Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 27 novembre 2018 (della Regione Marche).

(GU n. 51 del 2018-12-27)

 

Ricorso della Regione Marche, in persona del Presidente pro tempore della Giunta regionale, a cio' autorizzato con deliberazioni della Giunta regionale n. 1506 del 12 novembre 2018 e n. 1558 del 19 novembre 2018, rappresentato e difeso dagli avvocati prof. Stefano Grassi (codice fiscale …; pec …) e Gabriella De Berardinis (codice fiscale …; pec …) ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell'avv. prof. Stefano Grassi in Roma, piazza Barberini n. 12, come da procura speciale in calce al presente atto,

Contro lo Stato, in persona del Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 13, commi 02, 03 e 04, decreto-legge 25 luglio 2018, n. 91 [Proroga di termini previsti da disposizioni legislative], come convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 21 settembre 2018, n. 108, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 21 settembre 2018, n. 220, per violazione degli articoli 3, 5, 97, 11, 114, 117, primo e terzo comma, 118, primo comma, e 119, primo e secondo comma, della Costituzione.

1. Premessa.

Con il presente atto la Regione Marche impugna le norme indicate in epigrafe di cui al decreto-legge n. 91 del 2018, come convertito in legge dalla legge n. 108 del 2018.

Prima, pero', di illustrare le censure di incostituzionalita' avverso tali norme, corre l'obbligo di ricostruire, seppur sinteticamente, il quadro normativo entro il quale queste ultime si inseriscono.

1.1. In forza del combinato disposto dei commi 140 e 141 dell'art. 1, legge 11 dicembre 2016, n. 232, sono state stanziate risorse per il finanziamento - tra l'altro - dei progetti selezionati nell'ambito del Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle citta' metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia di cui all'art. 1, comma 974, legge 28 dicembre 2015 n. 208, volto «alla realizzazione di interventi urgenti per la rigenerazione delle aree urbane degradate attraverso la promozione di progetti di miglioramento della qualita' del decoro urbano, di manutenzione, riuso e rifunzionalizzazione delle aree pubbliche e delle strutture edilizie esistenti, rivolti all'accrescimento della sicurezza territoriale e della capacita' di resilienza urbana, al potenziamento delle prestazioni urbane anche con riferimento alla mobilita' sostenibile, allo sviluppo di pratiche, come quelle del terzo settore e del servizio civile, per l'inclusione sociale e per la realizzazione di nuovi modelli di welfare metropolitano, anche con riferimento all'adeguamento delle infrastrutture destinate ai servizi sociali e culturali, educativi e didattici, nonche' alle attivita' culturali ed educative promosse da soggetti pubblici e privati». In particolare, il menzionato comma 140 dell'art. 1 della legge n. 232 del 2016 stabilisce che l'utilizzo delle risorse ivi contemplate sia disposto «con uno o piu' decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri interessati, in relazione ai programmi presentati dalle amministrazioni centrali dello Stato», mentre il comma 141 dispone che «Al fine di garantire il completo finanziamento dei progetti selezionati nell'ambito del Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle citta' metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia, di cui all'art. 1, commi da 974 a 978, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, a integrazione delle risorse stanziate sull'apposito capitolo di spesa e di quelle assegnate ai sensi del comma 140 del presente articolo, con delibera del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) sono destinate ulteriori risorse a valere sulle risorse disponibili del Fondo per lo sviluppo e la coesione per il periodo di programmazione 2014-2020».

Rispetto al quadro generale relativo all'individuazione dell'ammontare delle risorse destinate al finanziamento dei progetti ricompresi nel Programma, i commi 975 ss. dell'art. 1, legge n. 208 del 2015, delineano la specifica procedura attraverso la quale tali risorse vengono assegnate agli enti promotori dei progetti: procedura che culmina, ai sensi del comma 977, nell'individuazione, con uno o piu' decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, dei progetti da inserire nel Programma «ai fini della stipulazione di convenzioni o accordi di programma con gli enti promotori dei progetti medesimi. Tali convenzioni o accordi di programma definiscono i soggetti partecipanti alla realizzazione dei progetti, le risorse finanziarie, ivi incluse quelle a valere sul Fondo di cui al comma 978, e i tempi di attuazione dei progetti medesimi, nonche' i criteri per la revoca dei finanziamenti in caso di inerzia realizzativa». E' sulla base delle convenzioni stipulate, dunque, che gli enti locali danno avvio alle procedure necessarie alla realizzazione dei progetti inseriti nel Programma, facendo affidamento sulle risorse assegnate, ovvero impegnandole a tali fini.

