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N. 79 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 18 maggio 2010. |
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Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 18 maggio 2010 (del Commissario dello Stato per la
Regione Siciliana).
(GU n. 29 del 21-7-2010)
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L'Assemblea Regionale Siciliana, nella seduta del 1º maggio 2010,
ha approvato il disegno di legge n. 471, 471-bis, 471-ter dal titolo
«Disposizioni programmatiche e correttive per l'anno 2010», pervenuto
a questo Commissario dello Stato per la Regione Siciliana, ai sensi e
per gli effetti dell'art. 28 dello Statuto speciale, il 4 maggio
2010.
Gli articoli della suddetta delibera legislativa contengono
disposizioni che danno adito a censure di incostituzionalita' per le
motivazioni che di seguito si espongono.
L'art. 4, comma 11, si ritiene in contrasto con gli articoli 3 e
97 della Costituzione. Infatti la norma ivi contenuta dispone che una
indefinita quota del fondo destinato ai trasferimenti annuali in
favore dei comuni per lo svolgimento delle funzioni amministrative
conferite dalla vigente legislazione, nonche' a titolo di sostegno
allo sviluppo, rimanga nella disponibilita' dell'Assessore regionale
per le autonomie locali e la funzione pubblica, per finanziare le
spese relative ai ricoveri di minori extracomunitari clandestini non
accompagnati in comunita' o strutture disposte dall'autorita'
amministrativa.
La disposizione seppure lodevole e condivisibile nel merito
appare tuttavia viziata da irragionevolezza intrinseca laddove non
determina alcun limite alla quota di riserva. Si soggiunge poi che
viene rimessa alla assoluta discrezionalita' dell'Assessore
l'utilizzazione, per finalita' non attinenti alla ordinaria
destinazione del fondo, delle risorse esistenti, la cui ripartizione
fra le amministrazioni locali avviene secondo criteri
legislativamente preordinati dal comma 2 del medesimo articolo.
Gli articoli 6, 8 e 9 attinenti rispettivamente all'istituzione
della tassa annuale di concessione regionale per fondo chiuso, alle
tariffe in materia di motorizzazione e all'istituzione di nuove voci
della tassa sulle concessioni governative regionali, suscitano
rilievi di costituzionalita' per violazione degli articoli 3, 117,
comma 2 lett. e) e 119 della Costituzione e degli articoli 14, 17 e
36 dello Statuto Speciale nonche' del d.P.R. 26 luglio 1965 n. 1074 e
del d.P.R. 17 dicembre 1953 n. 1113 come modificato dal decreto
legislativo 11 settembre 2000 n. 296, nonche' dell'art. 77-ter comma
19 del devreto-legge 25 giugno 2008 n. 112, convertito dalla legge 6
agosto 2008, n. 133.
Quest'ultimo articolo rubricato «Patto di stabilita' interno
delle regioni e delle province autonome» afferma: «Resta confermata
per il triennio 2009-2011, ovvero sino all'attuazione del federalismo
fiscale se precedente all'anno 2011, la sospensione del potere delle
regioni di deliberare aumenti dei tributi, delle addizionali, delle
aliquote ovvero delle maggiorazioni di aliquote di tributi ad esse
attribuiti con legge dello Stato di cui all'art. 1, comma 7, del
decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93, convertito, con modificazioni,
dalla legge 24 luglio 2008, n. 126».
Le disposizioni in esame pertanto contrastano tutte,
integralmente o parzialmente, come nel caso dell'art. 8, con le norme
statali che non solo hanno imposto alle Regioni di non aumentare la
pressione tributaria a carico dei contribuenti, ma anche di non
istituire nuovi tributi, in quanto ogni variazione in aumento
andrebbe a variare l'assetto della misura del tributo stesso
aggravando la pressione fiscale esistente.
L'art. 6, inoltre, sembra essere confliggente anche con la
«ratio» della legge n. 157/1992 «Norme per la protezione della fauna
selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio». Detta legge
autorizza infatti le Regioni ad istituire soltanto una tassa di
concessione (art. 23) per il rilascio dell'abilitazione all'esercizio
venatorio i cui proventi devono essere utilizzati per l'erogazione di
un contributo in favore dei proprietari e/o conduttori di fondi
inclusi nel piano faunistico-venatorio, ai fini della gestione
programmata della caccia.
Nessun onere ulteriore, oltre alla motivata istanza ai competenti
organi amministrativi, e' invece posto a carico del proprietario che
intende vietare sui propri fondi l'esercizio della attivita'
venatoria.
L'istituzione della tassa in questione inoltre verrebbe a
costituire anche un ingiustificato gravame al diritto di proprieta'
ed una disparita' di trattamento dei proprietari terrieri dell'isola
rispetto a quelli del rimanente territorio nazionale.
La particolare autonomia di cui gode la Regione siciliana ex art.
36 dello Statuto Speciale non puo' giustificare una deroga a quanto
sopra esposto.
Infatti e' pur vero che la menzionata norma statutaria prevede
che al fabbisogno finanziario della Regione si provvede a mezzo di
tributi deliberati dalla medesima, ma e' necessario stabilire il tipo
di competenza in ordine all'istituzione di nuovi tributi.
Codesta ecc.ma Corte ha affermato in proposito (ex plurimis
sentenze n. 138 del 1999 e n. 367 del 2001) che la potesta'
legislativa concorrente della Regione si esercita nei limiti del
sistema tributario ed in ogni caso tenendo conto «della esigenza
fondamentale di unitarieta' del sistema tributario e di quella del
coordinamento con la finanza dello Stato e degli enti locali
affinche' non derivi turbamento ai rapporti tributari sul resto del
territorio» (sentenza n. 1 del 1999).
Codesta ecc.ma Corte nella recente pronuncia n. 123 del 2010, ha
altresi' affermato che: «a) in forza del combinato disposto del
secondo comma lett. e) del terzo comma e del quarto comma 117,
nonche' dell'art. 119 Cost. , non e' ammissibile in materia
tributaria una piena esplicazione di potesta' regionali autonome in
carenza della fondamentale legislazione di coordinamento dettata dal
Parlamento nazionale (sentenze n. 102 del 2008 e n. 37 del 2004); b)
di conseguenza, fino a quando l'indicata legge statale non sara'
stata emanata, rimane precluso alle Regioni il potere di istituire e
disciplinare tributi propri aventi gli stessi presupposti dei tributi
dello Stato e di legiferare sui tributi esistenti istituiti e
regolati da leggi statali (sentenze 102 del 2008, n. 75 e n. 2 del
2006, n. 397 e n. 335 del 2005, n. 37 del 2004)».
