma 2».
Tale art. 3 comma 2, che consentiva l'installazione delle
infrastrutture di telecomunicazioni strategiche in ogni parte del
territorio anche in deroga alle previsioni urbanistiche e contenente,
come rilevato dalla Corte costituzionale, il piu' evidente profilo di
compressione delle attribuzioni regionali, non e' stato riprodotto
nel capo V del titolo II del codice delle comunicazioni.
Restano, pero', i vari altri profili di lesione delle competenze
regionali, gia' presenti nel precedente testo ed ora riprodotti nel
nuovo decreto legislativo.
In particolare, l'art. 86 (che contiene alcune disposizioni gia'
dettate dagli artt. 3 e 4 del decreto legislativo n. 198) prevede:
che le autorita' competenti adottano senza indugio le
necessarie decisioni e rispettano procedure trasparenti
nell'esaminare le domande per la concessione del diritto di
installare infrastrutture;
fa salvi gli accordi stipulati tra enti locali ed operatori
per la localizzazione, coubicazione e condivisione delle
infrastrutture di comunicazione elettronica;
stabilisce che le infrastrutture di reti di comunicazione
sono assimilate ad ogni effetto alle opere di urbanizzazione
primaria;
mantiene ferme le disposizioni a tutela dei beni ambientali e
culturali e detta norme perche' sia garantita la separazione
strutturale tra la funzione attinente alla concessione dei diritti di
installare infrastrutture e le funzioni attinenti la proprieta' ed il
controllo;
richiama l'applicabilita' delle disposizioni di attuazione
dell'art. 4, comma 2, lettera a) della legge n. 36/2001 per i limiti
di esposizione ai campi elettromagnetici, valori di attenzione ed
obiettivi di qualita' e dispone che gli operatori delle reti
radiomobili di comunicazione elettronica ad uso pubblico inviano ai
comuni e agli ispettorati territoriali del Ministero la descrizione
di ogni impianto installato, sulla base dei modelli A e B
dell'allegato 13 al decreto; similmente i soggetti interessati alle
realizzazione di opere civili, scavi ed occupazioni di suolo
pubblico, coubicazione e condivisione di infrastrutture trasmettono
al Ministero copia dei modelli C e D dello stesso allegato 13 ed il
ministro puo', a sua volta, delegare ad altro ente la tenuta degli
archivi telematici di tutte le comunicazioni trasmessegli.
L'art. 87 (che riproduce il contenuto degli artt. 4, 5 e 6 del
decreto legislativo n. 198) disciplina il procedimento autorizzatorio
relativo alle infrastrutture di comunicazione elettronica, disponendo
che tale autorizzazione venga rilasciata dagli enti locali, previo
accertamento da parte del competente organismo della compatibilita'
del progetto con i limiti di esposizione, i valori di attenzione e
gli obiettivi di qualita' stabiliti uniformemente a livello nazionale
in relazione al disposto della legge n. 36/2001 e relativi
provvedimenti di attuazione. La norma specifica dettagliatamente le
modalita' di presentazione dell'istanza, la documentazione da
allegare, addirittura si allega il modello cui deve essere conforme
l'istanza; si stabilisce che per l'installazione di impianti con
tecnologia UMTS od altre, con potenza in singola antenna uguale o
inferiore ai 20 Watt, e' sufficiente la denuncia di inizio attivita',
conforme ai modelli predisposti dagli enti locali e, ove non
predisposti, al modello B di cui all'allegato n. 13. Ancora la norma
prevede che ove una amministrazione interessata abbia espresso
motivato dissenso, il responsabile del procedimento convochi una
conferenza dei servizi; l'approvazione del progetto, a maggioranza
dei presenti, sostituisce gli atti di competenza di ogni
amministrazione e vale come dichiarazione di pubblica utilita',
indifferibilita' ed urgenza dei lavori. Ove poi il dissenso sia
espresso da un'amministrazione preposta alla tutela del vincolo
ambientale e paesaggistico, la determinazione finale e' rimessa al
Consiglio dei ministri.
Le domande di autorizzazione e le denunce di inizio attivita' si
intendono accolte ove, entro novanta giorni dalla presentazione del
progetto, non sia stato comunicato il diniego; le opere devono essere
realizzate nel termine perentorio di dodici mesi dalla ricezione del
provvedimento autorizzatorio espresso ovvero dalla formazione del
silenzio-assenso.