1.2. Tanto premesso, con l'art. 13, comma 02, del decreto-legge 25 luglio 2018, n. 91, convertito con modificazioni dalla legge 21 settembre 2018, n. 108, e' stato disposto che «L'efficacia delle convenzioni concluse sulla base di quanto disposto ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 148 del 27 giugno 2017, nonche' delle delibere del CIPE n. 2 del 3 marzo 2017 e n. 72 del 7 agosto 2017, adottate ai sensi dell'art. 1, comma 141, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, e' differita all'anno 2020. Conseguentemente, le amministrazioni competenti provvedono, ferma rimanendo la dotazione complessiva loro assegnata, a rimodulare i relativi impegni di spesa e i connessi pagamenti a valere sul Fondo per lo sviluppo e la coesione». In altri termini, la disposizione de qua blocca fino al 2020 l'utilizzo delle risorse individuate con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017 e con le citate delibere del CIPE - attuativi dei commi 140 e 141 dell'art. 1, legge n. 232 del 2016 - e successivamente assegnate sulla base delle convenzioni stipulate con gli enti promotori dei progetti ricompresi nel Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle citta' metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia.

1.3. Infine, il comma 03 dell'art. 13, decreto-legge n. 91 del 2018, prevede che «gli effetti positivi sul fabbisogno e sull'indebitamento netto» derivanti dal «blocco» delle risorse disposto dal comma 02 della medesima disposizione, «quantificati in 140 milioni di euro per l'anno 2018, 320 milioni di euro per l'anno 2019, 350 milioni di euro per l'anno 2020 e 220 milioni di euro per l'anno 2021», siano destinati al fondo di cui al comma 04, ovvero ad «un apposito fondo da utilizzare per favorire gli investimenti delle citta' metropolitane, delle province e dei comuni da realizzare attraverso l'utilizzo dei risultati di amministrazione degli esercizi precedenti».

1.4. Rispetto al «blocco» delle convenzioni disposto dall'art. 13, comma 02, del decreto-legge n. 91 del 2018, il 18 ottobre scorso e' intervenuto un accordo in sede di Conferenza Unificata (cfr. doc. 3).

Nell'accordo, in particolare, e' stata condivisa «l'opportunita' che venga prevista nella legge di bilancio per il 2019 una serie di disposizioni in base alle quali: le convenzioni in essere con i 96 enti successivi ai primi 24 [riferiti ad interventi finanziari con il Fondo istituito ai sensi dell'art. 1, comma 978, della legge 28 dicembre 2015, n. 208] beneficiari delle risorse statali per il "piano periferie" producono nuovamente effetti finanziari dal 2019; tali effetti sono limitati al rimborso delle spese effettivamente sostenute e documentate e dovranno a tal fine essere adeguate le convenzioni esistenti; le risorse relative alle economie di spesa prodotte nel corso degli interventi rimangono nel Fondo di provenienza, per essere destinate a interventi per spese di investimento dei comuni e delle citta' metropolitane; le nuove disposizioni trovano copertura negli stanziamenti residui del Fondo sviluppo e coesione, con le stesse finalita'; le convenzioni in essere debbono essere conseguentemente adeguate».

Quindi, sono state individuate le disposizioni che, a tal fine, dovrebbero essere inserite nella legge di bilancio per il 2019 (per cui, alla data odierna, e' in corso l'iter di approvazione parlamentare).

L'accordo, dunque, se e a condizione che fosse effettivamente seguito dall'adozione delle disposizioni normative ivi prefigurate, avrebbe l'effetto di «sbloccare» le risorse gia' impiegate dai comuni per finanziare i progetti ricompresi nel piu' volte menzionato Programma. Poiche', tuttavia, tale accordo e' vincolante solo sul piano strettamente politico, esso, considerato in se' e per se', ad oggi non fa venir meno l'interesse attuale e concreto della odierna ricorrente a impugnare le norme indicate in epigrafe a tutela delle sfere di autonomia costituzionalmente riconosciute agli enti locali della regione e alla regione medesima, per le ragioni che di seguito si espongono.