Queste ultime affermazioni valgono specificamente per le
disposizioni contenute nell'art. 8 con cui il legislatore siciliano
approva con propria norma le tariffe relative all'esercizio delle
attribuzioni degli organi periferici dello Stato in materia di
motorizzazione trasferite alla Regione, ai sensi del d.P.R. 17
dicembre 1953, n.1113 e successive modifiche ed integrazioni,
invadendo la competenza propria dello Stato.
Considerato che le suddette tariffe, ai sensi dell'articolo 18
della legge 1º dicembre 1986 n. 870, sono definite con decreto
interministeriale, non puo' ritenersi ammissibile una competenza
legislativa della Regione nella materia «de qua», atteso anche
l'esplicita disposizione della norma di attuazione in materia di
comunicazioni e trasporti di cui all'art. 1, secondo comma del d.P.R.
n. 1113/1953 modificato dal decreto legislativo n. 296/2000 per il
quale la Regione siciliana esercita nell'ambito del proprio
territorio tutte le attribuzioni degli organi periferici dello Stato
«ai sensi dell'art. 20 dello Statuto, secondo le direttive del
Governo dello Stato».
Per quanto attiene all'art. 9, che introduce nuove voci alla
tassa di concessioni governative regionali, si rileva che la stessa,
disciplinata dal decreto legislativo 22 giugno 1991 n. 230, debba
considerarsi tributo dello Stato poiche' istituita da una legge
statale ancorche' il relativo gettito sia devoluto alla Regione
stessa (sentenze Corte costituzionale n. 216 e n. 298 del 2009).
Cosi' come affermato da codesta Corte (ex plurimis sentenze n.
297 e 311 del 2003) trattandosi di tributo statale si deve ritenere
preclusa la potesta' delle Regioni ed anche della Regione Siciliana
(sentenza C.C. n. 442/2008) di modificare e/o integrare la normativa
statale.
Si ritiene poi in contrasto con gli articoli 117; 119, secondo
comma e 120 della Costituzione il settimo comma dell'art. 16.
Questo dispone che «A decorrere dall'anno 2009 il concorso degli
enti locali al contenimento della spesa per il personale, previsto
dalla vigente normativa nazionale, viene calcolato includendo nella
base di riferimento gli effetti prodotti dall'articolo 3, comma 2,
della legge regionale 14 aprile 2006, n. 16 e consolidati alla data
del 31 dicembre 2008».
La norma sostanzialmente consentirebbe, peraltro
retroattivamente, una diversa definizione della base di calcolo per
gli oneri del personale ai fini del rispetto degli obiettivi posti
dal patto di stabilita' interno, con presumibili effetti negativi per
il bilancio dell'ente e conseguentemente sui saldi di finanza
pubblica.
Sulla base degli articoli 77-bis e 77-ter del decreto-legge 25
giugno 2008 n. 112, convertito con modificazione in legge 6 agosto
2008, n. 133, che, come sancito da codesta Corte con le sentenze
n.36/2004, n. 35/2005 e n. 159/2008, costituiscono principi
fondamentali di coordinamento della finanza pubblica ai fini della
tutela dell'unita' economica della repubblica, la competenza delle
Regioni a statuto speciale in materia di patto di stabilita' e'
riconosciuta esclusivamente alle autonomie speciali che erogano le
risorse per la finanza locale e non anche a quelle come la Sicilia,
nei cui territori tuttora il Ministero dell'interno trasferisce le
suddette risorse agli enti locali.
Gli enti locali siciliani, dal 1999 ad oggi, sono assoggettati
alle regole generali dettate dalla legislazione nazionale, con
conseguente monitoraggio e verifica da parte del Ministero
dell'economia e delle finanze e per essi quindi non puo' essere
consentita una diversa modalita' di computo degli oneri per il
personale non preventivamente assentita dagli organi statali.
La Corte costituzionale, con sentenza n. 257/2007, inoltre, nel
pronunciarsi in analoga questione relativa ai criteri per il
raggiungimento del patto di stabilita' interno della regione
Sardegna, ha chiarito che « deve ritenersi consentito alle regioni di
porre limiti ulteriori alla spesa pubblica degli enti locali, anche
attraverso la previsione di un tetto massimo piu' basso»; nella
fattispecie in esame, invece, la norma vorrebbe determinare criteri
differenti a quelli statali e non ulteriori per il calcolo delle
spese per il personale ai fini del rispetto degli obiettivi posti dal
patto di stabilita' interno per gli enti locali.
Si ritengono poi lesi gli artt. 3 e 97 della Costituzione, da
quanto previsto con l'ultimo periodo del secondo comma dell'art. 21.
Detta norma dispone «Nel caso in cui lo scioglimento delle
societa' termali preceda l'attuazione dell'art. 20, l'assessore
regionale per l'economia provvede con proprio decreto, nelle more, ad
assicurare l'occupazione del personale».
Nel comprensibile intento di salvaguardare i livelli
occupazionali del personale delle societa' partecipate dalla Regione
«Terme di Sciacca S.p.A.» e «Terme di Acireale S.p.A .» con modalita'
e criteri corrispondenti a quelli che verranno disposti per i
dipendenti di tutte le altre societa' a totale e/o maggioritaria
partecipazione regionale, interessate dal processo di riordino
previsto dal precedente articolo 20, si pone a carico dell'Assessore
per l'economia di provvedere, qualora lo scioglimento delle societa'
termali in questione dovesse precedere l'attuazione del suddetto
riordino, ad assicurare l'occupazione dei lavoratori.
Detta previsione appare nella sua estrema genericita' non
corrispondente alla «ratio» intrinseca del combinato disposto degli
articoli 20 e 21 dalla cui attuazione si intende conseguire una
maggiore efficacia ed efficienza dell'attivita' regionale nelle aree
di interesse ritenute strategiche e, soprattutto, economicita' per
ridurre gli oneri che gravano sulle finanze della Regione stessa. La
norma pertanto appare affetta da irragionevolezza oltre che lesiva
del principio costituzionale del buon andamento della Pubblica
Amministrazione.