L'art. 88 (che riproduce gli artt. 7 e 9 del decreto legislativo
n. 198) disciplina un procedimento - analogo a quello di cui al
precedente art. 87 - per le opere civili, gli scavi e le occupazioni
di suolo pubblico (viene anche qui' predisposto un modello - i
modelli C e D dell'allegato 13 - per l'istanza di autorizzazione);
l'art. 89 (corrispondente all'art. 8 del decreto n. 198) disciplina
la procedura per la coubicazione e la condivisione di infrastrutture;
l'art. 93 (corrispondente all'art. 10 del decreto n. 198) fa divieto
di imporre oneri diversi da quelli ivi contemplati.
L'art. 95 detta disposizioni concernenti gli impianti e le
condutture di energia elettrica e le interferenze, stabilendo la
necessita' di chiedere all'Ispettorato del Ministero delle
comunicazioni il nullaosta sul progetto relativo a qualunque
costruzione, modifica o spostamento di condutture di energia
elettrica a qualunque uso destinate o di qualunque tubazione
metallica sotterrata ad ogni uso destinata. In caso di interferenze
si richiede l'osservanza delle norme generali per gli impianti
elettrici del Comitato elettrotecnico italiano del Consiglio
nazionale delle ricerche. Ove a causa di impianti di energia
elettrica si abbia un turbamento del servizio di comunicazione
elettronica, il Ministero puo' promuovere lo spostamento degli
impianti o altri provvedimenti idonei con spese a carico di chi li
rende necessari.
Le suddette disposizioni contenute negli articoli 86, 87, 88, 89,
93, 95 e nell'allegato n. 13 sono incostituzionali per i seguenti
motivi di
D i r i t t o
Violazione degli articoli 117 e 118 Cost.
1. - La materia disciplinata dalle disposizioni impugnate,
riguardante l'installazione di infrastrutture di comunicazione
elettronica, non rientra tra quelle riservate allo Stato ai sensi
dell'art. 117, secondo comma, Cost., ma e' riconducibile ad ambiti di
competenza legislativa concorrente e residuale delle regioni. In
particolare detta disciplina riguarda l'ordinamento della
comunicazione, il governo del territorio (per tutt i numerosi aspetti
connessi alla localizzazione degli impianti e delle opere), la tutela
della salute (per quanto attiene all'esercizio degli impianti),
nonche' l'industria ed il commercio.
Pertanto, e con riferimento alle materie soggette a potesta'
legislativa concorrente, allo Stato competerebbe unicamente dettare i
principi fondamentali: come specificato dalla Corte costituzionale,
la nuova formulazione dell'art. 117 Cost., rispetto alla previgente,
esprime l'intento di una piu' netta distinzione fra la competenza
regionale a legiferare e la competenza statale limitata alla sola
determinazione dei principi fondamentali (sentenza n. 282/2002).
Da cio' consegue che la disciplina sostanziale e procedimentale
deve essere determinata dal legislatore regionale, nel rispetto dei
principi regolatori determinati dallo Stato, per tali intendendosi,
secondo quanto spiegato dalla Corte costituzionale, «i nuclei
essenziali del contenuto normativo che quelle disposizioni esprimono
per i principi enunciati e da esse desumibili» (sentenze n. 482/1985
e n. 192/1987).
Cio' non avviene nel caso in esame, in cui il legislatore
nazionale detta una disciplina procedimentale minuziosa, dettagliata,
autoapplicativa, direttamente operativa nei confronti dei privati
interessati (la' dove, invece, i principi fondamentali della materia
dovrebbero essere rivolti al legislatore regionale che poi dovrebbe
articolare la normativa applicabile ai terzi interessati), con la
conseguenza che si privano del tutto le regioni del loro potere -
costituzionalmente previsto - di attuare e sviluppare i principi
statali nell'ambito della disciplina organica della materia.
La legge n. 36/2001 aveva correttamente previsto la competenza
legislativa regionale a definire le modalita' per il rilascio delle
autorizzazioni all'installazione degli impianti, gia' nell'ambito del
previgente titolo V.
Tale competenza e' stata esercitata dalla regione ricorrente con
la legge regionale n. 54 del 6 aprile 2000.