2. Sull'ammissibilita' dell'odierno ricorso.

2.1. Prima di illustrare le censure regionali avverso l'art. 13, commi 02, 03 e 04, del decreto-legge n. 91 del 2018, corre l'obbligo di sottolineare che esse hanno l'obiettivo di assicurare tutela, principalmente, alla sfera di autonomia dei comuni marchigiani colpiti dagli effetti delle citate norme. Si tratta, in particolare, dei Comuni di Ancona, Fermo, Macerata, Urbino e Pesaro, ovvero dei comuni beneficiari del Programma straordinario per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie, ad esclusione del Comune di Ascoli Piceno che non e' interessato dal «blocco» delle risorse disposto dalle norme impugnate.

D'altronde, secondo un consolidato orientamento espresso dalla giurisprudenza di questa Corte, «le regioni sono legittimate a denunciare la legge statale anche per la lesione delle attribuzioni degli enti locali, indipendentemente dalla progettazione della violazione della competenza legislativa regionale», perche' «la stretta connessione, in particolare [...] in tema di finanza regionale e locale, tra le attribuzioni regionali e quelle delle autonomie locali consente di ritenere che la lesione delle competenze locali sia potenzialmente idonea a determinare una vulnerazione delle competenze regionali» (cfr., ex multis, sentt. n. 298 del 2009, n. 169 e a 95 del 2007, a 417 del 2005 e n. 196 del 2004, n. 311 del 2012).

2.2. L'ammissibilita' del presente ricorso, peraltro, discende non solo dalla sicura legittimazione ad agire della Regione Marche a tutela degli enti locali situati sul relativo territorio, ma anche dalla circostanza che tale legittimazione si accompagna alla sussistenza di un interesse attuale e concreto a ricorrere, dal momento che a favore dei comuni marchigiani di Macerata, Ancona, Pesaro, Fermo e Urbino, rientranti nella graduatoria approvata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 6 dicembre 2016, erano gia' state stanziate le risorse (al Comune di Macerata 12,5 milioni di euro; al Comune di Ancona 12 milioni di euro; al Comune di Pesaro 11,2 milioni di euro; al Comune di Fermo 8,6 milioni di euro; al Comune di Urbino 6,5 milioni di euro: cfr. doc. 4) poi bloccate dalle disposizioni censurate nel presente giudizio.

3. Illegittimita' costituzionale dell'art. 13, commi 02, 03 e 04, decreto-legge n. 91 del 2018, come convertito in legge, per violazione del principio di legittimo affidamento. Violazione degli articoli 3, 11 e 117, primo comma, della Costituzione. Ridondanza delle censure sulla sfera di autonomia di entrata e di spesa dei comuni, nonche' sull'autonomia finanziaria e amministrativa dei medesimi. Violazione degli articoli 5, 114, 119 e 118, primo comma, della Costituzione.

3.1. Il combinato disposto di cui ai commi 02, 03 e 04 dell'art. 13, decreto-legge n. 91 del 2018, come convertito in legge, ha l'effetto di bloccare fino al 2020 le risorse gia' impegnate dai comuni ai fini del finanziamento dei progetti inseriti nel Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle citta' metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia, per «spostarle» in un apposito fondo.

In questo modo le disposizioni de quibus incidono profondamente, con effetti sostanzialmente retroattivi, su un quadro giuridico consolidato che regola rapporti gia' avviati, e sul quale le amministrazioni comunali coinvolte avevano legittimamente fatto affidamento.

Proprio questo e' il profilo di criticita' piu' significativo delle norme in esame, poiche', come e' noto, questa Ecc.ma Corte costituzionale ha piu' volte affermato «che in materia non penale la legittimita' di leggi retroattive e' condizionata dal rispetto di altri principi costituzionali e, in particolare, di quello della tutela del ragionevole, e quindi legittimo, affidamento (ex plurimis, sentenze n. 446 del 2002 e n. 234 del 2007)» (sent. n. 364 del 2007, par. 4 del Considerato in diritto).

La gravita' e definitivita' del pregiudizio arrecato alle amministrazioni comunali, con la corrispondente lesione del legittimo affidamento, basterebbero da sole per evidenziare la irragionevolezza della previsione qui contestata e dunque la conseguente violazione dell'art. 3, primo comma, Cost. A cio' si aggiunga che a fondare la violazione del principio del legittimo affidamento e' l'insussistenza di cause che ne escludano la legittimita', posto che esso dipendeva da precedenti atti normativi dei pubblici poteri, pienamente validi ed efficaci, nonche' da convenzioni attuative dei medesimi.