La disposizione censurata sembra infatti essere volta a garantire
l'occupazione al personale, indipendentemente dalla necessaria,
preventiva e prioritaria valutazione dell'interesse
dell'amministrazione di avvalersi delle prestazioni lavorative dei
dipendenti in questione.
Art. 36 «Interpretazione autentica dell'art. 39 della legge
regionale 29 dicembre 1980, n. 145 e dell'art. 24 della legge
regionale 23 dicembre 2000, n. 30.
A1 fine di assicurare effettivita' all'esercizio dei diritti
politici, l'articolo 39 della legge regionale 29 dicembre 1980, n.
145, e l'art. 24 della legge regionale 23 dicembre 2000, n. 30, sono
intesi nel senso di riferirsi anche al rimborso delle spese legali
sostenute dai sindaci e dai presidenti delle province regionali nei
giudizi a loro carico subiti per farne dichiarare cause di
ineleggibilita' ovvero di incompatibilita' poi riconosciute
inesistenti.».
La suindicata disposizione si ritiene in contrasto con gli
articoli 3, 97 e 81, comma 4 della Costituzione.
La norma in esame non sembra in realta' avere natura
interpretativa delle disposizioni di cui all'art. 39 della legge
regionale n. 145/1980 e all'art. 24 della legge regionale n. 30/2000
riguardanti entrambe l'assistenza legale a carico dell'ente locale in
favore di dipendenti ed amministratori soggetti a procedimenti di
responsabilita' civile, penale o amministrativa in conseguenza di
fatti ed atti connessi all'espletamento del servizio e dei compiti
d'ufficio.
Codesta Corte con sentenze n. 374 del 2004 e n. 274 del 2006 in
proposito ha affermato che «non e' decisivo verificare se la norma
censurata abbia carattere effettivamente interpretativo (e sia
percio' retroattiva) ovvero sia innovativa con efficacia retroattiva.
Infatti, il divieto di retroattivita' della legge - pur costituendo
fondamentale valore di civilta' giuridica e principio generale
dell'ordinamento cui il legislatore ordinario deve in principio
attenersi - non e' stato elevato a dignita' costituzionale, salvo per
la materia penale la previsione dell'art. 25 della Costituzione».
Quindi il legislatore nel rispetto di tale previsione, puo' emanare
sia disposizioni di interpretazione autentica, che determinano
chiarendola la portata precettiva della norma interpretata fissandola
in un contenuto plausibilmente gia' espresso dalla stessa, sia norme
innovative con efficacia retroattiva, purche' la retroattivita' trovi
adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza e non
contrasti con altri valori ed interessi costituzionalmente protetti.
Ed e', quindi, proprio sotto l'aspetto del controllo di
ragionevolezza che rilevano, simmetricamente , la funzione di
«interpretazione autentica», che una disposizione sia in ipotesi
chiamata a svolgere, ovvero l'idoneita' di una disposizione
innovativa a disciplinare con efficacia retroattiva anche situazioni
pregresse in deroga al principio per cui la legge non dispone che per
l'avvenire.
Inoltre con sentenza n. 234/2007 la Corte ha anche precisato che
retroattivita' deve trovare adeguata giustificazione sul piano della
ragionevolezza.
Ragionevolezza che non puo' ritenersi sussistere quando a
situazioni sostanzialmente difformi come nel caso in ispecie
(procedimenti di responsabilita' e giudizi elettorali) si dia una
disciplina identica non corrispondente alla diversita' delle
fattispecie (sentenza C.C. n. 108/2006).
Dalla disposizione inoltre potrebbero derivare oneri non previsti
e quantificabili a carico delle amministrazioni locali prive di
copertura finanziaria e conseguentemente in violazione dell'art. 81,
quarto comma della Costituzione.
La norma contenuta nell'art. 38 dispone in favore degli impianti
di allevamento ittico, concessionari di aree demaniali marittime,
l'applicazione del canone ricognitorio previsto dall'art. 39 del
Codice della navigazione.
Per l'applicazione di tale canone ridotto, di mero
riconoscimento, per costante giurisprudenza (ex plurimis sentenza
Corte di Cassazione sezione I n. 17101 del 3 dicembre 2002) non
rileva tanto la natura pubblica o privata del concessionario ma il
fine di beneficenza o di pubblico interesse che questi si propone di
perseguire attraverso la concessione. Perche' poi sussistano gli
scopi di pubblico interesse occorre, ai sensi dell'art. 37 del
regolamento per la navigazione marittima, che il concessionario non
ritragga stabilmente alcun lucro o provento dall'uso del bene
demaniale.
Siffatto presupposto non puo' di certo ritenersi sussistente per
gli esercenti gli impianti di allevamento ittico che naturalmente
svolgono un'attivita' imprenditoriale.
La norma in questione quindi creerebbe un innegabile vantaggio
per le imprese siciliane alterando la par condicio tra gli operatori
economici del settore ed invadendo la competenza esclusiva dello
Stato nella materia della tutela della concorrenza di cui all'art.
117, secondo comma, lett. e) della Costituzione.
La disposizione altresi' non quantifica la minore entrata
derivante dall'applicazione della stessa ne' tanto meno individua le
risorse con cui farvi fronte, ponendosi cosi' in contrasto con l'art.
81, comma 4 della Costituzione.
L'art. 44 nell'ottica di una sinergia istituzionale per il
mantenimento e l'innalzamento dei livelli di sicurezza pubblica e
sociale per incentivare la collaborazione tra Regione, Prefettura ed
enti locali prevede l'istituzione di un fondo speciale cui
confluiscono nella misura del 30 , i beni mobili ed immobili
confiscati alla mafia.
La possibilita' di disporre autonomamente dei beni confiscati
alla mafia non appare avere alcun fondamento nello Statuto Speciale
in quanto ne' l'art. 14 ne' l'art. 17 individuano una tale
competenza. Questa e' riconducibile piuttosto a quella statale ai
sensi dell'art. 117, comma 2, lett. h) e l).
La previsione appare inoltre in contrasto con la legge n. 50 del
2010 che istituisce l'Agenzia nazionale per i beni confiscati alla
criminalita' organizzata.
La norma inoltre laddove destina alle Prefetture siciliane quote
del fondo in questione appare incidere sull'attivita' di organi
statali ponendosi cosi' in contrasto con la lettera g) del secondo
comma dell'art. 117 della Costituzione.