E' dunque illogico ed ingiustificato eliminare detta competenza
regionale, vanificando anche del tutto le leggi regionali
legittimamente adottate, ora, nel vigore delle nuove norme
costituzionali, le quali hanno accresciuto le potesta' legislative
regionali, sia nell'ambito della legislazione concorrente che di
quella residuale, consentendo anche, come affermato dalla Corte
costituzionale, alle leggi regionali, emanate nell'esercizio della
potesta' concorrente e residuale, di assumere fra i propri scopi
anche finalita' di tutela ambientale (sentenze n. 407/2002;
n. 222/2003; n. 307/2003).
Tutto cio' determina la violazione dell'art. 117 Cost.
Le impugnate disposizioni violano altresi', oltre che l'art. 117,
anche l'art. 118 Cost.
Infatti le norme in esame attribuiscono direttamente l'esercizio
di funzioni amministrative agli enti locali, disciplinando il
relativo procedimento.
Come sopra rilevato, la normativa in oggetto interviene in ambiti
materiali attribuiti alla competenza, anche residuale, delle regioni;
di conseguenza, in base al nuovo art. 118 Cost., la competenza
legislativa regionale (sia essa residuale che concorrente) esclude
che lo Stato possa intervenire per attribuire funzioni amministrative
agli enti locali, in quanto le funzioni medesime devono essere
conferite con legge statale o regionale, secondo le rispettive
competenze. Pertanto compete alle regioni disciplinare il
procedimento in questione, attribuendo agli enti locali le relative
funzioni nel rispetto dell'art. 118 Cost.
La Corte costituzionale, nella sentenza n. 303/2003, ha affermato
che la sussidiarieta' puo' legittimare l'attrazione in capo allo
Stato di funzioni amministrative in materie soggette a potesta'
legislativa concorrente e, in tal caso, e' inevitabile che il
legislatore statale sia legittimato ad intervenire per organizzare e
regolare le funzioni medesime.
E' evidente, pero', che tale presupposto non ricorre nel caso in
esame: qui lo Stato non decide di allocare a se stesso l'esercizio
delle funzioni, ma attribuisce le medesime agli enti locali in
materie che, pero', sono di competenza regionale e non solo
concorrente, ma anche residuale.
Percio' i principi enunciati nella citata sentenza n. 303 non
trovano applicazione nel caso in questione; in ogni caso, poi, i
medesimi principi non sono affatto rispettati perche' non e' prevista
l'intesa con la regione, individuata dalla Corte costituzionale come
«elemento valutativo essenziale» per giudicare se una legge statale
sia invasiva delle attribuzioni regionali e non costituisca invece
una applicazione corretta dei principi di sussidiarieta' ed
adeguatezza.
Ne' puo' ritenersi che le suddette disposizioni trovino un loro
fondamento nella potesta' statale di definire le funzioni
fondamentali degli enti locali. Infatti, se pure si volesse aderire
ad una interpretazione estensiva dell'art. 117, secondo comma,
lettera p) Cost., in nessun caso potrebbe esservi ricompresa
l'attribuzione di una singola competenza autorizzativa in materia di
impianti. Ne' puo' ritenersi che le norme impugnate siano legittimate
dal fatto che esse danno attuazione a direttive comunitarie: infatti
l'art 117, quinto comma, Cost. dispone che le regioni provvedono
all'attuazione degli atti dell'Unione europea nelle materie di loro
competenza. Poiche' le direttive comunitarie in questione investono,
come gia' rilevato, materie di competenza concorrente ed anche
residuale, spetta comunque alle regioni darvi attuazione con la
normativa applicativa puntuale.
2. - Tutte le disposizioni impugnate sono costituzionalmente
illegittime per le ragioni esposte al precedente paragrafo. Con
riferimento alle singole disposizioni, in particolare si osserva:
2.a. - La disposizione contenuta nell'art. 86 e' un chiaro
esempio di disciplina dettagliata che trova applicazione anche per le
regioni; l'assimilazione delle infrastrutture di cui agli artt. 87 e
88 alle opere di urbanizzazione primaria, anche se di proprieta'
privata degli operatori, dimostra l'invasione della competenza
regionale nella materia del governo del territorio.
2.b. - L'art. 87 disciplina il procedimento autorizzatorio per
l'installazione e la modifica delle infrastrutture in oggetto e pone
tale funzione in capo agli enti locali.
Qui sono particolarmente evidenti i motivi di illegittimita'
costituzionali enunciati al precedente punto 1.