Il «blocco» delle risorse destinate al finanziamento dei progetti ricompresi nel menzionato Programma determina, inoltre, la violazione degli articoli 11 e 117, primo comma, Cost., poiche', come e' risaputo, il principio del legittimo affidamento e' da molto tempo riconosciuto dalla giurisprudenza della Corte di giustizia UE quale principio di fondamentale importanza del diritto dell'Unione europea. La sua violazione, dunque, ridonda nella lesione dei parametri costituzionali sopra richiamati, posti a garanzia dell'osservanza, da parte del legislatore nazionale, delle norme e dei principi fondamentali dell'ordinamento dell'Unione europea, cosi' come interpretati dalla giurisprudenza della Corte di giustizia, nella misura in cui si verta nell'ambito di una delle competenze dell'Unione. Nel caso di specie, vengono certamente in rilievo «materie» di competenza dell'Unione: basti pensare all'«ambiente» e alla «politica sociale» di cui all'art. 2, par. 4, rispettivamente, lettere e) e b), del TFUE; nonche' alla «cultura» e all'«istruzione» di cui all'art. 6, rispettivamente, lettere c) ed e), del TFUE. Infatti, il Programma straordinario nel quale sono ricompresi gli interventi finanziati con le risorse «bloccate» dalle norme impugnate e' finalizzato a «alla realizzazione di interventi urgenti per la rigenerazione delle aree urbane degradate attraverso la promozione di progetti di miglioramento della qualita' del decoro urbano, di manutenzione, riuso e rifunzionalizzazione delle aree pubbliche e delle strutture edilizie esistenti, rivolti all'accrescimento della sicurezza territoriale e della capacita' di resilienza urbana, al potenziamento delle prestazioni urbane anche con riferimento alla mobilita' sostenibile, allo sviluppo di pratiche, come quelle del terzo settore e del servizio civile, per l'inclusione sociale e per la realizzazione di nuovi modelli di welfare metropolitano, anche con riferimento all'adeguamento delle infrastrutture destinate ai servizi sociali e culturali, educativi e didattici, nonche' alle attivita' culturali ed educative promosse da soggetti pubblici e privati».

Vertendosi, dunque, in buona parte nell'ambito di materie di competenza dell'Unione europea, non puo' non prendersi in considerazione e ritenere pienamente applicabile al caso di specie anche lo statuto giuridico che la giurisprudenza della Corte di giustizia UE, nel corso degli anni, ha delineato ai fini dello scrutinio di legittimita' degli interventi caratterizzati da profili di retroattivita'.

Al riguardo, giova il rilievo secondo il quale la disposizione qui in discussione non rispetta alcuna delle due condizioni che, secondo la Corte di giustizia, devono ricorrere affinche' possano porsi norme con caratteri di retroattivita', ossia: a) la «necessarieta'» di tali caratteri ai fini del perseguimento dell'interesse pubblico in questione (ad es. sentt. 30 settembre 1982 in C-108/81, 19 maggio 1982 in C-84/81); b) il rispetto dell'affidamento degli interessati (sent. 14 luglio 1983 in C-224/82) ove sia meritevole di tutela (sent. Fedesa in C-331/88), lesi dalla «imprevedibilita'» della modifica normativa (sent. Gerkesen in C-459/02).

Quanto al requisito sub a), e' agevole notare come la configurazione della misura in esame come retroattiva non sia affatto necessaria, dal momento che il «blocco» in questione ha il solo fine di spostare le risorse che ha ad oggetto su un fondo destinato alle medesime finalita' alle quali esse erano state destinate: si tratta, in altri termini, di una misura meramente dilatoria, che sposta avanti nel tempo l'utilizzabilita' di risorse, nonostante esse siano state in buona parte gia' spese.

Quanto al requisito sub b), e' sufficiente, in questa sede, riferirsi alla giurisprudenza della Corte di giustizia UE gia' sopra richiamata. In essa, ad esempio, si evidenzia con assoluta chiarezza la possibilita' di far valere il principio della tutela del legittimo affidamento «nei confronti di una regolamentazione» nel caso in cui «i pubblici poteri hanno essi stessi precedentemente determinato una situazione tale da ingenerare un legittimo affidamento» (si veda, in tal senso, la sentenza Gerkesen in C-459/02, che richiama anche la sentenza 15 gennaio 2002, in C-179/00, Weidacher, Racc. pag. I-501, punto 31). O ancora, rileva sul punto quanto evidenziato dalla sentenza 14 luglio 1983 in C-224/82, secondo la quale deve essere tutelato l'affidamento dei soggetti che «non potevano ragionevolmente presumere» un cambio di regolamentazione. Ebbene, non vi e' chi non veda come ambedue i caratteri ricorrano nel presente caso, posto che - ovviamente - l'affidamento e' stato ingenerato da atti dei pubblici poteri perfettamente validi e vigenti e addirittura dalla successiva stipula delle convenzioni di cui al comma 977 dell'art. 1, legge n. 208 del 2015, con le quali venivano assegnate ai comuni le risorse necessarie per finanziare i progetti inseriti nel Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle citta' metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia.