L'assegnazione automatica delle quote del fondo, qualora sia in
vigore un «patto territoriale per la sicurezza» e' o a richiesta
della Prefettura per interventi specifici sul territorio, configura
infatti una inevitabile alterazione delle ordinarie attribuzioni
svolte dagli uffici statali in quanto chiamati in causa per
l'esercizio di funzioni pubbliche conferite legislativamente, senza
alcun concerto da ente diverso da quello di appartenenza.
Codesta Corte in proposito con sentenza n. 30 del 2006 ha
chiarito che forme di collaborazione e di coordinamento «non possono
essere disciplinate unilateralmente e autoritativamente dalle
Regioni, nemmeno nell'esercizio della loro potesta' legislativa: esse
debbono trovare il loro fondamento o il loro presupposto in leggi
statali che le prevedano o le consentano, o in accordi tra gli enti
interessati».
L' art. 48 del disegno di legge in esame, concernente le «norme
in materia di tributo speciale per il deposito in discarica dei
rifiuti solidi urbani», prevede, al comma 1, una modifica al comma 6
dell'art. 6 della legge regionale 29 dicembre 2003, n. 21, eliminando
il riferimento temporale al 30 giugno 2004, termine entro il quale
doveva essere presentata l'istanza di definizione agevolata delle
violazioni relative al tributo speciale per il deposito in discarica
dei rifiuti solidi.
In sostanza il contribuente doveva effettuare il pagamento del
tributo entro il 30 giugno 2004, ma mentre nella vigente versione
della norma, entro detto termine avrebbe dovuto presentare l'istanza
di definizione agevolata, con la modifica che si intende apportare
con il comma 1 dell'art. 48 del disegno di legge in esame, verrebbe
meno il termine per il citato adempimento poiche' le parole «nello
stesso termine» sono state sostituite dalle parole «fermo restando
l'avvenuto pagamento del tributo nel predetto termine».
La presentazione dell'istanza comporta la sospensione del
procedimento giurisdizionale, in qualunque stato e grado questo sia
eventualmente pendente (comma 7 dell'art. 6 della legge regionale),
nonche' consente alle province della Regione siciliana di disporre lo
sgravio delle somme eventualmente gia' iscritte al ruolo entro dodici
mesi dalla presentazione delle istanze di definizione (comma 11 della
legge regionale).
Le disposizioni contenute nel citato art. 48, comma 1, creano
perplessita', in do quanto concederebbero una proroga «sine die» ai
contribuenti che ancora non hanno provveduto alla presentazione
dell'istanza di definizione agevolata delle violazioni commesse con
evidenti ripercussioni sul contenzioso eventualmente ancora pendente
e sulla certezza delle posizioni giuridiche soggettive, producendo,
in definitiva, una sostanziale situazione di incertezza per le
province che devono gestire la procedura relativa al tributo in
esame.
Inoltre, la norma crea una disparita' di trattamento tra quei
contribuenti che hanno rispettato il termine previsto dal comma 6
dell'art.6 della legge n. 21 del 2003 e coloro i quali beneficiano,
con la modifica apportata dal citato art. 48, comma 1, della legge in
esame, di una riapertura dei termini per la presentazione
dell'istanza alla provincia.
Esso pertanto viola gli artt. 3 e 97 della Costituzione.
I commi 1, 3 ultimo periodo e 4 dell'art. 49 in materia di
gestione integrata del servizio idrico destano perplessita' sotto il
profilo della legittimita' costituzionale.
Infatti, pur ribadendo, al primo periodo, gli effetti soppressivi
delle autorita' d'ambito, istituite ai sensi dell'art. 148 del
decreto legislativo n. 152 del 2006, disposti dall'art. 2, comma
186-bis, della legge n. 191 del 2009 (legge finanziaria 2010), si
prevede al secondo periodo che «la gestione integrata del servizio
idrico e' organizzata con separato provvedimento, adottato nelle
forme del citato art. 2, comma 186-bis,» entro un anno dall'entrata
in vigore della predetta legge statale.
Va rilevato, al riguardo, che l'art. 2, comma 186-bis della legge
n. 191/2009 (legge finanziaria 2010), dispone, invece, che entro il
termine citato le Regioni attribuiscano, con legge, le funzioni gia'
esercitate dalle autorita', nel rispetto dei principi di
sussidiarieta', differenziazione e adeguatezza. Pertanto, il comma 1,
secondo periodo, della legge in esame, dopo aver richiamato
esclusivamente «le forme» dell'intervento regionale di cui al citato
comma 186-bis, rinvia, ad un separato provvedimento, l'organizzazione
della gestione integrata del servizio idrico - che attiene alla
tutela dell'ambiente ed alla tutela della concorrenza, materie di
competenza legislativa esclusiva dello Stato - invece di limitare il
successivo intervento, secondo quanto prescritto dal citato comma
186-bis, all'attribuzione ad altro soggetto pubblico delle funzioni
attualmente esercitate dalle predette autorita', secondo i richiamati
principi previsti dall'art. 118, primo comma, della Costituzione. E'
appena il caso di rammentare, infatti, che il vigente art. 148
prevede, al comma 2, che alle autorita' d'ambito siano demandati,
oltre all'organizzazione, anche l'affidamento e il controllo della
gestione del servizio idrico integrato, da esercitarsi nel rispetto
di quanto previsto dagli articoli 150 e seguenti del citato decreto
legislativo e, per quanto alle modalita' di affidamento nel rispetto
della disciplina in materia di servizi pubblici locali di rilevanza
economica contenuta nell'articolo 23-bis del decreto-legge n.
112/2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133/2008. Per
questi motivi, il comma 1, secondo periodo, dell'art. 49 in esame,
eccedendo le competenze statutarie, contrasta con il citato comma
186-bis, del quale distorce le finalita', in una materia, quale la
tutela dell'ambiente, attribuita alla competenza esclusiva statale,
ai sensi dell'art. 117, comma 2, lett. s) della Costituzione; la
disposizione, inoltre, contrastando con il citato art. 23-bis, viola
la competenza statale in materia di tutela della concorrenza (art.
117, comma secondo, lett. e) ed eccede le competenze statutarie in
materia di assunzione di pubblici servizi, che, ai sensi dell'art. 17
dello Statuto di autonomia, deve svolgersi entro i limiti dei
principi ed interessi generali cui si informa la legislazione dello
Stato.