La disciplina e' dettagliata ed autoapplicabile direttamente da
parte dei privati interessati (commi 1, 2, 3, 4, 5). La specificita'
della disciplina adottata - che detta regole puntuali in tema di
semplificazione del procedimento di autorizzazione, nonche' tempi
prefissati di formazione degli atti e di manifestazione della
volonta' delle amministrazioni coinvolte - determina una lesione
delle competenze legislative regionali entrando nel dettaglio e con
regole non definite cedevoli a fronte della legislazione regionale,
in una materia che sicuramente rientra quanto meno nella competenza
regionale concorrente. Tanto e' vero che la Corte costituzionale ha
rilevato (sentenza n. 307/2003) che la disciplina dei procedimenti
autorizzativi in questione e' legittimamente attribuita alle regioni,
ex art. 8, comma 1, lettera c) della legge n. 36/2001, perche' cio'
e' coerente con il ruolo riconosciuto alle regioni per quanto attiene
al governo e all'uso del loro territorio dall'art. 117 Cost.
E' quindi incostituzionale annullare tale competenza regionale.
Ancora il primo comma dell'art. 87 in esame stabilisce che i
progetti presentati devono essere compatibili con i limiti di
esposizione, i valori di attenzione e gli obiettivi di qualita'
stabiliti uniformemente a livello nazionale in relazione al disposto
della legge n. 36/2001. Anche tale disposizione e' incostituzionale,
perche', con riferimento agli obiettivi di qualita', si obbliga al
rispetto di quelli «uniformemente stabiliti a livello nazionale»:
cosi' si sopprimono gli obiettivi di qualita' consistenti nei
«criteri localizzativi, standard urbanistici, prescrizioni ed
incentivazioni per l'utilizzo delle migliori tecnologie disponibili»
gia' previsti dall'art. 3, comma 1, lettera d) n. 1 e art. 8,
comma 1, lettera e) della legge n. 36/2001, che la Corte
costituzionale ha ritenuto di competenza regionale, per coerenza con
il ruolo riconosciuto alle regioni per quanto attiene al governo e
all'uso del loro territorio (sentenza n. 307/2003).
In sostanza tutta la norma ignora, per gli aspetti della tutela
della salute e del governo del territorio, il legislatore regionale e
le sue competenze costituzionalmente garantite.
Particolarmente lesiva e' la regolamentazione della Conferenza
dei servizi (commi 6, 7, 8), in cui l'estensione della regola della
maggioranza nell'adozione dell'atto finale che puo' del tutto
pretermettere la volonta' regionale, nonche' la previsione di una
sola ipotesi di dissenso qualificato e l'attribuzione al Consiglio
dei ministri della relativa decisione, annulla qualsiasi ruolo (anche
solo sul piano amministrativo) delle regioni, in materie che invece
la Costituzione affida alla loro competenza.
Ancora lesiva e' la previsione (comma 9) concernente il silenzio
assenso ove nel termine di novanta giorni non sia comunicato un
provvedimento di diniego; si consente agli enti locali di prevedere
termini piu' brevi o altre forme di semplificazione amministrativa:
anche qui, com'e' evidente, non si ipotizza neppure uno spazio per la
legge regionale e si pretende di imporre sempre e comunque il
silenzio assenso per la localizzazione degli impianti in parola. In
tal modo si priva il legislatore regionale del suo compito di
individuare e disciplinare le modalita' di contemperamento delle
esigenze di celerita' e di durata certa del procedimento
autorizzativo, con le imprescindibili garanzie di tutela della salute
e dell'ambiente.
L'allegato n. 13, richiamato dalla norma in esame determina il
contenuto dei modelli da usarsi nella presentazione della domanda.
Anche tale profilo contrasta decisamente con quella che dovrebbe
essere, tutt'al piu', unicamente una legislazione di determinazione
di principi fondamentali rivolti al legislatore regionale. Inoltre la
predisposizione di specifici modelli per la presentazione dei titoli
abilitativi integra l'esercizio, piu' che di una potesta'
legislativa, di una vera e propria potesta' regolamentare, che lo
Stato non puo' legittimamente esercitare in materie diverse da quelle
riservate alla sua competenza esclusiva, come confermato dalla Corte
costituzionale nella sentenza n. 303/2003.
2.c. - Ancora illegittime, per lesione del quadro
costituzionale delle competenze legislative regionali, si presentano
gli articoli 88, 89 e 93.