In base alle precedenti considerazioni, devono dunque ritenersi violati i seguenti parametri costituzionali:

l'art. 3, primo comma, Cost., e il connesso principio di ragionevolezza, al quale la giurisprudenza costituzionale consolidata riferisce il principio della tutela del legittimo affidamento (tra le piu' recenti, cfr. Corte costituzionale, sentt. nn. 108 e 203 del 2016);

gli articoli 11 e 117, primo comma, Cost., poiche' i principi di certezza giuridica e del legittimo affidamento sono sanciti in modo chiaro e rigoroso da una cospicua giurisprudenza della Corte di giustizia UE; dal che consegue che una norma che viola il principio del legittimo affidamento viola anche le norme costituzionali che fondano il rispetto, da parte della legislazione dello Stato, del diritto dell'UE.

3.2. Le violazioni appena evidenziate, peraltro, ridondano in modo evidentemente negativo sul concreto esercizio dell'autonomia finanziaria e di bilancio dei comuni riconosciuta e garantita dall'art. 119 Cost., poiche' - a seguito dell'entrata in vigore della disposizione che qui si contesta, e del venir meno delle risorse che lo Stato aveva gia' destinato ai progetti in questione - i comuni coinvolti si trovano costretti a procedere a una significativa modifica del proprio bilancio, sia con riferimento alle entrate che con riferimento alle spese. D'altra parte, in conseguenza della necessita' di riprogrammare la propria spesa in relazione alle attivita' e agli interventi ricompresi nei citati programmi, i comuni vedono compressa anche la propria autonomia amministrativa, tutelata dall'art. 118, primo comma, Cost., destinata ad esplicarsi in relazione agli interventi compresi nel Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle citta' metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia.

In definitiva, le norme censurate, ledono la sfera di autonomia politica riconosciuta ai comuni, in quanto enti costitutivi della Repubblica, dagli articoli 5 e 114 della Costituzione, letti in combinato disposto con le disposizioni costituzionali di cui agli articoli 119 e 118, Cost., poiche' tale lesione si estrinseca, piu' specificamente, in una violazione della sfera di autonomia finanziaria e amministrativa dei medesimi.

4. Illegittimita' costituzionale dell'art. 13, commi 02, 03 e 04, decreto-legge n. 91 del 2018, per violazione dell'art. 97, secondo comma, della Costituzione e, in particolare, del principio di buon andamento della pubblica amministrazione.

Quanto illustrato nel paragrafo precedente, peraltro, mette in luce come il combinato disposto di cui ai commi 02, 03 e 04 dell'art. 13, decreto-legge n. 91 del 2018, determini una palese violazione del principio di buon andamento della pubblica amministrazione di cui all'art. 97, secondo comma, Cost. Infatti, il blocco delle risorse disposto dalle norme citate interviene, come detto, nel corso di procedure gia' avviate dalle amministrazioni comunali in relazione alle funzioni connesse agli interventi rientranti nel Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle citta' metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia, vanificando di fatto il complesso processo amministrativo ed organizzativo posto in essere dagli enti attuatori del citato Programma. In conseguenza di cio', le norme impugnate arrecano un sicuro pregiudizio al principio di economicita' dell'azione amministrativa, inteso quale corollario del buon andamento della pubblica amministrazione.

A cio' si aggiunga che gia' la giurisprudenza di questa Ecc.ma Corte ha avuto modo di rilevare come «la lesione dell'autonomia finanziaria si rifletta inevitabilmente sul buon andamento dell'azione amministrativa in quanto la diminuzione delle risorse [...], "in assenza di correlate misure che ne possano giustificare il dimensionamento attraverso il recupero di efficienza o una riallocazione di parte delle funzioni a suo tempo conferite" (sentenza n. 188 del 2015), costituisce una menomazione della autonomia stessa, che comporta contestualmente un grave pregiudizio all'assolvimento delle funzioni attribuite» dalla legislazione vigente.