Il comma 3 stabilisce, nell'ultimo periodo, tra l'altro, che, nel
caso in cui la percentuale di mancata realizzazione degli
investimenti sia superiore al 40 per cento, l'autorita' d'ambito puo'
risolvere il contratto per inadempimento, con esclusione delle
ipotesi in cui il mancato adempimento non dipenda da fatto del
gestore; cosi' disponendo il legislatore regionale eccede dalla sua
competenza statutaria invadendo quella esclusiva statale in materia
di tutela della concorrenza di cui all'art. 117, comma secondo, lett.
e), nonche' la competenza in materia di ordinamento civile di cui
alla lettera l) del medesimo articolo.
Il comma 4 dispone che, nei casi di cui al comma 3, fino
all'espletamento delle procedure di cui all'art. 23-bis del
decreto-legge n. 112/2008, convertito, con modificazioni, dalla legge
n. 133/2008, e comunque non oltre il 31 dicembre 2010, il servizio
puo' essere svolto, ai sensi della lettera e) del comma 8 del citato
art. 23-bis. Tale previsione consente, pertanto, l'affidamento di
nuove gestioni del servizio idrico secondo modalita' non conformi a
quanto stabilito dai commi 2 e 3 del citato art. 23-bis, richiamando,
invece, la lettera e) del comma 8 dello stesso art. 23-bis
concernente - e' necessario sottolinearlo - il regime transitorio
delle gestioni affidate prima della nuova disciplina introdotta dallo
stesso art. 23-bis in materia di conferimento della gestione dei
servizi pubblici locali. La lettera e) del citato regime transitorio
riguarda quelle ipotesi residuali di gestioni non conformi alle
modalita' introdotte dalla nuova disciplina (gara, gara cosiddetta «a
doppio oggetto» e «in house» motivato e previo parere dell'Antitrust)
e preesistenti alla medesima, non potendo costituire in alcun modo
una modalita' di conferimento della gestione del servizio idrico
integrato applicabile dopo l'entrata in vigore dell'art. 23-bis e,
pertanto, in evidente contrasto con le disposizioni contenute nello
stesso art. 23-bis e, piu' in generale, coni principi comunitari di
cui tale disciplina e' espressione, nonche' con le finalita'
pro-concorrenziali perseguite dalla richiamata disciplina statale.
Cosi' facendo, il legislatore regionale, al comma 4, eccede dalla sua
competenza statutaria, invadendo quella statale in materia di tutela
della concorrenza di cui all'ar. 117, comma secondo, lett. e), della
Costituzione.
I commi 4 e 5 dell'art. 51 si ritengono in contrasto con gli
articoli 3, 51 e 97 della Costituzione in quanto prevedono,
rispettivamente, l'ampliamento di altre 400 unita' della dotazione
organica determinata dalla tabella A di cui al secondo comma del
medesimo articolo e una individuazione diversa e piu' ampia, della
categoria di precari destinatari dei processi di stabilizzazione.
Non appare invero conforme al principio di buon andamento della
pubblica amministrazione ampliare ope legis la dotazione organica di
un cospicuo numero di unita' di personale, determinata, secondo
quanto emerge da chiarimenti forniti ex art. 3 del d.P.R. n. 488/1969
dalle competenti strutture regionali, a seguito della ponderazione e
valutazione delle proposte «dettate da reali esigenze operative,
pervenute dagli Uffici compulsati a seguito dei rilevamenti
effettuati dal Dipartimento del personale». I dati relativi alla
dotazione del personale individuato dalla cennata tabella A sarebbero
stati, peraltro, oggetto di riscontro «nelle interlocuzioni con i
vari rami dell'Amministrazione» e ritenuti «corrispondenti a quelli
occorrenti per il funzionamento allo stato attuale dell'
Amministrazione».
Il personale destinatario dell'inserimento nella dotazione
organica e' peraltro in atto in servizio ai sensi dell'art. 1,
secondo comma della legge regionale n. 24/2007 presso la «Societa'
beni culturali» S.p.A., societa' questa interamente partecipata dalla
Regione.
Il previsto incremento della dotazione organica non correlato
all'individuazione di funzioni, compiti, servizi che
l'amministrazione regionale e' chiamata a svolgere appare essere
volto piuttosto ad aumentare le possibilita' di eventuali
stabilizzazioni del personale interessato che in passato aveva
prestato servizio con contratto di diritto privato a tempo
determinato per la realizzazione di progetti di catalogazione dei
beni culturali ed ambientali finanziati con le risorse del POR
2000-2006.
Detto personale in ogni caso potra' accedere alle procedure di
stabilizzazione per i posti relativi ai profili professionali
posseduti vacanti nella pianta organica definita dall'allegato A se
in possesso dei requisiti prescritti dalla normativa statale di
riferimento.
Parimenti censurabile pero' sotto il profilo della violazione
degli articoli 3, 51 e 97 della Costituzione e' la disposizione del
comma 5 che introduce criteri diversi e piu' ampi da quelli richiesti
dall'art. 1, comma 558 della legge n. 296/2006 per individuare i
destinatari della norma.
Il disporre infatti che si faccia riferimento alla data di
entrata in vigore dell'attuale delibera legislativa anziche' del
citato art. 1, comma 558, della legge n. 296/2006 amplia la portata,
in misura non quantificabile, delle procedure di stabilizzazione del
precariato prevista dall'impianto normativo statale, ritenuto da
codesta Corte, unica legittima eccezione, in quanto giustificata da
peculiari esigenze di interesse pubblico (ex plurimis sentenza n.
150/2010), alle regole del pubblico concorso. L'eventuale
applicazione della norma regionale configurerebbe pertanto una
modalita' di accesso riservato lesivo del principio del concorso
pubblico quale strumento ineludibile di ingresso al pubblico impiego
come piu' volte ribadito da costante e consolidata giurisprudenza
costituzionale (ex plurimis sentenze n. 205/2004, n. 159/2005, n.
190/2005 e n. 205/2006).