Con questi articoli si dettano procedure dettagliate e puntuali
per la realizzazione di opere civili, scavi ed occupazione di suolo
pubblico funzionali alla realizzazione delle infrastrutture di
comunicazione.
In particolare l'art. 88, commi 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, riproduce
una procedura uguale a quella del precedente art. 87 (domanda secondo
il modello allegato; conferenza dei servizi, possibile silenzio
assenso), stabilisce una procedura speciale per l'autorizzazione
volta all'installazione di infrastrutture che interessano aree di
proprieta' di piu' enti pubblici e fissa regole perche' gli enti
pubblici, e quindi anche le regioni e gli enti locali, definiscano i
programmi di manutenzione ordinaria e straordinaria delle rispettive
opere, per consentire ai titolari delle autorizzazioni una corretta
pianificazione delle loro attivita' strumentali e in specie delle
attivita' di installazione delle infrastrutture di comunicazione
elettronica.
L'art. 89 fissa le regole di condivisione dello scavo e di
coubicazione dei cavi; l'art. 93 dispone che agli operatori di reti
di comunicazione elettronica puo' essere posto a carico solo
l'obbligo di tenere indenne l'ente locale o l'ente proprietario dalle
spese necessarie per le opere di sistemazione delle aree pubbliche
coinvolte dagli interventi di installazione e manutenzione e di
ripristinare le aree nei tempi stabiliti dall'ente locale, fatte
salve le tasse ed i canoni di concessione.
Tali disposizioni incidono pesantemente negli ambiti materiali
affidati alla competenza regionale piu' volte richiamati del governo
del territorio, dell'ordinamento della comunicazione e della tutela
della salute.
2.d. - L'art. 95 detta disposizioni concernenti gli impianti e
le condutture di energia elettrica e le interferenze, stabilendo la
necessita' di chiedere all'Ispettorato del Ministero delle
comunicazioni il nullaosta sul progetto relativo a qualunque
costruzione, modifica o spostamento di condutture di energia
elettrica a qualunque uso destinate o di qualunque tubazione
metallica sotterrata ad ogni uso destinata. In caso di interferenze
si richiede l'osservanza delle norme generali per gli impianti
elettrici del Comitato elettrotecnico italiano del Consiglio
nazionale delle ricerche. Ove a causa di impianti di energia
elettrica si abbia un turbamento del servizio di comunicazione
elettronica, il Ministero puo' promuovere lo spostamento degli
impianti o altri provvedimenti idonei con spese a carico di chi li
rende necessari.
La disposizione si pone in contrasto con gli artt. 117 e 118
Cost., oltre che per i motivi di cui al punto 1, anche perche'
attribuisce ad un organo statale, (l'Ispettorato del Ministero delle
comunicazioni) la competenza a pronunciarsi sui progetti relativi
alle condutture di energia elettrica e alle tubazioni metalliche
sotterrate. Dunque lo Stato avoca a se' competenze attinenti una
materia soggetta a potesta' concorrente, senza rispettare i criteri
in merito stabiliti dall'art. 118 Cost., come chiariti dalla Corte
costituzionale nella sentenza n. 303/2003.
Infatti «quando si intendano attrarre allo Stato funzioni
amministrative in sussidiarieta', di regola il titolo del legiferare
deve essere reso evidente in maniera esplicita perche' la
sussidiarieta' deroga al normale riparto delle competenze stabilito
nell'art. 117 Cost.»: nel caso in esame tale principio non e'
rispettato, perche' non sono indicate le ragioni di carattere
unitario che, ex art. 118 Cost., giustificherebbero l'allocazione
delle funzioni allo Stato.
L'assunzione di funzioni da parte dello Stato non e' poi
proporzionata ne' ragionevole e, soprattutto, non e' accompagnata
dalla previsione dell'intesa con la regione, invece imprescindibile
ai fini della legittimita' dell'attrazione delle competenze in capo
allo Stato.
P. Q. M.
Si chiede che la Corte costituzionale dichiari l'illegittimita'
costituzionale degli articoli 86, 87, 88, 89, 93, 95 e dell'allegato
n. 13 del decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259, perche' in
contrasto con gli artt. 117 e 118 della Costituzione.
Firenze - Roma, addi' 12 novembre 2003
Avv. Lucia Bora - Avv. Fabio Lorenzoni