5. Illegittimita' dell'art. 13, commi 02, 03 e 04, decreto-legge n. 91 del 2018, per violazione del principio di equilibrio di bilancio di cui agli articoli 81, primo somma, e 119, primo comma, Cost.

Il sopravvenuto venir meno delle risorse assegnate ai comuni con le convenzioni di cui al comma 977 dell'art. 1, legge n. 208 del 2015, oltre a determinare un vulnus all'autonomia amministrativa e finanziaria di tali enti, comporta altresi' una grave violazione del principio di equilibrio di bilancio - sancito innanzitutto dall'art. 81, primo comma, Cost. - che i medesimi enti sono tenuti a rispettare in forza dell'art. 119, primo comma, Cost. Cio' in quanto la sospensione, in corso d'esercizio finanziario, dell'efficacia delle convenzioni stipulate determina una improvvisa e del tutto imprevedibile mancanza di copertura finanziaria delle obbligazioni gia' assunte dagli enti locali - sulla base delle risorse attribuite loro in forza di tali convenzioni - e cio' comporta inevitabilmente a carico dei comuni l'insorgere di spese non coperte da relativa entrata.

6. Illegittimita' costituzionale dell'art. 13, commi 02, 03 e 04, decreto-legge n. 91 del 2018, per violazione della competenza legislativa concorrente regionale in materia di «coordinamento della finanza pubblica» e di «governo del territorio» di cui all'art. 117, terzo comma della Costituzione.

Infine, il «blocco» disposto dal comma 02 dell'art. 13, decreto-legge n. 91 del 2018, nella parte in cui produce l'effetto che le convenzioni di cui all'art. 1, comma 977, legge n. 208 del 2015, siano sospese fino al 2020, non puo' in alcun modo essere considerato un «principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica», in quanto pone un vincolo puntuale, concreto, assoluto e autoapplicativo all'autonomia finanziaria degli enti locali coinvolti nel Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle citta' metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia.

In questo modo la norma de qua fuoriesce dalla sfera di competenza statale in materia di «coordinamento della finanza pubblica», dal momento che, come ricordato da questa Ecc.ma Corte anche di recente, «norme statali che fissano limiti alla spesa delle regioni e degli enti locali possono qualificarsi principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica alla condizione, tra l'altro, che si limitino a porre obiettivi di riequilibrio della medesima, intesi nel senso di un transitorio contenimento complessivo, anche se non generale, della spesa corrente (ex multis, tra le piu' recenti, sentenze n. 65 del 2016, n. 218 e n. 189 del 2015; nello stesso senso, sentenze n. 44 del 2014, n. 236 e n. 229 del 2013, n. 217, n. 193 e n. 148 del 2012, n. 182 del 2011)» (cosi' sentenza n. 154 del 2017). Le norme in esame, invece, nel limitare l'autonomia di spesa dei comuni, non operano affatto nel senso di un contenimento complessivo di quest'ultima, ma alla stregua di un secco e puntuale divieto di utilizzabilita' delle risorse gia' stanziate e gia' assegnate agli stessi per ciascuno dei singoli progetti presentati. In conseguenza di cio', oltre alle gia' lamentate violazioni delle prerogative e delle sfere di autonomia costituzionalmente riconosciute ai comuni della regione, si viene a determinare una palese e illegittima compressione sia della corrispondente parte di competenza legislativa regionale concorrente nella materia del «coordinamento della finanza pubblica», sia, in ragione della prevalente destinazione delle risorse «bloccate», della competenza legislativa regionale nella materia del «governo del territorio».

P.Q.M.

La Regione Marche, come sopra rappresentata e difesa, chiede che questa Ecc.ma Corte costituzionale, in accoglimento del presente ricorso, dichiari l'illegittimita' costituzionale dell'art. 13, commi 02, 03, e 04, decreto-legge 25 luglio 2018, n. 91 [Proroga di termini previsti da disposizioni legislative], come convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 21 settembre 2018, n. 108, nei limiti e nei termini sopra esposti.

Si depositano i seguenti documenti:

1) deliberazione di autorizzazione al giudizio n. 1506 del 12 novembre 2018;

2) deliberazione n. 1558 del 19 novembre 2018 di parziale modifica della precedente deliberazione di autorizzazione al giudizio n. 1506 del 12 novembre 2018;

3) accordo in Conferenza Unificata Rep. Atti n. 108/00 del 18 ottobre 2018;

4) decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 6 dicembre 2016.

Con ossequio.

 

Roma, 20 novembre 2018

Gli avvocati: Grassi - De Berardinis

 

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