La disposizione in questione inoltre, da' luogo ad un trattamento
differenziato rispetto al personale precario di altre amministrazioni
pubbliche, ponendosi in contrasto con la normativa statale di
riferimento e viola i principi di ragionevolezza, imparzialita' e
buon andamento della pubblica amministrazione, eccedendo la
competenza statutaria di cui all'art. 14 lett. q) con specifico
riferimento al principio del pubblico concorso che costituisce «la
regola per l'accesso all'impiego alle dipendenze delle
amministrazioni pubbliche da rispettare allo scopo di assicurare la
loro imparzialita' ed efficienza» (sentenza n. 81/2006).
Peraltro le procedure di stabilizzazione previste dalla legge n.
296/2006 devono ormai ritenersi superate per effetto delle previsioni
create dall'art. 17, commi da 10 a 13 del decreto-legge n. 78/2009
convertito in legge n. 102/2009 che con riferimento alla generalita'
delle amministrazioni pubbliche stabiliscono nuove modalita' di
valorizzazione dell'esperienza professionale acquisita dal personale
non dirigente attraverso l'espletamento di concorsi pubblici con
parziale riserva di posti.
Le disposizioni di cui al capo II titolato «Credito d'imposta
regionale per l'incremento dell'occupazione» si ritengono in
contrasto con l'art. 117 comma 2, lett. e) della Costituzione.
Contengono infatti una puntuale ed esaustiva disciplina di un
contributo nella forma del credito d'imposta pari a 333 euro al mese
per ciascun lavoratore di sesso maschile e 416 euro per le
lavoratrici donne, in favore dei datori di lavoro che effettuano
nuove assunzioni di lavoratori svantaggiati, molto svantaggiati e
disabili per un periodo variabile, a seconda dei soggetti assunti, da
12 a 24 mesi.
Il credito d'imposta secondo l'art. 57 e' indicato nella
dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta per il quale
e' concesso ed e' utilizzabile in compensazione ai sensi dell'art. 17
del decreto legislativo n. 241/1997.
Al riguardo, non puo' esimersi dal rilevare che con sentenza n.
123 del 26 marzo 2010 codesta Corte, in occasione del giudizio di
un'analoga disposizione della regione Campania, ha affermato che la
previsione di un'agevolazione tributaria nella forma del credito
costituisce d'imposta applicabile a tributi erariali un'integrazione
della disciplina dei medesimi tributi erariali, materia questa
riservata alla competenza legislativa dello Stato.
Dal tenore delle disposizioni non puo' infatti desumersi che il
credito d'imposta in questione riguardi esclusivamente tributi
regionali o che comunque afferiscono al territorio regionale ed
affluiscono alle casse regionali, in virtu' delle previsioni dello
Statuto speciale.
Nello specifico, alla luce del decreto legislativo 3 novembre
2005, n. 241, relativo all'attuazione dell'art. 37 dello Statuto
Speciale ove si prevede che, nel caso di impianti e stabilimenti
presenti sul territorio siciliano ma appartenenti a soggetti
fiscalmente residenti fuori dalla Sicilia, soltanto le imposte
dirette afferenti alle suddette unita' locali sono di spettanza
regionale. La omessa specificazione che l'agevolazione tributaria e'
da intendersi limitata alla quota d'imposta riferibile agli impianti
ubicati nella regione, rende palese ed inequivocabile l'interferenza
del beneficio previsto con le imposte, o quote d' imposte, di
competenza esclusiva dello Stato.
Codesta Corte poi nella sentenza n. 116 del 2010 a proposito
della competenza della Regione siciliana di cui all'art. 36 dello
Statuto speciale ha chiarito che la cennata disposizione «lascia
trasparire un'originaria concezione dell'ordinamento finanziario
ispirata ad una netta separazione fra finanza statale e finanza
regionale» nel senso che l'ordinamento finanziario della Regione si
basa «sull'esercizio di una potesta' impositiva del tutto autonoma
della Regione, in spazi lasciati liberi dalla legislazione tributaria
dello Stato (sentenza C.C. n. 138 del 1999)» nella fattispecie in
esame inesistenti. Inoltre con costante giurisprudenza costituzionale
(da ultimo la citata sentenza n. 123/2010) va considerato statale e
non gia' proprio della Regione, il tributo istituito e regolato da
una legge statale ancorche' il relativo gettito sia devoluto alla
Regione stessa per cui la disciplina, anche di dettaglio, dei tributi
statali e' riservata alla legge statale.
L'intervento del legislatore regionale e' quindi da ritenersi
precluso anche solo ad integrazione della disciplina, se non
eventualmente nei limiti stabiliti dalla legislazione statale stessa.
Alla luce di tali principi e' innegabile che la previsione di
un'agevolazione tributaria nella forma del credito d'imposta
applicabile indistintamente a tutti i tributi, anche erariali,
costituisce un'integrazione alla disciplina dei medesimi in relazione
a presupposti (quali l'assunzione di dipendenti) che non sono
stabiliti direttamente o su autorizzazione della legislazione statale
e realizza una violazione della competenza legislativa esclusiva
dello Stato in materia di sistema tributario contabile (art. 117,
secondo comma, lett. e) Cost.). Anche le norme di attuazione dello
Statuto escludono la legittimita' di un intervento del legislatore
regionale in subiecta materia, atteso che come chiarito da codesta
Corte nella sentenza n. 116 del 2010 essi hanno costruito un diverso
modello dell'ordinamento finanziario siciliano, in quanto,
«allontanandosi dal disegno originariamente sotteso alla formula
testuale dell'art. 36 dello Statuto» (sentenza n. 138 del 1999),
prevedono l'«attribuzione alla Regione del gettito della maggior
parte dei tributi erariali, riscosso nel territorio regionale, (...),
fermo restando che (...) si applicano nella Regione le disposizioni
delle leggi tributarie dello Stato (art. 6 del d.P.R. n. 1074 del
1965)» (sentenza n. 138 del 1999; analogamente, la sentenza n. 306
del 2004).
L'art. 75, recante «Norme in materia di trasporto aereo», in
quanto, seppur nel rispetto dei principi costituzionali di competenza
legislativa la Regione promuove ed adotta una politica ed un piano
regionale dei trasporti per un ordinato, e coordinato sviluppo del
sistema aeroportuale regionale in ambito europeo ed internazionale e,
al fine di valorizzare le potenzialita' del territorio siciliano,
l'economia e il turismo, l'Assessorato regionale del turismo, dello
sport e dello spettacolo introduce misure volte ad istituire nuovi
collegamenti aerei point to point con destinazioni nazionali e
comunitarie da e per gli aeroporti nel territorio della Regione. Dal
tenore della norma il legislatore regionale non tiene conto della
normativa statale e comunitaria di riferimento, invadendo la
competenza legislativa statale in materia. Anche la Corte
costituzionale, pronunciandosi su questione non dissimile, ha
stabilito che la disciplina degli aeroporti risponde, da un lato, ad
esigenze di sicurezza del traffico aereo, e, dall'altro, ad esigenze
di tutela della concorrenza, le quali corrispondono ad ambiti di
competenza esclusiva dello Stato, ai sensi dell'art. 117, comma
secondo, lettere e) ed h), della Costituzione (sent. C.C. n.
18/2009).
La materia di cui trattasi, infatti, non puo' essere ricondotta
alla materia «porti e aeroporti civili», di competenza regionale
concorrente. Tale materia - come la Corte ha gia' affermato (sentenza
n. 51 del 2008) - riguarda le infrastrutture e la loro collocazione
sul territorio regionale, mentre la normativa in esame attiene
all'organizzazione ed all'uso dello spazio aereo, peraltro in una
prospettiva di coordinamento fra piu' sistemi aeroportuali,
attribuite alla competenza esclusiva dello Stato.
L'art. 87 desta censura di costituzionalita' per violazione degli
articoli 3 e 97 Cost. Esso prevede il trasferimento da parte
dell'Assessorato regionale delle risorse agricole di strutture, aree
di pertinenza e macchinari del mercato del fiore di Contrada Spinello
al comune di Scicli.
Nonostante la richiesta di elementi chiarificatori della norma,
ai sensi dell'art. 3 del d.P.R. n. 488/1969, l'amministrazione
regionale non ha fornito assicurazioni sulla titolarita' dei beni
immobili e mobili, rendendo pertanto irragionevole la previsione
legislativa che autorizza il trasferimento e/o la cessione di un
immobile su cui non gode alcun diritto reale.
La previsione dell'art. 89 che pone l'obbligo ai comuni e agli
enti locali, che forniscono servizi di mense scolastiche,
universitarie ed ospedaliere, di assicurare e verificare che almeno
il 50 dei prodotti alimentari somministrati sia prodotto in Sicilia,
appare viziato di manifesta irragionevolezza ed invasivo della
competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela della
concorrenza secondo quanto precisato da codesta Corte costituzionale
con costante giurisprudenza (ex plurimis sentenza n. 245/2007) in
quanto la disposizione e' in contrasto con la finalita' intrinseca
della legge in cui e' contenuta.
Orbene nella fattispecie in esame appare del tutto incongruo
perseguire il fine di rilanciare attivita' utili a dare occupazione,
reddito e risparmio alla popolazione a rischio di poverta'
somministrando in elevate percentuali nelle mense gestite dai comuni
alimenti prodotti nell'isola e distorcendo le funzioni proprie degli
enti locali volte a garantire la qualita' e l'economicita' del
servizio anziche' privilegiare determinate categorie di imprenditori.
Affetta dal vizio di ragionevolezza di cui agli articoli 3 e 97
della Costituzione e' anche la previsione dell'articolo 104 che ex
abrupto modifica l'art. 6 della legge regionale n. 20/2007 e
trasferisce la proprieta' dell'area attrezza di Punta Cugno
dall'autorita' portuale di Augusta all'«ASI di Siracusa».
Dai chiarimenti acquisiti, ai sensi dell'art. 3 del d.P.R. n.
488/1969, si rileva che l'area in argomento fa parte del demanio
marittimo statale ed e' inserita nell'elenco delle zone demaniali non
trasferite alla Regione siciliana ai sensi dell'art. 1 e 3 del d.P.R.
n. 117/1977 n. 684 nonche' ricadenti all'interno del porto di Augusta
(porto militare di l a categoria, mercantile di 2ª categoria, 1ª
classe) rientrante nella circoscrizione territoriale di competenza
dell'autorita' portuale di Augusta ex decreto istitutivo del 5
settembre 2001.
L'art. 125, comma 1, ultimo periodo prevede l'avvio delle
procedure per il passaggio del personale dell'Ente autonomo fiera del
mediterraneo (35 dipendenti in servizio piu' 6 da assumere a tempo
pieno secondo i chiarimenti forniti, ai sensi dell'art. 3 del d.P.R.
n. 488/1969) alla societa' Multiservizi S.p.A., societa' ad intero
capitale regionale, mantenendo il profilo professionale e il
trattamento giuridico ed economico attualmente goduto.
Tale disposizione si ritiene lesiva del principio di buon
andamento della pubblica amministrazione nonche' di eguaglianza di
trattamento di cui agli articoli 3 e 97 Cost. poiche' privilegia le
aspettative di mantenimento degli attuali livelli occupazionali e di
reddito dei dipendenti senza tenere in alcun conto le esigenze
funzionali, operative e finanziarie della societa' partecipata
peraltro interessata, ai sensi dell'art. 20 della medesima delibera
legislativa, da un processo di riordino globale delle societa' a
totale e maggioritaria partecipazione della Regione nel dichiarato
intento di contenere e razionalizzare la spesa pubblica.
L'art. 126 si pone in contrasto con gli articoli 3, 81, comma 4 e
97 della Costituzione; viene infatti disposta la concessione di
contributi ad editori locali da individuare con successivo decreto
presidenziale, omettendo di quantificare l'onere derivante e di
indicare una idonea copertura finanziaria per lo stesso.
Il terzo comma inoltre appare viziato da irragionevolezza
giacche' obbliga tutta la pubblica amministrazione di riferimento
regionale e locale comprese le Aziende sanitarie, a costituirsi parte
civile in tutti i procedimenti penali e a richiedere al giudice la
pubblicazione di un'eventuale sentenza di condanna su quotidiano a
diffusione regionale o a disporre a propria cura e spesa
pubblicazione dell'estratto di sentenza.
Tale previsione laddove impone indistintamente ed
incondizionatamente la costituzione di parte civile in ogni
procedimento penale senza considerare l'entita' e la rilevanza dello
stesso per l'interesse locale grava di un onere finanziario non
indifferente per il sostenimento delle spese legali l'ente pubblico
pur di garantire, in ogni caso, la pubblicazione dell'eventuale
sentenza di condanna con ulteriore aggravio alle finanze pubbliche e
lieve ristoro economico alle societa' editrici.
L'art. 127, comma 14, prevede che «Le tasse sulle concessioni
regionali sono dovute anche nel caso in cui l'autorizzazione,
licenza, abilitazione o altro atto di consenso per le attivita'
comprese nella tariffa di cui al decreto legislativo 22 giugno 1991,
n. 230 e nella tabella di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 26 ottobre 1972, n. 641, sono sostituite dalla denuncia di
inizio attivita'».
Detta disposizione appare in contrasto con i principi che
regolano le tasse di concessione governative e regionali in
questione, il cui pagamento e' legato all'emanazione di un atto o di
un provvedimento da parte di una pubblica amministrazione.
Orbene, nel caso di denuncia di inizio di attivita' l'atto di
consenso da parte della pubblica amministrazione si intende
sostituito dalla denuncia stessa, nella quale sono attestati
l'esistenza dei presupposti e dei requisiti stabiliti dalla legge.
Pertanto non essendo prevista l'emanazione di un apposito
provvedimento, manca, di fatto, il presupposto impositivo del
tributo.
Tale considerazione si ritrova anche, seppure in materia di
imposta di bollo, nella risoluzione n.109/E del 5 luglio 2001,
dell'Agenzia delle entrate, dove si afferma che «non essendo prevista
l'emanazione di un provvedimento autorizzativo all'esercizio, non e'
possibile far rientrare tra le istanze volte ad ottenere un
provvedimento le denunzie di inizio attivita' in argomento che sono
infatti da considerare come semplici comunicazioni e pertanto non
soggette ad imposta di bollo, salvo beninteso, l'ipotesi del caso
d'uso (quando gli atti sono presentati all'Ufficio delle entrate per
la registrazione)».
La disposizione in questione pertanto, nel travalicare i limiti
posti in materia tributaria alla competenza legislativa della Regione
dall'art. 36 dello Statuto e dalle relative norme di attuazione,
introduce un nuovo tributo non connesso al presupposto impositivo
fissato dalla norma statale di riferimento, confliggendo altresi'
palesemente con le disposizioni dell'art. 77-ter, comma 19, del
decreto-legge n. 112/2008 convertito in legge n. 133/2008 e si pone
in contrasto con l'art. 119 della Costituzione.
P. Q. M.
Impugna i sottoelencati articoli del disegno di legge n. 471,
471-bis, 471-ter dal titolo «Disposizioni programmatiche e correttive
per l'anno 2010» approvato dall'Assemblea regionale i1 1º maggio
2010:
art. 4, comma 11 per violazione degli articoli 3 e 97 della
Costituzione;
art. 6, per violazione degli articoli 3, 117, comma 2, lett.
e) e 119 della Costituzione nonche' degli articoli 14, 17 e 36 dello
Statuto Speciale, nonche' del d.P.R. 26 luglio 1965 n. 1074 e
dell'art. 77-ter, comma 19 del decreto-legge n. 112/2008 convertito
in legge n. 133/2008;
art. 8 per violazione degli articoli 117, comma 2 lett. e) e
119 della Costituzione, degli articoli 14, 17 e 36 dello Statuto
speciale nonche' del d.P.R. 26 luglio 1965 n. 1074 e del d.P.R. n.
1113 del 1953 come modificato dal decreto legislativo n. 296 del
2000;
art. 9 per violazione degli articoli 117, comma 2 lett. e) e
119 della Costituzione, degli articoli 14, 17 e 36 dello Statuto
speciale nonche' del d.P.R. 1074/1965 e dall'art. 77-ter, comma 19
del decreto-legge n. 112/2008 convertito in legge n. 133/2008;
art. 16, comma 7, per violazione degli articoli 117, 119,
comma 2 e 120 della Costituzione;
art. 21, comma 2 ultimo periodo, per violazione degli
articoli 3 e 97 della Costituzione;
art. 36 per violazione degli articoli 3, 81, comma 4 e 97
della Costituzione;
art. 38 limitatamente all'inciso «nonche' degli impianti di
allevamento ittico» per violazione degli articoli 81, comma 4, e 117,
comma 2 lett. e) della Costituzione;
art. 44 per violazione dell'art. 117, comma 2 lett. g), h) ed
1) della Costituzione;
art. 48, comma 1, per violazione degli articoli 3 e 97 della
Costituzione;
art. 49, commi 1 secondo periodo, 3 ultimo periodo e 4, per
violazione dell'art. 117, comma 2, lett. e), 1) ed s);
art. 51, comma 4 e 5, per violazione degli articoli 3, 51 e
97 della Costituzione;
art. 53, comma 1, limitatamente all'inciso «nella forma del
credito d'imposta» e comma 4; art. 55, comma 4; art. 56, comma 1;
art. 57; art. 58, comma 1; art. 59. comma 4 secondo e terzo periodo,
comma 5, secondo periodo limitatamente all'inciso «del credito»,
terzo periodo limitatamente agli incisi «al credito richiesto» e
«indicazione nella comunicazione presentata di minori crediti
spettanti»; art. 60, comma 1 limitatamente all'inciso «a fruire del
credito d'imposta» ed ultimo periodo, comma 3; art. 61 comma 1
limitatamente all'inciso «previa intesa con l'Agenzia delle entrate»,
comma 2 e comma 4, per violazione dell'art. 117, comma 2, lett. e)
della Costituzione nonche' dell'art. 36 dello Statuto speciale e del
d.P.R. n. 1074/1965;
art. 75 per violazione dell'art. 117, comma 2, lett. e) ed h)
della Costituzione;
art. 87 per violazione degli articoli 3 e 97 della
Costituzione;
art. 89 per violazione degli articoli 3, 97 e 117, comma 2,
lett. e) della Costituzione;
art. 104 per violazione degli articoli 3 e 97 della
Costituzione;
art. 125, comma 1 ultimo periodo per violazione degli
articoli 3 e 97 della Costituzione;
art. 126 per violazione degli articoli 3, 81, comma 4 e 97
della Costituzione;
art. 127, comma 14 per violazione dell'art. 3, 117, comma 2,
lett. e) e 119 della Costituzione nonche' dell'art. 36 dello Statuto
speciale e del d.P.R. n. 1074/1965.
Palermo, addi' 10 maggio 2010
Il Commissario dello Stato per la Regione siciliana: Lepri Gallerano
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